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Sbadigliando s’impara

 

sbadigliando s'impara

Sbadigliando s’impara

 

Luciano Luciani

 

Frenetica la vita dei bambini, oggi. La mattina in classe. Rientro a casa e subito dopo pranzo, ancora col boccone sullo stomaco, c’è, per due/tre volte la settimana la scuola-calcio (o tennis, o nuoto, o pallacanestro, palla a volo, scherma… Quello che volete voi). Se, poi, in quell’attività sportiva il bimbo promette bene, viene, come si suol dire, convocato e la domenica gli tocca la partita di uno degli innumerevoli tornei comunali, provinciali, regionali, interregionali… Quelli, per intenderci, nel corso dei quali i genitori-tifosi riescono sovente a dare il peggio di sé. E non finisce qui. Sì, perché il marmocchio, appena superata l’età del pannolone, è già preda appetibile di una vasta offerta cultural/formativa pubblica e privata sotto forma di corsi di tutti i tipi: musica e lingue, informatica e danza, scacchi e teatro… Li organizzano gratis le scuole, a pagamento benemerite associazioni private. Sempre e comunque gratuite le prestazioni di nonni/e, zii/e, amici/che di famiglia che scarrozzano il pupo, lo portano e lo riportano, saltabeccando da un campetto di calcio, posto solitamente all’estrema periferia cittadina, a una palestra disadorna, da un piccolo auditorium ricavato da un capannone industriale in disuso a un teatrino dismesso. Non mancano poi gli impegni pomeridiani legati alle attività parrocchiali per la preparazione alla prima comunione e/o alla cresima: “noi” - dicono i genitori – “non siamo credenti, ma poi magari il bimbo si sente emarginato…” E non si trascurino gli scout, l’orienteering e le feste di compleanno degli amichetti e dei compagnucci di scuola. Insomma, a me sembra che oggi i nostri cuccioli d’uomo facciano quello che è solito definirsi “un mazzo così”: sproporzionato alla loro età che li vorrebbe assai meno carichi di responsabilità e delle aspettative degli adulti.

Sempre più rari, dunque, per i bambini del nostro tempo, i momenti in cui prendere “il treno dei desideri” e, per dirla con Paolo Conte e Celentano, andare “all’incontrario”, seguendo il filo dei propri pensieri bambini, arruffati e sognanti. E ora un appello a genitori, insegnanti ed educatori vari: lasciamoglielo un piccolo spazio tutto loro, magari anche di noia, utile a ricaricare una creatività altrimenti destinata a esaurirsi perché troppo spesso eterodiretta e guidata dai “grandi”. Necessario a pensare e ripensare le proprie personalissime curiosità, coltivare la propria realtà interiore, le proprie domande. Quelle grandi, quelle senza risposta che, però, ti fanno crescere. Un mondo - noi adulti ce lo ricordiamo a malapena - vastissimo e prezioso.

E non dimentichiamoci mai, cari Lettori, che anche sbadigliando s’impara.