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Intervista con Maryanne Wolf

 

Maryanne Wolf posa con uno dei suoi libri d’infanzia, Le Cronache di Narnia

 

Intervista con Maryanne Wolf

 

di Mara Pace
Pubblicato il 31 Ottobre 2023 da Andersen

 

Maryanne Wolf, tra le più note neuroscienzate cognitiviste, esperta del “cervello che legge”, è stata ospite in Italia la scorsa primavera per incontrare i ragazzi della Scuola di Lettura promossa all’Università Cattolica di Milano dalla casa editrice Vita e Pensiero, che in Italia ha pubblicato i libri più noti dell’autrice – "Proust e il calamaro" e "Lettore, vieni a casa" – spesso citati quando si parla di educazione alla lettura. 

 

Le storie che incontriamo da bambini lasciano tracce profonde. Qual è stato il libro più importante della sua infanzia?

Non posso che iniziare citando un libro insolito, che probabilmente nessun altro conosce. Quando ero in quarta elementare, abitavo in una piccola cittadina e la biblioteca era la mia seconda casa. Ma c’era un libro che nessuno aveva e che io desideravo disperatamente. Nella mia lettera a Babbo Natale (sapevo già che non esisteva, però mio fratello e le mie sorelle ci credevano ancora) ho scritto che desideravo una cosa soltanto: un libro che si intitolava "All about the stars." A scuola c’erano libri sulle piante, i fiori, ma non avevano il volume dedicato alle stelle. L’ho cercato in biblioteca, ma niente da fare: bisognava proprio ordinarlo. Quando è arrivata la mattina di Natale, abbiamo aperto tutti i pacchetti, ma il libro non c’era. Non volevo che i miei genitori ci restassero male, ma non ho potuto fare a meno di piangere. Mia madre mi ha chiesto perché ero tanto triste, e io le ho confessato che era per il libro. Lei ha esclamato “Oddio, l’ho dimenticato!” e ha preso un ultimo pacchetto da sotto il letto. Non provo nemmeno a descrivervi la mia gioia. Quel libro era legato al mio amore per la scienza, e siccome riguardava il cielo, aveva a che fare anche con il mio interesse per la religione. A questo proposito, tra gli altri libri della mia infanzia ci sono un volume sulle vite dei santi, e naturalmente un libro di fiabe. Questi tre libri stavano vicini sullo stesso scaffale: un libro sulle stelle, per la scienza; un libro di fiabe, che mi donava l’immaginazione; e il libro dei santi, che leggevo in cerca di modelli: volevo essere brava come i protagonisti di quei racconti, ma poi a scuola mi cacciavo sempre nei guai perché parlavo troppo (ride, ndr). Devo dire che il mio scaffale di allora riflette ciò che più conta di più anche adesso nella mia vita: la scienza, la letteratura, la spiritualità. Quei primi libri hanno giocato un ruolo importante, hanno avuto un’influenza straordinaria su ciò che sono. 


Che lettrice era da bambina?

Buonanotte luna  

Leggevo sempre, leggevo tantissimo. I miei nonni, a cui facevamo visita ogni settimana, a volte sembravano un po’ perplessi: gli altri nipoti giocavano, io mi rifugiavo a leggere vicino alla finestra, in un angolo speciale. Tra i libri che ho più amato in quegli anni c’è sicuramente la serie de Le cronache di Narnia (il libro con cui posa nella foto, ndr) di C.S. Lewis, autore che ci spinge a confrontarci con le nostre paure e speranze. Ho sempre letto: è la mia vita. Mia madre, quando avevo cinque anni, aveva quattro figli a cui badare e quindi non le restava molto tempo, ma cercava lo stesso di ritagliarsi qualche momento da dedicare alla lettura ad alta voce. Più tardi, quando ho avuto a mia volta dei figli, sentivo il bisogno di leggere ogni sera per loro. Le ricerche, attraverso il brain imaging, mostrano che i bambini a cui viene letto ad alta voce tutti i giorni hanno un’area del linguaggio più attiva. Una delle cose che ripeto sempre nelle mie lezioni, sia ai genitori che agli educatori, è di leggere in classe, a casa, insieme ai loro bambini. 

Maryanne Wolf posa con uno dei suoi libri d’infanzia, Le Cronache di Narnia di C.S. Lewis: “Le Cronache di Narnia", e in realtà tutti i libri di C.S. Lewis, aiutano i bambini e gli adulti a entrare nel regno del bene e del male, dove ci confrontiamo con le nostre speranze e paure. Nel farlo, ci domandiamo: abbiamo il coraggio e la fede necessari a combattere il male nelle sue svariate forme, sapendo che possiamo perdere tutto, eccetto la fiducia nel bene stesso? In un mondo polarizzato, dove la lotta per la giustizia è costantemente sotto assedio, C.S. Lewis accende in noi il desiderio di non arrenderci, di non smettere mai di desiderare ciò che è vero, onorabile e buono.”


