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Non lascerai vivere la strega

 

Rogo di streghe del 1587. Jacob Truchsess (collezione Wickiana) 

 “Non lascerai vivere la strega"

 

 

Mezzo millennio fa: l’epidemia demonopatica che colpì l’Europa

 

Luciano Luciani


“Ci venne ultimamente all’orecchio, non senza nostro grande dolore, che in alcune parti, città, territori, località e diocesi della Germania Superiore e nelle provincie di Magonza, di Colonia, di Treviri, di Salzburg e di Brema, numerose persone di ambo i sessi, immemori della propria salute e deviando dalla fede cattolica, hanno abusivi commerci con i demoni incubi e succubi e con i loro incantatimi, vaticini, scongiuri e con altri nefandi sortilegi, superstizioni, eccessi, delitti; fanno e procurano che i parti delle donne, i feti degli animali, i frutti della terra, i prodotti delle viti e degli alberi, gli uomini, le donne, gli animali domestici, le mandrie, le greggi, e gli altri generi di animali, e inoltre le vigne, i giardini, i prati, i pascoli, i cereali, il frumento e gli altri raccolti delle campagne periscano, siano soffocati e soppressi; che riescano inoltre ad impedire che gli uomini generino, che le donne concepiscano…”

Con questa bolla, la Summis desiderantes affectibus, del 1484 emanata da papa Innocenzo VIII Cybo (1484-1492) venne proposta all’Europa cristiana la persecuzione sistematica della stregoneria. Tale decreto pontificio apriva uno dei capitoli più crudeli e sinistri nella storia dell’intolleranza e delle deviazioni dello spirito umano, destinato a durare nel tempo per oltre due secoli e ad intossicare sia il mondo cattolico, sia quello protestante, coinvolgendo milioni di persone per dilagare, alla fine del XVII secolo, dal vecchio al nuovo continente.

 

La “caccia alle streghe” costituirà un tragico fenomeno di massa, una macchia sulla coscienza collettiva dell’Europa moderna: affonda certo le sue radici lontano nel tempo, ma, oscura contraddizione della storia, trova le condizioni più adatte alla sua inarrestabile propagazione – in senso geografico e sociale – proprio in quel periodo storico che va dagli splendori rinascimentali alla nascita dello Stato moderno e che conosce sia l’affermazione del metodo scientifico, sia la scoperta dei diritti e delle infinite possibilità dell’uomo.

 

 

 

 

Da sempre streghe e stregoni avevano avuto una vita difficile. L’ostilità del cristianesimo nei confronti di quell’insieme di miti e credenze, rituali e pratiche che va sotto il nome generico di stregoneria, era risultata palese fin dal IV sec. d. C. Di fronte alla “morte legale” del paganesimo, ma alle prese col permanere della sua prassi religiosa e rituale tanto tra le classi popolari, quanto tra i ceti intellettuali, il cristianesimo vittorioso non aveva potuto fare altro che demonizzare quegli dei pagani che sembravano così difficili da estinguere nella mentalità della gente comune. Li aveva equiparati allora a creature infernali e il loro culto fu considerato uno dei tanti inganni del diavolo per allontanare gli uomini dall’ossequio all’unico e vero Dio. Infatti, alla magia e alla stregoneria viene rimproverata non tanto la pratica del male, quanto il rifiuto di Dio e l’esercizio di attività definite “infami” perché contrarie alla religione cristiana.

