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Amissum mare, amissa terra

 

Livello del ghiacciaio

Amissum mare, amissa terra

 

Piero Sagnibene

 

La temperatura superficiale del pianeta Terra continua ad aumentare di quasi 1°/anno ed è in incremento. I  cambiamenti climatici colpiscono  i corpi idrici – laghi, fiumi, oceani e mari continentali in maniera crescente e con effetti dannosi in progressione. Le masse d'acqua coprono il 70,8% dei 510.065.285 km2, cioè 361.126.221,78 ed il riscaldamento degli oceani ha rappresentato il 93 % circa del riscaldamento del pianeta sin dagli anni '50.

La causa sono le emissioni di gas ad effetto serra, soprattutto di anidride carbonica, che, a sua volta, avendo un potere calorico superiore a quello dell’atmosferica, intrappola sempre più energia solare. La maggior parte di questo calore catturato viene immagazzinato negli oceani, incide sulla temperatura dell’acqua e sulla sua circolazione ed, inoltre, sta sciogliendo i ghiacciai continentali e le calotte polari. L’area totale della banchisa e del manto nevoso sulla Terra si restringe, quindi viene riflessa sempre meno energia solare nello spazio, con un conseguente ulteriore riscaldamento del pianeta. Ciò a sua volta fa aumentare la quantità di acqua dolce che affluisce negli oceani, modificando ulteriormente le correnti. Al largo delle coste europee, ad esempio, le temperature superficiali dei mari stanno aumentando più rapidamente di quelle degli oceani. Le temperature dell’acqua sono uno dei più decisivi regolatori della vita marina: le correnti “scorrono negli oceani perché acque a differenti temperature si comportano in maniera indipendente, ma queste differenze sono di qualche grado; gli aumenti di temperatura stanno sconvolgendo l’andamento delle correnti e provocando cambiamenti negli ecosistemi dei fondali, tra cui significative modifiche nella distribuzione delle specie marine (rapporto dell’AEA – Cambiamenti climatici, impatti e vulnerabilità in Europa). Ad esempio, il merluzzo, lo sgombro e l’aringa nel Mare del Nord migrano dalle loro zone verso il nord, in acque più fredde, seguendo i Copepodi, la loro fonte di cibo. Questi cambiamenti, compresa la migrazione degli stock ittici, hanno chiaramente un impatto pesante sul bilancio alimentare della umanità ed anche sui settori economici e sulle comunità che dipendono dalla pesca. Un aumento della temperatura dell’acqua dovuto ai cambiamenti climatici sta inoltre provocando una ulteriore espansione delle zone morte, impoverite di ossigeno, che sono inabitabili per la vita marina. Si prevede che il Mar Mediterraneo andrà incontro a un aumento della temperatura e anche della salinità, innescato da una maggiore evaporazione e da minori precipitazioni.

L’impatto del riscaldamento globale sul ciclo dell’acqua terrestre, che continuamente distribuisce l’acqua dai nostri oceani all’atmosfera, al suolo, ai fiumi ed ai laghi, per poi ritornare ai nostri mari ed oceani, porta ad un aumento dei livelli di vapore acqueo nell’atmosfera e rende la disponibilità di acqua meno prevedibile. Una conseguenza immediata sono i temporali accompagnati da rovesci di pioggia più intensi in alcune aree, mentre altre zone affrontano condizioni di siccità più gravi, specialmente durante i mesi estivi. Secondo l’AEA, molte condizioni di inondazione e di siccità più estreme.

