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Ospiti in classe

 

 


 

 Ospiti in classe  

              

 Attività laboratoriali con i viventi alla Primaria 

 

 Maria Castelli

 La lettura dell’interessante articolo di Anna Aiolfi “Bambini e animali”, che così bene esemplifica per la scuola dell’infanzia il senso e i modi del laboratorio di scienze delineati da Maria Arca’ nel numero precedente della rivista, mi ha suscitato il   desiderio di proseguire il discorso con la scuola primaria (1). Sì, il senso e i modi fanno la differenza, non tanto i temi   scelti, che più o meno entrano già nelle programmazioni, come Arcà osserva pensando alla Biologia: I bambini devono   poter pensare e parlare a proposito di quello che vedono.  Le esperienze aiutano i bambini a farsi un’idea di quello   vedono e, reciprocamente, le loro idee (espresse attraverso le discussioni) suggeriscono nuove osservazioni. Tutto ciò in   un lungo processo ciclico durante il quale si può 'tornare a guardare' cose già viste e 'tornare a parlare' di cose di cui si   è già discusso.” (2) Come alla scuola dell’infanzia, le proposte alla classe prendono il via sia dall’ occasionalità che dalla progettazione annuale. Svolgere attività suggerite dall’iniziativa dei bambini, innanzitutto con l’obiettivo di lasciar entrare in classe ciò che accende la curiosità e fa sorgere domande nel quotidiano, fa maturare negli alunni l'idea che ci sta a cuore il loro desiderio di conoscere e che accogliamo volentieri quanto ci propongono di condividere. Negli anni, sono arrivati a scuola reperti già noti, o che potevano attendere di essere inseriti in un contesto più ampio e altri che valevano da soli una e anche più lezioni con momenti preziosi per tutti.                                         

pulcini, schiusa  

Invece, per quanto riguarda gli assi portanti del lavoro di scienze, fin dall’inizio di un quinquennio, è importante prevedere esperienze diversificate con le quali impostare itinerari flessibili e coinvolgenti, per introdurre i bambini alla complessità delle scienze naturali. In quest’ambito, ho cercato di non lasciarmi sfuggire l’opportunità di “far nascere” animali e vegetali, di allevare piccoli animali e di coltivare qualcosa. L’esperienza diretta della vita che si svolge sollecita nei bambini continui riferimenti al proprio corpo in un andirivieni di somiglianze, differenze, distinzioni e generalizzazioni, che creano intrecci di pensieri ai quali ancorare il lavoro che seguirà. I dintorni della scuola – il suo giardino, un prato, un parco, un albero, una siepe, una fontana, una pozza, un corso d’acqua… - sono il luogo in cui cercare porzioni di ambiente a portata di mano per osservazioni ripetute, mirate a ragionare su com’è fatto e come funziona, attraverso l’intuizione delle relazioni fra i viventi e dei viventi con gli altri componenti dell’ambiente. I fenomeni atmosferici e quelli celesti rientrano in questo contesto. Poi c’è lo sconfinato repertorio di occasioni fortemente motivanti di avvicinamento alla fisica e alla chimica, con i “pasticciamenti” con oggetti, materiali, interazioni e trasformazioni.

Ma qui mi limito ai viventi, senza soffermarmi sui particolari degli specifici percorsi di lavoro, per i quali rimando al sito. (3)                                                                                                                                                               

Far nascere animali e vegetali

Attesa, curiosità, preoccupazione, sorpresa, commozione, gioia, attenzione, cura e accudimento sono le emozioni e gli atteggiamenti che la nascita di un vivente sollecita nei bambini delle prime classi della primaria. È un’esperienza che fa sorgere molte domande: su quanto sta accadendo e non possiamo vedere ma solo immaginare mentre si aspetta; sull’evento della nascita che si può avere la fortuna di osservare; sul proprio essere stati neonati; sulla mancata schiusa di uova o germinazione di semi; sul bisogno di sostentamento per incominciare a crescere; su ciò che prima è nutrimento e poi è parte del nuovo nato; sulle cure parentali che i bambini sperimentano aspettandosi altrettanto per i piccoli degli animali; sulle trasformazioni evidenti fin da subito. L’insegnante impara presto a vedere la portata di queste domande come possibili fili conduttori di lunghi e ricorrenti ragionamenti sui viventi - animali e vegetali - che torneranno utili quando si avrà modo di seguirne la crescita.                                                                                    

