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Sardegna d’estate
fenicotteri  

Sardegna d’estate

 

Vincenzo Terreni

 

Album di foto

 

Il viaggio è andato bene, solo qualche problema di accensione per la Nissan Arvis SW, peraltro spaziosa, comoda e parca nei consumi.

Allora si infila la chiave, si gira e si accendono tutti gli alberini di Natale, poi si gira ancora e invece del googoo-crung-brunbrun e del contagiri che comincia a contare, silenzio assoluto e anche pericoloso perché l’avevano lasciata da una parte di una rotatoria. Dopo alcuni minuti di tentativi e moccoli –delicati- perché non ero solo e un attimo di troppo prima che le signore cominciassero a sparare casuali e inutili consigli, mi son deciso a chiedere cortesemente a chi me l’aveva consegnata come *** si facesse a farla camminare. “Oh scusi, ma sa queste giapponesi...! (ho una Jazz e le assicuro che parte alla prima),” sì, ma questa ha la sicurezza!” Di cosa? ma lascio perdere. Allora prema il freno, pigi la frizione fino in fondo e poi metta in folle, solo allora il motore partirà. Seguo la sequenza e succede la stessa cosa di prima. “Noo, le faccio vedere e si mette al volante: il freno era quello a mano.” Riprovo con tutte le sicurezze e riparte puntuale insieme a una scarica di maledizioni all’indirizzo dei padri costruttori.

Poi a prendere Rolando a Sassari: “…ma non salite in casa?” Sono già su di giri di mio: se non parto comincio a svalvolare. Insomma siamo arrivati all’Agriturismo alle 12.30 passate, dopo il congiungimento ad una coppia di sardi.doc su una Qashqai bianca come l’altra.

 

Bel posto, nuovo e pulito. Pranzo improvvisato di affettati, sottoli e frutta varia, poi riposino (in alternativa sono andato in giro intorno nel bosco circostante ancora vivo essendo rimasto al margine di un incendio vasto e devastante; ho intenzioni di fotografarlo il giorno dopo). Nel pomeriggio siamo andati a Piscinas, posto incantevole poco

Piscinas Piscinas  

frequentato (forse anche per la strada che aveva una copertura “ecologica” -come da informazioni dell’apposito cartello- consistente in terra battuta finemente ondulata al fine di procurare intense e continue vibrazioni ad alta frequenza anche a 10 Hm/h. Si attraversano, per arrivare alla spiaggia, i resti di un vecchio (secolo scorso) insediamento minerario che ha estratto tutto il piombo e lo stagno estraibile e a lasciato ai posteri i resti di tanta ricchezza: mura diroccate in ogni luogo ben in vista di una macchia rigogliosa. Poi si arriva alle dune: imponenti e solidamente fissate da una vegetazione in piena salute. La spiaggia è magnifica, il mare mosso in modo scoraggiante, ma non tanto da impedire un paio di tuffi fra le onde e conseguente protesta di tutta la colonna vertebrale. Poi passeggiata un po’ da una parte e un po’ dall’altra fino ad arrivare ad un albergo a 4 stelle, discretamente –non è ironico- presente in prossimità del mare e ricavato dalla ristrutturazione dell’edificio un tempo deposito di materiali in attesa di spedizione dal molo di cui ancora resistono i resti diroccati. Pare che la costruzione e l’operazione sia stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco, non sono andato a controllare, ma, se è vero, è ben fatto.

Rientro e preparativi per la cena: come antipasto litigio silenzioso con me stesso che ero riuscito a stipare tutti i gadget elettronici dentro un unico cassetto che si è chiuso in modo irreversibile una volta inserito l’ultimo pezzo: il pc. Senza arrabbiarmi e nella sequenza opportuna ho estratto dai due centimetri di luce del cassetto ogni cosa che ci passava e poi, con rotazioni multiple, uso cubo di Rubik, ho estratto, dentro il cassetto, la fotocamera dalla custodia, poi la custodia e solo allora il pc è sceso in modo tale da consentire l’apertura completa. Avevo perso un sacco di tempo e parecchia autostima, ma quando sono arrivato a tavola non ero l’ultimo: chi mancava? Ma Rolando, che diamine?!

