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Giampaolo Magagnini

 

Giampaolo Magagnini

Ricordo di Giampaolo Magagnini (*)


Giampaolo Magagnini ha compiuto un lungo, seppur troppo breve, viaggio intorno alla vita, con rara ed incorruttibile dignità.
Senza lasciarsi contaminare dall’ambizione o dal desiderio di apparire migliore di sé, senza mai scendere a compromessi, senza desiderare ciò che non potesse ottenere con le sue sole forze, animato soltanto da un tenace senso del dovere, dalla passione per la Scienza e dalla smania di scoprire la Vita, in ogni suo aspetto.
Il principio cardine su cui poggiava la sua esistenza è il Λαθε Βιωσας del greco Epicuro. Lathe biosas, vivi nascostamente. Obiettivo, questo, raggiunto in modo magistrale, poiché il meglio è rimasto sempre celato.
“L’essenziale è invisibile agli occhi...” e si direbbe che tale espressione sia stata appositamente pensata per Lui. Come la quasi totalità delle frasi tratte dal più famoso libro di Saint—Exupery, che conosceva pressoché parola per parola, anche questa gli si adattava alla perfezione.
La Natura che tanto amava, lo aveva dotato di una mente poliedrica ed inarrivabile, ma la Vita che gli è stata concessa si è mostrata subito severa e spesso inclemente. Le traversie e le avversità non sono però valse ad impedirgli di mantenere inalterate le sue doti di arguzia, ironia, onestà, solidità e compassione.
Un radicato senso di Pietas, maturato fin da giovane, in seguito ad uno degli eventi più dolorosi da Lui vissuti, gli permetteva di comprendere a fondo, senza bisogno di parole, le ansie ed i problemi di chi gli era accanto, conferendogli il dono di tendere la mano e di offrire il proprio silenzioso aiuto, senza mai mostrarsi invadente o inopportuno. Era parimenti in grado di accettare e perdonare l’altrui pochezza, ben consapevole del fatto che l’indulgenza richiede grande forza d’animo.
Docente instancabile e dalle immense doti didattiche, si distingueva per la grandiosa capacità mnemonica, che gli concedeva il lusso di riconoscere al primo sguardo un numero impressionante di specie, spaziando tra le più disparate forme di vita, ben al di là di quello che era il suo campo specifico di ricerca.
Zoologo per innata passione, specializzato nel settore della Biologia Marina, con un primo rilevante incarico presso l’Ateneo di Modena, e poi di nuovo a Pisa, dove rimase anche oltre il termine della carriera accademica. Conseguì l’abilitazione alla libera docenza in Zoologia all’età di 36 anni e di questo non smise mai di andar fiero.
Sempre disponibile nel mettere lo sconfinato sapere, acquisito in decenni di studio, a disposizione di studenti e colleghi, ogni qualvolta venisse richiesto il suo aiuto. E benché ciò accadesse con sorprendente frequenza, la consapevolezza del proprio valore non lo ha mai indotto ad accantonare l’insita modestia e la costante autocritica.
Tutti quelli che hanno goduto del privilegio di conoscerlo sanno bene quanto fosse profonda e quasi enciclopedica la conoscenza della Materia Scientifica, in particolare della Zoologia, a Lui tanto cara, ma altrettanto vasta era la sua padronanza nei campi delle Lettere e dell’Arte, tanto che con disinvoltura si dilettava nel tradurre in greco ed in latino frasi casuali che gli era capitato di leggere o di udire. È quindi naturale ritenere che la sua fosse una Cultura completa e perfettamente equilibrata, ma è impossibile anche solo immaginare quante e quali cognizioni possedesse.
Ci si stupiva abitualmente, nel vederlo in atteggiamenti scherzosi, quasi fanciulleschi, con gli occhi brillanti e lo sguardo malizioso, intento ad escogitare uno scherzo o una birbonata, come se ancora avesse quindici anni, oppure rapito dalla narrazione di qualche innocente malefatta, attuata in gioventù con gli amici della pallacanestro, ai quali era sempre molto legato, nonostante il trascorrere degli anni.