Una prima classe sta seguendo da alcuni giorni l’incubazione delle uova di gallina.                                                                        

Sofia G. chiede se nelle uova ci sono i pulcini…                                                                           

Ilaria M. - Forse qualche uovo non avrà il pulcino dentro….                                                               

Giulia – Saranno piccolini.                                                                                                                             

Alessandra – Nell’uovo sono piccoli e fuori sono più grandi.                                                                          

Giulia – L’uovo è pieno, il pulcino non ci sta!                                                                                         

Claudio – Da una parte c’è il bianco e il giallo, dall’altra il pulcino!                                                                

Che cosa ci stanno a fare il tuorlo e l’albume dentro le uova che adesso abbiamo nell’incubatrice?                     

Sofia C. – Magari non servono al pulcino…                                                                                           

Stefano – I pulcini mangiano il tuorlo e l’albume adesso….                                                                        

Chiara – Ma adesso non possono ancora mangiare, quando saranno usciti dall’uovo sì!                            

Alice – I pulcini dentro l’uovo mangiano e, dopo, il tuorlo e l’albume finiscono.                                         

Riccardo – Non possono mangiare il tuorlo perché serve per trasformarsi in pulcino.

 

La stessa classe, che ha allevato per un mese i pulcini, ha un piccolo orto in vasi in un angolo dell’aula.

mais

 Alessandra – Dentro i semi ci sono i fiori già nati, poi il seme si apre, diventa pianta, i fiori piccolissimi dopo crescono.

Mi pare che Alessandra faccia assomigliare i semi alle uova…

Giulia – Sì, sono d’accordo con Alessandra (altri 17 condividono l’idea).

Stefano - Sarebbe un po’ impossibile, perché se apro il seme devo vedere! (altri 5)

Simone – Il fiore così non ci può stare nel seme….

Alessandra – Ma io dico il fiore strapiccolo!

Luca Z. – Non è vero perché il seme è piccolissimo e dopo il seme sparisce.

Alessandra – No, il seme rimane sotto terra! (altri 14)

Claudio – Il seme non sta sotto terra quando la pianta nasce, sennò vedresti ancora i pezzettini, io ho visto che non ci sono più.

Ilaria P. – Quando crescono i semi, sotto si vedono le radici, non lo sapevo!

Stefano, Luca Z. e Simone e molti altri – Non sapevo che ai semi crescessero così tante radici solo in un giorno o due, credevo dieci giorni!

Qualche giorno dopo, riprendiamo il filo del discorso, rileggendo la discussione precedente e apriamo i semi che avevo preparato nello scottex umido: li lascio osservare ad occhio nudo, poi tutti insieme allo stereomicroscopio; si tratta di fagiolo, mais e farro. Ritroviamo le radichette (nel mais è evidente anche la cuffia), le foglioline, il fusticino, il tegumento e una parte chiara di cui alcuni mi chiedono conto... spiego che è quella parte che anche noi mangiamo, ne ricaviamo farina per la pasta, il pane, la polenta ad esempio, anche nel fagiolo è la parte che noi utilizziamo. Ritornati in classe si disegna anche con l'aiuto di fotografie di ciò che è stato osservato.

Che cosa abbiamo trovato nei semi?

Luca Z.- Abbiamo trovato la radice…le radici.

Ilaria P. - e qualcosa di giallino…

Chiara – anche una foglia verdina.

Anna – quella cosa gialla nel seme noi la mangiamo!

Elisa – non è tanto giallo, è anche bianchino…

Alice – Pian piano la piumetta vien su e raggiunge la superficie.

farro  

Ilaria M.- Dentro nel seme abbiamo trovato anche un pezzo di fusticino.

