Uomini, piante e altre storie
Da tempo immemorabile, soprattutto da quando ha imparato a domesticarle e coltivarle, circa 12.000 anni fa, la storia dell’uomo si è intrecciata con quella delle piante. Raccogliere e coltivare le piante significa anche imparare a riconoscerle; distinguerle e riconoscerle vuol dire nominarle. E qui cominciano i guai: alla stessa pianta vengono attributi dozzine di nomi diversi, e –quel che è peggio– lo stesso nome talvolta designa piante differenti. Così una delle più comuni infestanti, a seconda della regione d’Italia, è centocchio, morso di gallina, beccagallina, centonchio, menduccia, povrogna, zinzidel e via elencando. Ma per la scienza, da Brindisi a Varese, ma anche da Bogotà a Shangai, è sempre Stellaria media (L.) Vill. Eppure a molti i nomi botanici non piacciono: li trovano difficili, complicati da imparare e ricordare, in ogni caso ostici e ostili. In questa rubrica scopriremo che non è così: soprattutto, attraverso i tanti nomi botanici che ricordano una persona, vedremo come si intrecciano le storie degli uomini e le storie delle piante, incontrando i signori Begonia, Camellia, Dahlia, Zinnia, Magnolia… conosceremo sovrani e uomini politici, medici e scienziati, avventurosi cacciatori di piante e donne capaci di sfidare le convenzioni.
Silvia Fogliato, torinese, ha insegnato italiano e storia negli istituti di secondo grado della sua città; collabora con la casa editrice Loescher come autrice di manuali di educazione linguistica e consulente didattico. Si occupa in particolare di didattica della scrittura e della lettura e delle abilità di ricerca dell’informazione (information skills), nonché dell’uso didattico delle nuove tecnologie. In questi campi, ha svolto il ruolo di formatore in corsi organizzati da Ministero della Pubblica Istruzione, INVALSI, INDIRE e diversi istituti scolastici. Appassionata fin da bambina di scienze naturali e botanica, dal 2015 ha aperto il blog I nomi delle piante (https://nomidellepiante.weebly.com/) in cui le storie delle piante si intrecciano con quelle delle persone che le hanno raccolte, descritte, coltivate.
Botanici del Rinascimento tra Italia e Germania Album di 155 foto
Alla scoperta della flora canaria
Alla scoperta della flora canaria: 1. Introduzione 2. Viaggiatori del Settecento 3. Il Diccionario de Historia natural di José Viera y Clavijo 4. Alla scoperta della flora canaria: 4. Il console Broussonet 5 Alla scoperta della flora Canaria: Webb e Berthelot, un’amicizia botanica 6 Alla scoperta della flora Canaria 6: il secondo Ottocento 7.Alla scoperta della flora Canaria 7: Ramón Masferrer Alla scoperta della flora Canaria 8: Hermann Wildpret e il Jardín de Aclimatación de La Orotava Alla scoperta della flora Canaria9: nuovi apporti del primo Novecento Alla scoperta della flora Canaria 10: Eric Sventenius e la nascita del Jardín Canario
Piante in viaggio Album di foto
Gli erbari incunaboli di Magonza <•> Botanici del Rinascimento – Pietro Andrea Mattioli <•> Classificare le piante 9: John Ray <•> Classificare le piante 8: i fratelli Bauhin <•> Classificare le piante 7: Pena e l’Obel <•> Classificare le piante 6: Conrad Gessner <•> Classificare le piante 5: Andrea Cesalpino <•> Classificare le piante: 4. Alberto Magno e la vita nascosta delle piante <•> Classificare le piante 3: Dioscoride, ovvero un vicolo cieco durato 1500 anni <•> Classificare le piante: 2. Teofrasto <•> Classificare le piante: 1. Aristotele <•> Piccoli equivoci senza importanza <•> I sinonimi in botanica: quando uno non vale uno <•> Padre Loureiro e la flora della Cocincina <•> Come è fatto un nome botanico: citazione dell’autore <•> Nel giardino di padre Delavay <•> Padre Farges, raccoglitore caritatevole <•> Alla scoperta della flora e della fauna cinese: l’epopea di padre David <•> Padre Incarville, l’Imperatore e la sensitiva <•> I missionari francesi e l’età d’oro della scoperta della flora cinese <•> Nel nome di Carl Peter Thunberg <•> Ancora un po’ di grammatica: i nomi specifici <•> Georg Joseph Camel, camelie e balle di tè <•> La grammatica dei nomi celebrativi <•> Sulle tracce della plumeria: padre Plumier e i nomi celebrativi <•> Com'è fatto un nome botanico <•> Linneo, la Linnaea borealis e la denominazione binomia <•> Una tazza di caffè con Linneo, ovvero della nomenclatura polinomia <•> Classificare le piante: 10. Pitton de Tournefort
Una tazza di caffè con Linneo, ovvero della nomenclatura polinomia
Nel 1736, Linneo (1707-1778), allora ventinovenne, per sbarcare il lunario e pagarsi gli studi in Olanda entra al servizio del ricco Georg Clifford, direttore della Compagna Olandese delle Indie Orientali che gli chiede di dirigere il suo orto botanico privato e di classificarne le piante. Magnificamente illustrato da Georg Dyonisius Ehret e Jan Wandelaar, il catalogo sarà pubblicato nel 1737 con il titolo Hortus Cliffortianus.
