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Il nuovo greenwashing degli insetti edibili

 

Thailandia - cimici d'acqua giganti (Belostomatidi) fritte e aromatizzate

Il nuovo greenwashing degli insetti edibili

 

Piero Sagnibene

 

Secondo la FAO, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione, il nostro futuro alimentare è diventare mangiatori di insetti (FAO – The contribution of insects to food security, livelihoods and the environment).
La FAO considera che gli insetti commestibili appartengono alla dieta di 2 miliardi di persone, quasi un terzo della popolazione mondiale, senza rilevare che, per quelle sventurate popolazioni, gli insetti sono integratori di sussistenza, non cibo soddisfacente.
È già in atto un nuovo greenwashing, cioè ecologismo o ambientalismo di facciata, una strategia di comunicazione finalizzata ad indurre questo consumo, distogliendo il consumatore dagli effetti negativi per l’ambiente, per la produzione ed i prodotti, e per la sua salute. Ciò che il greenwashing tenta di superare è la naturale repulsione per gli insetti assunti come cibo.

 

Lepidopus caudatus

È pur vero che le nostre scelte alimentari sono ideologiche, più che funzionali e appunto su questo aspetto opera il greenwashing. Per fare un esempio banale di questa “scelta ideologica” degli alimenti, fino agli anni '60 del secolo scorso, il pesce bandiera, il Lepidopus caudatus, pescato nel golfo di Napoli, veniva scartato in quanto non trovava compratori, ma, contemporaneamente, al mercato ittico di Palermo aveva un costo molto elevato. Ciò non dipendeva, evidentemente, dal valore organolettico del pesce, ma da una diversa cultura alimentare. Basterebbe leggere il Kasherut, la legge alimentare biblica, per capire quanto l’aspetto culturale-ideologico ha portato ad escludere dal consumo umano molte utili fonti di proteine e di carboidrati. La repulsione a nutrirsi di insetti della maggior parte dell’umanità sarebbe, dunque, un fatto ideologico, qualcosa da curare con il greenwashing, una efficace campagna di convinzione dei potenziali consumatori, come avviene per la maggior parte delle merci. La FAO indica gli insetti come la possibilità rimastaci di sopperire alla mancanza di cibo, ed aggiunge che essi sarebbero anche molto efficienti nel convertire in proteine ciò di cui si cibano: i rifiuti (si tratta di specie allevate, che hanno una riproduzione massiva ed una crescita veloce). Gli insetti sembrano essere l’ultima risorsa alimentare possibile prima del cibo sintetico, del quale non immaginiamo neppure quali possano essere le materie prime. Nel ragionare di questa politica in atto, promossa dalla FAO, per la quale gli alimenti sono merci e non valori d’uso, non possiamo però ignorare la tragedia di 783 milioni di persone che hanno sofferto la fame nel 2022, ed di altri 600 milioni di persone, cronicamente denutrite, che si sono aggiunte a queste nel 2023. “È semplicemente vergognoso – scrive la Oxafam - che i Governi continuino ad anteporre gli interessi dei grandi colossi e dei miliardari dell’agroalimentare e dell’energia a quelli delle persone più vulnerabili, ampliando esponenzialmente le disuguaglianze tra pochi privilegiati e miliardi di persone che nella parte più povera del mondo non possono permettersi un’alimentazione adeguata o stanno letteralmente morendo di fame in questo preciso momento”.

 

 

Stiamo affrontando uno spaventoso aumento della popolazione mondiale e la sovrappopolazione umana pone oggi il problema di trovare altre fonti di nutrimento. La crescita fuori controllo delle popolazioni umane, che il pianeta non riesce più a sostenere, sembra accrescere la voracità dei profitti nel settore agro-alimentare, anch’essa fuori controllo in un mondo di diseguali, e la irrazionalità della utilizzazione delle risorse planetarie, dovuta anch’essa al calcolo dei profitti ricavabili dal bisogno di cibo e che porta alla distruzione stessa di queste risorse, impattano oggi con la devastante crisi ambientale che spinge gli umani ed il pianeta stesso al collasso. Nel frattempo le aziende del settore alimentare hanno raddoppiato, ed in molti casi triplicato, i loro profitti. Gli insetti potrebbero essere una fonte di proteine, complete di tutti gli aminoacidi essenziali e le farine di insetti sbriciolati sono ricche di micronutrienti e di minerali, come calcio, ferro, magnesio, e di vitamine come la B12, ma anche di molecole e sostanze con le quali gli insetti si sono difesi e sono sopravvissuti per centinaia di milioni di anni dall’incessante attacco dei microrganismi patogeni e degli antagonisti naturali – una considerazione questa assente nei vari greenwashing, mentre nessuno sa quali problemi sanitari interverranno nell’allevamento massivo.