Stefano – A casa nei discorsi da solo ci penso e faccio delle soluzioni ...risolvo un problema mettendo insieme le idee mie e quelle degli altri…

Confermo di sapere che i bambini ripensano e capiscono, per questo a scuola discutiamo e ascoltiamo bene e io scrivo quello che dicono. Bellissimo l’intervento metacognitivo di Stefano ed è bene che lo condivida con tutti.

Stefano – C’è stata una trasformazione dal seme alla pianta…la pianta prima era nel seme.

Giorgia - pian piano è cresciuta.

 

Allevare e coltivare

Chiocciole, lombrichi, larve di farfalla, di mosca, insetti stecco, mantidi, girini, pesci, crostacei, criceti, alghe, piante da seguire in giardino, piccoli orti in vaso o in un piccolo spazio all’aperto sono risorse tutte ugualmente valide. Ogni insegnante può cogliere le opportunità che si presentano e scegliere ciò che si sente in grado di fare. Invece, sono davvero importanti i contesti da creare per far scaturire intuizioni, riflessioni e ragionamenti da cogliere, evidenziare e portare all’attenzione di tutti, così da strutturare il percorso di apprendimento sui temi che i bambini in quel momento sono in grado di apprendere. Quali sono le condizioni più adatte? Di che cosa ha bisogno? Che cosa mangia e quanto? Da che cosa capisco se sta bene? Vuole l’umido o l’asciutto, la luce o il buio e come li percepisce? Che cosa lo infastidisce? Come fa a sentire la nostra presenza? E che cosa percepisce dell’ambiente in cui sta? Come fa a muoversi in quel modo strano? Come mai se n’è andato e da dove è uscito? Ma anche noi diventiamo alti e poi ci fermiamo…Farà i fiori? Sono queste alcune fra le numerose domande che i bambini pongono mentre si condivide in classe l’esperienza della crescita di un animale o delle piante e man mano si va delineando un’idea di vivente che include anche ciò che di se stessi sentono e intuiscono. Un’idea molto generale di vivente come individuo nelle sue continue trasformazioni, come organismo dotato di una struttura anatomica e fisiologica che mette in atto un intreccio di processi, stando in relazione con l’ambiente con il quale scambia materia ed energia secondo le stesse leggi fisiche e chimiche dei non viventi.

 

Una classe terza ha costruito e segue da un paio di mesi due lombricai.

Alessandra – Dentro, com’è fatto dentro non lo sappiamo ancora!

Propongo di scendere in palestra per provare a muoversi come i lombrichi. Prima ricordiamo com’è il loro movimento.

Matteo – È un animale-elastico …è come un elastico.

Giulia M. – Dentro non ha le ossa, è un invertebrato.

Molti – si allunga e si assottiglia, si accorcia e si allarga….

In palestra parecchi bambini provano uno alla volta, poi tutti insieme con grande divertimento e molta curiosità. I primi a provare si appoggiano sui gomiti…Niente gomiti!

Qualcuno striscia senza accorciarsi e allungarsi ... ma il lombrico non fa così!

Arriva Nicolò che è il primo a muoversi in modo somigliante al lombrico. Provano anche Gabriele, Alice e altri. Per avanzare fissano le punte dei piedi al pavimento e si accorciano sollevando il sedere e poi si estendono. Ci fermiamo e ascoltiamo... Faccio notare che loro non sono lombrichi, il nostro corpo è fatto in modo diverso.

Di che cosa hanno sentito il bisogno per muoversi così? Come bisogna essere fatti dentro?

Ilaria M. – Occorrono i muscoli!

Giorgia – Bisogna attaccarsi al pavimento!

Con che cosa? Come si attacca al pavimento il lombrico?

Giorgia – Ecco a cosa servono le setole! Ad attaccarsi al terreno!

Elisa – Deve essere molle, non avere le ossa.

C’è un movimento del lombrico che voi non avete potuto fare!

Ci pensano un po’, poi Claudio alza la mano…Stringersi e allargarsi è impossibile per noi, ma per loro sì.