L’opera è interessante perché è una sorta di ponte tra la botanica prelinneana e quella linneana, che farà ufficialmente il suo esordio quindici anni dopo con Species Plantarum (1753).
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Linneo, la Linnaea borealis e la denominazione binomia
Come c’è un’era avanti e dopo Cristo, c’è una botanica prima e dopo Linneo. A fare da spartiacque, una data precisa: primo maggio 1753. Quel giorno, per i tipi dell’editore di Stoccolma Laurentius Salvius uscirono di due volumi della prima edizione di Species Plantarum, in cui Linneo descrisse 5900 piante, etichettate con una denominazione binomiale; vista l’importanza di questa decisione, nel 1867 il Congresso botanico internazionale di Parigi decise di fare di quel giorno il punto di inizio della moderna nomenclatura botanica, il che significa che tutte le denominazioni precedenti (comprese quelle usate da Linneo nelle opere giovanili) non sono considerate valide, mentre quelle adottate in quest’opera hanno la priorità su quelle successive.
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Dal 1753, quando Linneo ne impose definitamente l’uso, il nome botanico che contrassegna ogni pianta è una denominazione binomiale (o binomia), formata cioè da due parti:
- il nome generico, scritto con l’iniziale maiuscola (poniamo Rosa);
- il nome specifico, scritto con l’iniziale minuscola (poniamo glauca).
- Nei testi a stampa, il nome botanico va scritto in corsivo; la lingua in cui è formulato è il latino, anche se molti nomi sono di derivazione greca e qualcuno arriva da altre lingue.
Il nome generico è un sostantivo (maschile, femminile o neutro).
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Sulle tracce della plumeria: padre Plumier e i nomi celebrativi
Frangipani, pomelia, plumeria… comunque vogliate chiamarla, non c’è dubbio che le specie del genere Plumeria siano tra gli alberi di origine tropicale più amati. In Sicilia si sono ambientate tanto bene da essere considerate una pianta di casa, ma anche più nord non mancano notevoli collezioni, come quella dell’Orto botanico di Lucca. Ad affascinare è certo la bellezza dei fiori, ma anche il dolcissimo profumo. Plumeria rubra, la specie più nota, è nativa del Messico e dell’America centrale, da dove gli Spagnoli la portarono in Europa. Tra i primi a farla conoscere fu il frate minimo Charles Plumier (1646-1704) che visitò le Antille al servizio del Re Sole. E proprio a è dedicato il genere Plumeria, che dunque porta un nome celebrativo.
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La grammatica dei nomi celebrativi
Abbiamo già visto in un articolo precedente come si formano i nomi botanici. Osserviamo ora più da vicino i nomi celebrativi, detti anche eponimici o commemorativi, ovvero le numerosissime denominazioni di genere e specie che ricordano una o più persone, ad esempio per i nomi generici Dahlia, Camellia, Magnolia, Begonia e per i nomi specifici linnaeanus, linnaei, clusianus, clusi.
Iniziamo con i nomi generici. Si tratta ovviamente di sostantivi, solitamente femminili, derivati per lo più dal cognome del dedicatario con l’aggiunta di un suffisso...