Gli oceani, il più grande bacino di assorbimento del carbonio sul nostro pianeta, hanno assorbito circa il 40% di tutta l’anidride carbonica emessa dagli umani a partire dalla rivoluzione industriale, ed i cambiamenti nei modelli di circolazione oceanica stanno incidendo sulla quantità di anidride carbonica assorbita dagli oceani. È probabile che un’eventuale riduzione della capacità degli oceani di catturare l’anidride carbonica ne aumenti la concentrazione complessiva nell’atmosfera e quindi concorra ulteriormente al cambiamento climatico. Anche l’acidificazione, per cui la anidride carbonica assorbita nell’oceano viene mutata in acido carbonico (H2CO3), costituisce una minaccia crescente. I gusci e i tessuti scheletrici in carbonato di calcio di mitili, coralli e ostriche fanno più fatica a formarsi a causa della diminuzione del pH dell’acqua di mare, in incremento di acidità, che li rende più fragili e vulnerabili. L’acidificazione ricade pesantemente sul plancton, ne influenza la fotosintesi, cioè distrugge il fondamento stesso della vita marina, e si prevede che nei prossimi anni le acque che circondano i continenti subiranno una ulteriore acidificazione. I livelli di pH dell’acqua sono quasi identici in tutti gli oceani del mondo e nei mari continentali.

I cambiamenti climatici stanno incidendo sulla Corrente del Golfo e su altre correnti che fanno parte del complesso sistema di circolazione degli oceani, cioè provocano il capovolgimento meridionale della circolazione oceanica. La circolazione atlantica, ad esempio è quasi al suo punto più debole; essa agisce come un nastro trasportatore, spostando l’acqua dal Golfo del Messico e dalla costa della Florida all’Atlantico. A nord, la corrente di acqua calda si raffredda, diventa più densa e si inabissa a profondità più basse, portando acqua più fredda mentre ritorna a Sud. La Corrente del Golfo agisce come un termostato, conducendo calore nell’Europa occidentale. L‘indebolimento della circolazione atlantica ha portato al raffreddamento delle temperature superficiali del mare in alcune parti dell’Atlantico settentrionale e tale diminuzione della temperatura è dovuta all’aumento della fusione del ghiaccio d’acqua dolce dall’Artico e dalla Groenlandia, nonché all’impatto dell’acqua dolce disciolta su aree del cosiddetto "vortice subpolare" dell’Atlantico settentrionale, una componente fondamentale della circolazione atlantica.

Le correnti oceaniche sono influenzate dal modo in cui i flussi d’acqua circolano attraverso diverse profondità, nonché da dove, quanto velocemente e quanto in profondità si inabissano prima di passare agli strati superiori e così via.

Le popolazioni possono aspettarsi altre insolite temperature estreme in futuro ed un aumento dei fenomeni meteorologici estremi in tutta Europa come, ad esempio, quello che dal vortice circumpolare (inverno 2017-2018) che ha portato venti artici insolitamente freddi in molte parti d’Europa, o quella ondata di caldo intenso denominata “Lucifero”. L’impatto del riscaldamento planetario sul ciclo dell’acqua terrestre , che continuamente distribuisce l’acqua dai nostri oceani all’atmosfera, al suolo, ai fiumi e ai laghi, per poi ritornare ai nostri mari e oceani. I cambiamenti climatici stanno aumentando i livelli di vapore acqueo nell’atmosfera e rendendo la disponibilità di acqua meno prevedibile. Tale fenomeno può portare a temporali accompagnati da rovesci di pioggia più intensi in alcune aree, mentre altre zone potrebbero dover affrontare condizioni di siccità più gravi, specialmente durante i mesi estivi. Secondo l’AEA, molte regioni europee stanno già affrontando condizioni di inondazione e siccità più estreme. I ghiacciai si stanno sciogliendo, la copertura di neve e ghiaccio si sta riducendo, i modelli delle precipitazioni stanno cambiando, rendendo generalmente le regioni europee umide ancora più umide e quelle secche ancora più secche. Allo stesso tempo, gli eventi climatici estremi, come aumenti di inondazioni e siccità, innalzamento del livello dei mari, ondate di caldo, forti acquazzoni e siccità, stanno aumentando in frequenza e intensità. Il caldo estremo porta a più elevati tassi di evaporazione, spesso riducendo ulteriormente le risorse idriche in aree già soggette a povertà di acqua. La temperatura media dell’acqua di fiumi e laghi continua ad aumentare accorciando la durata delle stagioni di copertura del ghiaccio. Questi cambiamenti, insieme all’aumento dei flussi fluviali in inverno e alla riduzione in estate, hanno conseguenze importanti sulla qualità dell’acqua e sugli ecosistemi di acqua dolce. Alcune modifiche innescate dai cambiamenti climatici aggravano le altre pressioni sugli habitat acquatici, incluso l’inquinamento. Ad esempio, un flusso fluviale ridotto a causa della diminuzione delle precipitazioni comporta una maggiore concentrazione di inquinanti, in quanto vi è meno acqua per diluirli.

