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Tenace e discreto: Gaetano Osculati, viaggiatore, esploratore e naturalista

 

 

Tavola da "Viaggio in America" di Gaetano Osculati

Tenace e discreto: Gaetano Osculati, viaggiatore, esploratore e naturalista

 

Luciano Luciani

 

Chissà come accadde che al brianzolo Gaetano Osculati (1808-1884) venne voglia di avventure e di mare! Forse, ad orientarlo verso le Scienze naturali avevano contribuito gli studi elementari e liceali compiuti, come accadeva per molti ragazzi di buona famiglia di quella parte d’Italia, prima napoleonica e poi austriaca, presso i Barnabiti: un ordine religioso, che, fin dalla sua costituzione, aveva sempre curato un’educazione scientifica che non entrasse in conflitto con la parola di Dio. Così, appena uscito dall’adolescenza, si indirizzò dapprima verso lo studio della medicina, presso l’università di Milano. Ma l’anatomia non soddisfaceva la natura precocemente romantica del giovane, che interruppe gli studi di medicina per dedicarsi alle Scienze naturali e ai viaggi. Prima, però, furono necessari alcuni anni di apprendistato teorico-pratico per il quale si trasferì a Livorno dove studiò scienze navali e matematica. Prima tenente di fregata della marina toscana, poi capitano di lungo corso, inizialmente dovette accontentarsi di modesti viaggi su navi mercantili senza riuscire a saziare del tutto il suo spirito romanticamente irrequieto.

Nel 1831 Osculati percorre i deserti dell’Egitto e dell’Arabia, entra in Siria, raggiunge l’Asia minore quasi per una verifica delle proprie capacità in vista delle prove più impegnative a cui aspirava. Ma gli scenari mediorientali e mediterranei sono ancora troppo angusti per l’ansia di conoscenza dell’Osculati che nel 1834 muove alla volta dell’America Latina. Approda a Montevideo, si unisce a una spedizione naturalistica francese, penetra nei territori della Colonia del Sacramento, costeggia il Rio Negro e raccoglie esemplari di uccelli e insetti. Raggiunge la zona di Entre Rios e ridiscende il fiume Paranà fino a Buenos Aires per poi arrivare a Mendoza. Poi, sempre da solo, attraversate le Ande, raggiunge Santiago. È il febbraio 1835: ora lo aspettano “cinque mesi di piacevole dimora, di liete cacce e di appassionate ricerche di curiosità naturali”. Il 30 giugno, l’Osculati parte per Valparaiso dove realizza “la vista indicibilmente dilettevole dell’immenso Oceano Pacifico”: da un oceano è giunto all’altro. È il momento di tornare in Europa e riportare le straordinarie raccolte di specie botaniche e faunistiche e le relazioni intorno alla sua straordinaria esperienza esplorativa.

Pochi anni ed è l'oriente ad attrarre il Nostro: nel 1841 insieme a Felice de Vecchi raggiunge Costantinopoli, per addentrarsi nel Kurdistan e toccare la Persia fino a Tabir, Teheran, Sciras. Nei primi giorni del febbraio 1842 sono nell’isola di Ormuz, poi a Mascate capitale dell’Oman, da cui si imbarcano per Bombay toccata fortunosamente al termine di una terribile tempesta. Tutta la primavera è dedicata a percorrere la penisola indiana: sono a Maihim, a Panuel, a Pounah e solo nel maggio iniziano il viaggio di ritorno: Aden, Suez, Cairo, Alessandria, preda della peste; poi Atene, Patrasso, Corfù, Ancona, Trieste che accoglie il rientro dei due viaggiatori carichi di reperti che il Nostro classifica ed espone in una vivace relazione intitolata Note d’un viaggio nella Persia e nelle Indie Orientali negli anni 1841-42, Monza, 1844, a cui doveva aggiungersi alcuni anni più tardi quella del suo compagno d’avventure Felice de Vecchi con il Giornale di carovana o viaggio nell’Armenia, Persia ed Arabia fatto negli anni 1841-42 da Felice de Vecchi e Gaetano Osculati, Milano 1847.