A metà gennaio, abbiamo i lombricai da tre mesi. Arrivo in classe alle 11, Giulia e Sofia mi corrono incontro per dirmi che un altro lombrico è fuggito ed è secco, morto sul tavolo. Bisogna fare qualcosa... Forse vuol dire che lì non stanno tanto bene. Infatti le foglie in superficie non diminuiscono e non troviamo turricole. Forse non mangiano, come aveva detto Luca P.

Suggerisco di recuperare l’idea di Giulia:

Giulia C. – Bisogna provare ...                                                                                                                        

Giulia non riesce a dire con chiarezza ma si fa ben capire…mettiamoli alla prova per un po’ come abbiamo fatto con le alghe… Mettere alla prova i lombrichi è una bellissima idea, ma bisogna progettare bene che cosa vogliamo capire e che cosa possiamo fare. La cosa risulta immediata e semplice: cambieremo il cibo dei lombrichi, togliendo le foglie che pare non gradiscano e mettendo che cosa? Giulia ha trovato centinaia di lombrichi nella compostiera del nonno. Che cosa mangiano nella compostiera?

Un coro - l’organico!

Chiedo spiegazioni. Mi dicono che l’organico sono rifiuti, sono i rifiuti della cucina e sono formati da bucce, avanzi di cibo cucinato…

Ma i lombrichi hanno la bocca piccola, come possono mangiarli? Chiede qualcuno.

Propongo di portare degli avanzi di cucina ben macinati. Chiedo se ne devo portare per tutti e due i terrari.

No! Altrimenti non possiamo fare il confronto per vedere se va meglio.

Il giorno dopo diamo il nuovo cibo ai lombrichi di un solo terrario e stiamo a vedere. Se in classe sentiremo cattivo odore, metteremo il lombricaio in corridoio.

Prima di proporre in classe un’esperienza, è utile che l’insegnante provi da solo, per constatare sia le difficoltà che le opportunità offerte dal nuovo contesto laboratoriale. Tuttavia non tutto si può provare prima e talvolta sono proprio i risvolti inattesi e gli errori ad offrire sorprese e sviluppi interessanti. La disponibilità ad imparare anche con i bambini e dai bambini, insieme all’abitudine a riflettere su ciò che accade durante la lezione, a documentarsi, a chiedere aiuto, a condividere con i colleghi sono gli atteggiamenti più utili a crescere professionalmente.

 

Ancora l’orto in classe prima:

Ilaria M. – Il farro in così pochi giorni ha le piantine già alte …come un temperino.

Claudio – Io pensavo che i semi non si aprivano così velocemente…

Ilaria P. e Giulia M. – Io non sapevo che i semi crescevano anche al buio.

Ilaria M.  e Alice – Nel cotone non pensavo che crescessero, non è il loro posto, è la terra!

Chiara – Io credevo che quando si rompe la buccia a un seme, si rompeva anche a tutti gli altri!

All’ 8° giorno, i bambini sottolineano la diversità dei tempi.

- Il farro è svelto, il mais è pigro: le piantine di farro sono già alte una spanna, nella vaschetta del mais, si vede solo qualche seme con la radichetta.

 

I bambini spontaneamente collegano le esperienze e si abituano a tener conto anche dei ragionamenti condivisi. Di ogni cosa hanno sicura memoria. Riprendendo Maria Arcà:

“Col tempo le osservazioni e le discussioni generano schemi per pensare più generali e potenti. In biologia è importante sviluppare schemi di tipo statico (morfologie, strutture, configurazioni che riguardano i sistemi viventi) e schemi di tipo dinamico (fisiologie, processi di crescita, di sviluppo, comportamenti). Nei primi si fa appello ad una conoscenza di tipo 'fotografico' in grado di indagare sulle forme degli oggetti biologici, sulle consistenze dei tessuti, sulle connessioni tra le parti, sulla disposizione di organi ... cercando di organizzare la complessità di quello che si vede attraverso un modello di funzionamento ('questo sta qua perché porta l’acqua verso l’alto, questo è più duro di questo perché sta all’esterno ...'). Per gli schemi di tipo dinamico, si fa appello ad una conoscenza di tipo “cinematografico” in grado di ricostruire la storia di un processo nella sua dimensione temporale ('prima il seme si gonfia, poi si spacca e esce un filetto che diventa sempre più verde ...'). (2)

 

Cogliere i riferimenti ricorrenti al corpo umano   

La stessa classe prima che ha avuto i pulcini, un bruco che poi è diventato farfalla e l’orto in aula, appena sollecitata, incomincia ad intrecciare i fili dei diversi discorsi.                          