Quando si parla di educazione alla lettura, quanto conta la relazione? 
Non basta dedicare tempo alla lettura autonoma: questo è un punto su cui torno spesso quando incontro gli insegnanti. È importante andare dai bambini, leggere per loro: l’interazione umana è fondamentale, porta con sé l’emozione. È così che si insegna l’amore per la lettura, fin da quando i bambini sono molto piccoli. A sei mesi possono sedersi in braccio a noi, ascoltare la nostra voce, incontrare le parole e piano piano anche capire come funzionano i libri: scoprono che si leggono da sinistra a destra, che ci sono le immagini, che le parole non cambiano, che possono seguire tra le pagine il piccolo topolino di Buonanotte luna di Margaret Wise Brown e Clement Hurd (trad. Bruno Tognolini, Salani, finalista Premio Andersen 2018). Memorizzano le parole delle storie e, quando proviamo a saltare qualche riga, se ne accorgono subito. L’adulto diventa consapevole di ciò che impara il bambino, può spiegargli ciò che ha capito, può rispondere alle domande. La lettura da alta voce è uno dei doni meno costosi e più essenziali che un genitore può fare ai propri figli, contribuendo allo sviluppo delle diverse aree del cervello che più tardi confluiranno insieme nella complessa attività della lettura: un percorso che inizia tra zero e cinque anni, molto prima di arrivare a scuola. 


Ha citato il topolino di Buonanotte Luna, una piccola creatura che accompagna i bambini nella lettura profonda dell’illustrazione, aiutando i più piccoli a focalizzare l’attenzione attraverso il gioco. Quando leggiamo con i bambini, usiamo spesso gli albi illustrati: leggere le immagini contribuisce a prepararci alla lettura delle parole?
Assolutamente sì. Le illustrazioni coinvolgono e insegnano, e sono fondamentali soprattutto nei primi anni. Quando i bambini crescono però importante introdurre anche i testi senza figure, dove l’immaginazione si fa attiva. 

 

Qual è invece il ruolo del motherese nello sviluppo del linguaggio?
Il motherese accompagna il bambino nel passaggio verso la forma adulta del linguaggio. Se parlo lentamente ma in modo meccanico, per chi ascolta (tanto più un bambino) è difficile capirmi. Ma cambia tutto quando nel mio modo di parlare interviene la melodia. Se usiamo il motherese, andiamo più lenti ed enfatizziamo alcune parole. Il primo aspetto del linguaggio che i bambini colgono e imitano è proprio questo: la prosodia. Iniziano prestissimo a riprodurla, già a poche settimane. Ho registrato alcuni video dei miei figli quando avevano poche settimane e già imitavano il mio modo di parlare. La musica è il primo linguaggio. Se leggete con bambini molto piccoli, che ancora non sanno parlare, può capitare che loro riprendano in mano il libro e fingano di leggerlo.

Non hanno idea di cosa ci sia scritto, ma cercano di imitare la musica nella voce di chi ha letto per loro. 

 

Un’altra forma di musica prima del linguaggio è rappresentata dalla poesia e dalle filastrocche. Che ruolo hanno nello sviluppo del linguaggio?
Le filastrocche enfatizzano il suono delle parole. Le sillabe e i suoni sono le parti più piccole del linguaggio. Insegnano ai bambini, senza che se ne rendano conto, a segmentare i suoni, e questo li aiuterà, più avanti, a riconoscere i fonemi che dovranno leggere: ascoltando le filastrocche, insomma, sviluppano una consapevolezza metalinguistica. Dico sempre che Mamma Oca è una delle più grandi maestre che abbiamo. 

 

Parlando di lettori più grandi: per lo sviluppo della capacità di lettura profonda e dell’empatia (che lei definisce uno dei più grandi doni della lettura profonda) che ruolo ha la discussione, la condivisione con altri lettori di ciò che si legge?
Discutere con altri ciò che si legge significa accedere a punti di vista alternativi, a interpretazioni diverse. O anche scoprire perché alla persona che ci siede accanto un racconto è piaciuto più di un altro. Insieme leggiamo meglio.

 
Quali consigli darebbe agli insegnanti e agli educatori che desiderano aiutare i bambini a sviluppare capacità di lettura profonda?
Prima di tutto bisogna assicurarsi che i bambini abbiano raggiunto una buona capacità di lettura e comprensione. A questo proposito cito il lavoro di una collega ricercatrice, Daniela Traficante dell’Università Cattolica, che ha sviluppato il programma educativo EUREKA (adattamento dell’originale inglese RAVE-O – Wolf, Miller e Donnelly 2000). Bisogna inoltre far capire ai bambini che noi amiamo la lettura. Il miglior insegnamento nasce dall’amore che abbiamo per la nostra materia. Leggere ad alta voce per i bambini e i ragazzi dimostra questo amore, ed è di grande aiuto. Una volta che i bambini hanno imparato a decifrare il testo, dobbiamo insegnare loro a farsi domande, a costruire collegamenti, a tornare indietro nella storia. Devono imparare a chiedersi: che cosa significa quello che ho appena letto per l’autore? E cosa significa per me? Cosa mi piace e cosa non mi piace? I bambini imparano così ad andare dentro se stessi. Secondo punto, l’empatia.

Come mi fa sentire questo personaggio?

Mettersi nei panni degli anni è un esercizio fondamentale.
Terzo, l’analisi critica. Quello che leggo è vero? Accompagnare nella lettura profonda significa
invitare i ragazzi a scavare dentro se stessi per capire che cosa, in ciò che hanno letto, è davvero importante. E dare loro occasione di esprimerlo. 
Vorrei chiudere questa intervista chiedendole di definire cos’è, dal suo punto di vista,
l’educazione. 
Per me l’educazione è la trasmissione della conoscenza, della saggezza, e dell’amore per
l’apprendimento, affinché ogni individuo possa realizzare al meglio le proprie potenzialità.