La cena è stata piacevole, il cibo e il vino più che accettabili eccezion fatta per la pasta con gli asparagi di bosco (che avevano trascorso gli ultimi tre mesi nel frezer e sono stati affogati in un torrentello di olio di frantoio, il pecorino grattugiato ha assorbito l’eccesso di liquidi, ma non sostituito il sapore, inesistente, con qualcosa di gradevole). Buono l’agnello arrosto e la compagnia. Poi, la partita dei mondiali iniziata, Rolando è andato a vedere come stava Dafne che si era ritirata perché indisposta. Poco dopo è ritornato allarmato e ha portato Dafne al pronto soccorso vicino: colica renale e tutte le conseguenze del caso. L’ho rivisto alle 8 del mattino dopo Dafne sta un po’ meglio, ma ha bisogno di un’altra iniezione di antidolorifico, poi vedremo.

Intanto la temperatura sembra quella di un marzo fresco e c’è la vaga sensazione che la vacanza stesse per finire.

Il tempo consente di sperare che tra qualche giorno si possa tirare fuori lo slittino, la camera sotto il patio ha la stessa temperatura di uno chalet alle pendici della Marmolada in prossimità della primavera. Le piante si sono ammutolite e i fiori di oleandro sembrano congelati.

su Mannau grotte "su Mannau" grotte su Mannau  

Si parte ugualmente verso le grotte di "su Mannau", che, a detta dei locali, sono ampie e bellissime. La strada è una normale carrozzabile con curve ampie che svelano nuovi scenari, la velocità rispetta gli stomachini delle signore, talora non sufficientemente. I sardiamici precedono con un occhio al retrovisore per controllare distanze e stati di salute. Finalamente all’ingresso delle grotte dopo un po’ di paesini e di gole suggestive. Ci piazziamo sotto una tettoia e qualcuno tira fuori la ”Settimana enigmistica” ed io comincio a trovare interessanti: il panorama circostante, il bar, il cartello con le note della grotta e mi allontano per delle irrefrenabili pulsioni fotografiche.

Poi finalmente in grotta! Questa supera di gran lunga le aspettative più rosee per varietà di concrezioni, colori, vivacità delle riflessioni, ampiezza delle sale e, anche, bravura della guida. Una immersione totale in un’ora e mezza di bellezze.

Le difficoltà non si fanno attendere: Dafne, che aveva giudiziosamente evitato la discesa nelle viscere della terra (detto così fa un po’ schifo anche a chi si è riempito gli occhi di tante bellezze), mostra segni di sofferenza e comincia a manifestare la necessità di rientrare per sottoporsi ad analisi e, possibilmente, a cure risolutive per il calcolo renale che si rivela più difficile da trattare di una derivate seconda. Rolando, l’essere più pasticcione che conosca dopo i cuccioli di setter, comincia a ipotizzare scenari per un comodo e immediato rientro a Sassari. Intanto si va a mangiare in un localino che presto si trasforma in un localaccio, non per la moralità della cameriera, ma per la sua noncurante inefficienza. Un’ora e mezza per una pasta che ha ospitato malvolentieri degli scampi capitati lì per caso è quasi un record e anche il rilascio del conto è stata una mezza battaglia. Dafne cominciava a mostrare giustificati segni di fretta e Rolando ha accettato la mia offerta di riaccompagnarli direttamente a Sassari per evitare disagi di altri mezzi di trasporto improbabili data l’urgenza evidente di trasferirsi in un ambiente più protetto. Una tirata ininterrotta fino a Sassari: 400 km in 4 ore, ma all’andata andavo piano.

La Arvis SW, parca nei consumi a velocità vacanziera, beve smodatamente come qualcuno che conosco quando spingi un po’ e ho seccato il suo capace serbatoio. Sempre a proposito di Arvis non ho tardato a capire un particolare di poco conto, ma indicativo: per farla partire è sufficiente girare la chiave premendo la frizione fino in fondo! Le altre manovre, freno e marcia, sono diversivi che evidentemente hanno riempito la insulsa vita del prestamacchine per qualche minuto.

