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Verde e in verticale: l'avvenire delle nostre città

 

 

Torre Guinigi - Lucca

Verde e in verticale: l'avvenire delle nostre città

 

Luciano Luciani

 

Osservate una città dall’alto: anche la più triste, la più grigia, la più desolata vi apparirà, inopinatamente, in misura maggiore o minore, macchiata di verde. No, non è un effetto ottico: sono le piante che abbelliscono anche il più modesto dei balconi; sono gli alberi, gli arbusti e gli arboscelli cresciuti e tenuti faticosamente in vita da mani gentili e amiche nei cortili interni dei condomini e dei palazzi; è la vegetazione delle scarse aiuole e dei rari giardini che testardamente sopravvive nelle nostre città degradate, saccheggiate, sfigurate.

Queste chiazze di verde rappresentano la loro rivincita, la testimonianza di un’inesausta vitalità che va aiutata, incoraggiata, valorizzata, se davvero vogliamo riumanizzare i luoghi della nostra vita sociale, se intendiamo tornare a rendere più vivibili e sane le città, riequilibrando il rapporto tra il cittadino e la sua necessaria dotazione di verde: fissata dalle leggi urbanistiche a 9 mq, ma ridotta oggi in Italia ad una media che si attesta soltanto a 2 poveri, stenti, insufficienti metri quadrati.

Ebbene sì, il proprio terrazzo, il cortile sotto casa, il giardinetto trascurato della piazza del quartiere possono offrire l’occasione per una insperata riqualificazione urbana, una piccola, ma non per questo trascurabile, “rivoluzione verde”. E già significative esperienze muovono in questa direzione, ottenenendo interessanti risultati.

 

Intanto, abbattere i muri

A Monaco di Baviera, per esempio, fin dai primi anni Settanta, gruppi di cittadini si sono trovati d’accordo per abbattere i muri divisori tra i cortili condominiali, accorpandoli e trasformandoli in giardini. Le autorità municipali, intelligentemente, hanno fatto propria l’iniziativa e l’hanno trasformata in un progetto più complessivo ribattezzato Grune Innenhofe, "cortili verdi", recuperando a verde quasi 600 piccole aree per ben 40 ettari di superficie: un’area pari a quella del Parco Sempione a Milano, l’unico polmone verde della metropoli lombarda.

E i costi di un’operazione del genere? Equamente distribuiti. I 2/3 delle spese toccano al Comune di Monaco, il resto ai privati, che, però, proprio a partire dal loro condominio, acquisiscono il diritto di discutere e decidere con gli esperti i piani e i modi della risistemazione a giardino del loro ambiente di vita.

E Monaco non è l’unico caso in Europa. In Danimarca, a Copenaghen, si opera da tempo nella stessa direzione. Una legge ha offerto alle amministrazioni locali, che si assumono l’onere della progettazione e della realizzazione dei progetti, la possibilità di imporre ai proprietari di case l’eliminazione delle divisioni interne dei cortili, previo rimborso delle spese a tassi agevolati e nell’arco di dieci anni. Così, proprio nei quartieri più popolosi della capitale danese, sono stati recuperati a giardino 10.000 mq: una sistemazione che non ha trascurato neppure la realizzazione di parcheggi sotterranei. Iniziative simili sono in corso anche in Svizzera, Olanda, Svezia…

 

Poi, "fare verde" il grigio

Apparentemente più semplice e alla portata di tutti invece il recupero a verde di spazi urbani più modesti: balconi, facciate delle abitazioni, tetti piani... Soprattutto questi ultimi che rappresentano le superfici maggiori, e finora inutilizzate, disponibili per "fare verdi" le zone del centro città. Quante superfici di asfalto, coperture di garages e magazzini potrebbero con poca spesa acquistare una “pelle vegetale”?

Non si tratta di un’idea del tutto originale: in Francia, da 40 anni, il Ministero dell’Ambiente e quello del Turismo propongono il concorso nazionale “Città e case fiorite” a cui partecipano centinaia e centinaia di Comuni piccoli e grandi con straordinari risultati di abbellimento delle città e di partecipazione popolare.

 

Colori e profumi

Evidentemente questa intenzione di recuperare a verde e “verso l’alto” le zone a più intenso carico urbanistico funziona, se il sovrappopolato e superinquinato Giappone ha di recente promosso un enorme piano nazionale che impegna diverse migliaia di miliardi di yen per combattere il surriscaldamento dell’aria con alberi, piante e arbusti piantati sui tetti degli edifici. Ne deriveranno effetti benefici noti a tutti: la produzione di ossigeno, l’azione di filtraggio della polvere, l’assorbimento dei suoni, l’attenuamento dei picchi di temperatura. A cui vanno aggiunti - e non è poca cosa -  l’azione rilassante del verde, i colori dei fiori e i loro profumi senza trascurare il riconquistato spazio vitale per gli insetti, e gli uccelli…

A chi tocca cominciare? Intanto agli amministratori chiamati al governo delle città: ma anche e soprattutto a ciascuno di noi, con una pratica diffusa, molecolare e di massa di migliaia, milioni di piccoli, positivi gesti quotidiani, che contribuiscano concretamente a cambiare in meglio la qualità della vita di tutti. Al di là dei risultati immediati, è importante sottolineare il valore “pedagogico” di iniziative come quelle legate alla “rivoluzione” dei tetti verdi: oltre alle piante e ai fiori, fanno crescere tra la gente una sensibilità attenta ai valori ambientali ed estetici a cui si dovranno, prima o poi, relazionare ed adeguare anche istituzioni, amministratori, politici...

Insomma, sui tetti mettiamoci qualche parabola televisiva in meno e invece qualche pianta, un po’ di fiori, alcuni arbusti in più: solo così, a poco a poco, potranno maturare le condizioni, le intelligenze, le competenze, le risorse per smentire la pessimistica affermazione di Abraham Cowley, poeta inglese del XVII secolo, secondo il quale “Dio fece il primo giardino, Caino la prima città”.

Chissà, forse in questo primo secolo del nuovo millennio, la città e il giardino potranno finalmente convivere ed addirittura armonizzare tra loro.