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Groenlandia

 

 

 

 Groenlandia

Un freddo paradiso



Un breve percorso attraverso la Groenlandia, dove ghiaccio e cielo confinano

 

di Luciano Luciani

 

Qualcuno ha battezzato la Groenlandia l’“isola frigorifero” e mai definizione è risultata più aderente alla realtà: infatti, se durante l’estate - il periodo del “sole di mezzanotte”, compreso tra maggio e luglio quando la luce rischiara a giorno anche le ore notturne - il termometro arriva a stento ai 20° C, in inverno non fa nessuna fatica a oscillare tra i –20° C della parte meridionale e i –40°C delle regioni settentrionali. Terra di ghiacci, dunque, che coprono oltre i 3/4 della superficie del territorio: eppure, nella stagione estiva la Groenlandia si copre di un manto così verde e di una fioritura tanto intensa che Eric il Rosso, il leggendario eroe vichingo qui relegato in esilio per sei anni nel X secolo, non poté fare a meno di battezzarla green land, “terra verde”, così forte era il contrasto tra questo colore e il candore dei ghiacci che scivolavano lungo i fiordi già avvolti dal tepore solare.

I suoi abitanti - circa 60.000, 88% groenlandesi, ovvero inuit (eschimesi) e bianchi nativi; 12% danesi - la chiamano Kalatdlit nunat, ovverosia “terra degli uomini” o “terra dei popoli”. Posizionata nella zona nord ovest dell’Oceano Atlantico, tra il Canada a sud-ovest, l’Islanda a sud-est, l’Artide e il Mar Glaciale Artico a nord, lunga 2600 km ed estesa per due milioni e 276 mila chilometri quadrati, oltre sette volte l’Italia, da alcuni decenni, quest’isola grande come un continente sta conoscendo una profonda trasformazione economica e sociale che la porta sempre più spesso al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica internazionale e segnatamente della Comunità europea.

Membro del Regno Unito di Danimarca, ma autonoma in ambito legislativo, giudiziario e nella gestione delle risorse naturali, la Groenlandia, lasciatasi alle spalle un tenore di vita arretrato che appartiene ormai al  ricordo dei più anziani, usufruisce con disinvoltura delle nuove tecnologie in materia di refrigerazione e conservazione della sua materia prima, il pesce. Si sono moltiplicati, infatti, gli stabilimenti per la conservazione del pescato, in particolare dei gamberetti richiesti e consumati in tutti i Paesi del mondo. Se nei porti di questa immensa isola hanno attraccato e attraccano i pescherecci d’ogni nazionalità, ai nostri giorni la Groenlandia è diventata anche la meta di un turismo curioso e consapevole che consente al visitatore di scoprire un mondo nuovo e non ancora contaminato dalle cosiddette vacanze di massa.

Il pesce resta comunque  è al centro della vita materiale e quindi della cultura groenlandese: al riguardo, anzi, si ricorda un episodio che resta nella storia dell’isola e si ricollega alla missione religiosa azzardata per la  prima volta nel XVII secolo dal religioso luterano danese Hans Egede (1686-1758), il quale si trovò a dover affrontare un numero incalcolabile di problemi per diffondere il verbo di Cristo: fra gli altri va ricordata la modifica che egli fu costretto ad apportare al Pater noster, che per adattarsi alla situazione locale è recitato introducendo la logica variazione del Dacci oggi il nostro pesce quotidiano, mentre le pecorelle del Signore vennero indicate come le foche di Dio.