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Georg Joseph Camel, camelie e balle di tè
Se la rosa è la regina dei fiori, forse la camelia ne è l’imperatrice, e non solo per la sontuosa bellezza delle fioriture. Nelle sue vesti di pianta alimentare, fornisce la bevanda più diffusa ed economica del mondo dopo l'acqua, il tè, ricavato da Camellia sinensis (si calcola che ogni anno ne vengano prodotte 36 milioni di tonnellate, in più di 40 paesi); ha innescato rivoluzioni, come la protesta contro la tassa sul tè che sfociò nel Boston Tea Party e diede inizio alla Rivoluzione americana; ha provocato guerre, come la guerra dell'oppio, la cui causa prima stava nel disavanzo commerciale dell'Inghilterra nei confronti della Cina, dovuto alle enormi importazioni di tè; per prepararlo, servirlo e consumarlo, sono nati locali specializzati, stoviglie, ricette e riti culturali come l'affascinante cerimonia del tè giapponese o il salottiero Afternoon tea britannico. Come pianta ornamentale, oltre ad alimentare la passione dei collezionisti, ha ispirato poesie e romanzi come La signora delle Camelie di Dumas figlio; è stata adottata come simbolo dagli abolizionisti brasiliani, dalle suffragette neozelandesi, nonché da Coco Chanel; non si contano i prodotti, i locali, gli esercizi commerciali che ne portano il nome.
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Ancora un po’ di grammatica: i nomi specifici
Ci tocca ancora un po’ di grammatica, ma prometto che è l’ultima volta. Dopo aver visto come sono fatti i nomi generici celebrativi in questo articolo, completiamo il discorso con i nomi specifici che ricordano una persona. Come già anticipato qui, si formano in due modi:
un aggettivo derivato dal nome latinizzato del dedicatario, ad esempio linnaeanus (da Carl von Linné, ovvero in latino Linnaeus), come Solanum linnaeanum;
il genitivo del nome del dedicatario, ad esempio linnaei, come Asplenium linnaei:
un aggettivo derivato dal nome latinizzato del dedicatario, ad esempio linnaeanus (da Carl von Linné, ovvero in latino Linnaeus), come Solanum linnaeanum;
il genitivo del nome del dedicatario, ad esempio linnaei, come Asplenium linnaei.
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Nel nome di Carl Peter Thunberg
Il genere Thunbergia (famiglia Acanthaceae) annovera alcune delle più amate piante rampicanti. Vigorose, di rapida crescita e molto decorative per l’esuberante fioritura, molte sono popolari piante da giardino, soprattutto dove il clima mite ne consente la coltivazione all’aperto. La più diffusa è probabilmente T. alata, nota con il curioso nome “Susanna dagli occhi neri” per i fiori dalle corolle aranciate o gialle con un caratteristico centro dal colore scuro. Di rapida crescita, è spesso coltivata come annuale anche in climi più rigidi. Di frequente coltivazione è anche T. grandiflora, nativa dell’India tropicale, una vigorosa rampicante sempreverde con grandi fiori blu-violetto. Tra le numerose specie di questo genere (sono circa un centinaio tra erbacee, arbusti e rampicanti, originari dell’Africa meridionale, del Madagascar e dell’Asia tropicale) vorrei ricordare ancora la spettacolare T. mysorensis, con lunghi racemi penduli di grandi fiori, con tubi bruno-rossicci e labbra superiori quasi erette, arcuate, simili a una bocca spalancata, color giallo vivo. Questo genere fu creato nel 1780 da un botanico conterraneo, Anders Johan Retzius, in onore del più grande degli allievi di Linneo, Carl Peter Thunberg (1742-1828), sulla base di T. capensis, una delle tantissime piante che egli aveva raccolto in Sud Africa, nella regione del Capo.
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I missionari francesi e l’età d’oro della scoperta della flora cinese
Che cosa hanno in comune piante così diverse come Incarvillea mairei, Callicarpa bodinieri, Paeonia delavayi, Deutzia monbeigii, Rhododendron souliei, Salvia cavaleriei, Decaisnea fargesii, oltre al valore ornamentale? Due elementi: in primo luogo, sono tutte originarie della Cina; in secondo luogo, il loro nome specifico rende omaggio a uno dei numerosi missionari francesi che tra la seconda metà dell’Ottocento e la Prima guerra mondiale ebbero un ruolo eccezionale nella scoperta della flora cinese. Già tra Seicento e Settecento un gruppo di gesuiti francesi era riuscito a ritagliarsi uno spazio alla corte di Pechino, dove erano apprezzati come tecnici e scienziati. Il più famoso è Pierre d’Incarville (1706-1753) che riuscì a entrare nelle grazie del sospettoso imperatore Qianlong fino ad essere nominato botanico imperiale (dedicatario del bellissimo genere Incarvillea, merita un articolo a sé). Tuttavia fin dal 1724 ogni attività missionaria nel Celeste impero era rigorosamente vietata, anche se alcune congregazioni, come i lazzaristi, continuarono a mantenere una presenza sotto traccia.
