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Il Covid-19 del secolo scorso

 

La "spagnola"

Il Covid-19 del secolo scorso

 

Giovanna Baldini

 

 

Cos’è la “spagnola”?

 

Durante la Prima guerra mondiale (1914-1918), segnatamente verso la fine (1918-’19), si diffuse nel mondo una pandemia di influenza polmonare aggressiva e contagiosa che durò diversi anni e provocò in Europa e nel mondo milioni di morti: alcuni storici pensano che la cifra sia superiore a quella dei morti in guerra.

70 milioni di uomini provenienti da tutto il mondo combattono in Europa e il contagio già inizia a manifestarsi appena dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti. In Italia è tra la battaglia di Caporetto (1917) e prima di Vittorio Veneto che si hanno gravissime perdite di uomini, per una seconda ondata dell’epidemia.

L’influenza, secondo alcuni, ebbe origine nel Middle West nei campi di addestramento dei soldati che poi la portarono in Europa. Altri pensano che il virus sia una mutazione di un’influenza cinese arrivata in Europa con emigranti cinesi in viaggio attraverso il Nord America, per arrivare in Europa.

Un’altra ipotesi è quella secondo la quale il contagio si diffuse dal porto di Calais, in Francia, dove si addensavano gli eserciti dell’Intesa. Migliaia di soldati inglesi, americani e francesi negli accampamenti con animali e in contatto con armi e gas chimici, avrebbero favorito l’esplosione dell’influenza.

 

Perché “spagnola”?

 

L’epidemia influenzale fu denominata “spagnola” perché sui quotidiani italiani nel 1918 i giornalisti scrivevano che a Madrid si moriva di influenza. Passò il nome di “spagnola” come malattia proveniente dalla Spagna, anche se già in Italia si erano verificati i primi casi a Vicenza.

In Spagna vigeva una censura attenuata: il Paese non partecipava alla guerra, così le informazioni circolavano più liberamente.

 In Italia, invece, una censura severa impediva la diffusione delle notizie che avrebbero potuto condizionare l’andamento della guerra al fronte. E leggi speciali sull’ordine pubblico non facevano trapelare notizie che danneggiassero il morale dei soldati e delle famiglie.

 

Diffusione della pandemia

 

La diffusione della pandemia si spiega nel contesto storico del crollo dei grandi imperi, della rivoluzione sovietica, della caduta dell’impero ottomano: ampie zone non governate come si intende oggi, dove non ci potevano essere, né si facevano statistiche sui morti di vecchi e bambini, che morivano anche per denutrizione e altre malattie.

In quegli anni (1918 -’19), infatti, molti morbi che sembravano scomparsi ritornano, come la peste a Londra, causata da condizioni di vita segnate da grande disagio economico, sanitario, igienico. Si assiste al maggior calo demografico della storia dell’umanità: mancanza di nascite perché i giovani erano partiti per il fronte, molti di loro non tornarono, e non furono poche le ragazze in età da marito che rimasero nubili per mancanza di coetanei.

Dei casi di epidemia di spagnola in Italia non abbiamo dati certi: se un soldato su sette non tornò a casa dalla guerra, forse la spagnola ne uccise di più.

Solo trent’anni fa gli storici si sono trovati concordi nell’attestare a circa 50 milioni il numero delle vittime di quell’epidemia nel mondo.

 

La rimozione collettiva

 

Perché c’è stata una rimozione collettiva di questo avvenimento?

Non ne parla il cinema della spagnola, né ci sono libri sull’epidemia. Nelle memorie pubbliche dei Paesi più colpiti non se ne trovano tracce, né in Francia, né in America, né in Italia.

 La ricerca scientifica e la storiografia hanno iniziato da poco a studiare l’epidemia e si deve osservare che anche nella storia locale e in quella sociale della spagnola si parla poco.

Nelle memorie private, nei diari, nei ricordi degli italiani, invece, appare spesso la presenza di un parente, di un amico morto di quel contagio, ma tutto questo non è passato nel ricordo collettivo.

Rimane soltanto la memoria di alcuni personaggi importanti, venuti a mancare per via di quella pandemia: il poeta francese Guillaume Apollinaire (1880-1918), i pittori austriaci Gustav Klimt ( 1862- 1918) e Egon Schiele (1890-1918); il filosofo tedesco Max Weber (1864-!920). Lo scrittore Franz Kafka, toccato dal contagio, riuscì a sopravvivere, ma morì poco tempo dopo per le conseguenze della malattia (1883- 1924).

Negli archivi dei Comuni italiani sono presenti numerosi inviti e provvedimenti accorati presi contro il contagio; sono rimasti lunghi elenchi di morti; note preoccupate che denunciano le difficoltà dei becchini a seppellire i morti.

 Se le foto rimaste sui giornali dell’epoca mostrano uomini e donne con la mascherina, non si hanno notizie di periodi di quarantena obbligatoria

 Ma la censura imposta in Italia per motivi bellici, per l’esigenza dello Stato di vincere la guerra e di impegnare tutte le risorse emotive della collettività per sostenere il morale dei soldati al fronte, cancella la spagnola nonostante la sua drammaticità. Il grande impegno per conseguire la vittoria impedisce alle istituzioni di considerare a pieno la gravità dell’epidemia.

La necessità di superare la tragedia della guerra e tornare a guardare verso il futuro obbliga la nazione alla censura sulla pandemia.