 

Nell’alto Medio Evo la Chiesa e le istituzioni ecclesiali e civili da essa orientate, si erano mosse nei confronti della stregoneria in maniera incerta, caso per caso. Se per colui che aveva fatto ricorso ai servizi di una strega la Legge Salica del V sec. prevedeva una semplice multa e riparazioni finanziarie verso quanti fossero stati danneggiati da un intervento magico, per la stessa colpa i Visigoti di Spagna arrivavano a comminare fino a duecento colpi di frusta e in casi eccezionali la pena di morte. In Inghilterra una risoluzione del Concilio di Bergampstead del 697, adottata anche dalle autorità civili, ricorreva alla confisca dei beni per quanti si lasciassero cogliere a sacrificare al demonio. In definitiva però questi secoli, se paragonati agli orrori del ‘500 e‘600, ci appaiono singolarmente miti e tolleranti verso la stregoneria e i suoi fedeli: un vescovo del IX sec., Agobardo di Lione, più tardi anche santificato, proponeva un’interpretazione degli atti e delle pratiche magiche tale da negare ogni valore agli incantesimi e ai malefici. Per Agobardo infatti le streghe e gli stregoni non erano altro che dei poveracci degni più della compassione pubblica che di severe punizioni: “Sono tante ormai le sciocchezze che si sono diffuse in questo misero mondo, che i cristiani ora credono in assurdità, a cui prima non credevano neppure i pagani, che pure ignoravano l’esistenza del Creatore. “

 

Con questo santo vescovo di Lione siamo al IX sec. Fino ai sec. XI e XII le misure legali nei confronti della stregoneria saranno costituite al massimo da multe e penitenze e non mancheranno voci di moderazione e ragionevolezza. Le persecuzioni appaiono in questa fase geograficamente circoscritte e limitate ad episodi sporadici.

 

 

 

 

La credenza nella stregoneria – fino ad ora più o meno tacitamente tollerata – conosce una stretta progressivamente sempre più severa da parte delle autorità religiose e civili a partire dal sec. XIII, contrassegnato in tutta Europa da forti tensioni politico-religiose e da profondi rivolgimenti sociali.

 

Il secolo era stato inaugurato dalla tragica vicenda della crociata contro gli Albigesi, bandita da papa Innocenzo III (1198-1216) e da Filippo II, re di Francia (1180-1223): venne massacrata e dispersa allora la popolazione della Linguadoca, una regione della Provenza di convinzioni catare, un’eresia cristiana fortemente antagonista con il papa e la Chiesa romana, di cui condannava la ricchezza, la rilassatezza dei costumi e le compromissioni con il potere politico.

 

Per meglio favorire la terribile repressione che travolse la comunità catara, erano state attribuite ai suoi membri le stesse colpe che nei secoli a venire, sarebbero andate a convalidare le accuse di stregoneria: crimini contro le persone e i loro beni, innominabili peccati sessuali, onori divini riservati a Satana, ogni genere di eccessi, nequizie e depravazioni. L’eresia viene a poco a poco assimilata alla stregoneria. E come è considerato moralmente giusto annientare l’eresia – e quindi gli eretici – con la forza delle armi, perché altrimenti si sarebbe favorita la diffusione del verbo di Satana, allo stesso modo, con identica durezza va perseguitata la stregoneria portatrice del medesimo male diabolico, i suoi fedeli e i suoi sacerdoti. L’una e l’altra poi, attentando all’autorità del potere religioso, intaccano anche quello politico – legato al primo da mille relazioni ed interessi – e minano i valori fondamentali della società medievale: la gerarchia, l’ordine sociale, la disciplina, l’obbedienza.

 

 

 

 

È proprio in questa fase della storia europea e con lo scopo precipuo di combattere l’eresia – la catara in particolare, ma anche la valdese (dal nome dl suo fondatore Pietro Valdo, diffusa in tutta l’Italia settentrionale con un programma di ritorno alla povertà e alla semplicità evangeliche) – e tutto il ribollire di sette e gruppi cristiani ai margini o addirittura fuori dalla Chiesa, che viene istituita l’Inquisizione, atta a prevenire e a lottare contro le deviazioni religiose.

 

Evidentemente i normali tribunali vescovili non riuscivano più a contrastare l’eterodossia religiosa: dopo che il Concilio Lateranense IV (1215) aveva assegnato valore di legge generale della Chiesa alla repressione nei confronti dell’eresia, era stato papa Gregorio IX (1227-1241) ad estendere all’intera cristianità questi nuovi tribunali per i crimini commessi da quanti negavano la verità rivelata da Dio.