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Padre Incarville, l’Imperatore e la sensitiva
Tra le perenni a fioritura estiva con radici tuberose (tanto che spesso viene venduta a tuberi nudi) spicca per i fiori vistosi ma raffinati Incarvillea delavayi, con i suoi grandi calici dai colori pastello che la fanno assomigliare a una bignonia terrestre. Originaria della Cina, nel suo nome riunisce due dei numerosi sacerdoti francesi che segnarono la storia dell’esplorazione floristica del Celeste impero: i padri gesuiti Pierre Le Chéron d’Incarville (1706-1757) e Pierre Jean-Marie Delavay (1834-95). Li potremmo quasi considerare l’alfa e l’omega di questa lunga avventura, che Incarville iniziò nel Settecento e Delavay portò al suo culmine alla vigilia del Novecento.
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Alla scoperta della flora e della fauna cinese: l’epopea di padre David
Nel 1954, a Ginevra si tenne la conferenza di pace tra le due Coree; a guidare la delegazione cinese, il premier e ministro degli esteri Zhou Enlai. Ammirato da alcuni alberi dalle bellissime fioriture che aveva visto nei parchi della città, si stupì molto nello scoprire che si trattava di una specie di origine cinese. Qualche anno dopo, all’inizio degli anni ’70, a provare lo stesso stupore furono i diplomatici cinesi in visita a Washington, vedendo quegli alberi in fiore di fronte alla Casa bianca.
Si tratta di Davidia involucrata, detta anche “albero dei fazzoletti” o “dove tree” per le eleganti brattee bianche che proteggono i fiori e sembrano davvero evocare un volo di candide colombe. In Cina cresce solo in alcuni habitat montani particolari lungo il fiume azzurro. Da sempre molto raro, all’epoca dei due episodi da cui sono partita era molto più nota nei parchi e nei giardini europei e americani che nel paese d’origine, dove oggi è considerata un patrimonio nazionale da proteggere con il massimo rigore.
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Padre Farges, raccoglitore caritatevole
Non tutti i bambù sono invasori pronti a trasformare il nostro giardino in una giungla. In particolare, non lo sono quelli del genere Fargesia. I bambù più noti (come Phyllostachys, Pleioblastus, Bambusa), detti leptomorfi, sviluppano un forte apparato radicale con vigorosi rizomi sotterranei allungati e striscianti, capaci di colonizzare rapidamente un vasto spazio. Al contrario, i bambù pachimorfi, come appunto Fargesia, hanno rizoma corto e tozzo a cresciuta cespugliosa, più simile a quello delle graminacee erbacee. Dunque anziché espandersi orizzontalmente, formano densi cespugli compatti, con chiome spesso colonnari o a fontana. Risultano perciò particolarmente adatti a spazi contenuti, inclusi i piccoli giardini, dove possono costituire un punto d’attrazione grazie ai sottili culmi con guaine decorative e alle fronde leggere e aeree.
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Ai piedi del castello di Annecy, c’è un piccolo, singolare giardino, il Jardin des remparts; a renderlo speciale sono le piante, tutte cinesi e tutte “scoperte” da un savoiardo, il padre Jean-Marie Delavay (1834-1895). Del resto, la scelta è molto ampia: esploratore delle aree montane dello Yunnan, una zona sconosciuta ai botanici prima di lui, il grande botanico-missionario in un decennio mise insieme un’ineguagliabile collezione di circa 200.000 esemplari appartenenti a oltre 4000 specie, 1500 delle quali di nuova segnalazione.
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Come è fatto un nome botanico: citazione dell’autore
Obbligatoriamente nelle pubblicazioni scientifiche, ma talvolta anche in contesti divulgativi, il nome botanico, come già sappiamo scritto in corsivo, è seguito da una sigla o da un nome in tondo, ad esempio: Rosa pendulina L., Rosa altaica Willd., Rosa blanda Aiton. È la citazione dell’autore, ovvero della persona che ha pubblicato per primo quel nome botanico in modo valido, ovvero seguendo le regole del Codice internazionale di nomenclatura. Negli esempi, L. sta per Linneo, Willd. per Carl Ludwig Willdenow, Aiton per William Aiton.