Il mondo scientifico europeo e quello italiano cominciano ad accorgersi di lui e arrivano i primi riconoscimenti accademici. Ma l'ansia di nuove esperienze appare incoercibile e nel 1846 Osculati si imbarca di nuovo. Suo obbiettivo “intraprendere il viaggio di circumnavigazione, nell’intenzione di percorrere le provincie dell’Indostan, che nella precedente escursione non aveva potuto visitare, per quindi perlustrare quegli arcipelaghi della Polinesia che ancor lasciano tanto a desiderare al geografo e al naturalista”. Ma le cose vanno diversamente e “in faccia ad Algesiras, proprio al limitare dell’Atlantico, un incendio divorò la nave mercantile sulla quale mi trovava imbarcato, lasciandomi su quel lido solo e quasi spoglio delle principali mie risorse. Mi fu forza mutar consiglio, ed approfittare della nave dalmata, la Zoe che da Gibilterra salpava per New-York, non iscoraggiato dalla mia mala ventura”. Percorre dapprima gli Stati Uniti, poi il Canada, quindi ritorna a New York e fa vela per la Giamaica. L’ennesima tempesta lo costringe a rivedere i suoi piani e così Osculati si trovò a ripercorrere “in solitaria” le orme dello spagnolo Francisco de Orellana, che, tra il 1541 e il 1542, aveva disceso i fiumi Coca, Napo, Maranon entrando nel Rio delle Amazzoni e raggiungendo in sette mesi la foce atlantica: un’impresa nel corso della quale, l’esploratore spagnolo avrebbe raggiunto nientemeno che il mitico Eldorado e incontrato una tribù di donne guerriere che da allora indelebilmente avrebbe dato il nome al fiume. Il viaggio dell’Osculati, dura invece quattordici mesi, dal marzo 1847 al giugno 1848, ed è descritta in maniera puntuale e appassionata nel suo Esplorazioni nell’America Equatoriale, pagine densissime di osservazioni annotate quasi giorno per giorno che vanno dalla geografia fisica a quella etnografica, dalla zoologia alla botanica senza trascurare i costumi, gli idiomi, le superstizioni, le tradizioni delle popolazioni incontrate nel corso del suo itinerario compiuto per via fluviale dal Pacifico all’Atlantico, da occidente ad oriente del subcontinente americano. Scienziato d’istinto e per formazione, Osculati elenca e descrive i prodotti delle terre attraversate; espone le caratteristiche delle piante e degli animali in cui si imbatte; avvia ricerche entomologiche; raccoglie armi e suppellettili; riporta i dati termometrici, la lunghezza, la profondità, la rapidità dei fiumi; intuisce le ricchezze dell’Amazzonia; coglie le condizioni di annichilimento materiale e morale degli indigeni, li rispetta e non ne trascura le parole. Durante la sua permanenza tra gli Zàparos, infatti, colleziona un notevolissimo materiale linguistico che intitolò Brevi cenni sull’idioma zàparo corredati d’un saggio di dizionario e di alcuni dialoghi più necessari pel Viaggiatore.

Il suo ultimo viaggio è del 1857 e ha come mete l’Egitto, l’Indostan e la Cina. Durante la guerra scoppiata tra l’ormai agonizzante Impero celeste e le potenze coloniali europeee per il controllo delle dogane e dei porti Osculati si trova a Canton durante il bombardamento di quella città a opera degli anglo-francesi. Di quelle vicende è forse esistita una relazione: peccato che le sue Note di viaggio, consegnate a improvvido editore milanese perché venissero pubblicate, siano state smarrite.

Nel 1880 l’imperatore del Brasile, don Pedro d’Alcantara, in visita a Milano, volle incontrare, riconoscente, l’esploratore delle sue terre; lo stesso anno re Umberto I lo nominava, motu proprio, cavaliere dell’Ordine mauriziano e Cesare Correnti, ne rivendicava i meriti di viaggiatore, esploratore e naturalista. Un risarcimento assai tardivo che non cambia lo stile di appartata riservatezza che contraddistingue tutta l’esistenza e in modo particolare l’ultima parte delle vita dell’Osculati.

Muore nel 1884 e oggi riposa nel Cimitero monumentale di Milano