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Gestione e la tutela del territorio: conversazione con Antonio Ceccantini

Per l’avvio di una riflessione pubblica per la gestione e la tutela del territorio

 

Conversazione con Antonio Ceccantini

 

Laureato in economia e commercio, dopo esperienze di lavoro in grandi gruppi, ora è imprenditore in proprio in ambito ambientale.

Consigliere nell’Amministrazione provinciale di Livorno, presiede la Commissione attività produttive ed è vice presidente della Commissione ambiente.

Candidato per l’area politica Civati in consiglio comunale con la lista PD

 

1)               È in corso un processo di modifiche della legislazione ambientale di tutta la Toscana: parchi ed aree protette, discariche, cave, tutto senza un dibattito generale che coinvolga tutti gli aspetti di questi problemi e la popolazione.

Sicuramente c’è un problema che deriva dal mancato coinvolgimento dei territori, delle associazioni ,dei soggetti che lavorano all’interno anche delle attività connesse ai parchi, quindi c’è un gap di informazione che riguarda questo tipo di modifiche da un punto di vista legislativo e queste sono note solo a livello regionale perché a quello locale questa discussione non è arrivata se non per quel che riguarda singole normative come il piano cave o il piano rifiuti. Singoli piani che hanno valenza locale, ma non quello globale che va dall’urbanistica alla gestione dei parchi. Quindi questo è un primo problema e penso che sia compito di tutti coloro che sono eletti nelle varie istituzioni di sollevare il problema della comunicazione e della partecipazione al dibattito di merito direttamente o indirettamente.

 

2)               Il nostro territorio è soggetto a sfruttamento per il prelievo di materiale per l’edilizia e la pavimentazione stradale: una volta terminata l’estrazione non sembra che si proceda ad una bonifica così come prevedono i piani regolatori. È solo una impressione o si tratta di un fenomeno accertato? Se sì quali proporzioni assume?

Il problema c’è e riguarda, purtroppo, non solo le Province di Livorno e Pisa (che pure soffrono molto) ma anche dell’intera Toscana e addirittura dell’Italia intera. Le società che hanno concessioni pluridecennali per la coltivazione delle cave, dopo l’esaurimento, spesso non procedono al ripristino (piantumazione, bonifica etc.), semplicemente chiudono, o falliscono. L’Ente pubblico non ha più un interlocutore e le fidejussioni rilasciate dai titolari delle concessioni pubbliche per l’attività estrattiva, spesso non sono sufficienti per le opere necessarie al ripristino. Le cave dismesse rimangono per sempre come un’eterna ferita aperta nel territorio. Il problema è grave e diffuso. La legge prevede l’utilizzo di materiale inerte per il ripristino, ma la gestione è assai difficile per gli appetiti economici che si attivano in questi casi. C’è il tentativo di trasformare le cave dismesse in vere e proprie discariche, aggiungendo un danno ancora maggiore. È difficile un ripristino in toto, ma ci sono molti altri esempi virtuosi in senso di tutela ambientale di cave abbandonate con un interesse collettivo con una trasformazione che risponda ad esigenze locali (come per esempio bacini idrici e zone a verde). Tanto per fare un esempio: il museo a cielo aperto di minerali all’isola d’Elba.

 

3)               Un altro rischio più che evidente (addirittura invadente) che corre il territorio è quello di essere utilizzato per lo smaltimento dei rifiuti, strutture delle dimensioni più varie occupano spazi aperti e luoghi più o meno nascosti (e più sono nascosti più dovrebbero essere considerati pregiati). È una visione eccessivamente approssimativa?

L’Unione Europea ha già sancito, di fatto, la fine delle discariche, degli inceneritori e dei termovalorizzatori con il principio (sancito nell’ultima direttiva europea in materia) che si portano alla termovalorizzazione solo i cosiddetti rifiuti che non possono essere riciclati secondo le attuali tecnologie. Quindi, stiamo parlando ormai di percentuali minime che tendono a ridursi ogni anno. Ci sono altri sistemi per eliminare i rifiuti e molti Paesi hanno visto nei rifiuti una risorsa e non un problema. L’ottica di riferimento è il risparmio delle materie prime ed il riciclo e riutilizzo di quelli che definiamo rifiuti come veri e propri semilavorati per l’industria.

 

4)               Visto che le cave ci sono e che sono destinate ad esaurirsi è opinione corrente che valga la pena di utilizzarle per riempire i vuoti, magari proprio con i rifiuti. Qual è la vostra opinione e che esperienza avete in materia?

