I “diti” e la luna: la strana narrazione e
discussione intorno alla scuola di questi tempi
Pietro Di Martino 20 Aprile 2020
Alcune riflessioni sulla scuola e la formazione da parte di Pietro Di Martino, presidente della Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica dell’UMI (UMI-CIIM), indirizzata un po’ a tutti, ma specialmente alla Ministra dell’Istruzione, al Ministro dell’Università e della Ricerca, e infine anche alla Ministra per le Pari Opportunità e per la Famiglia.
Parto con una premessa: sono consapevole che stiamo vivendo un periodo di emergenza e di questo dobbiamo tenere conto: per la riapertura della scuola è fondamentale considerare la sicurezza di chi la scuola la vive e delle famiglie coinvolte. Sono altresì consapevole che di post sulla scuola ce ne sono molti e che dunque lo scriverlo è un’esigenza più mia che altro. Sono infine consapevole che per qualcuno, quelli che io vedo come “diti” sono la luna: ma è proprio quest’ultima consapevolezza che mi spinge a scrivere queste righe.
La mia luna era già indicata il 7 marzo nel post di lancio della campagna #lascuolaconta dove scrivevamo: “riteniamo importante sottolineare che la scuola conta anche e soprattutto per l’aspetto formativo” e, aggiungerei, per quello di socializzazione. I “diti” invece sono molteplici, alcuni di loro certamente importanti, ma anch’essi, a mio avviso, non possono essere osservati e commentati senza avere sempre sullo sfondo la luna, e invece ahimè la luna sembra non esserci mai.
Il primo dito in ordine di apparizione, il più tozzo di tutti, il pollice, è stato quello della valutazione: la preoccupazione massima di tutti gli attori in gioco, media compresi, sembra essersi focalizzata su questo aspetto, incluse le modalità di svolgimento degli esami di fine ciclo (è di qualche giorno fa un editoriale di Paolo Giordano su Il Corriere dal titolo eloquente “Maturità: salviamo l’orale“). Anche le ipotesi sulla scuola via via trapelate dal Ministero si sono sempre focalizzate sulla valutazione e sugli esami finali più che sull’eventuale piano di riapertura delle scuole in sicurezza quando sarà il momento. La recente comunicazione del Ministro che la scuola non riaprirà (in presenza) quest’anno è stata quasi da tutti i media riassunta in questa frase: “La scuola non riapre e saranno tutti promossi, ma chi merita otto avrà otto e chi invece merita quattro avrà quattro”. Io so di avere in generale una posizione particolare su questo, la retorica del merito in ambito scolastico, confesso, mi infastidisce a cose normali: in questo momento mi appare semplicemente fuori luogo. Ancor di più se non si guarda la luna, ovvero che ne è del percorso formativo in questo periodo.
E qui appare il secondo dito, l’indice: l’analisi della didattica a distanza sviluppata in questo periodo dalle scuole. Tale discussione non può prescindere dal fatto che la didattica a distanza è una necessità dettata dall’emergenza. Qualcuno la chiama “altra presenza”, ma secondo me la scuola ha bisogno della iper presenza, non solo (ma anche) dal punto di vista formativo, ma anche della socializzazione, la scuola è anche l’edificio scolastico, è anche quello che c’è fuori la propria classe, la scuola conta anche perché permette di vedere e condividere passioni, paure e arrabbiature con persone di altre classi, nei momenti di pausa, nell’entrata e nell’uscita.
Al di là di questa mia personale convinzione, in questo caso l’indice dovrebbe forzatamente mostrare a tutti la luna, e invece no, anche in questo caso le narrazioni di questo periodo discutono di numeri e percentuali, ovvero della quantità, e non del “cosa e come”, ovvero la qualità. Attenzione, il dato quantitativo è importante, racconta di una mobilitazione straordinaria da parte della scuola nel suo complesso, ma le percentuali non possono offuscare non solo i problemi di tanti studenti a essere connessi in modo decente, ma anche le storie delle scuole, le enormi difficoltà (anche tecniche) mediamente incontrate nel mettere in campo qualcosa, il fatto che quasi ovunque ci si è affidati alla buona volontà della comunità educativa e dei singoli a re-inventarsi educatori a distanza. Pensiamo anche a questo prima di parlare di valutazione, a quello che è stato possibile dare ai ragazzi (in particolare a quelli più in difficoltà), pensiamo a questo anche in termini di personale e mezzi a disposizione delle scuole per il futuro.