Viene da pensare che il suo più grande traguardo sia stato proprio quello di riuscire a non prendersi mai troppo sul serio, malgrado l’autorevolezza conferitagli dall’incarico professionale. Una profonda sensibilità, gelosamente nascosta dietro un’apparenza spigolosa, talvolta rude, a motivo dell’estrema timidezza, gli offriva uno strumento privilegiato per affondare la propria comprensione nell’animo umano e per descriverne le sofferenze e le speranze in bellissimi e toccanti versi.
Se è stato grande nei pregi, altrettanto non è stato nei difetti, nonostante quei pochi che ne caratterizzavano il carattere fossero senz’altro rimarchevoli. Ma da Uomo savio ed umile quale era, non tardava mai nel farsi perdonare, grazie alla non comune capacità di riconoscere con onestà i propri errori e di domandare tempestivamente scusa, senza vergogna o risentimento.
Tra le sue più grandi manchevolezze è doveroso annoverare il fatto di essere stato uno svogliato e pessimo giocatore di briscola, inadeguatezza che non gli procurò comunque alcun particolare rammarico. Se apparentemente può sembrare, questa, una pecca di ben poco conto, bisogna però rammentare che tale inettitudine procurò sempre grandi e cocenti delusioni, culminate in una desolata rinuncia, a quello che fu senza dubbio il suo più intimo amico: Renzo Nobili.
Sarebbe davvero un’ardua impresa, quella di riuscire a ricordarlo per ciò che era, nella sua grande complessità.
Infinite cose si potrebbero ancora raccontare di Lui, come la smodata passione per il profiterole ed i tramezzini, la predilezione per le scarpe senza i lacci ed il fermo rifiuto per cravatte che non fossero reggimentali, il disprezzo per l’opera e la preferenza per lo swing, l’amore per Cesare Pavese, Giuseppe Giusti, Paul Eluard e Jaques Prevert.
Si potrebbe narrare di come canticchiasse, scrutando nel binoculare, e di come pretendesse di scovare terribili e voraci Nemertini, per poi trucidarli a colpi di pipetta, dichiarandosi il protettore delle Nerilla, ci si potrebbe sgomentare ricordando come fingesse di aver gettato i nidi per errore sostituendo l’acqua ai piccoli Anellidi.
Si potrebbe rammentare come simulasse di zoppicare, camminando con un piede sul marciapiede ed uno sulla strada, o come finisse sempre per fare commenti fuori luogo ed a voce troppo alta, se aveva accanto qualcuno che potesse sentirsi in imbarazzo.
Si potrebbe sorridere, ricordando come, di punto in bianco, iniziasse a parlare con inflessione bolognese o come, imitando il Professor Benazzi durante un viaggio in treno, attaccasse casualmente con la canzonetta “Bimba, dagli occhi pieni di malia...”
Capitava spesso che, dal nulla, iniziasse a declamare versi di Dante ed opere di Shakespeare, così, senza motivo apparente, per poi chiudersi nel più totale mutismo, se in quel momento era alla ricerca di un’idea che faticava a prender forma.
Era sua abitudine, durante impegnative conversazioni telefoniche, disegnare ad oltranza sul primo foglio a disposizione, figure geometriche e, in casi eccezionali, faccine sorridenti con buffi cappellini. Lo faceva con grande concentrazione e precisione, cosicché alla fine era difficile capire se fosse più assorbito dalla telefonata o dal disegno.
Da vero gentiluomo non mancava mai di aprire la porta, cedendo poi il passo a quelli che lo accompagnavano, così come insisteva sempre nel porre le rappresentanti del gentil sesso nella parte interna del marciapiede. “Un tempo si osservava questa regola. lo sono un uomo all’antica e non intendo rassegnarmi”. Ed anche di questo suo lato andava estremamente orgoglioso.
Non era infrequente, se lo si costringeva ad ascoltare argomenti da Lui considerati tediosi, che fingesse di addormentarsi improvvisamente, in piedi, inclinando il capo e russando rumorosamente, per esprimere il suo totale disinteresse nei confronti dell’esposizione in corso, o per smorzare lo spirito di un narratore animato da eccessivo entusiasmo per inutili futilità. ..
