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Enrico Pappalettere l’addio

Per Enrico Pappalettere

 

Enrico Pappalettere, il ricordo

 

 

Enrico

Barletta 1 aprile 1946 – Pisa 24 agosto 2014

 

Laureato a Pisa in Scienze Biologiche, ha cominciato ad insegnare nei licei a Volterra, poi un lungo periodo a Pontedera e infine a Pisa al Liceo “U. Dini”.

Ha portato molte innovazioni nell’insegnamento delle Scienze Naturali conquistando sempre la stima e l’affetto degli studenti e dei colleghi.

Ha partecipato attivamente alla fondazione dell’Associazione degli Insegnanti di Scienze Naturali (ANISN) dirigendo in seguito la sezione pisana. Nel 1987 ideò e creò la rivista NATURALMENTE, che prosegue le sue pubblicazioni.

Ha contribuito con altri alla realizzazione dei laboratori “Franco Conti” di Pisa al servizio dei docenti di Scienze naturali.

Ha organizzato un gran numero di occasioni di incontro e discussione su tematiche inerenti le Scienze sperimentali e la didattica.

Personaggio di raffinata cultura e di grande umanità lascia un gran vuoto in chi l’ha conosciuto e un patrimonio di idee e realizzazioni che dovranno proseguire anche dopo di lui.

 

Il Canto

Il canto parla, unisce, accomuna. Col canto si racconta una storia, ci si racconta, ci si incontra. Attraverso il canto la comunicazione è diretta e sincera: esibizione a parte, cantando in gruppo per il puro piacere di farlo, ci si guarda negli occhi, per darsi la nota, mantenere il ritmo, certo, ma soprattutto per far spazio a quel tipo di comunicazione che non necessita di alcuna mediazione aggiunta.

Per il tempo in cui le voci si uniscono in un modo armonioso, il resto delle sollecitazioni cessa di farsi sentire. (*)

 

 

Questo è uno spazio aperto a tutti i possibili ricordi di chi ha lavorato insieme ad Enrico.

Abbiamo deciso di aprire la pagina pur incompleta per rendere possibile a tutti non solo

di leggere, ma anche di scrivere quello che ciascuno sente, di inviare foto e musica.

Tutto ciò per sentirlo ancora tra noi e per aiutarci ad andare avanti insieme.


La Redazione

 

 

 

 

Scuola estiva di Viareggio

Durante la cerimonia di addio


La famiglia

 

A nome di tutta la famiglia voglio ringraziare tutti voi della vostra partecipazione al nostro lutto. Voi che siete qui presenti e quelli che oggi non possono esserlo ma sono venuti ieri a salutare Enrico, tra cui il prof. Andrea Simonetti, preside del Liceo “Ulisse Dini”, che è stata l’ultima scuola di Enrico. Ringrazio anche gli amici del web che hanno avuto per lui numerose e sincere testimonianze di affetto e di stima. Vi abbiamo sentiti vicini, a lui e a noi.

 

Questo è un momento di commiato, che Enrico stesso avrebbe voluto silenzioso e discreto. Per questo, in accordo con tutti quelli che ce lo hanno chiesto, abbiamo convenuto di rimandare ad un altro momento una più puntuale riflessione, organizzata in modo da illuminare i diversi aspetti della sua attività di insegnante, ricercatore, studioso e scrittore. A chi vorrà intervenire oggi, chiediamo la brevità del saluto di un amico.

 

 

Lia Marianelli

 

Capire che avremmo perso Enrico, accettare dentro di noi la necessità di lasciarlo andare, attrezzarci a volergli bene da lontano e prepararsi a reggere il colpo che si avvicinava, è stato, in questi mesi, una prova durissima. La perdita che abbiamo subito non ha riparo. Ma lui non era di troppe parole, lui che pure sapeva usarle bene nel parlare e nello scrivere; né in questa occasione voglio farlo io che pure conosco bene quel mestiere: perché in realtà ho da dire soltanto quello che voi tutti già sapete, e cioè ricordare, in quest’ora di buio e di sconforto, quanto noi che lo abbiamo amato, e quelli di noi che hanno avuto il privilegio di essere amati da lui, siamo stati, in vario modo e per diverse vie, straordinariamente fortunati.

 

La nostra amicizia, che ha poi raggiunto, con discrezione e molti silenzi, le pieghe più  riposte della nostra vita privata, è nata sul lavoro e si è alimentata della passione per il nostro comune mestiere. Della consapevolezza, che lui rafforzò in me, di quali fondamentali impronte esso possa lasciare quando lo guida il rispetto verso i ragazzi, verso le persone che essi sono o potrebbero diventare. E presto mi resi conto che in mezzo ai tanti bravissimi insegnanti con cui lavoravo a scuola, avevo avuto la ventura di imbattermi - lo dico senza retorica - in un intellettuale vero, soggetto insolito e strano, ma che poi indica semplicemente una persona in cui studi e letture e apprendimenti sono diventati modo di vivere, habitus quotidiano, cultura insomma, e che questa cultura traspare da ogni cosa che fa, da come parla, da come tace, da come sorride, da come ama, da come insegna, da come ti rimprovera, alunno o preside che tu sia, da come mangia una pizza con te, da come si diverte, da come canta in coro, da come in teatro fa rivivere insieme agli studenti la storia di Darwin misconosciuto dai suoi tempi. Lui era davvero un’acqua limpida, scorta per avventura tra le petraie d’ un greto, ed io il pescatore di spugne che per caso si era imbattuto in una perla rara, quel grumo di silice che per diventare perla aveva certo pagato il  prezzo dovuto di sofferenza e di dolore.

 

La sua intelligenza e la sua cultura erano le luci guida per arrivare a lui, è vero; ma di lui ho amato forse ancora di più la disponibilità verso la vita, e il gusto di coglier le opportunità che essa nasconde ed offre a chi sa apprezzarle anche nelle cose semplici. La sua curiosità verso le persone. La sua ironia. La sua eleganza. La sua indulgenza, che pure si alimentava di una dirittura morale ed una determinazione nel rispettare i valori in cui credeva che non si accontentava, che mai barattava la stima e l’affetto con la condiscendenza, un rigore che la famiglia e l’educazione gli avevano trasmesso e che non faceva sconti.  Confesso che ho tenuto molto al suo giudizio, che ho cercato di capire perché qualche volta non approvava quello che facevo e ho anche cercato di correggermi: da me che ero diventata sua amica, pretendeva per lui e la nostra scuola prima di tutto che facessi la preside come meglio potevo.

 

Le cose che abbiamo non si perdono, si perdono solo quelle che non abbiamo. Le cose, e le persone. Ed è questo l’altro motivo per cui ci sentiamo straordinariamente fortunati. Enrico se n’è andato, ma quello che ci ha dato non se lo può portare con sé, ovunque egli vada. Né lui lo vorrebbe. Lui che non ha mai ambito ad essere un protagonista e un maestro, è una cosa nostra ormai, viva in ciascuno di noi finché avremo sensi e ragione. Un viatico che ci impegna, ma che pretende leggerezza e reclama di non pesare su noi come un macigno.

Portiamolo dentro di noi come un tesoro affondato. Che la salsedine non intaccherà.

 

 

Il coro del Liceo Scientifico “Ulisse Dini” ha omaggiato Enrico eseguendo due brani che amava molto: “Oh Freedom” e “I Love The Lord

 

Per Enrico Erica Tomassone

 

Le testimonianze arrivate per email

 

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