 

Affidati ai vescovi, affiancati da frati degli ordini mendicanti – francescani e domenicani – con funzioni non solo di giudici, ma anche di ricercatori di prove di colpevolezza (in latino inquirere, indagare, investigare, ricercare), tali corti ecclesiastiche non tardarono ad allargare l’esercizio delle proprie competenze dalla individuazione e guerra all’eresia alla persecuzione nei confronti della fede nel mondo magico e nelle sue arti. Il primo caso di una strega condannata al rogo da un inquisitore si ha a Tolosa nel 1275: il processo di assimilazione tra eresia e stregoneria è ormai compiuto.

 

Non è senza significato che nella bolla Super illius specula, emanata nel 1326 da papa Giovanni XXII (1316-1334) con lo scopo di estirpare definitivamente la stregoneria dall’Europa cristiana, le pene previste per maghi e streghe siano identiche a quelle riservate agli eretici: la morte per impiccagione, il rogo del corpo, la confisca dei beni.

 

Così leggiamo in questo atto papale: “Ci siamo resi conto con dolore che ci sono persone, cristiane solo di nome, che hanno rinunciato alla luce della verità per stringere alleanza con la morte e venire a patti con l’inferno: infatti rendono sacrifici ai demoni, li adorano, ne fanno o si procurano immagini; ad essi chiedono anelli, o specchi, o fiale, o altri oggetti per mezzo dei quali evocarli, chiedere ad essi aiuto, esaudire malvagi desideri, finendo così nella più nefanda delle schiavitù per il più orribile dei motivi…”

 

Sempre lo stesso pontefice non aveva avuto scrupoli nel 1317 a condurre in giudizio un gran numero di esponenti della corte papale, allora residente ad Avignone, sotto l’accusa di praticare riti magici, nel farli sottoporre a tortura e nel condannare al rogo nel 1318 Ugo Geraud, vescovo di Cahors, per avere attentato alla vita del papa per mezzo di malefici realizzati su figure di cera.

 

Sono i primi, ancora incerti sintomi di quella demonomania che avvelenerà l’Europa cristiana per almeno altri quattro secoli. Altrettanto accanito persecutore di pratiche magiche, maliarde e fattucchiere, si rivelerà il successore di Giovanni XXII, Benedetto XII (1334-1342); intanto, negli stessi anni, l’accusa di stregoneria veniva usata anche come utile espediente di lotta politica: bastava infatti denunciare l’avversario di una frequentazione quale che sia con il mondo magico per eliminarlo dalla scena… e così fece Filippo il Bello, re di Francia (1285-1314) per sbarazzarsi dello scomodo e potentissimo ordine dei Templari ed incamerare il loro immenso patrimonio.

 

La demonomania, quel “senso comune” che vedeva dappertutto i segni dell’agire malefico di maghi, streghe e stregoni, comincia a dilagare per l’Europa con caratteri d’intolleranza e ferocia inusuali rispetto al passato: “I primi anni del XV sec. non sono che un lungo processo. Le accuse si ebbero in massa e soprattutto di stregoneria. Quest’ultima era mescolata a tutte, ne costituiva l’attrattiva e l’orrore.”, scrisse lo storico francese Michelet.

 

Il numero dei processi appare in espansione: il tribunale d’Inquisizione ne istruisce 34 tra il 1421 e il 1486 rispetto ai 12 del secolo precedente, mentre per lo stesso periodo i giudici civili con 120 cause celebrate per stregoneria arrivano a quintuplicare il dato di cento anni prima. Queste però sono soltanto le prime avvisaglie della morbosa ossessione che doveva sanguinosamente contrassegnare la storia europea dei secoli successivi. Se tali numeri appaiono relativamente contenuti e la repressione della magia e della stregoneria confinata in zone geografiche circoscritte (in genere alpine o con un passato ereticale come la Francia meridionale) l’indizio più evidente della diffusione dell’inquietudine diabolica è invece offerto da una trattatistica elaborata proprio per individuare e contrastare la presenza e il potere delle streghe nella società e nella vita degli uomini. Se tra il 1320 e il 1420 si contano 13 libri aventi per oggetto la stregoneria, data della bolla Summis desiderantes affectibus precedente di appena due anni e preparatoria di quel Malleus maleficarum (il Martello delle streghe), un testo che si rivelerà decisivo nel creare l’atmosfera delle persecuzioni e degli stermini di massa dei secoli XVI e XVII.

