raccolte cd
timberland euro, timberland uomo 6 inch stivali, timberland uomo barca stivali, timberland uomo earthkeepers, timberland uomo euro hiker stivali, timberland uomo nellie chukka, timberland uomo rotolo top stivali, timberland uomo scarpe da spiaggia, timberland donna 6 inch stivali
Emanuele Balestreri, l’industriale prepotente

 

Jutificio a Borgo a Mozzano pericolante

Emanuele Balestreri, l’industriale prepotente

 

Alle origini dell’industralizzazione in Toscana

 

Luciano Luciani

 

Rari i lavori degli storici sull’industrializzazione della Toscana, Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta del secolo scorso aveva cominciato a occuparsene Giorgio Mori, in un saggio per tanti versi anticipatore intitolato Estrazione dei minerali nel Granducato di Toscana durante il periodo delle riforme (1737-1750) e la sua ricerca si era poi allargata con la Industria toscana fra gli inizi del secolo e la guerra di Libia, 1968. Lo storico fiorentino non aveva mancato di cogliere l’importante novità industrial-capitalistica rappresentata dalla presenza nel territorio lucchese dallo iutificio di Emanuele Balestrieri: “un grandioso stabilimento”, lo definisce il Mori, che occupava un’area di 150.000 mq, di cui 20.000 costruiti e che alla fine dell’Ottocento dava lavoro a circa 1500 addetti alla filatura e alla tessitura, con l’istallazione di 10.000 fusi e 300 telai meccanici: una grossa novità, non solo sul piano provinciale e regionale, ma anche nazionale. Non va dimenticato, infatti, che in quel periodo, gli anni Ottanta del XIX secolo, la quasi totalità delle industrie tessili presentava caratteri spiccatamente agricoli; manifatture importanti come quelle della seta e della lana erano ancora frazionate in migliaia di piccole aziende domestiche con impianti artigianali e modi di lavorazione patriarcali; inoltre erano sparse nella campagna e vi lavoravano contadini solo occasionalmente operai per un lavoro percepito come accessorio e disertato non appena le attività agricole e i lavori campestri lo richiedevano.

Ma chi è Emanuele Balestreri? Ne parla difusamente Francesco Petrini nel suo utile libro Industrializzazione in Lucchesia 1880 – 1901, Mpf, Lucca 2016. Nato nel 1846, l’industriale ligure è uomo di seconda generazione risorgimentale: troppo giovane, per la poesia del nostro processo di unificazione nazionale, in età, però, per la prosa: il difficile avvio dell’Italia unita e la dolorosa presa di coscienza dei suoi numerosi e gravi problemi: la questione meridionale; la questione sociale; la questione cattolica…

L’Italia è un Paese povero e arretrato con quasi l’80% della popolazione costituita da analfabeti; un’agricoltura fondata sull’autoconsumo contadino; un grave deficit di strutture (strade, porti, ferrovie), uno sviluppo industriale risibile se paragonato alla Gran Bretagna o alla Francia, mentre la stessa classe dirigente che ne prende in mano i destini per i primi 15/20 anni sembra non conoscere le reali condizioni del Paese che va a guidare… Genovese, volontario in marina a vent’anni, Balestreri torna claudicante dalla III guerra d’Indipendenza. Liberale crispino, appartiene a quell’area politica che aveva abdicato rispetto alle aspirazioni repubblicane per abbracciare la monarchia (1864) e che, dopo la cosiddetta rivoluzione parlamentare del 1876, ovvero il passaggio del potere della Destra storica alla Sinistra storica, era arrivato al governo del Paese, che avrebbe mantenuto sino al marzo 1896, all’indomani della tragedia di Adua con le definitive dimissioni del Crispi. Il tempo di Crispi coincide, più o meno, col tempo dell’esperienza dell’imprenditore genovese e della sua avventura industriale a Lucca. Alcuni caratteri li accomunano: entrambi dirigisti se non autoritari, spregiudicati nei rapporti economici e politici, aperti al nuovo ma attenti alla tradizione. E infatti, in quel di Ponte a Moriano, alla periferia nord di Lucca, Balestreri realizza un’azienda all’avanguardia per la modernità degli impianti (quattro motrici per fornire energia all’intero stabilimento; una lavorazione a ciclo completo, la luce elettrica per il lavoro notturno), ma vive con fastidio tutti i legami col territorio e più in generale con l’intero sistema delle relazioni politiche, sociali, culturali col Morienese e con Lucca.

Per esempio, Balestreri ha bisogno dell’acqua per le sue attività industriali e in maniera del tutto unilaterale se la prende, togliendola all’agricoltura e ai contadini della zona, dando vita così a un interminabile contenzioso col territorio, i suoi abitanti e i suoi rappresentanti. Una polemica insanabile che finirà per logorarlo anche presso i suoi stessi colleghi, quegli industriali lucchesi, che pare non lo amino granché e che hanno accettato un po’ obtorto collo la presenza della sua manifattura – un’industria che per le sue esigenze produttive disfaceva, e non poco, i vecchi equilibri, ne produceva e fondava di nuovi, creava interessi diversi da quelli tradizionali e consolidati. Il sentire profondo di larghi strati del conservatorismo e del moderatismo lucchesi lo vive con sofferenza e non permetterà mai all’industriale genovese di intraprendere una significativa carriera politica: malgrado il suo spendersi e spendere riuscirà eletto solo alle elezioni provinciali del 1889, mentre negli anni successivi  seguirà la parabola discendente del suo politico di riferimento, Francesco Crispi.

Né va meglio a Balestreri l’impresa di rendere Ponte a Moriano una “città-sociale”, sul modello di quelle realizzate da un altro industriale del tessile, Alessandro Rossi, proprietario della Lanerossi nel Veneto a Schio, cittadina che sull’onda dello sviluppo manifatturiero diventa uno straordinario polo industriale: dove insieme alle industrie tessili sorge un gran numero di istituzioni per i lavoratori della fabbrica, idealmente al centro di un progetto filantropico-paternalista: si modifica la struttura urbanistica della città; si costruiscono quartieri abitativi per gli operai; si impiantano strutture sociali come asili nido per i figli delle lavoratrici; scuole tecniche; un teatro e ben quattro linee di collegamenti ferroviari con i paesi vicini per la mobilità dei lavoratori.

Ben più modesti in questo senso, gli interventi di Balestreri a Ponte a Moriano: le abitazioni operaie dette “Le Torrette” a Ponte a Moriano; una Società operaia di mutuo soccorso con pochi operai, però, e tanti maggiorenti a presiederla e che, comunque, istituì una Scuola serale per i figli dei soci; una chiacchierata Cooperativa di Consumo tra gli operai e gli impiegati della fabbrica. Niente di paragonabile, forse anche perché estranea agli orizzonti ideologici dell’industriale genovese, all’esperienza totalizzante e anticlassista di Rossi nel Veneto.