Il seme che si svuota vi ha fatto pensare a qualcosa che avete già conosciuto?

Anna, Beatrice, Elisa e altri – I pulcini, il pulcino dentro l’uovo…che mangiava il tuorlo e l’albume e cresceva…. si formava.

Claudio, Luca Z. – Il bruco! Il bruco diventa farfalla, lascia vuoto l’astuccio perché il bruco si è sciolto e si è trasformato in farfalla che ha le ali, le antenne…

Gabriele – e poi la farfalla fuori dall’astuccio cresce perché mangia!

Avete parlato di cambiamenti: tre grandi cambiamenti…il pulcino che si forma nell’uovo consumando il tuorlo e l’albume, il bruco che si trasforma in farfalla e il cibo che diventa il nostro stesso corpo…

Luca Z. – Per crescere mangiamo il cibo.

Giorgia – Non tutto il cibo serve per crescere, facciamo anche la cacca…

chiocciole  

“Anche noi, come facciamo noi, e noi invece…” sono espressioni ricorrenti fin dalle prime considerazioni condivise nelle discussioni durante le esperienze con i viventi. Denotano che il proprio corpo, le percezioni, le intuizioni, le conoscenze più o meno approssimative messe insieme fino al momento sono presenti a ciascuno, quando si confronta con lo svolgersi della vita di altri. Cogliere il battito del cuore o il sottile movimento della respirazione, immaginare i muscoli che rendono possibile un certo movimento, vedere il cibo in trasparenza che scende lungo il tubo digerente, guardare che cosa un animaletto mangia e di che tipo di bocca è dotato, stupirsi della prontezza di un insetto che scatta per catturare la sua preda sono occasioni per interrogare il proprio corpo sullo svolgimento di funzioni simili e incominciare a ragionare per immaginare come siamo fatti dentro e come funzioniamo. Partire dall’ascolto del battito cardiaco è un modo semplice, immediato e quanto mai accessibile per interrogare le funzioni e gli organi del nostro corpo come sistema di apparati e non come somma di compartimenti stagni. È fondamentale non frammentare lo sguardo dei bambini, non spezzare fili di ragionamenti che connettono le funzioni e gli organi fra loro e noi umani agli altri viventi e all’ambiente, non imporre inutili separazioni. Il battito del cuore ad esempio porta i bambini a considerare in modo intuitivo la respirazione, la circolazione e in breve la nutrizione. Il filo conduttore delle numerose esperienze possibili può essere la costruzione di un modello di corpo, una sorta di cantiere sempre in elaborazione, attorno al quale ci si ritrova a ragionare confrontando le nuove acquisizioni con ciò che si conosce. L’ascolto con lo stetoscopio, la misurazione della capacità polmonare di ciascuno, la dissezione di un cuore di capretto e di uno di maiale o di mucca, l’osservazione di polmoni e cuore di coniglio, dei polmoni di un capretto, di fegato e cistifellea di bovino (dalla quale ottenere la bile per emulsionare i grassi), la costruzione di modellini di cuore e di polmoni, i giochi di ruolo come quello del circolatorio, l’uso di modellini come il tronco anatomico o il cuore sono alcune delle esperienze possibili.