Aveva un debole per le Contrade del Nicchio e della Civetta e spesso raccontava di come si fosse recato a Siena, nei giorni precedenti al Palio, solo per gustare quell’atmosferadi attesa, impossibile a descriversi, e di come fosse poi tornato a casa, per godersi la carriera in tivù. Era sempre uno spasso sentirlo raccontare di quando, in viaggio con gli studenti, durante una breve fermata, si era recato sulla riva del Ticino in cerca di tricotteri e vi era poi scivolato dentro, infradiciandosi fino alla vita e suscitando l’incontenibile ilarità dei presenti, smorzata soltanto, forse, dai suoi prolungati improperi.
Era invece incredibilmente coinvolgente la narrazione dell’escursione in goletta, al largo delle Isole Tremiti, con solo il fruscio del vento e lo schiocco delle vele, un racconto così ricco di dettagli, la tonalità del Mare, l’intensità dei raggi del Sole, la ruvidità del sartiame, il colore del legno della coperta, che quasi sembrava di averlo vissuto in prima persona e che faceva comprendere quanto veramente amasse il lavoro di Biologo Marino.
Allo stesso modo suscitava un po’ di disagio, il sentirlo raccontare del pomeriggio in cui era rimasto intrappolato fino alla caviglia tra le alghe, sulla spiaggia bretone di Roch-Kroum, impegnatissirno nella raccolta di Littorina obtusata, per poi rendersi conto che la marea stava risalendo con preoccupante velocità...
Una Vita intensa, ricca di esperienze, che sapeva ricordare con stupefacente e particolareggiata precisione e che amava condividere con attenti ascoltatori, vissuta con ardente entusiasmo ed incrollabile fiducia. Sempre pronto a mettersi alla prova con sincera onestà, a dispetto delle molte paure che sempre lo accompagnavano.
Infinite sono le cose che si potrebbero ancora ricordare di Lui, ma tutte insieme non basterebbero a comprendere la sua complessa personalità, così variegata e per molti versi inafferrabile.
Molti anni sono passati dalla sua dipartita e, se da un lato il vuoto che si è venuto a creare resterà per sempre incolmabile, dall’altro dobbiamo sentirci grati non solo per l’esempio e per gli insegnamenti che il Professore ci ha dispensato, ma soprattutto per la preziosa amicizia con cui ci ha onorati.
Sorriderebbe commosso, leggendo queste parole, e colto dal più assoluto imbarazzo tenterebbe di sminuirle, affermando timidamente di essere “solo un piccolo uomo dalla grande statura”.
Senza dubbio direbbe la verità: un piccolo uomo lo era certamente, poiché riusci sempre a conservare la straordinaria attitudine, tipica dei bambini, a provare meraviglia e stupore, ogni volta, di fronte ad accadimenti quotidiani, apparentemente banali e troppo spesso trascurati, come lo sbocciare di una violetta o un improvviso volo di rondini. E fu proprio questa singolare inclinazione a donargli la rara capacità non solo di guardare, ma anche e soprattutto di comprendere.
Nel Cimitero della Propositura di Calci, dove meritatamente riposa, in un ultimo gesto di sereno orgoglio e di quieta riconoscenza per il Nome ricevuto, che tanto bene si accordava alla sua essenza, ci accoglie adesso con quelle sole nove lettere che, senza ornamenti, seguitano pienamente a narrare il suo lungo viaggio intorno alla Vita.


GIAMPAOLO
15.2.1933 - 31.8.2004 

 

 

 

 

 

 

(*) In una delle tante giornate piovose mi son ritrovato a mettere a posto libri e riviste dopo lunghi anni di polvere e abbandono.

Una busta scivola dall'alto di una catasta: contiene una lettera con il ricordo di un collaboratore di NATURAMENTE Giampaolo Magagnini scomparso 19 anni fa con grande riserbo da parte della famiglia. Di Magagnini abbiamo pubblicato i suoi scritti per NATURALMENTE:

Un lungo viaggio intorno alla vita 21 articoli e tre lettere. Purtroppo il ricordo rimane anonimo per la mancanza rosicchiata dell'ultima pagina.