Volevo andare a far due foto al vicino incendio, ma sono sul balcone (unico posto dotato di tavolo e sedie della pur bella sistemazione) ed ho la pelle d’oca, non per l’emozione, ma per il freddo.

Marialaura l’amica di Dafne ormai partita, e rimasta con noi: ed è cominciato il dilemma: parto anch’io o no? Tutta la mattina a concorrere con Amleto, in mano il biglietto, e con il tentativo infruttuoso di cambiare la prenotazione di Ryanair.

dopo l'incendio  

La mattina presto ho scattato alcune foto dell’incendio che ha devastato la zona vicino all’agriturismo: una pena enorme, non ho neppure il coraggio di guardarle.

Dopo l’infruttosa sosta in una agenzia di viaggi per tentare di cambiare la prenotazione, finalmente un po’ di tempo per vedere Iglesias: posto gradevole, bel centro curato e originale (forse ho qualche immagine accettabile), e un pranzo finalmente buono, ricco di fantasia e di buoni sapori, compagnia gradevole, prezzi modici (primo tortiglioni con cozze, pomodori e melanzane, le cozze piangevano un po’, ma mi sono consolato, seppie in umido e piselli ben cotti e saporiti, un vinello bianco fresco e frizzante acqua e caffè, ottimo servizio 12 euro a testa). Ah, il nome Ristorante: retrogusto.

Prima di lasciare Iglesias un visita alla chiesa dei minatori e poi ad una delle 1.000 miniere abbandonate dove siamo stati subito fagocitati da un custode per una visita guidata non richiesta e un po’ pallosa, ma illuminante riguardo al destino dei soldi pubblici per custodire tonnellate di carte che non si sa a che cosa possano servire (della serie: gli archivi servono forse agli archivisti?).

Poi in cammino lungo una costa meravigliosamente varia da sembrare un immensa grotta scoperchiata, ma battuta da un vento furioso e gelido che rendeva gradevole un pizzico di riscaldamento acceso. Prima del rientro una spiaggia forse ancora più bella di quella di Piscinas, Scivu. Posto affascinate, vario, coloratissimo anche con questa giornata cupa, forse qualche foto si salva.

La sera, dopo lungo pensare, viene stampata la carta d’imbarco, per Marialaura, per il giorno stabilito.

La mattina i sardiamici ci lasciano per i loro impegni familiari e rimaniamo in tre, senza somari né briganti, con una giornata quasi senza limitazioni. Partenza per Oristano con calma per un paesaggio gradevole fino ad arrivare alle zone umide. Ad un certo punto Brunella, poco vivace perché odiata delle curve, vede un movimento in lontananza che la rianima di colpo: “... un fenicottero!” indica col dito, quasi sfondando il vetro. “... veramente mi sembra la testa di un motociclista coperto dalle canne!” rispondo io un po’ incredulo e supponente. “..sì quello sarà stato anche un casco, ma quelli lassù volano!” Uno stormo numeroso sicuramente di pennuti bianchi di grande dimensione con una banda nera sulle ali tinte di un rosso inconfondibile. Marialaura mostra un educato disinteresse mentre fermo la macchina per andare, con Brunella, incontro il più vicino possibile agli aspiratori di gamberetti. Qualche scatto un po’ tremulo per la distanza e l’emozione di trovarmi vicino come non ero mai stato. Si cambia stagno, si cambiano i fenicotteri che partono e arrivano in stormi numerosi. Ognuno al suo posto: gli aironi grigi ai bordi con il collo caricato come una molla pronti a scattare sulle loro piccole vittime, le garzette in piccoli gruppi, i germani che pascolano con posteriore a bandiera e i gabbiani tutti in gruppo che fanno un gran baccano litigando continuamente tra loro per coalizzarsi immediatamente al comparire di un intruso per cacciarlo subito.