 

Fino a questo momento la credenza nella stregoneria era stata un fenomeno episodico e in genere legato a situazioni locali di conflitto culturale e religioso: con la Bolla papale di Innocenzo VIII – tra l’altro un esponente di quel cattolicesimo che sentiva fortemente il fascino dell’Umanesimo – e con il Martello delle streghe dei due inquisitori domenicani Institor e Sprenger – la più antica grande enciclopedia stampata di demonologia” (Trevor Roper) – l’accanimento persecutorio nei confronti di quanti vengono individuati come partecipi del mondo misterioso delle forze occulte si fa organizzato, metodico, scientifico.

 

La stregoneria è ormai equiparata ad una ideologia diffusa e radicata, pericolosa per le sorti stesse della religione e della società. Di conseguenza vanno puntualmente precisati il deterrente e le contromisure con le quali fare fronte alla minaccia che incombe sulla cristianità, che si somma e si intreccia con le altre sfide mortali portate alla vera religione e all’ordinato vivere civile: l’Islam alle porte, la lacerazione del Cristianesimo tra cattolici e protestanti, le guerre di religione e per il dominio europeo tra Francia e Spagna con il loro triste corollario di saccheggi, violenze, carestie, epidemie…

 

Tormentato poi anche lo scenario sociale in cui la demonomania si inserisce: l’insorgenza delle masse rurali in Germania e Francia contro secolari rapporti di proprietà, la miseria del popolo minuto delle città, gli aumenti dei prezzi e i fenomeni inflattivi, inspiegabili per la mentalità del tempo, dovuti all’afflusso dei metalli preziosi dai paesi extraeuropei, costituiscono i lineamenti di fondo di un’epoca solo sfiorata dalla ragione rinascimentale e percorsa invece da odi politici, fanatismi religiosi, convinzioni intolleranti. Ne facevano le spese i portatori di culture minoritarie, di ideologie “deboli” e di saperi parziali: appunto la stregoneria e la fede nel mondo magico nei suoi rituali e nelle sue pratiche da sempre padroneggiati e gestiti quasi esclusivamente dalla componente meno forte della struttura sociale, le donne. Ad esse si guarda con sospetto perché “fanno nascere i bambini dei poveri, vanno a cercare gli alimenti selvatici e le erbe medicinali che sfuggono all’occhio dei padroni, curano i malati e i feriti, combattono i parassiti, preparano le liscive di cenere e di bacche oleose… sono le Sibille che si rifugiano nelle grotte per sfuggire alle persecuzioni, sono le veggenti e le fattucchiere che contrappongono simboli dialettici di realtà produttive all’autoritarismo patriarcale dei padroni, sono le guaritrici, levatrici, ostetriche, erboriste, conciaossa, veterinarie, naturaliste, astrologhe, metereologhe, farmaciste e medichesse, chirurghe…Sono tutte le streghe contro le quali si scatena il potere…e la strage delle streghe si prolunga nei secoli che vedono sorgere la scienza moderna”. (Lussu)

 

 

 

Si può forse spiegare così il feroce antifemminismo che segnerà tutto il triste periodo della caccia alle streghe. Già nei manuali di stregoneria tale motivo appariva nella sua più piena evidenza: in un trattato di demonologia del 1400 così si esprimeva il domenicano J. Nider, “non cesso di stupirmi come il sesso debole osi spingersi a cose così temerarie”, mentre il Martello delle streghe –39 edizioni alla metà del XVII sec. per 50.000 esemplari diffusi tra uomini di chiesa e giudici cattolici e protestanti – così si interrogava “…perché nel sesso tanto fragile delle donne si trova un numero di streghe tanto più grande che fra gli uomini?”

