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Non solo uova di cioccolato

 

Cuculo sfamato dalla madre adottiva

 

Non solo uova di cioccolato

 

Valentina Vitali

 

Alcune sono di puro cacao, altre di cioccolato al latte, bianco, gianduia o al pistacchio, rivestite di nocciole intere o di cereali, formato maxi, standard, piccole o piccolissime e ognuna ha la sua sorpresa nascosta all’interno; le uova di Pasqua non sono tutte uguali anzi, le aziende che le producono cercano sempre di più di differenziarle e renderle uniche così da soddisfare i palati di tutti i golosi. E sulle colorate e appariscenti carte che le rivestono non può mancare la firma o il logo della casa produttrice, che si vuole giustamente assicurare che sia ben chiaro a chi appartiene quella specifica tipologia di uovo. Puro marketing? Concorrenza di mercato e fidelizzazione dei clienti? Forse sì ma l’idea di marcare il proprio uovo così d0a renderlo riconoscibile dalle imitazioni non è affatto originale e prettamente umana. Qualcuno, molto prima di noi, l’aveva già messa in campo per difendersi dalla sleale concorrenza costituita da alcuni uccelli con un’abitudine davvero bizzarra, i cuculi. Nonostante la maggior parte delle specie appartenenti alla famiglia dei Cuculidi costruisca un proprio nido (chi sugli alberi, chi tra i cespugli, altri ancora direttamente a terra), ad essere famose sono le 59 che non nidificano ma depongono le uova nei nidi altrui, rivelandosi parassiti di cova; tra questi alcuni sono parassiti obbligati, come il cuculo comune europeo (Cuculus canorus), dal momento che possono riprodursi solo in questo modo, mentre altri hanno anche la possibilità di contare su qualche covata autonoma. Questo meccanismo si rivela evidentemente efficace solo se la coppia parassitata cade nel tranello quindi non riesce a capire che nel proprio nido è stato infilato un uovo estraneo e nemmeno che il pulcino nato, grande quanto o più di loro, sarebbe in realtà di qualcun altro. Com’è possibile? La fase dopo la schiusa è meno critica per i cuculi perché i richiami insistenti, il collo allungato verso l’alto, la bocca spalancata con le flange (pelle sporgente negli angoli del becco) allargate e persino il colore vivace, tra l’arancione e il rosso, della cavità orale sono irresistibili segnali di supplica a cui i genitori adottivi non possono non rispondere, ricercando affannosamente cibo da dare al ghiotto nidiaceo senza avere il tempo di accorgersi dell’inganno. L’unica possibilità per evitare la trappola è quindi scoprire prima della schiusa che nel nido c’è un uovo estraneo ed eliminarlo. I cuculi però hanno pensato anche a questo. Uno stratagemma è accorciare il tempo di attesa prima della schiusa, attuato grazie all’incubazione interna che accelera la crescita dell’embrione; una ricerca condotta dall’Università di Sheffield ha scoperto che l’uovo del cuculo arriva nell’ovidotto della femmina, completa il proprio sviluppo e poi rimane qui per 24 ore mentre nelle altre specie viene deposto immediatamente. Una simulazione ha in effetti verificato che anche le uova di un altro uccello, il diamante mandarino, raccolte subito dopo la deposizione e tenute sempre per 24 ore a 40 °C arrivano al medesimo stadio delle uova appena deposte dal cuculo. Questo fa sì che il cuculo nasca in anticipo, riuscendo ad attirare subito l’attenzione dei genitori adottivi e magari a sbarazzarsi delle legittime uova non ancora schiuse. L’aspetto più sorprendente però consiste nell’abilità delle femmine che si sono specializzate nel deporre uova estremamente simili a quelle dell’ospite e quindi difficilmente individuabili. In pratica, gli individui appartenenti alla stessa specie di cuculo sono divisi in popolazioni, dette gentes, ospite-specifiche cioè che parassiteranno solo una specie ospite della quale sanno imitare molto bene l’uovo. Per riuscire a mantenere questa specificità hanno dovuto evolvere un’anomalia; generalmente il colore delle uova che una femmina produrrà è influenzato dal patrimonio genetico di entrambi i suoi genitori ma questo creerebbe un problema per il cuculo dal momento che da un accoppiamento tra un maschio appartenente ad una gens e una partner proveniente da un’altra popolazione nascerebbero figlie che producono uova ibride e non più mimetizzate in modo specifico. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications ha dimostrato, con analisi filogenetiche, che tutte le femmine di cuculo, sia europee che asiatiche, specializzate nelle uova azzurre discendono da un’unica linea matriarcale che ha trasmesso quel determinato carattere. Ciò significa che il maschio non influisce, nei cuculi, sulle caratteristiche delle uova che dipendono totalmente dalle femmine; nello specifico, sarebbero determinate da geni sul cromosoma W presente solo nelle femmine, sesso eterogamico negli uccelli (i maschi sono ZZ). Si può affermare quindi che l’evoluzione del parassitismo di cova ha portato ad espedienti davvero raffinati, fondati addirittura su basi genetiche ma, nel frattempo, i poveri ospiti non hanno trovato una controffensiva? Ovviamente sì ed è altrettanto curiosa: le uova firmate. Proprio come le aziende inseriscono i loghi sulla carta dei dolci pasquali per permettere di distinguere l’originale dalle imitazioni, così anche le femmine degli uccelli hanno introdotto segni di riconoscimento che il cuculo (ancora) non riesce a riprodurre. Nel drongo africano (Dicrurus adsimilis) ad esempio ogni femmina ha brevettato un personale tipo di uovo (a macchie, a strisce, rossastro…); il cuculo africano riesce ad imitare questi pattern ma in modo generico e non specifico per ogni madre, che quindi riconoscerà facilmente le proprie uova. Altre specie si affidano invece agli UV: le femmine non si basano tanto sui colori visibili quanto su come il guscio riflette i raggi ultravioletti (visibili agli uccelli) per capire se l’uovo è estraneo oppure no. Un’analisi condotta su 689 uova (206 covate), appartenenti agli 8 ospiti europei preferiti dal cuculo conservate nel Natural History Museum di Tring, è riuscita ad individuare le firme delle singole specie e a comprendere anche quali sono le più efficaci: peppola, averla capirossa e cannaiola producono le uova con le caratteristiche più riconoscibili grazie soprattutto al fatto che le macchie hanno un livello medio di densità (se le macchie sono troppe o troppo poche gli uccelli si confondono più facilmente). La partita tra natura e uomo, anche sul campo delle strategie di marketing e della difesa del marchio, non può che concludersi con l’ennesimo 1-0.