Pieni di foto e di belle immagini abbandoniamo la caccia anche per raccogliere i taciti inviti di Marialaura a cambiare oggetto di interesse. Visitata e apprezzata l’austera e fedele a se stessa cattedrale di S. Giusta con le sue pietre solide come la sua struttura prendiamo la via per il centro di Oristano. Dedico poca attenzione per il duomo perché la ricerca di un parcheggio è più impegnativa del previsto; poi rinnoviamo la fortuna del giorno precedente in un piccolo locale molto garbato in cui ho potuto apprezzare il cuscus vegetariano dedicandolo alla commensale vegana che mi aveva accusato di essere un divoratore di agnelli, che belano di dispiacere e il terrore delle cozze che piangono disperate passando per l’esofago. Cibo buono, buon servizio, prezzi convenienti. E allora si parte per l’ultima tappa della nostra avventura sarda, sparuto manipolo, superstite di una vincibile armata.

Tharros zona archeologica Tharros due mari  

Il poco distante Tharros ci accoglie nella sua bellezza millenaria con tutti gli elementi scatenati. Fatti i biglietti seguiamo intruppati una dottissima guida che illustra il luogo dalle antiche origini all’attuale stato di rudere semidisseppellito. Troppe le civiltà passate da questo che era un posto di osservazione e di controllo di un’area vastissima e di importanza strategica. La guida ha svelato e spiegato le funzioni dei vari edifici, le fogge dei monumenti di cui si individuano solo pochi resti mangiucchiati dal tempo e dalla salsedine, le fognature, la pavimentazione delle strade maestre, i segni dei carri ed ogni pietra raccontava la sua storia tramite la sua bocca. Il tempo stringeva e la torre, che prometteva uno spettacolo decisamente maestoso era là davanti a noi separata da una piccola salita. Le scale, ripide e strette e l’immancabile stipite che ricorda alla tua testa che, per lo meno davanti al basalto ad altezza di fronte, è bene che faccia l’inchino, si arriva alla sommità che riesce a smovere anche l’animo, falsamente tiepidino, di Marialaura e Brunella arriva subito dopo e non ci prova neppure a nascondere l’entusiasmo. Foto a 360° per inquadrare senza ambiguità il fenomeno naturale di avere, da una parte all’altra dello stretto itsmo, il mare infuriato e la calma piatta.

Prendemmo tranquilli la strada del ritorno: la macchina era silenziosa e un po’ anche noi un po’ storditi dalla giornata intensa e appagante. La quiete prima della tempesta: Marialaura ci ripensa: “...ma io cosa ci sto a fare da sola a Alghero con questo tempo?” La domanda era rivolta se stessa, noi le avevamo già risposto. e quindi si rispose da sola: in una mossa sola con una piccola telefonata la figlia rispose coi in fatti alla disperata richiesta di aiuti della madre e sul mio cellulare comparve la prenotazione: il giorno dopo con lo stesso nostro volo ci sarebbe stata anche lei. Il viaggio proseguì tranquillo per alcuni chilometri, quando la madre ebbe il dubbio che la figlia non le avesse fatto il check in on line. Poco male lo facciamo appena si arriva in albergo. Finalmente in albergo vado in camera dopo le formalità dell’accettazione per fare l’ultimo documento per consentire a Marialaura di lasciare l’isola tempestosa quando, appena accendo il pc e vedo la foto di Rolando che mi chiama su skype: “… senti Rolando non è il caso: non mi romp…” “ma sono Dafne…” mi sento rispondere da una vocina spaventata ingiustamente aggredita.

Dopo di che fu una bella serata lasciai in camera telefono e orologio e andammo a mangiare una pizza.

Viaggio di rientro tranquillo con arrivo in anticipo, allietato dalle battute salaci del tassista pisano, Marialaura, tanto per fargli un complimento, gli disse serafica: “...lei è così simpatico che potrebbe essere livornese!”

 

Pro memoria: prima di ritornare in Sardegna con qualcuno ricordarsi di richiedere non solo il check in andata e ritorno di tutti, ma anche il loro check up completo!