Sui comportamenti umani e dei vari Governi è proprio il caso di parlare della “scimmia che sega il ramo dove è seduta” in quanto le sole risposte che hanno prodotto innumerevoli simposi e convegni su questo disastro incombente è lo spreco della carta su cui sono state scritte le loro risoluzioni, insieme alla (falsa) rassicurazione che tali problemi saranno risolti a partire dai prossimi tre o cinque decenni! Al di là di ragionamenti generici e probabilistici, non esiste una previsione certa della velocità con la quale i vari effetti sinergici del riscaldamento globale possano procedere, dato che si tratta di fattori incrementali in sinergia e strettamente associati. E neppure serve a convincere ad una svolta la distruzione sistematica delle basi stesse della sopravvivenza umana. Un sistema economico mondiale, irrazionale e fallimentare, in preda alla sua stessa decomposizione per ipertrofia, non può e non vuole tenere conto di tutto questo e del diritto alla vita delle persone,  a fronte dei profitti che ricava dallo sfruttamento del pianeta.

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Consideriamo, ad esempio, uno degli effetti già in atto del riscaldamento globale. Le temperature medie planetarie oggi non rispondono più soltanto alla radiazione solare poiché sono forzate dall’aumento della capacità calorica dell’aria satura di inquinanti sospesi, principalmente di CO2. Prima che l’anomalia del riscaldamento globale cominciasse ad elevare le temperature, i cicli stagionali rappresentavano per gli insetti delle costanti con poche variabili. I cicli biologici degli insetti sono di fatto allineati con i cicli stagionali delle piante e degli organismi con i quali sono in relazione; si tratta di automatismi molto complessi, il più delle volte indotti da ormoni la cui secrezione è stimolata dalla combinazione tra il fotoperiodo e l’andamento della temperatura. La capacità degli organismi di rispondere ai cicli stagionali, variando il proprio metabolismo, si spiega con la loro capacità di misurare il  tempo, la lunghezza del giorno e della notte, di percepire i segnali, quasi sempre sinomoni, emessi dalle piante e di avvertire con precisione le variazioni di temperatura. La lunghezza dei fotoperiodi viene percepita da essi mediante un orologio biologico endogeno. Questa  facoltà di risposta fotoperiodica, in rapporto alla luce ed alla temperatura, consente l’allineamento dei loro cicli biologici con i cicli stagionali delle piante e degli organismi con cui sono in relazione.

