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Fuor di metafora

 

metafore

Fuor di metafora

 

Luciano Luciani

 

Non poche, e non poco fastidiose, le restrizioni e gli impacci introdotti da oltre un anno nella vita quotidiana per contrastare l’attuale pandemia da Corona virus-19. Provvedimenti necessari, per carità, da rispettare e far rispettare e, almeno secondo me, con un rigore maggiore di quello blando e lasco tenuto finora. C’è, però, un aspetto dell’attuale situazione che, giorno dopo giorno, mi risulta sempre più insopportabile e che riguarda i media, nessuno escluso: ovvero, l’uso a man salva e la generalizzata diffusione nell’informazione, on line, di carta e televisiva, di metafore trite, logore, consumate. Morte... Esse, simili a zombi linguistici, defunte ma ancora vive, si aggirano lungo le strade dell’informazione divorando ogni creatività, ogni capacità d’invenzione, ogni buon gusto con deprimenti effetti di saturazione sul già avvilito e malmesso spirito pubblico. Per esempio, tanto per non rimanere nel vago, cosa ve ne pare della fritta e rifritta metafora sportivo-pugilistica del “non abbassare la guardia”? Talmente abusata da essere ridotta a un automatismo, assolutamente priva di ogni tensione interna. O di quella, sempre di ascendenza sportiva, dell’“alzare” o “abbassare l’asticella”? E cosa ne dite della mitica “luce in fondo al tunnel”? C’è chi la vede, chi no e comunque ci perseguita da circa mezzo secolo. Venne inaugurata per trattare di droga e tossicodipendenze: di sicuro ricorderete il celeberrimo, citatissimo e affollatissimo, “tunnel della droga” ... Non ci siamo più schiodati di lì e c’è sempre qualche perforazione in forma di galleria che ci aspetta. E a voi, poi, quale effetto crea la più recente “un cambio di passo”? Trasferita dal gergo dei forzati della corsa salutista alla comunicazione veloce e sommaria propria di ministri e sottosegretari, è attualmente patrimonio imprescindibile di virologi, epidemiologi, tuttologi e pigri addetti all’informazione. Metafora usurata ormai, e fastidiosa, almeno quanto la mai dimenticata e mai dismessa “punta dell’iceberg” …

Perché, mi chiedo, i giornalisti si appiattiscono così pedissequamente sul linguaggio sempre più povero dei politici? E sì che gli attuali, a sinistra come a destra come al centro, non passano proprio per degli intellettuali raffinatissimi e non dovrebbero, quindi, rappresentare dei modelli da imitare. Perciò non è a loro che mi rivolgo, ma ai giornalisti che in fondo con le parole lavorano: meno maniera e maggiore originalità. Un po’ più di coraggio, che diamine! Che poi vuol dire più fantasia per piccole e originali “botte de vita” fatte di vocaboli: modeste, ma nuove e originali creazioni linguistiche. In fondo, a pensarci bene, è anche creando parole e immagini nuove che potrete contribuire a prefigurare tempi diversi dagli attuali e, chissà, forse anche migliori.