Il discorso sul corpo docente è il medio, il dito centrale e probabilmente più rilevante, d’altra parte senza insegnanti che indicano la luna la scuola semplicemente non c’è.
Accanto al medio c’è l’anulare, riferito al reclutamento docente, che sancisce un rapporto duraturo nel tempo. L’emergenza ha inciso anche su questo, innescando un’aspra polemica tra ministero e sindacati su tempi e modalità del concorso straordinario di assunzione docenti. È un discorso molto complesso e delicato, nel quale entrano in gioco le scelte politiche (a mio avviso) sbagliate pregresse e perpetrate negli anni e che certamente è difficile far pagare ora a chi, fino a ieri, è stato chiamato da precario a contribuire al funzionamento della scuola. Anche in questo caso, il punto sembra essere guardare solo al dito (reclutamento) senza guardare la luna: quale professionalità docente immaginiamo nella e per la scuola di oggi, per il suo valore formativo? Attualmente siamo uno dei pochi Paesi al mondo dove non è prevista una formazione iniziale specifica per gli insegnanti di scuola secondaria di primo e secondo grado: il messaggio devastante che passa è: cosa ci vorrà mai per insegnare? Basta un po’ di esperienza… Come CIIM (Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica) ci siamo battuti e ci battiamo da sempre perché la politica prenda atto della necessità di un percorso serio di formazione degli insegnanti (vedi comunicato CIIM di fine 2018), ci siamo più volte appellati ai vari ministri competenti alternatosi in questi anni, talvolta non ricevendo udienza, talaltra ricevendo approvazione a parole, caduta poi nel vuoto nei fatti. Il risultato è che siamo tornati indietro di 30 anni perché è intorno agli anni ’90 che anche nel nostro Paese questo principio sembrava stabilito. Al di là del contingente (comunque importante), o meglio proprio anche in virtù del contingente, saprà e vorrà finalmente la politica guardare la luna e immaginare un percorso serio di formazione iniziale insegnanti? Lo spero veramente molto, ma ci credo sempre meno.
Rimane il mignolo, il dito più fragile, il rientro a scuola. È il dito che più spesso fa male. È evidente che il rientro deve avvenire in condizioni di sicurezza, ma la sensazione è che la luna, ancora una volta, sia lontana dagli sguardi di tanti, anche di chi sottolinea l’importanza di una riapertura veloce. Il recente caffè di Gramellini, sempre su Il Corriere, “I figli non esistono” è un esempio, a mio avviso paradigmatico, del guardare il dito senza vedere la luna: “I genitori escono e i figli restano a casa. Con chi? Ecco una di quelle domande da far arrovellare fior di statisti”. Ci si focalizza esclusivamente sulla questione (importante) dell’organizzazione familiare, ma ancora una volta non si guarda alla luna, al valore formativo della scuola. E al di là del titolo, anche nella riflessione di Gramellini (e di tanti altri) i figli esistono solo in funzione delle esigenze di noi genitori.
Come canta Branduardi, in una canzone che guarda caso si chiama proprio “Il dito e la luna”, non è il senno di poi che ci aiuta a correggere con il tempo ogni errore che nel tempo si fa.
P.S.: Mentre scrivo queste righe, in una ordinaria domenica di quarantena, scorgo qualcuno che indica la mia stessa luna e non posso non citarlo: la sindaca di Empoli Brenda Barnini che lancia la proposta di riapertura sperimentale delle scuole nel suo territorio con queste parole: “La scuola deve essere il punto di partenza nella strategia di riapertura del Paese. È stata la prima a chiudere sembra sarà l’ultima a riaprire e nel mezzo solo la didattica a distanza. Non va bene e non basta […] Insomma non fermiamoci al giorno di chiusura e riapertura perché il danno che stiamo facendo a intere generazioni di bambini e ragazzi non si misura oggi con il PIL ma rischia di essere domani ben più grave”. Al di là della possibile riapertura o meno anche sperimentale delle scuole, che come detto nella premessa dipenderà e dovrà essere conseguente a valutazioni di natura sanitaria, sono importanti secondo me due messaggi: la chiusura della scuola non è indolore, come a volte sembre trasparire da discorsi focalizzati sulla cosiddetta fase 2 solo per la ripresa delle attività produttive, e per vedere la luna c’è bisogno di guardare lontano, pensare anche al domani.