La relazione temperatura media stagionale-lunghezza del giorno, alterata dal riscaldamento globale, porta ad uno sfasamento dei meccanismi di regolazione. Le oscillazioni giornaliere controllano una vasta serie di attività delle piante e degli animali; poiché tali ritmi hanno un periodo molto prossimo alle 24 ore, sono detti circadiani (dal latino circa dies). Negli insetti, la normale reazione allo stabilirsi di giorni più corti è la diapausa, un periodo di stasi dello sviluppo embrionale, larvale, o dell'attività riproduttiva, che protegge gli stadi più sensibili del ciclo biologico dal cimentarsi con condizioni ambientali sfavorevoli. Anche piccoli cambiamenti  nella lunghezza del giorno di 10-15 minuti e, soprattutto, temperature inferiori o superiori di qualche grado, posso spostare il regime metabolico di una popolazione di insetti dalla crescita/sviluppo alla diapausa; una discordanza di questi fattori innesca sconvolgimenti nei cicli biologici degli insetti. Intervengono non interruzioni provvisorie di attività, come le quiescenze (interruzioni limitate di attività provvisorie, variabili e facilmente reversibili) ma periodi di diapausa di durata notevole e non facilmente reversibili, letargici, automatismi fisiologici indotti dall’azione combinata della temperatura e del fotoperiodo e sotto l’induzione degli ecdisoni α e β per determinismo neurormonico. In moltissime specie, la diapausa invernale inizia con il raccorciarsi delle giornate al principio dell’autunno. Tali meccanismi si sono istaurati per garantire la sopravvivenza alle specie che vivono in climi soggetti a forti variazioni nel corso dell’anno, ma si rivelano molto utili anche nei climi temperati soggetti ad improvvisi sbalzi di temperatura. In molte specie la diapausa invernale si instaura per il raccorciamento del fotoperiodo ed il concomitante abbassarsi della temperatura e si interrompe solo se  l’insetto attraversa una fase di freddo intenso associata ad una fase di allungamento del fotoperiodo. Se invece al raccorciamento del fotoperiodo non corrisponde un concomitante abbassamento standard della temperatura, il processo si inceppa, con effetti distruttivi per l’organismo e la sua riproduzione; la diapausa, infatti, si istaura anche nelle uova,  trasmessa dalla madre per via neurormonica. L’induzione della diapausa richiede quindi tre elementi: un orologio fotoperiodico, sensibile alla maggiore o minore durata della notte rispetto al giorno, un contatore biologico che registra le varie durate notturne fino ad un numero minimo di giorni richiesti, un corrispondente abbassamento della temperatura concorde con l’andamento stagionale standard. Questo processo è in accordo col ciclo biologico delle piante, delle quali gli insetti si nutrono.

La fisiologia  e lo sviluppo delle piante obbedisce, infatti, ad una combinazione di temperatura media stagionale e ad una precisa serie di ore di luce e di buio che, se distorta dall’aumento anomalo di temperatura, dovuto al riscaldamento globale, non fioriscono: il disallineamento tra insetti e piante, compromette il funzionamento dell’intero ecosistema.

Inoltre, sfasando gli orologi biologici degli organismi, l’aumento delle temperature può anticipare l'arrivo dei fitofagi migratori, in quali attaccano le piante nella fase critica di gemmazione, e siccome le parti vegetali non sono abbastanza ricche di nutrienti, vengono devastate  aumentando la gravità e l'impatto economico dell'infestazione.  Lo sforzo evolutivo, mediante il quale piante ed insetti, in centinaia di milioni di anni, si sono adattati e coordinati al clima degli ecosistemi che colonizzano, viene vanificato dalla modificazione della temperatura e dagli eventi contraddittori che il clima manifesta.

 

Sir Vicent Brian Wigglesworth

W.B. Wigglesworth (1899- 1994) dimostrò che gli insetti entrano in diapausa a causa di una deficienza temporanea degli ecdisoni α e β, dovuta, a volte, ad un ritmo congenito o, in altri casi, ad effetti indiretti di fattori ambientali, principalmente della temperaturaUno sfasamento della temperatura e della umidità, in concomitanza con le variazioni stagionali della lunghezza del giorno, diviene letale perché la reazione al raccorciamento delle ore illuminate attiva il metabolismo dell’insetto ad adattarsi opportunamente all’inizio della diapausa; l’insetto accumula riserve di grasso, abbassa il proprio metabolismo, si dota di speciali strati di rivestimento cerosi per resistere alla disidratazione.

