Culture, lingue e geni
Di Tomaso Di Fraia
Premessa
Negli ultimi venti anni la linguistica e la genetica hanno sviluppato una serie di ricerche che hanno consentito a vari studiosi di avanzare ipotesi fortemente innovative, se non addirittura rivoluzionarie, in ordine a una serie di processi culturali verificatisi nella preistoria.
Tra le questioni che hanno maggiormente catalizzato l’interesse di molti ricercatori hanno avuto una particolare eco quelle dell’origine e della diffusione dell’agricoltura e del gruppo (o famiglia o phylum, a seconda delle diverse terminologie) linguistico indoeuropeo, fenomeni correlabili, secondo alcuni studiosi, alla distribuzione delle mappe genetiche delle popolazioni attuali. Gli archeologi, da parte loro, utilizzando i dati forniti dai linguisti e dai genetisti, unitamente alle proprie acquisizioni, hanno variamente accolto le nuove teorie, ora respingendole, ora integrandole, ora proponendone altre.
Date queste premesse, il mio lavoro è stato una ricognizione - da parte di un archeologo, che possiede anche una certa preparazione linguistica - al fine di chiarire, prima di tutto a me stesso, lo stato della questione; e, dal momento che i problemi implicati mi sono sembrati di un certo interesse, ho pensato che sarebbe stato utile rendere in qualche modo accessibili tali tematiche ad un pubblico più ampio della ristretta cerchia degli addetti ai lavori, i quali peraltro sono spesso talmente settorializzati che ciascun gruppo incontra grosse difficoltà a raccordarsi con ambiti diricerca potenzialmente complementari. È vero che in alcuni casi esistono forme di collaborazione sistematica fra studiosi di diverse discipline, come nel caso di Cavalli-Sforza, genetista, Ammerman, archeologo, e Barbujani, statistico. E tuttavia il più grave rischio, sempre in agguato, è quello di una circolarità viziosa (essa sì, fortemente ma scorrettamente interdisciplinare!); infatti, come cercherò di mostrare, è ancora molto diffuso l’atteggiamento per cui studiosi di una determinata disciplina accettano acriticamente le presunte acquisizioni di un altro settore di ricerca. Forse tale fenomeno potrebbe essere spiegato, sul piano psicologico, in termini di riduzione dell’ansia derivante dalla mancanza di punti di riferimento solidi: se questi non si trovano nella propria disciplina, ci si illude di trovarli in altri settori disciplinari. In realtà, si dovrebbe mettere nel conto che ogni disciplina ha una sua problematicità interna, per la quale le varie interpretazioni, elaborazioni e proposte possono corrispondere a diversi gradi di attestazione, validità o verosimiglianza. Insomma, anche se non è facile mettere il naso nell’epistemologia di ogni disciplina con cui, sia pure parzialmente, si viene a contatto, bisognerebbe provarci; o quanto meno occorrerebbe verificare (cosa peraltro non facile, è onesto riconoscerlo) il grado di condivisione di determinate tesi o teorie da parte degli studiosi della stessa disciplina.
È facile prevedere che possa apparire presuntuoso il tentativo di affrontare, con le sole forze individuali, una problematica così complessa, specialmente dopo che io stesso ho sottolineato l’esigenza di una stretta collaborazione tra diverse specializzazioni. Tuttavia voglio subito precisare che non intendo né formulare nuove teorie generali, né presentare sensazionali scoperte in un determinato settore. Piuttosto mi sono prefisso due obiettivi preliminari, a mio parere importanti. In primo luogo mi propongo di stimolare e facilitare quanto meno l’avvio di una più proficua collaborazione fra specialisti di diverse discipline, per spezzare il circolo vizioso di una separatezza che si autoalimenta e autogiustifica; sono infatti convinto che la sinergia fra le tre grandi aree disciplinari sopra indicate sia stata finora assai debole anche perché in ognuna di esse è generalmente mancata la consapevolezza delle ricerche e delle tematiche che si collocano al di fuori del proprio orticello. Da questo punto di vista, tuttavia, mi sento incoraggiato dal fatto che gli archeologi sono indubbiamente avvantaggiati rispetto ai linguisti e ai biologi, giacché quotidianamente sono costretti a misurarsi con problemi che richiedono un approccio multidisciplinare.
Una migliore conoscenza delle problematiche sopra indicate non spingerà certo un archeologo a improvvisarsi genetista o viceversa, ma potrebbe produrre almeno due vantaggi:
1) che ci sia un miglior controllo delle affermazioni che ricadono sotto il proprio campo di osservazione;
2) che i vari esperti possano collaborare quanto meno alla formulazione di domande e direzioni di ricerca corrette.
Naturalmente l’optimum sarebbe la creazione di équipes multidisciplinari per progetti di ricerca mirati.
Il secondo obiettivo è la divulgazione degli aspetti fondamentali delle problematiche discusse, che possono interessare un pubblico più ampio dei ricercatori di professione e dei cultori, sia per la loro portata culturale, sia perché sono implicate questioni etico-politiche cruciali, come il rapporto razza (o etnia) / lingua, o i fenomeni di confronto, scontro, osmosi e integrazionetra popoli e culture.
L’operazione che mi propongo non sarà comunque asettica, nel senso che mi riservo di esercitare il diritto di critica tutte le volte che lo riterrò possibile e utile. Ovviamente le intenzioni appena esposte prevedono una serie di interventi su NATURALMENTE, ai quali spero di poter garantire un’adeguata puntualità e continuità, così come mi sforzerò di assicurare il massimo di leggibilità e compiutezza a ciascuna delle singole parti, in cui sarà diviso il mio lavoro per ovvie esigenze editoriali. Ai lettori chiedo un atteggiamento di disponibilità epazienza, in particolare nei confronti di questioni, come quelle linguistiche, che non rientrano nell’orizzonte delle discipline comunemente trattate nella rivista, con la promessa e l’impegno di rendere accessibili gli argomenti che affronterò e soprattutto di mostrarne la loro rilevanza al di là dello stretto ambito disciplinare.
Un’ultima avvertenza: poiché, come detto, non ho nessuna competenza specifica nel campo della biologia, mi limiterò a presentare i relativi problemi nelle loro linee generali, pur fornendo gli opportuni riferimenti bibliografici per controlli e approfondimenti. Ai colleghi docenti di Scienze naturali chiedo invece di segnalarmi qualunque errore, incongruenza o imprecisione in cui dovessi incorrere quando, come tra poco, sarò costretto a cimentarmi nell’esposizione di problematiche biologiche. Sarà altresì gradito qualunque suggerimento che possa arricchire la mia ricerca.