Oggi ci sono attività compatibili con questa nuova mentalità da parte dei cittadini mentre prima venivano accettati alcuni tipi di impianti con alto impatto ambientale perché si riteneva che creassero reddito ed occupazione. Oggi i cittadini mettono in discussione questa logica perché questo sistema di trattare i rifiuti è costoso, invadente, pericoloso e l’occupazione è di scarso rilievo e poco qualificata. Si riesce a capire bene facendo un bilancio costi/benefici, basta tener conto del consumo di acqua, dei trasporti, dell’invadenza degli impianti, sono tanti gli elementi di cui occorre tener conto. Questo cambiamento di mentalità da parte dei cittadini ha comportato una sempre maggiore  richiesta di confronto  con le istituzioni e la messa in discussione del  potere delle società titolari delle concessioni nei confronti del territorio. Oggi viene fatto un ragionamento complessivo. Molti dei nostri problemi derivano dalle modalità dello sviluppo che c’è stato negli anni ’60 e ’70: uno sviluppo che non teneva minimamente conto delle compatibilità ambientali e dei problemi sanitari conseguenti.

 

5)               In Toscana (Livorno e Pisa) quali sono le zone più a rischio derivante da attività estrattiva e conferimento dei rifiuti? Quali sono i rischi maggiormente preoccupanti?

La nostra Regione e in particolare le Province di Livorno e Pisa hanno pagato pesantemente la logica che ha dominato la produzione in Italia. Ci sono ferite profonde anche nelle zone paesaggisticamente più pregiate come la val di Cecina e la val di Cornia, come nelle colline livornesi e ai piedi del Monte Pisano. Le cave segnano il territorio e gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti hanno cambiato in modo permanente la piana di Pisa nella zona di Cascina. Il maggiore rischio consisterà prima di tutto nel non accettare prontamente la nuova concezione di tutela ambientale europea  e di non proseguire i controlli anche degli impianti più recenti.

 

6)               Il timore di perdere subito dei posti di lavoro a causa del rispetto dell’ambiente ritenuto una opzione non determina una perdita maggiore nell’investimento massiccio per ottenere un ambiente più pulito e minori rischi per la nostra salute?

Va rivista completamente tutta la materia perché un mondo nuovo  si sta creando attorno a noi: il mondo del riciclo, tutto ciò che riguarda l’agricoltura organica e l’energia da fonti rinnovabili. Lo sviluppo di queste tematiche si vede bene nei Paesi che si sono mossi per tempo dove si sono creati milioni di posti di lavoro. Quindi noi dobbiamo agganciare questo tipo di sviluppo, non andare alla ricerca di tecniche ormai obsolete, superate dall’attuale sistema economico-produttivo che non permette più una competizione con ii Paese cosiddetti emergenti (Cina e India) dove, peraltro, inizia a presentarsi con decisione il dissenso di quote sempre maggiori di popolazione in merito alle scelte in materia ambientale dei singoli governi. Pechino è una delle zone più inquinate del mondo e la popolazione ha grossi problemi sanitari causati per esempio dalle polveri sottili che provocano gravi patologie.  

 

7)               Non temete di essere accusati di tentare di fermare l’economia per seguire astratte paure?

Cambiando la soglia di attenzione anche le reazioni sono più veloci: mentre il nostro Paese ha impiegato più di 50 anni per rendersi conto che quel tipo di modello era sbagliato, i Paesi emergenti stanno mostrando una reazione più rapida. La nostra presa di una nuova consapevolezza è stata lenta  e ci siano arrivati solo attraverso uno shock energetico ed economico che ha messo in discussione tutto il modello cosiddetto di sviluppo legato alla crescita del PIL.

Ci sono attività compatibili con questa nuova sensibilità e l’occupazione ne risentirà positivamente. In Europa la sicurezza sul lavoro e la tutela dell’ambiente in cui viviamo sono dei valori ormai accettati e condivisi.

Nel pensiero comune emerge sempre più il concetto che senza un rispetto per l’ambiente la qualità della nostra vita peggiora.

Occorre mettere al centro del nostro sviluppo tutto il settore che va sotto il nome di green economy.

 

8)               Quali sono secondo voi i territori da tutelare maggiormente rispetto al “piano cave” che deve essere ancora definitivamente approvato?

Praticamente tutti con particolare attenzione alle zone che presentano una maggiore fragilità sia di gestione (piccoli comuni) che ambientale (zone di particolare pregio paesaggistico).

 

9)               Spesso le Amministrazioni tendono a confermare le scelte deliberate con la motivazione dei conseguenti risarcimenti economici: il “principio di precauzione” offre una tutela contro queste preoccupazioni?

Sì, le Amministrazioni possono procedere in “autotutela”, ma questo avviene raramente.

Questo è un fatto importante perché determina una responsabilità politica nuova.

I contenziosi a causa dei ricorsi amministrativi sono comunque aumentati in questi ultimi anni,  quindi torniamo alla scelta politica delle amministrazioni.

 

Intervista curata da Enzo Bilanceri e Vincenzo Terreni

 

Il problema dell’energia verrà affrontato nelle prossime occasioni di incontro.