 

 

 

 

La prima terribile ondata di persecuzioni muove appunto dalla fine del XV sec. per perdere momentaneamente di virulenza solo attorno al 1530. Tocca gran parte dell’Europa: in Italia i territori di Bergamo, Brescia, la Valcamonica, la zona del Tonale, la Valtellina, il Tirolo e al di là delle Alpi la Germania renana (dove operano come inquisitori i due autori del Martello delle streghe, elaborato proprio sulle risultanze di queste esperienze), la Stiria, i Pirenei.

 

Cresce a livelli paranoici il potere dell’Inquisizione, in modo particolare quella spagnola che nel suo furore integralista non distingue più ormai tra eretici e adoratori di Satana, tra stregoni ed ebrei. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI sec., la repressione cattolica superò tutti gli orrori di cui pure quei tempi non sembravano per niente avari. Alle epurazioni promosse da Tommaso Torquemada (1420-1498), confessore di Ferdinando II il Cattolico e di Isabella di Castiglia, dal 1483 Grande Inquisitore di Spagna, sono attribuite almeno 10.000 vittime l’anno per un quindicennio, mentre secondo quanto riferisce Bartolomeo di Spina, uno studioso di demonologia, l’Inquisizione italiana nella sola Lombardia nei primi trent’anni del secolo, sotto l’accusa di stregoneria avrebbe mietuto almeno 25.000 vittime.

 

 

 

 

 

La speranza del Concilio Ecumenico e di una ricomposizione tra protestanti e cattolici nel decennio 1530-1540 sembrava aver fatto affievolire l’intensità delle persecuzioni che ripresero però con maggior vigore nella misura in cui sfumava l’idea di una riconquistata unità cristiana. Le punte massime nella repressione della ideologia del mondo magico saranno raggiunte nella seconda metà del ‘500 e nel corso della guerra dei Trent’anni (1618-1648).

 

Non c’è angolo di Europa, cattolica o protestante che venga risparmiato: la responsabilità nella recrudescenza delle persecuzioni registratasi nel decennio 1560-1570 “non è esclusivamente dei protestanti o dei cattolici, ma di entrambi: o meglio della lotta tra costoro… L’esasperazione dell’assurda demonologia del Malleus non fu il logico sviluppo di un’idea religiosa ma il risultato sociale di una rinnovata guerra ideologica e del conseguente clima di paura… Lo scontro frontale tra cattolici e protestanti che esprimevano due forme di società reciprocamente incompatibili, riporta gli uomini all’antico dualismo tra Dio e Satana, e lo sconcio serbatoio d’odio che sembrava stesse prosciugandosi, venne rapidamente riempito…” (Trevor Roper)

 

Anche la intransigente conformità dei luterani alla Bibbia – nell’Esodo 2218 è scritto “non lascerai vivere la strega” – determina stragi simili a quelle che segnano tristemente il mondo cattolico. Intere regioni dell’Europa protestante risultano spopolate dalla ferocia persecutoria della stregoneria dei riformati, ossessionati, al pari dei cattolici, dal fantasma della stregoneria. Anch’essi avranno il loro Torquemada nella figura del terribile giudice Carpzovius, che avrebbe firmato personalmente almeno 20.000 sentenze di morte.