Farina di insetti  

Il fabbisogno umano di proteine attualmente viene coperto principalmente dalla produzione di carni alimentari dagli allevamenti intensivi di bovini, suini e pollame, e dagli animali marini (che abbiamo già ben infarcito di microplastiche e di inquinanti). L’alta concentrazione di animali favorisce lo sviluppo di malattie, comprese quelle che dagli animali possono passare all’uomo; le condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi, che, nell’abbassare il loro benessere ne abbassano anche le difese immunitarie, richiedono un alto intervento di medicalizzazione, particolarmente di antibiotici, contribuendo all’antibiotico-resistenza, trasmissibile all’uomo. La protezione dai parassiti richiede la somministrazione di pesticidi, (quali il Diflubenzuron, ad esempio) che rimangono come residui nella carni. Gli allevamenti intensivi richiedono di coltivare il cibo per gli animali su terreni che potrebbero produrre alimenti per l’uomo, con un indice di conversione per altro sfavorevole; la produzione di foraggio, la concimazione delle colture, l’occupazione delle terre dei sistemi estensivi, provocano insostenibili carichi di nutrienti, fitofarmaci e sedimenti negli oceani e nelle risorse d’acqua del pianeta. Gli animali allevati intensivamente consumano risorse idriche che, al netto dell’acqua che ritorna nell’ambiente, rende comunque insostenibile questo consumo. L’inquinamento è direttamente proporzionale al numero di animali allevati e “l’allevamento rappresenta il maggior fattore d’uso antropico della terra” (FAO) con conseguente degradazione del suolo e deforestazione. Inoltre, gli allevamenti contribuiscono per un 5-7% all’emissione di gas serra ed equivalenti, per il 94% all’emissione di ammoniaca e all’emissione di gas climalteranti. Le emissioni derivanti dall’allevamento sono paragonabili a quelle dell’intero settore dei trasporti (14,5% delle emissioni complessive di gas serra). I cosiddetti allevamenti “biologici” sono citati con una terminologia abusata, per non dire disonesta, dietro la quale, il più delle volte, si nascondono violazioni non solo dei parametri ambientali ma anche di quelli morali. I danni diretti alla salute dell’uomo, sociali e ambientali derivanti dall’allevamento intensivo sono gravissimi e molteplici.

“Una nuova consapevolezza – scrive l’Isde (Associazione Medici per l’Ambiente) - pone alla coscienza del consumatore anche la ‘questione animale’ in merito al loro benessere e alla copertura dei fabbisogni alimentari nel mondo. La nostra dieta deve cambiare per diventare più sana, per mettere fine alla fame nel mondo, per salvare il Pianeta e per dare dignità e benessere al mondo animale. Il biologico – conclude l’Isde – non deve essere greenwashing, ma deve diventare un cambio di paradigma affinché niente sia più come prima. Siamo in presenza, di una violazione non solo dei parametri ambientali ma anche di quelli morali, e non solo per la questione del benessere animale, ma esclusivamente per un profitto di scala, al quale si vuole porre un limite in quanto ormai questo rappresenta un mondo svelato e conosciuto, tenuto all’oscuro per oltre 50 anni dai media”. 

Arrosto di grilli  

Il fabbisogno giornaliero di proteine dell’uomo, indispensabili per il ricambio basale, è di circa 80 grammi al giorno, una quantità facilmente ottenibile da legumi, latte, uova, formaggi ed altri alimenti che non comportano affatto l’alternativa tra i milioni di capi bovini condannati a morte ed i miliardi di insetti da allevare e sacrificare per sostituirli. Il consumo di carne di animali macellati non è affatto una necessità imprescindibile, quanto piuttosto, oggi, una imposizione occulta del capitalismo alimentare, un modello di consumo destinato a foraggiare l’industria della macelleria. Sono invece possibili, e sperimentati, altri modelli di nutrizione. Ma, al di là di queste considerazioni, l’alimentazione a base di insetti comporta la necessaria sicurezza alimentare?

 
larve di Tenebrio molitor                    Tenebrio molitor                      Locusta migratoria  
 
larve di Alphitobius  diaperinus     Alphitobius  diaperinus        Acheta domesticus  

 Al momento gli organismi più utilizzati, almeno ufficialmente, per il consumo umano sono le larve di Tenebrio molitor (la larva gialla della farina), gli adulti della Locusta migratoria (congelata o liofilizzata in pasta o in polvere), le larve di Alphitobius diaperinus (verme minore della farina), l’Acheta domesticus (grillo del focolare) le cui farine sono già nel pane, nella pasta, nei dolci, nei prodotti da forno, cioccolato, salse, sostituti della carne, bevande e in tanti altri prodotti dell’industria.