L’orologio biologico segnala al sistema effettore di promuovere o di inibire la liberazione degli ormoni da parte del cervello. Se c’è una discordanza tra fotoperiodo e una più elevata temperatura, la distonia tra questi due fattori scoordina tutto il processo. I ritmi e le oscillazioni giornaliere, che controllano una vasta serie di attività nelle piante e negli insetti, e che hanno andamenti circadiani, sono sensibili anche a piccoli cambiamenti di 10-15 minuti nella lunghezza del giorno e di qualche grado nella temperatura standard stagionale, e  possono spostare il regime metabolico di una popolazione di insetti dalla crescita/sviluppo alla diapausa. Moltissimi ritmi circadiani sono regolati dalla temperatura, i cicli di temperatura possono sostituirsi ai cicli di luce, accentuando di molto i danni dello sfasamento. Gli insetti che presentano stress termico per una temperatura ambientale al di sopra della zona termo-neutrale, hanno difficoltà o inibizione ad innescare tutti processi ormonali che inducono alla riproduzione, anche perché diminuisce l’ingestione di alimenti.

Allo stress termico gli organismi, infine, tentano di rispondere migrando, se possono, in zone geograficamente più a nord, o estinguendosi: un danno incalcolabile, dal punto di vista ecologico ed agronomico, che può pregiudicare la produzione di alimenti per le popolazioni umane e portare alla estinzione di molta vita vegetale.

Se una specie non ha possibilità e mezzi con i quali tentare di spostarsi verso una latitudine più temperata, o se, in seguito a questa migrazione, non trova, o trova scarsità, delle essenze di cui si nutre, è condannata alla estinzione; se può migrare e sopravvive, allora diviene inevitabile che entri in contraddizione con il nuovo ecosistema in cui tenta di insediarsi.

Lo squilibrio che si determina può comportare effetti moltiplicatori del danno ecologico. Se  la prima a collassare è la popolazione di una specie che controlla un’altra, se quest’ultima manifesta una maggiore resistenza ai fattori sfavorevoli, si può determinare una esplosione demografica devastante, e destinata a durare finché il danno termico non raggiunge valori che oltrepassano il limite di resistenza della specie che si è diffusa. La migrazione massiva di una specie può sconvolgere i delicati equilibri dell’ecosistema invaso, se in esso trova alimento, sottraendolo alle specie indigene; più ancora se nell’ecosistema invaso non trova i suoi naturali antagonisti. La maggiore distanza di migrazione è quasi certamente influenzata dai cambiamenti climatici.

Abbiamo raccontato su questa rivista qualche esempio di come una popolazione vegetale possa essere distrutta dai nuovi venuti (vedi “Insetti pronubi nella crisi climatica”, “Insetti e calore”), ma gli effetti del riscaldamento globale sono di dimensioni ed effetti praticamente incalcolabili, come incalcolabili sono quelli dell’inquinamento dei mari invasi dalla plastica ed acidificati dalla CO2 che si scioglie negli oceani. A considerare questi fatti sembra che i poteri forti che dominano l’umanità, presi nelle frenesie dei profitti e delle guerre, non si avvedono del baratro nel quale siamo sempre più prossimi a precipitare.

A fine giugno 2023 sono stati registrati valori superiori della temperatura tra i 6 ed gli 11 gradi in quasi tutta l’Europa, mentre lo scorso 6 luglio è stato il giorno più caldo di sempre, finora.

La fusione in atto dei nostri ghiacciai alpini significherà la fine dei fiumi padani e, con essi, della nostra agricoltura; la fusione dei ghiacci polari, che oramai ha un andamento incrementale, minaccia gli insediamenti costieri dove vive il 40% della popolazione umana, esposta a inondazioni e maremoti. Gli incendi, che divampano divorando intere regioni di aree verdi, si susseguono senza posa; il cambiamento climatico crea quel mix di caldo, vento e siccità che li favorisce; le estati si prolungano, riducendo l'umidità della vegetazione, fiaccando le precipitazioni e favorendo la combustione. Questi pochi dati che ho riportato forse bastano a far capire in che disastro si trova oggi l’umanità ed il pianeta.