 

Il tiglio  

Intuire le relazioni fra i viventi e dei viventi con gli altri componenti dell’ambiente 

Per cogliere queste relazioni, l’ideale è incominciare a frequentare una porzione di ambiente piccola e vicina alla scuola, raggiungibile più volte durante l’anno, tanto da diventare famigliare.  La nostra scuola aveva un giardino con un certo numero di alberi e nei diversi quinquenni ho proposto protagonisti diversi: il tiglio più grande, oppure quelli nuovi appena messi a dimora, oppure tutti gli alberi del giardino da seguire nei cambiamenti di stagione in stagione. Proprio quest’ultimo era l’obiettivo concordato di ogni perlustrazione, senza però imbrigliare troppo l’osservazione (che con i bambini non è “focalizzabile” più di tanto e con gli anni ho smesso di insistere) anche per mantenere quel grado di libertà che consente di capire ciò che la classe al momento è in grado di cogliere. Famigliarizzare è prima di tutto costruire poco per volta il piacere di distinguere, riconoscere e chiamare per nome: non più albero, ma tiglio, alloro, carpino, acero, ippocastano, lichene, non più uccello ma merlo, tortora, passero, oppure coccinella, lombrico, chiocciola, afide, cocciniglia, Cameraria (farfallina parassita che allo stadio larvale scava lunghe gallerie nelle foglie degli ippocastani) e così via. Attraverso ripetute osservazioni seguite dalle consuete discussioni, dai disegni dal vero, dai testi elaborati insieme e da quelli informativi, da foto e filmati, si ragiona sull’aspetto e sul funzionamento dei vegetali e sulla presenza di piccoli animali (insetti, uccelli, ragni, vermi, molluschi, crostacei sono i più comuni), ricostruendo man mano alcune relazioni alimentari – il “chi mangia chi” – e riscoprendo il ruolo svolto dall’acqua, dalla luce, dal suolo e dall’aria. 

 

Fare laboratorio è mettere in gioco il potenziale formativo delle scienze

acero tiglio

Si farebbe prima a raccontare. Soprattutto se si sa farlo bene, raccontare è infinitamente più semplice, meno impegnativo per l’insegnante, più veloce e per di più molto gradito ai bambini. Certo, qualcosa della scienza - curiosità, stranezze, episodi della sua storia, tratti di vite di scienziati/e, il tortuoso e difficile cammino della ricerca che ha portato ad importanti scoperte - si può raccontare, anche con il supporto delle immagini spettacolari disponibili in rete.  Ma, alla scuola primaria, le discipline sono strumenti di formazione e non si può perdere l’opportunità di far crescere atteggiamenti, abilità, competenze fondamentali e irrinunciabili che la modalità laboratoriale, al contrario di quella trasmissiva della lezione frontale, permette di mettere in campo. Ne elenco solo alcuni che ritroviamo ben esplicitati nelle Indicazioni Nazionali (4): 

- accogliere, promuovere, sostenere curiosità e attenzione, stupore, emozione e meraviglia;                          

- costruire significati insieme ai coetanei, dando senso alla conoscenza, mettendo in atto processi di pensiero  scientifico e organizzando il sapere in modo adeguato alle necessità cognitive;                                

- imparare a comunicare, a partecipare, a cercare le parole per dire, porre attenzione al linguaggio, ascoltare, riflettere, argomentare, distinguere i fatti dalle opinioni, fare congetture, progettare strategie, mettere alla prova, misurare, registrare.                                                                                                                                

E non si pensi che i bambini non sappiano cogliere la differenza. Giulia infatti, dalla scuola media  fa sapere a noi che siamo state le sue maestre: “…ma adesso non facciamo scienze, la leggiamo sul libro… mi iscriverò alle superiori in una scuola dove si fa scienze davvero.” E ha frequentato con soddisfazione un istituto tecnico con laboratori scientifici ben attrezzati e soprattutto ben condotti.

 

NOTE

(1) Arcà M, L’esperienza è solo il primo passo, Naturalmente scienza, 2: 59-64, 2022 Aiolfi A, Bambini e animali, Naturalmente scienza, 2: 65-71, 2022   

(2) Arcà M, Mazzoli P, Sucapane N, Osservare i viventi, 61-62, Pisa, ed. ETS, 2021

(3) https://www.naturalmentescienza.it/sections/?s=115

(4) https://www.miur.gov.it/documents/20182/51310/DM+254_2012.pdf