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Amatissim* (la mia sostanza)

Qui e ora ... in quarantena ... aprile 2020

 

Un blog molto raffinato gestito da Marcello Tarì ha pubblicato due lettere toccanti di Stefania Consigliere ricercatriche all'Università di Genova, a lungo collaboratrice di NATURALMENTE con i suoi numerosi e apprezzati articoli di antropologia, pubblichiamo l'inizio di una rimandandovi all'originale.

 

 

 

Amatissim* (la mia sostanza)

21/04/2020 


Amatissim* (la mia sostanza)

 

di Stefania Consigliere

 

Amatissim*,

non ce la faccio più a sentirvi così. Al solo vedere uno schermo, per quanto piccolo, mi sale la nausea, qualcosa mi schiaccia le tempie, l’aria manca. Così da qualche tempo le mail si impilano, non leggo i documenti, non scarico i video, a volte neppure rispondo alle chiamate. Telefonino, telefono, whatsapp, meets, teams, telegram, email, zoom: nun te reggae più.

Eppure tra voi ci sono gli affetti più profondi, i visi che si cercano fra la folla, le voci affidabili, le presenze intime. Come mai non riesco più a telefonarvi, a rispondervi, a guardarvi? Sono al punto che preferisco sapere che state bene e immaginarvi come vi ricordo.

 

Immaginare: formare un’immagine dentro di sé. Ri-cordare: far ripassare dalle parti del cuore. Mentre cominciavo quest’esercizio ascetico, mi tornavano in mente le meraviglie intellettuali, le storie eterodosse e i pezzi di scienza visionaria che ci hanno appassionato e che abbiamo condiviso. È il momento di metterle alla prova.

Metà delle cellule del nostro corpo non sono cellule “nostre”, non portano il nostro DNA, ma sono batteri, funghi e protista. Fanno cose che, da soli, non riusciremmo a fare: ad esempio, digeriscono il cibo che mangiamo e ci tengono in salute. Da quando l’ho scoperto, fatico a dire “io”. Quali siano i simbionti che ci costituiscono dipende dal modo in cui siamo nati, dai luoghi che abbiamo abitato, dai cibi, dall’atmosfera, dalle persone che (in tutti i sensi) ci hanno toccato. Anche la regolazione dei nostri geni dipende dalla storia che abbiamo attraversato, non è il programma pre-scritto che tanto piace al determinismo neoliberista, ma un campo di possibilità che si sviluppano in una direzione o in un’altra a seconda del contesto. I neonati in stato di deprivazione affettiva sviluppano sindromi che vanno dalla depressione al nanismo fino a sfociare, nei casi più gravi, nella morte. La regolazione fisiologica dipende dall’insieme delle nostre relazioni. Le emozioni che proviamo sono quelle che abbiamo imparato a esprimere osservando gli altri intorno a noi. E si sa che l’isolamento totale è, da sempre, un metodo di tortura impiegato nelle carceri. (continua)