 

Eccessive tali cifre lievitate nel calore delle polemiche religiose? Forse: certo è che nella Germania del XVI sec. che aveva conosciuto prima la diffusione della Riforma e la resistenza cattolica, poi la controffensiva della Chiesa di Roma guidata dai Gesuiti e l’opposizione protestante, si ebbero da una parte e dall’altra dei veri e propri eccidi. Bastino alcuni esempi: se nel 1582 i protestanti mandano sul rogo 133 streghe a Quedlingburg e 300 tra streghe e stregoni ad Ellwangen, i cattolici non sono da meno arrivando a bruciare tutte le donne di due villaggi alla periferia di Treviri nella regione del Palatinato, oppure inquisendo per stregoneria talmente tanta gente che nella città bavarese di Bamberga fu necessario costruire nuove carceri appositamente per la detenzione di quanti erano accusati di pratiche diaboliche.

 

 

 

 

Neppure la Francia del ‘500 fu risparmiata dalle stravolte manifestazioni della caccia alle streghe: questa era già iniziata negli anni di re Francesco I di Valois (1515-1547) e aveva trovato ulteriore alimento nello scontro politico-religioso tra cattolici e ugonotti. Inquisizione e giustizia secolare facevano a gara nel perseguitare i culti del mondo magico che dovevano essere ampiamente praticati e diffusi se nel 1575 l’Inquisizione calcolava che nel solo regno di Francia vivessero e operassero più di 100.000 tra streghe, stregoni, fattucchiere e maliarde. È in questo periodo che nel solo distretto di Saint Claude un magistrato, il famigerato Boguet, fece bruciare oltre 1500 streghe, mentre nella cattolicissima Lorena un alto procuratore generale, il Remy, riuscì a far condannare a morte almeno 1000 persone.

 

 

 

 

Nella seconda metà del secolo la persecuzione conosce una diffusione geografica più ampia rispetto ai primi decenni del ‘500, toccando anche regioni europee che nel corso della prima ondata demonopatica erano rimaste immuni: per esempio la Scozia calvinista, l’Inghilterra, le Fiandre, terra di confine tra cattolicesimo e cristianesimo riformato, la Svezia, la Danimarca, la Norvegia, mentre assai minore risulta la virulenza persecutoria in paesi mediterranei come Italia e Spagna dove il cattolicesimo controriformato ed il potere politico spagnolo si erano ormai definitivamente consolidati.

 

Particolarmente esposti al pericolo di essere additate come partecipi o simpatizzanti del mondo magico alcune precise categorie sociali: per esempio le vedove “la cui posizione per motivi sia psicologici, sia sociali ed economici era particolarmente debole all’interno dl villaggio” (Foa); le levatrici, sulla base di un’affermazione del Martello delle streghe secondo cui “non c’è nessuno che faccia più guasti alla fede delle levatrici” colpevoli, agli occhi di ecclesiastici e magistrati di rompere il monopolio maschile del sapere, e d’altra parte le loro conoscenze di natura igienica, medica e sessuale apparivano agli inquisitori, ai giudici e ai medici, di chiara origine diabolica. Non vennero però risparmiati neppure personaggi, uomini e donne, del mondo ecclesiale: suore, badesse, preti, prevosti, addirittura vescovi furono vittime della frenesia persecutoria e la stessa appartenenza alle classi dirigenti spesso non risultò schermo sufficiente all’accusa di stregoneria.

 

Certo però è nelle campagne che i roghi illuminano assai più di frequente la presenza diffusa e radicata di questa patologia diabolica. Non conosceremo mai per esempio, perché manchiamo degli atti e delle testimonianze scritte, quali e quanti siano stati i massacri spontanei, voluti dalla gente semplice, nel cui “senso comune” si mescolano e si agitano fanatismo e buona fede, morbosità, credulità. E più profonde ragioni di insofferenza e scontento, che, proprio nella caccia alle streghe, sembrano trovare risposte semplificatore e facile soddisfazione.