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Padre Loureiro e la flora della Cocincina
Dopo aver incontrato tanti valorosi botanici-missionari attivi in Cina, spostiamoci un poco nel tempo e nello spazio per fare la conoscenza con un altro gesuita pioniere dello studio della flora del lontano oriente. Torniamo indietro nel Settecento per raggiungere in Indocina il gesuita portoghese João de Loureiro (1710-1791) che visse per oltre quarant’anni tra Cina e Vietnam meridionale e fu autore della prima importante opera sulla flora di quella regione, prima di lui totalmente sconosciuta alla scienza occidentale.
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I sinonimi in botanica: quando uno non vale uno
Nel linguaggio comune, il termine “sinonimo” indica due o più parole che hanno lo stesso significato, tanto che possono essere usati l’uno al posto dell’altro, almeno in certi contesti: “Mia sorella Anna ha una bambina. / Mia sorella Anna ha una bimba”; “Ho agito in modo sciocco. / Ho agito in maniera stupida”.
Non è così nel linguaggio della botanica (e della zoologia). Come già sappiamo, ogni taxon (ovvero ogni entità: genere, specie, sottospecie, varietà, forma) deve essere designato da un unico nome, pubblicato secondo le regole e uguale per tutti. Eppure succede molto spesso che, per varie ragioni, nella sua storia al medesimo organismo siano state assegnate più di una denominazione, a volte anche molte. E qui entra in scena il concetto di sinonimo.
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Piccoli equivoci senza importanza: acacie che non sono acacie, e mimose che non sono mimose
Tra nomi comuni delle piante e nomi botanici ci sono talvolta strane relazioni, strani cortocircuiti che possono essere fonte di confusione. Partiamo subito da un esempio clamoroso: Robinia pseudoacacia L., l’albero esotico più diffuso nei nostri boschi, è noto con molti nomi volgari; tra quelli di uso nazionale, robinia, gaggia, ma anche acacia, tanto che il miele che le api ricavano dai suoi fiori è abitualmente commercializzato come miele d’acacia. Eppure questo albero che all’inizio del XVII secolo è arrivato dalla natia America settentrionale a colonizzare i nostri boschi non ha nulla a che fare con il genere Acacia, anch’esso appartenente alla famiglia Fabaceae (ovvero leguminose).
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Classificare le piante: 1. Aristotele
Da secoli, si può dire da quando è nata la botanica, i botanici si sono dati due compiti, che in realtà sono strettamente connessi tra loro: identificare le piante, dando loro un nome, e raggrupparle, classificarle, sulla base di somiglianze e differenze. A dire il vero, classificazioni “ingenue” o “popolari” delle piante (anzi, più in generale degli esseri viventi) esistono in tutte le culture; ma la tassonomia popolare identifica e nomina solo le specie utili in qualche modo alla comunità oppure che è bene saper riconoscere perché nocive o pericolose. Le altre, quelle che non servono, spesso ricadono in categorie molto generali: “pianta”, “albero”, “felce”, “erbaccia”.
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Classificare le piante: 2. Teofrasto
Una metodica indagine sulle piante
Linneo l’ha proclamato “padre della botanica”. Anna Pavord, nel suo brillante The naming of names, ne ha fatto l’eroe fondatore della tassonomia e l’ha immaginato mentre, una foglia di platano in una mano, una foglia di vite nell’altra, guida gli allievi del Liceo a riflettere su somiglianze e differenze per cercare un senso, un ordine sotto le molteplici forme della natura. Teofrasto (371 - 287 a. C.), amico, allievo e successore di Aristotele alla guida della scuola peripatetica, è stato in effetti il primo (anzi l’unico, per oltre 1500 anni) a non accontentarsi di considerare le piante solo dal punto di vista utilitario, per osservarle con occhio di scienziato.
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Classificare le piante 3: Dioscoride, ovvero un vicolo cieco durato 1500 anni
Un trattato sulle sostante medicamentose
Facciamo dunque conoscenza con l’autore del testo che lo storico della scienza D. Sutton ha definito “una delle opere di storia naturale più durature che siano mai state scritte [...] che ha formato le basi del sapere occidentale per i successivi 1500 anni”. Dioscoride Pedanio, un medico greco, nato in Cilicia, scrive il trattato Peri hules iatrikes, più noto con il titolo latino De materia medica (“Sulle sostanze medicinali”) in un momento imprecisato della terza metà del primo secolo dopo Cristo (tra il 50 e il 70). Il suo proposito è illustrare sostanze vegetali, animali, minerali utilizzate in campo medico; il testo, distribuito presumibilmente in cinque volumi, tocca oltre 800 sostanze (583 delle quali vegetali), delle quali vengono forniti la denominazione, se possibile la distribuzione geografica, una breve descrizione della parte utilizzata, i procedimenti di raccolta, preparazione, somministrazione, le indicazioni terapeutiche e la posologia.
