Covid, perché non eravamo
pronti?
Piero Bianucci 25 Gennaio 2021
Per gentile concessione da www.lastampa.it
“Per mancanza di immaginazione” dice il virologo Alì Khan dell’Ufficio americano per la salute (budget un miliardo e mezzo di dollari) a David Quammen, autore di “Spillover”. La Sars del 2003, avvertimento dimenticato. I batteri resistenti agli antibiotici saranno la prossima emergenza globale. Nel 2050 faranno 10 milioni di morti.
Perché è successo? Come ha potuto il Covid 19, più precisamente Sars-CoV-2, qualcosa di mille volte più piccolo e un milione di volte più leggero di una cellula, trascinare il mondo intero in questa tragedia sanitaria ed economica? “Per una mancanza di immaginazione” dice Alì S. Khan, che la tragedia l’aveva prevista, rispondendo a David Quammen, che l’aveva annunciata nel suo libro “Spillover” (Adelphi 2014).
Una vita nomade
Alì Khan è un personaggio colorito, figlio di un contadino del Kashmir che dopo aver lavorato a lubrificare i motori su una nave si è trasferito negli Stati Uniti per spalare carbone a Brooklyn. A Brooklyn Alì Khan ha preso l’ascensore sociale studiando Medicina e appena possibile ha iniziato una vita nomade tra centri di ricerca e paesi devastati da epidemie. Dei virus Ebola si è occupato quando era al National Center for Zoonotic, Vectorborne and Enteric Diseaes, vicino ad Atlanta, Georgia. Poi ha diretto l’Office of Public Health Preparedness, dove amministrava un budget di un miliardo e mezzo di dollari e saltava dal Bangladesh al Cile, dallo Zaire all’Arabia Saudita. Un incarico, più che scientifico, politico-economico. Adesso, a 56 anni, è preside del College of Public Health dell’Università del Nebraska a Omaha ed è tornato alla ricerca.
Premonizione del contagio
In piena pandemia Covid, David Quammen, autore di memorabili inchieste per “National Geographic”, ha parlato con Alì Khan via Skype. Dal colloquio e da altri incontri, ha ricavato un libretto che con “Spillover” chiude il cerchio: “Perché non eravamo pronti” (Adelphi, 100 pagine, 5 euro). Consiglio di leggerlo.
Dunque non eravamo pronti per “mancanza di immaginazione”. Avevamo tutte o quasi le informazioni necessarie ma non abbiamo saputo immaginare a quale scenario avrebbero potuto portarci. Così non abbiamo investito in prevenzione e in sanità di base. Alla fine del 2002 – racconta Khan – abbiamo avuto un chiaro avvertimento. In Cina, dalle parti di Canton, comparve una “polmonite atipica”. Fu chiamata Sars, Severe Acute Respiratory Sindrome, sindrome grave da insufficienza respiratoria. Ora parliamo di Sars-CoV-1 perché abbiamo a che fare con la sua replica Sars-CoV-2. Un commerciante di pesce si ammalò, portò il malanno in un ospedale di Canton e infettò un medico che a sua volta contagiò gli ospiti del nono piano dell’Hotel Metropole a Singapore, i quali esportarono la malattia a Toronto. Il 12 marzo l’OMS lanciò l’allarme globale. Si scoprì che a causare la Sars era un coronavirus (piccola nota a integrazione del libretto di Quammen: lo identificò un medico italiano, Carlo Urbani, e ne morì).
La variante inglese vincerà
Nel 2003 ci fu un grande clamore immediato nei giornali e alla tv. Lo ricordo bene perché allora curavo “Tuttoscienze” e l’informazione scientifica a “La Stampa”. Avevo anche un incarico di comunicazione scientifica all’Università di Torino e con gli studenti seguimmo lo sviluppo degli eventi per tre mesi. Per fortuna l’epidemia di Sars fu presto circoscritta a un numero limitato di focolai. In totale i contagi furono ottomila, i morti ottocento. Nel Regno Unito i morti per Sars-CoV-2 sono arrivati fino a 1610 in 24 ore. Neppure paragonabile. Ma la pericolosità del coronavirus Sars-CoV-1 stava scritta nel rapporto 8000 a 800: la Sars uccideva una persona su dieci. Tantissimo. E’ questo il dato che avrebbe dovuto far preparare i piani anti-pandemici. Purtroppo non è stato così. Sappiamo che la pandemia di Covid non è né la prima né l’ultima. E’ di venerdì la notizia che la variante inglese della Sars-CoV-2 non è soltanto più contagiosa: sarebbe anche del 30% più letale. Questo dato è da accertare: ha sparso l’allarme il premier Johnson, forse alla ricerca di alibi per la sua gestione della pandemia. Ma la maggiore contagiosità è sicura: gli esperti prevedono che presto anche in Italia soppianterà la Sars-CoV-2 vecchio tipo. La storia di questa pandemia non è finita. Nel suo libretto Quammen riapre la questione dell’origine. I pipistrelli, certo. Ma forse il mercato del pesce di Wuhan (foto in alto) fu infettato già da un paziente umano. Coronavirus quasi identici al CoV-2 si trovano nel pangolino – un mammifero squamoso simile al formichiere – nei cani procione, nei ratti del bambù… in Oriente animali considerati commestibili.
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