 

 

 

 

Nel XVII sec. stermini e massacri non si esauriscono: anzi, l’organizzazione e il sistema della repressione si consolidano e si fanno più efficienti e funzionali, mentre l’iniziativa persecutoria perde ogni carattere di spontaneità e passa sempre più decisamente nelle mani delle istituzioni ecclesiastiche e civili. Il ‘600 non conosce particolare acutizzazioni della demonomania, peraltro sempre imperante, piuttosto una terribile “normalità”; questo secolo vede soprattutto in Francia lo svolgimento di celebri processi i cui protagonisti risultano prevalentemente legati al mondo clericale, urbano e delle classi “alte”; registra le prime voci significative che osano levarsi contro la fanatica ideologia dominante e la ferocia delle disposizioni inquisitoriali; al suo tramonto prende atto delle prime, timide misure legislative tendenti a limitare gli eccessi dei magistrati laici ed ecclesiastici e a distinguere tra errore morale, peccato, e delitto materiale, reato. Allora soltanto si potrà parlare dell’inizio di un declino della stregoneria e dei suoi tristi protagonisti, vittime e carnefici.

 

Il fatto che sempre più svogliatamente l’Inquisizione ed i giudici civili tornino ad occuparsi in questo ‘600 che tramonta di streghe e stregoneria, sta certo a significare che modificazioni importanti erano intervenute nella coscienza e nella sensibilità dell’Europa che si avviava verso il secolo dei lumi, la rivoluzione industriale e quella francese. Si tratta però di un processo lento, faticoso, contraddittorio.

 

In Francia l’ultima clamorosa vicenda giudiziaria dovuta ad una accusa di stregoneria si verificava in Provenza nel 1731: ancor più notevole il fatto che l’accusato, un gesuita, viene prosciolto; in Inghilterra l’ultima condanna a morte per aver partecipato al mondo diabolico viene eseguita nel 1722, in Germania nel 1775, in Spagna nel 1782. Allo stesso anno risale l’ultima esecuzione legale di una strega nella Svizzera protestante, mentre in Polonia i processi per stregoneria vengono aboliti nel1787. L’epidemia demonopatica sembra spegnersi lentamente nella misura in cui i contrasti religiosi si decantano e quelli politici, dopo la grande tragedia della guerra dei trent’anni, sembrano generalmente avviati ad una normalizzazione da ottenersi per via diplomatica o politica: l’ossessione diabolica si trasferisce allora nell’Europa orientale – dove per tutto il XVIII secolo continuerà ad imperversare sotto forma di processi e di condanne a morte, che si intrecceranno alle iniziative dal basso fatte di linciaggi e di massacri indiscriminati – oppure nel Nuovo Mondo. Qui, tra il 1692 ed il 1694, nella colonia puritana di Salem nel Massachusetts, viene istruito un tristemente famoso processo che coinvolse l’intera comunità, e terminò con decine di condanne a morte, centinaia di arresti, mentre non diminuiva anzi dilagava, il numero delle possessioni diaboliche.

 

 

 

 

Non è possibile stabilire precisamente il numero delle vittime di tali persecuzioni. Forse però è più importante provare ad azzardare qualche ipotesi per spiegare il fenomeno di un intero continente precipitato in un “sonno della ragione” così profondo da legittimare l’intolleranza, il fanatismo e l’odio e da dare a questi sentimenti e ai comportamenti conseguenti anche una legale veste giuridica. Abbiamo già accennato ai motivi di ordine sociale, religioso e politico che sottendono alla “caccia alle streghe”. Ma c’è forse qualcosa di più da andare a ricercare nelle “zone oscure” degli atteggiamenti individuali e collettivi. Così scrive lo storico inglese Trevor Roper nel suo celebre saggio Protestantesimo e trasformazione sociale: “Nei suoi periodi di introversione e di intolleranza, la società cristiana, come tutte le società, cerca capri espiatori. L’ebreo e la strega vanno tutti e due benissimo da questo punto di vista, e la società si accontenterà di quello che è più a portata di mano.”