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Classificare le piante: 4. Alberto Magno e la vita nascosta delle piante
Nella nostra breve storia della classificazione delle piante, potremmo passare tranquillamente da Teofrasto al Rinascimento. Per quasi 1800 anni, infatti, tutto l’interesse si concentrò sugli usi pratici dei vegetali, mentre nessuno studiò le piante di per sé. Nessuno, ad eccezione di un grandissimo personaggio, un filosofo di così profondo sapere da essersi guadagnato il soprannome di “dottore universale”: il vescovo domenicano Alberto di Böllstadt, detto Alberto Magno (1205/06-1280), versato tanto nella teologia e nella filosofia quanto nelle scienze naturali, al punto che la Chiesa cattolica, riconoscendolo come santo, lo ha proclamato protettore degli scienziati.
Ernst Meyer in Geschichte der Botanik (1854-57) scrisse di lui: "Nessun botanico che sia vissuto prima di Alberto può essere paragonato a lui, tranne Teofrasto, che non conosceva; e dopo di lui nessuno ha dipinto la natura in tali vividi colori, o l'ha studiata così approfonditamente, fino all'arrivo di Conrad von Gessner e Andrea Cesalpino. Tutti gli onori, dunque, vanno tributati all'uomo che ha fatto tali stupefacenti progressi nella scienza della natura, da non trovare nessuno, non che lo sopravanzi, ma che lo eguagli nei tre secoli successivi."
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Classificare le piante 5: Andrea Cesalpino
Strumenti per organizzare il caos
Nella nostra piccola storia della classificazione delle piante, dal Medioevo di Alberto Magno saltiamo direttamente al Cinquecento. Un secolo in cui l'afflusso sempre crescente di piante dall'Oriente e soprattutto delle Americhe aveva scompigliato le file della botanica: ormai essa assomigliava a un campo di battaglia in cui i soldati non sapevano più in quale ruolo dovevano combattere, tanto che qualcuno finiva nel posto sbagliato. L'immagine non è mia: si deve a Andrea Cesalpino (1524/25-1603), colui che per primo cercò di portare ordine in questo caos.
Fin dal vecchio Dioscoride, due erano stati criteri seguiti per organizzare le piante negli Herbaria, i libri di botanica: il più comune era l'ordine alfabetico (sulla base dei nomi greci o latini); più raramente, si erano usati criteri empirici privi di ogni rigore, per lo più connessi alle proprietà terapeutiche vere o presunte, proprio come si fa ancora oggi nei testi di erboristeria. Analogamente, nelle aiuole dei nascenti orti botanici i vegetali erano schierati in ordine alfabetico.
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Classificare le piante 6: Conrad Gessner
La biblioteca universale della natura
Anche per il Rinascimento, un’epoca che coltivò più di ogni altra l’aspirazione all’uomo universale, lo svizzero Conrad Gessner (1516-1565) fu una personalità d’eccezione. Per definire quelli come lui, la lingua inglese usa il termine polymath, che indica qualcuno le cui conoscenze spaziano nei campi più diversi. Fu umanista e filologo, insegnante, linguista e lessicografo, teologo, bibliografo, medico, naturalista. È considerato il padre di due discipline tante diverse come la bibliografia e la zoologia, ma fu un precursore anche in altri campi altrettanto lontani, come la linguistica comparata e lo studio dei fossili (termine che è stato coniato proprio da lui). Nei suoi ponderosi volumi, si fondono le due grandi correnti della cultura rinascimentale: da una parte, lo studio erudito dei testi classici, dall’altro l’indagine diretta della natura.
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Classificare le piante 7: Pena e l’Obel
Un'amicizia e un sodalizio intellettuale
Quasi negli stessi anni in cui in Italia Cesalpino elabora il proprio sistema di classificazione delle piante, a Londra esce Stirpium adversaria nova (1570 o 1571), opera a quattro mani del francese Pierre Pena e del fiammingo Mathias de l’Obel. I due, protestanti, hanno trovato nell’Inghilterra elisabettiana un clima più favorevole rispetto a quello dell’Europa continentale sconvolta dalle guerre di religione.
