Contare e misurare il tempo, con i bambini
di Maria Arcà - 20 Gennaio 2021
per gentile concessione di Galileonet
Continua il racconto di come un concetto così complesso come il tempo è percepito e vissuto dai bambini. Pubblichiamo il terzo capitolo. Qui trovate la prima parte e qui la seconda.
Oggi facciamo girare le trottole e ne guardiamo il movimento: mentre la trottola gira, noi quante cose possiamo fare? Bisogna cominciare insieme e finire proprio quando lei finisce: non è proprio semplicissimo. Ogni bambino inventa una diversa attività “da frattempo”, chi conta, chi batte sul tavolo, chi versa pugni di bottoni in un barattolo, chi cammina… Come sempre, aspetti di “contemporaneità” e di “durata” si sovrappongono mentre le azioni scandiscono il tempo secondo ritmi di diversa frequenza. Ci sia accorge subito che certi bambini mandano la trottola riuscendo a farla girare a lungo, altri sono meno capaci e il loro tempo-trottola dura pochissimo. Per giunta – forza della suggestione – mentre la trottola rallenta anche alcuni bambini rallentano il loro gesto: è chiaro che non possiamo continuare così, ma intanto notiamo tutto quello che è necessario per avere un segna-tempo decente.
Ci vuole qualcosa che abbia un inizio e una fine (e il movimento della trottola andrebbe bene), ma devono essere sempre alla stessa distanza – dicono i bambini che, come gli adulti, usano parole di spazio per indicare metaforicamente (?) il tempo. Quali sono le cose (i cambiamenti, i movimenti…) che tra il principio e la fine hanno la stessa distanza e, soprattutto, come fare a saperlo? Vengono subito messe in gioco idee sulla regolarità con cui il vero tempo passa:
MARCO S.: Il tempo deve fare ogni giorno lo stesso tempo.
Scuola dell’Infanzia – Modena.
Ricordiamo “gli imbrogli” che avevamo fatto contando il tempo in modo irregolare e cerchiamo, questa volta, ritmi e regolarità: passi ritmati, battiti di mani, filastrocche appena imparate.
Candele che si consumano e bottiglie che si riempiono goccia a goccia fanno parte di qualsiasi repertorio sulla “didattica del tempo” ma come convincere i bambini-senza-orologi che due candele uguali si consumano in tempi uguali? Meglio riempire bottigliette con le gocce del rubinetto, che si possono contare e a cui il ritmo del conteggio ad alta voce garantisce la regolarità. (in realtà, anche questo non è un compito facile: trascinati dal ritmo interno i bambini recitano la “filastrocca dei numeri” senza preoccuparsi di seguire davvero le gocce che cadono).
Abbiamo conquistato parole come inizio, fine, quando, mentre (frattempo)…, e la distanza tra inizio e fine di qualcosa porta a riflettere sulla durata: quanto è lungo un tempo definito? Quanto ne deve passare, perché finalmente succeda quello che ci interessa? Si cercano, nei fenomeni esterni, dei segni che facciano capire il senso delle attese e il modo in cui il tempo passa:
AURORA: Quando sei alla posta e vedi una coda lunga, capisci che devi aspettare tanto tempo prima che arrivi il tuo turno.
CARLOTTA: Capisci anche guardando l’orologio.
EMANUELA: Per me il tempo passa piano perché ci sono tante ore in una giornata.
I elementare – Torino
Con altri bambini si cerca di capire meglio se il tempo c’entra con i giorni, con le settimane, con il passare della vita, con il fatto che qualcuno intanto muore.
CHI: io ho detto che le settimane non hanno né un inizio né una fine, come la nostra vita che non si sa quando è iniziata e non si sa quando finirà.