 

Quindi per lo storico inglese la “caccia alle streghe” si configura come la “valvola di sfogo” di collettività, gruppi umani, popolazioni dell’Europa cristiana duramente impegnati nella complessa e difficile fase di transizione dal Medio Evo all’età moderna. La demonomania non sarebbe altro che la tragica testimonianza del permanere di conflitti e tensioni, ancora agenti nel profondo delle diverse società europee, non risolti oppure appena sfiorati dalla ragione rinascimentale, dal recente allargarsi dei confini geografici e degli orizzonti spirituali dell’uomo.

 

La “follia” della “caccia alle streghe” si alimenta quindi di motivi di natura sociale, religiosa, politica, culturale, psicologica: questi, confusi e mescolati tra loro, interagiscono nel fomentare, enfatizzare, esasperare la repressione ostinata, irriducibile, coerente e feroce di una Chiesa – quella cattolica prima, le altre confessioni più tardi – impaurita per la propria stessa esistenza, lacerata, incalzata.

 

Nasce così uno dei capitoli più cupi ed inquietanti della storia europea alle cui tristi vicende partecipano, in maniera oggi non più distinguibile con chiarezza colti ed analfabeti, aristocratici e borghesi, uomini e donne delle campagne e cittadini, laici ed ecclesiastici.

 

Come al solito saranno i più deboli – le moltitudini affamate e cenciose, le misere ed inquiete plebi urbane – a pagare il prezzo più alto a questa ennesima degenerazione dello spirito umano. Ma attenzione alle facili ed unilaterali interpretazioni in chiave soltanto sociologica.  “L’aspetto più impressionante del fenomeno della stregoneria non è tanto la cecità dei giudici, degli inquisitori, della Chiesa, quanto il gusto e la ferocia con cui le masse popolari del tempo, compagne di sventura del condannato, assistevano alla morte straziante di streghe e stregoni. Se si concorda sul fatto che sono proprio le misere condizioni di vita che portano centinaia di malcapitati a credere nei riti magici, parrebbe logico che gli strati più miseri della popolazione guardassero con simpatia a questi disgraziati. Invece succedeva esattamente il contrario e certamente molteplici sono i motivi di tale comportamento… in primo luogo, il fatto che la strega cerca egoisticamente la felicità solo per sé a scapito degli altri, soprattutto dei diseredati e degli infelici come lei. Al massimo poteva indicare la sua stessa strada, strada che nonostante le credenze superstiziose il popolo sentiva come fallimentare.” (Gollino Bontempi). Agiscono certo nell’eccitare l’ossessione diabolica le miserevoli condizioni economiche e sociali di quei tempi calamitosi: infatti le principali epidemie demonopatiche in genere coincidono con le fasi più acute dello scontro politico-religioso in atto nella storia europea, ed è vero anche che la paura demoniaca regredisce con il miglioramento delle possibilità di vita della gente (più lunghi periodi di pace, meno guerre e meno disastrose, una maggiore capacità d’intervento umano nella prevenzione e nel controllo delle carestie e delle pestilenze, una maggiore diffusione dell’istruzione di base, i progressi della medicina). A queste considerazioni interpretative vanno poi aggiunti anche elementi di natura psicologica: per esempio, i guasti indotti da una diffusa repressione sessuale e forme di ogni tipo di labilità psichica (isteria, delirio, epilessia, mitomania) ampiamente diffuse e che trovavano spiegazione nella miserabilità delle condizioni di vita delle classi subalterne. Naturalmente gli inquisitori e i fanatici magistrati dell’epoca le equiparavano a manifestazioni diaboliche o ai frutti velenosi dell’agire di Satana nel mondo degli uomini… Ma il lettore moderno che prende visione degli atti dei processi alle streghe resta colpito da un altro dato: una sorta di complicità di fondo che sembra legare ambiguamente boia e vittima, carnefici e perseguitati, inquisitori ed inquisiti. Comune appare la fede nell’esistenza di una realtà demoniaca e ampiamente condivisa dagli uni e dagli altri, pur nella diversità di condizione e di ruoli, la triste coscienza di vivere in un mondo negativo, ostile, dominato da forze oscure ed irrazionali, da contrastare o a cui aderire.