Prima di illustrare i contenuti del libro e capire quanto è importante nella nostra piccola storia della classificazione delle piante, facciamo un passo indietro per conoscere i due autori, anche se di loro e del loro sodalizio umano e intellettuale sappiamo meno di quanto vorremmo. Pierre Pena era provenzale, nato probabilmente intorno al 1535; Mathias de l’Obel (o de Lobel, o alla latina Lobelius) era un fiammingo di Lilla, nato nel 1538. Nella tarda primavera del 1565, a un mese di distanza l'uno dall'altro, i due si immatricolarono a Montpellier per seguire le lezioni del grande Guillaume Rondelet (1507-1566). Dato che conosciamo male la giovinezza di entrambi, non sappiamo se si conoscessero già, e avessero addirittura erborizzato insieme in Germania, in Svizzera e in Italia, o se si incontrassero qui per la prima volta. Certo è che da quel momento divennero inseparabili. Nonostante la sua rozzezza di modi e le lacune della sua formazione accademica (il suo latino era privo di eleganza e non sempre ineccepibile), Rondelet fu così colpito dell'acume di de l'Obel che gli lasciò in eredità i suoi scritti botanici.
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Classificare le piante 8: i fratelli Bauhin
Il sistema misconosciuto di Jean Bauhin, l’ultimo botanico del Rinascimento
L’opera dei fratelli Jean (o Johann) e Gaspard (o Caspar) Bahuin costituisce un ponte tra la botanica del Cinquecento e quella del Seicento. Da una parte, infatti, può essere considerata il punto d’arrivo della linea dei grandi “erbari” di Mattioli, Fuchs, Clusius; dall’altra prelude al dibattito sulla classificazione delle piante che animerà gli ultimi decenni del XVII secolo.
I due fratelli, separati da quasi vent’anni d’età, rappresentano ciascuno questi due momenti della storia della botanica: la tradizione erudita rinascimentale Jean, la nuova scienza barocca Gaspard. Erano il primo e l’ultimo figlio di un altro Jean Bauhin (1511-1582), medico di grande reputazione; medico della regina di Navarra Margherita, aveva abbracciato il protestantesimo ed era stato costretto all’esilio, stabilendosi a Basilea. In questa città riformata e bilingue furono educati tutti i suoi figli, che sono perciò conosciuti con il nome sia in francese sia in tedesco.
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Classificare le piante 9: John Ray
Dopo le anticipazioni del Rinascimento e dei fratelli Bauhin, nella seconda metà del Seicento il problema della classificazione delle piante conquista il centro del dibattito tra i botanici. Con la crescita esponenziale del numero di piante che affluiscono dalle Americhe e dagli avamposti coloniali di Inghilterra, Francia e Olanda, portare ordine nel caos è sempre più urgente.
Classificare le piante: 10. Pitton de Tournefort
A concludere il nostro percorso sulla classificazione delle piante prima di Linneo, parliamo finalmente del sistema più noto e più diffuso: fu creato allo spirare del Seicento dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort. Di una generazione più giovane di John Ray, rappresenta un modo tutto diverso di portare ordine nel caos della botanica: l’inglese, da buon esponente dell’empirismo, è alla ricerca di un metodo “naturale”, il francese, ammiratore di Cartesio, crea un metodo razionale e funzionale, nonché consapevolmente artificiale. I due sono molto diversi anche dal punto di vista sociologico: Ray era un teologo e un insegnante di lingue classiche, quindi un naturalista autodidatta sostenuto da amici e mecenati; Tournefort, anche se aveva studiato medicina, è forse il primo botanico professionista della storia, alla testa del maggior orto botanico d’Europa. Eppure proprio a questa coppia impossibile si deve la definitiva codifica delle due categorie di base della classificazione dei viventi: la specie, grazie a Ray; il genere, grazie a Tournefort.
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Botanici del Rinascimento – Pietro Andrea Mattioli
Storia di un bestseller
Non c’è dubbio che i Discorsi di Pietro Andrea Mattioli (ovvero il suo commento alla Materia medica di Dioscoride) siano stati il più grande bestseller della scienza rinascimentale. In un’epoca in cui un libro che vendesse 500 copie era già un successo, l’opera del medico senese, nel trentennio tra la prima edizione e la morte dell’autore (1544-1578) nelle sue varie versioni ne vendette 32.000. Fu un trionfo senza precedenti, ricercato con tenacia, in primo luogo dall’autore stesso che fece del suo libro un vero e proprio work in progress che ad ogni nuova versione si arricchiva di nuove piante e di commenti sempre più dettagliati. Ma molto contarono l’abilità commerciale dell’eccellente editore veneziano Valgrisi, che si giovava di una distribuzione in grado di raggiungere molti paesi europei, e la protezione dei potenti, primo fra tutti lo stesso imperatore.
