Da magazzino dei marmi a vetrina
dell’effimero
Luciano Luciani
La Versilia cosiddetta storica o ‘autentica’, ovvero i territori compresi nei Comuni di Pietrasanta, Stazzema, Serravezza e Forte dei Marmi, nasce al turismo alla fine dell’Ottocento. Nobili toscani e visitatori tedeschi, gli uni e gli altri di elevato livello sociale e culturale, si contendono il primato di aver scoperto e valorizzato un piccolo borgo di pescatori, navicellai e carratori che trasportavano all’imbarco i marmi provenienti dalle Apuane. Il nome stesso di quell’agglomerato, Magazzino dei Marmi (Forte dei Marmi solo dal 1914), è sufficiente a farci comprendere quali siano state le sue origini: il segmento terminale di una strada attraverso la quale condurre con pena e fatica i ‘molto intrattabili’ marmi provenienti dalle Apuane, realizzata per volontà dell’altrettanto ‘intrattabile’ Michelangelo Buonarroti.
Ed è alla fine dell’Ottocento che sull’arenile fanno la loro comparsa le prime tende degli italiani che allora contavano: gli Antinori, i Rucellai, gli Strozzi e i piccoli Agnelli ‘vestiti alla marinara’. Insieme, e forse prima di loro, scoprono e valorizzano quel magico lembo di Versilia il pittore visionario svizzero tedesco Arnold Böecklin, uno dei pricipali esponenti del simbolismo figurativo europeo, e gli intellettuali e artisti, sempre tedeschi, del gruppo Deutsch-Römer, innamorati dell’Italia e della Toscana: il filosofo e psicologo Hans Cornelius, il filosofo e critico d’arte Konrad Fiedler, lo scultore Adolf von Hildebrand, il pittore Hans von Marees… La Germania dettava legge, allora: in politica, nella scienza, nella cultura e nell’arte. Ed ecco Tra il Serchio e la Magra, su l’ozio / del mare deserto di vele fare la sua rumorosa apparizione, D’Annunzio, grande creatore di miti e mode provinciali. Solo per loro e per pochi altri fortunati, che si chiamavano Thomas Mann o Aldous Huxley, la spiaggia: “ampia, dolce, spianata e lievemente ondulata dal vento e dalle mareggiate, era di rena finissima e profonda, d’un grigio tenero, su cui il sole metteva bagliori argentei e fulvi, e cangianti colori col variare delle luci diurne dell’alba splendida che sorgeva dai monti, ai tramonti sontuosi del sole nel mar Tirreno”. Tale la descrive Riccardo Bacchelli nel Fiore della Mirabilis, che, ispirato da quel paesaggio così continua: “Nei pleniluni sereni, quella spiaggia diventava d’oro e d’argento. Nuda e liscia fin dove arrivavano i lunghi marosi, vi cresceva nel rimanente una vegetazione pallida e adusta, che dietro una fila di modestissime dune, col primo rassodarsi della sabbia, si mutava in robusta e pungente sterpaglia, con tamerici e pinastri, e in macchia, che a sua volta s’alzava e schiariva e si nobilitava in pineta alta, spaziata, serena”. Una marina destinata a diventare il crocevia del fior fiore dell’intelligenza europea nell’arte e nella letteratura, angolo privilegiato di meditazione e d’incontro, di riposo e fervore creativo. Sono gli intellettuali e i letterati del quarto platano: Viani, Ungaretti, Montale, Pea, Bontempelli, Malaparte, Carrà, Soffici. E ancora Banti, Moravia, Gadda, Pratolini, Gatto che, a loro volta, anticiperanno le presenze, via via sempre più fitte, dei divi del cinema e dei protagonisti della vita notturna e delle avventure mondane che riempiranno le pagine dei rotocalchi italiani ed europei. Poi, a valanga, il grande esercito senza nome del turismo di massa e la progressiva riduzione dell’antico Magazzino dei Marmi, con la sua sottile alchimia tra bellezza e arte, storia e cultura, nella vetrina, oggi sempre più disadorna, di uno smemorato negozio di lusso dell’effimero consumistico.