Una donna dottore? Uno sproposito!
Luciano Luciani
In un opuscolo che l’Associazione Medica Tridentina pubblica nel 1885 per commemorare il centenario della morte del celebre medico Giambattista Borsieri (1725 – 1785), rettore dell’Università di Pavia e archiatra degli Asburgo che governarono Milano e la Lombardia, è riportata la notizia di una laurea conseguita da una donna nel 1777 proprio in quella Università.
Un fatto con rarissimi precedenti alcuni dei quali tra l’altro incerti.
Ecco nel linguaggio aulico proprio dell’epoca e dell’ambiente accademico, come viene descritta la cerimonia della concessione dell’ambito titolo di studio:
“Questo terzo anno di suo rettorato (del Borsieri ndr) fu memorabile per la laurea ottenuta nelle leggi da M. Pellegrina Amoretti d’Oneglia, la quale, non che approvata, fu applaudita dalla stessa regnante, Maria Teresa.
Borsieri, prima d’esporla al pubblico cimento, la fece privatamente esaminare da due dotti professori di giurisprudenza, che trovatala degna di lode e di onore, la proposero anche per la promozione.
Questo valse al Borsieri la maldicenza e persecuzione di alcuni filosofi, ai quali finalmente impose silenzio il Regio Governo, il quale, a mezzo del ministro plenipotenziario (Karl Joseph Firmian (1718 – 1782), realizzatore della politica di riforme di Maria Teresa d’Asburgo (1717 – 1780), n.d.r.), accompagnato da altri dignitari nazionali e esteri, appositamente intervenuti, volle essere rappresentato alla funzione, che, attesa l’insufficienza dell’aula magna dell’Università, ebbe luogo in una delle pubbliche chiese di Pavia per capire la folla, che voleva assistere alla discussione delle tesi propugnate a difesa dell’Amoretti dal pergamo.
Borsieri dall’eminente suo seggio, con animato e forbito discorso si fece ad estollere il merito, i talenti ed il profondo sapere della laureanda, pubblicamente dimostrato, proponendo che le fosse perciò conferito l’alloro dottorale dal corpo dei professori, non per la via ordinaria dei suffragi, ma per acclamazione, come di fatto seguì.
Per tale occasione aveva dato l’incarico all’abate Ferri di Faenza di voler ammanirgli dei versi, che furono poi anche stampati in una magnifica edizione: “Laurea della signora M. Pellegrina Amoretti, cittadina d’Oneglia. In Pavia presso gli stampatori Porro e Bianchi 1777”.
Sino a non molti anni fa si è ritenuto che si trattasse della prima laurea femminile in Italia, poi la ricerca storica sull’argomento ha individuate altre precedenti addottorate e la Pellegrina Amoretti è stata retrocessa.
Ma chi sono le altre dottoresse che l’hanno spodestata addirittura dal podio?
La prima italiana - e forse la prima donna laureata al mondo - sembrerebbe essere stata Elena Cornaro Piscopia, veneziana, (1646 – 1684). Studiosa di filosofia, greco, latino, ebraico e spagnolo, oblata benedettina e orientata verso studi di argomento teologico, Elena non riesce a laurearsi, come avrebbe ambito, nella disciplina relativa al suo campo d’indagine. Sembra per l’opposizione del cardinale Gregorio Barbarigo che giudicava “uno sproposito che una donna potesse diventare dottore”. Così, solo nel 1678, a 32 anni, frutto di una faticosa mediazione, ottiene il titolo di dottoressa in filosofia all’Università di Padova.
Sempre in filosofia il 5 maggio del 1751 si laurea a Bologna l’aristocratica rodigina Cristina Roccati (1732 – 1797), studiosa anche di letteratura, di scienze naturali, di logica, di fisica, di geometria senza trascurare l’astronomia e la meteorologia che dopo aver ottenuto il titolo si reca a Padova per approfondire i suoi studi sulla fisica newtoniana, il greco e l’ebraico. Dai testi delle sue lezioni di fisica non si palesa una particolare originalità di pensiero, piuttosto un genuino entusiasmo per la diffusione delle conoscenze: insomma, oltre che competentissima, Cristina fu soprattutto una grande divulgatrice.
Non va poi dimenticata la bolognese Laura Bassi (1711 – 1778) che si addottora a ventuno anni in filosofia a Bologna ed è probabilmente anche la prima donna a insegnare in una università. Dal 1749 inaugura corsi di fisica sperimentale che ottengono un positivo riscontro di frequentanti, tra cui il giovane Lazzaro Spallanzani (1729 – 1799), suo cugino e più tardi biologo insigne e docente di Storia naturale.