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Botanici del Rinascimento: Gli erbari incunaboli di Magonza
Lasciamo l’Italia rinascimentale per spostarci in Germania, dove, più o meno negli stessi anni in cui gli umanisti sono impegnati nella riscoperta dei testi antichi nella loro veste originale, fa i suoi esordi un’invenzione destinata ad influire profondamente anche sullo studio delle piante: la stampa a caratteri mobili. Come è noto, il primo libro a stampa è la Bibbia di Gutenberg, stampata a Magonza tra il 1453 e il 1455. I primi libri – i cosiddetti incunaboli – sono in oltre metà dei casi testi religiosi, seguiti dai classici, ma c’è già una certa attenzione alla medicina e alla farmacologia. Nel 1470 a Basilea compare il primo libro a stampa che si occupi anche di piante: è il Liber proprietatum rerum di Bartolomeo Anglico, una enciclopedia del mondo naturale risalente al XIII secolo, il cui XVII libro elenca alberi e piante con una succinta.
Indice Articoli:
Alla scoperta della flora Canaria 10: Eric Sventenius e la nascita del Jardín Canario
Alla scoperta della flora Canaria9: nuovi apporti del primo Novecento
Alla scoperta della flora Canaria 8: Hermann Wildpret e il Jardín de Aclimatación de La Orotava
Alla scoperta della flora Canaria 7: Ramón Masferrer
Alla scoperta della flora Canaria 6: il secondo Ottocento
Alla scoperta della flora Canaria 6: il secondo Ottocento
Alla scoperta della flora Canaria
Alla scoperta della flora Canaria 5: Webb e Berthelot, un’amicizia botanica
Alla scoperta della flora canaria: 4. Il console Broussonet
Alla scoperta della flora canaria: 3. Il Diccionario de Historia natural di José Viera y Clavijo
Alla scoperta della flora canaria: 2. Viaggiatori del Settecento
Alla scoperta della flora canaria: 1. Introduzione
L’esplorazione floristica del Sudafrica
L’esplorazione floristica del Sudafrica
L’esplorazione floristica del Sudafrica
L’esplorazione floristica del Sudafrica- 7
L’esplorazione floristica del Sudafrica 6
5. William John Burchell, botanico, esploratore ed artista
L’esplorazione floristica del Sudafrica-4
L’esplorazione floricola del Sudafrica
L’esplorazione floricola del Sudafrica 2. Un giardino al Capo
L’esplorazione floricola del Sudafrica 1. Primi contatti
Piante in viaggio
Botanici del Rinascimento 9. Leonhart Fuchs
L’erbario con immagini vive di Otto Brunfels
Botanici del Rinascimento: Gli erbari incunaboli di Magonza
Botanici del Rinascimento – Pietro Andrea Mattioli
Rinascimento napoletano: Bartolomeo Maranta, Gian Vincenzo Pinelli e il Giardino della Montagnola
Botanici del Rinascimento: Ulisse Aldrovandi e il primo museo di scienze naturali
Luca Ghini: un giardino per l’estate, un erbario per l’inverno
Antonio Musa Brasavola, medico sperimentatore
Botanici del Rinascimento tra Italia e Germania
Botanici del Rinascimento: Niccolò Leoniceno
Classificare le piante: 10. Pitton de Tournefort
Classificare le piante 9: John Ray
Classificare le piante 8: i fratelli Bauhin
Classificare le piante 7: Pena e l’Obel
Classificare le piante 6: Conrad Gessner
Classificare le piante 5: Andrea Cesalpino
Classificare le piante: 4. Alberto Magno e la vita nascosta delle piante
Classificare le piante 3: Dioscoride, ovvero un vicolo cieco durato 1500 anni
Classificare le piante: 2. Teofrasto
Classificare le piante: 1. Aristotele
Piccoli equivoci senza importanza
Padre Loureiro e la flora della Cocincina
Come è fatto un nome botanico: citazione dell’autore
Nel giardino di padre Delavay
I sinonimi in botanica: quando uno non vale uno
Padre Farges, raccoglitore caritatevole
Alla scoperta della flora e della fauna cinese: l’epopea di padre David
Padre Incarville, l’Imperatore e la sensitiva