Per il consumo di farina di grillo in Italia si stima che siano a rischio allergia circa 800 mila-1 milione di persone; rischiano formicolii, dolori, gonfiori diffusi, difficoltà a respirare, diarrea, vomito, fino a reazioni anafilattiche già segnalate e già riscontrate in Cina, negli Stati Uniti, in Giappone e in Europa. Dopo il consumo di hamburger a base di tarme della farina (Tenebrio moltior) due soggetti, fino ad allora immuni da allergie alimentari o respiratorie, sono stati colti da gravi allergie ed è probabile che la farina di insetti abbia stimolato la formazione di immunoglobuline IgE che mediano le reazioni allergiche e che legano gli allergeni per poi scatenare la risposta allergica, secondo gli esperti della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica. Il pericolo è particolarmente elevato se si è già allergici a crostacei, molluschi o acari della polvere, perché si possono avere reazioni crociate (le reazioni crociate si verificano perché in molti alimenti sono presenti molecole simili a quelle presenti nei pollini o negli acari della polvere, ma diffuse soprattutto negli insetti e nei loro “parenti” crostacei, che vengono riconosciute dal sistema immunitario anche per ingestione, innescando così la reazione).
In seguito alla sensibilizzazione, la seconda esposizione è in genere quella in cui si manifesta l’allergia. Quando si parla di allergie a un determinato alimento, si deve ricercare e capire a quale sostanza presente nell’alimento la persona è allergica. Nel caso della tropomiosina (la tropomiosina è una proteina implicata nel controllo della contrazione muscolare) la sostanza non si distrugge con il calore, resiste alla conservazione ed alla digestione. Al di là dei rischi associati alle allergie, aver chiamato “farina” un prodotto polverizzato derivato dagli insetti è fuorviante e confonde il consumatore.
Notoriamente un’allergia alimentare è una reazione del sistema immunitario che si verifica dopo aver consumato un determinato cibo. Il sistema immunitario identifica un alimento specifico, o una sostanza in esso presente, come qualcosa di nocivo (allergene): per neutralizzarlo rilascia quindi anticorpi (immunoglobuline E, note anche come IgE). I sintomi dell'allergia sono dovuti al rilascio, da parte dell'organismo, di mediatori chimici (ad es. istamina) in risposta alla reazione immunitaria scatenata dall'incontro degli allergeni con gli anticorpi. Per le allergie non esistono trattamenti definitivi. Nel caso di manifestazioni allergiche di lieve entità possono essere utilizzati gli antistaminici; per reazioni allergiche gravi potrebbe essere necessario far ricorso ad iniezioni di adrenalina.

 
          pupe di lepidotteri arrostite                   larve di cavallette e cimici d'acqua  


Esiste, e viene occultato, un lato oscuro a quella che alla FAO sembra la panacea del dramma alimentare. Gli insetti potrebbero contenere, e di fatto contengono, alcuni antinutrienti, cioè composti che si formano con processi di degradazione, conservazione, cottura ecc. che impediscono o rendono più difficile l’assorbimento dei nutrimenti: tra questi, il più diffuso negli insetti è la chitina, principale componente dell’esoscheletro degli artropodi, che ha un effetto negativo sulla digeribilità e l’impiego delle proteine. Altri antinutrienti sono i fitati e gli ossalati, che riducono l’assorbimento di minerali come il calcio, lo zinco, il manganese, il ferro e il magnesio.
I fitati, inoltre, sono i grado di chelare il ferro e favorire la produzione del radicale libero ossidrile OH_, molto pericoloso per l’organismo (l’acido fitico contenuto negli alimenti si lega al calcio formando composti insolubili e non assorbibili, producendo calcolosi delle vie urinarie). L’assorbimento intestinale degli ossalati provoca malattie infiammatorie enteriche, morbo di Crohn, colite ulcerosa e altri disordini ed è sospettato di essere un fattore che favorisce l’insorgere del cancro del colon. Ma ancora vi sono i fanerotossici, le cui tossine sono attivate nel tratto gastro-intestinale, i criptotossici, portatori di sostanze tossiche per l’uomo; entrambe queste sostanze sono state riscontrate nei Blattoidei e contengono anche testosterone, il cui consumo prolungato provoca infertilità e cancro al fegato.
Questi aspetti sono stati finora poco o per nulla studiati e della stragrande maggioranza degli insetti ed è poco o nulla conosciuta la biologia molecolare e la difesa biologica da loro posta in essere in sostituzione di un sistema immunitario che non possiedono. Gli insetti, inoltre, ospitano parassiti, come riscontrato in mosche e scarafaggi, nei quali sono stati ritrovati diversi tipi di protozoi e vermi parassiti in varie fasi di sviluppo.
Tutto ciò ci fa comprendere perché, millenni orsono, moltissime comunità umane rinunciarono alla entomofagia come misura profilattica contro malattie ed infezioni; né la FAO ci informa come e se anche il consumo minimale e marginale di insetti abbia prodotto danni alla salute di quelle popolazioni che la povertà di cibo spinge ad usare insetti ed artropodi come piccoli integratori alimentari di proteine.