Ad Hans Egede, missionario, esploratore e vescovo norvegese, si deve la fondazione di Godthaab - Buona Speranza, ribattezzata Nuuk dai nativi, la capitale dell’isola, un centro che non arriva ai quindici mila abitanti. Negli ultimi tempi, ha aggiunto alle sue storiche caratteristiche di punto di riferimento della pesca internazionale quello di cuore pulsante del turismo e non pochi europei dedicano una particolare attenzione a questa terra per il fascino indiscusso che essa esercita. Assai suggestivo il centro di Nuuki, costituito da Kolonihaven, un pittoresco villaggio di pescatori, in cui il tempo sembra essersi fermato alla metà del XVII secolo. Insieme alla piccola capitale, ecco Sisimiut, chiamata con qualche enfasi la “Tahiti del Nord” per l’ospitalità che è in grado di offrire. Una città moderna che vanta una piccola università, due scuole superiori, tre asili, una “casa del popolo” con il cinema, le residenze degli studenti, un collegio e, infine, una discoteca dove si balla ogni sera. E non va dimenticato che l’agenzia turistica locale organizza gite ed escursioni dato che nei dintorni si può praticare lo sci di fondo, andare in slitta, compiere passeggiate ecologiche, magari portando la tenda. A chi voglia compiere una esperienza “forte” si consiglia la gita in battello lungo i fiordi e gli iceberg, da avvicinare, questi ultimi, sempre con qualche precauzione: questi enormi pezzi di ghiacciaio che si staccano e scivolano in mare possono essere alti fino a quaranta metri e pesare dalle cinquantamila ai sette milioni di tonnellate. Il rapporto tra la parte sommersa e quella emergente è di cinque a uno nel caso degli iceberg “pieni”, di due a uno se “vuoti”. Questi sono i più pericolosi perché possono capovolgersi per le semplici vibrazioni dell’elica di un motoscafo.

Ma il luogo dove conoscere a fondo questi terrificanti e bellissimi mastodonti di ghiaccio è la Baia di Disko, trecento chilometri a Nord del Circolo Polare artico, seicento dalla capitale. Qui si segnale la cittadina di Ilulissat, che nella lingua locale significa appunto “gli iceberg”: luogo di frontiera e al tempo stesso importante meta turistica racconta una storia che si perde nella notte dei tempi se è vero che già nel 1500 a. C. risultava abitata dalle antiche tribù dei Saqqaq e dei Dorset. Qui merita di essere visitato ill Museo Knud Rasmussen, dedicato all’etnografo danese (1879–1933) che dedicò la sua intera esistenza - "datemi l’inverno, datemi dei cani da slitta e prendetevi pure tutto il resto" - all’esplorazione dell’Artide e allo studio della millenaria cultura inuit. 

Gli amanti della natura, poi, non potranno che apprezzare gli incontri con branchi di caribù, con i buoi muschiati, con l’orso polare, un colosso di "tre quarti di tonnellata di muscoli, ossa e zanne… Un predatore che esiste appena da ventimila anni e in questo periodo ha conosciuto solo due categorie di mammiferi: la sua specie e le sue prede, il cibo”, così lo presenta Peter Hoeg, autore del celeberrimo Il senso di Smilla per la neve, best seller internazionale di venti anni anni fa. Non mancano sulla terraferma i lemming, piccoli roditori delle regioni artiche, le volpi polari e le volpi blu, i lupi, mentre i mari ghiacciati ospitano varie specie di foche, trichechi, il narvalo, un cetaceo lungo fino a sei metri dalla caratteristica zanna, orche, balene e il beluga bianco.

Attenzione, però, a non presentarsi alla popolazione indigena come sostenitori troppo entusiasti di Greenpeace e delle sue iniziative. La posizione assunta, infatti, in tempi recenti da questa, per altro benemerita, organizzazione contro la caccia alle foche e alle balene ha rischiato di inaridire alle fonte le possibilità di sussistenza di oltre l’80% dei groenlandesi: solo un faticoso riconoscimento delle ragioni profonde della caccia di sussistenza (fuorché nel caso di specie protette) è riuscita a disinnescare la tensione cresciuta pericolosamente tra la popolazione locale e l’organizzazione ecologista, accusata di attentare a stili di vita consolidati nei secoli e pesantemente compromessi dalla globalizzazione dei consumi, dall’inquinamento dei mari e dal riscaldamento del pianeta.