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Eppure quell’alga è un po’ diversa (?!)

Eppure quell’alga è un po’ diversa (?!)

di Luciana Bussotti

 

Intanto non era un’alga (1) ma semmai un pezzetto di posidonia, di quelle vecchie e marroni con molte strie trasversali grigiastre, sintomo di un’età non giovanissima della foglia, che assieme a tanti altri frammenti era giunto verso riva dopo la potente mareggiata dei giorni precedenti. Con la scaduta di libeccio il tempo torna bello, il sole pizzica sulla pelle e il mare conserva un ricordo dei grandi frangenti in un oscillante sciacquio di andata e ritorno contro gli scogli, lento, ripetitivo, dal suono cullante.

Sul lungomare di Antignano c’è una piccola sporgenza su cui cresce una tamerice (qualcuno la chiama “tamerice dei pittori”, qualcun altro “del Fattori”, perché fa parte dei soggetti preferiti dai pittori labronici en plein aire, non è difficile incontrane ancora qualcuno che dipinge in stile post-post-post-macchiaiolo sul lungomare).

Dalla tamerice, una discesa naturale a scivolo permette di accedere all’acqua e con un passo si guadagna uno scoglio completamente circondato dal mare. Stavo lì un pomeriggio; con metà testa chiacchieravo del più e del meno con mia cugina, l’altra metà si faceva “trasportare”, quasi ipnotizzare, dal mormorio dell’acqua e dal moto ritmico che spingeva una marea, è il caso di chiamarla così, di frammenti di fronde di posidonia, prima verso riva, poi indietro nel lieve risucchio della risacca. Volgevo le spalle al mare per evitare il sole negli occhi; un po’ per il caldo, un po’ per il nostro chiacchierare di cose senza importanza, un po’ per quell’aria da pennichella che l’ora comportava, l’attenzione era ai minimi.

In ogni cosa del mondo naturale mette lo zampino la fisica e le fronde strappate, obbedienti alle sue leggi, si erano disposte tutte parallele tra loro e alla costa. Fissavo quasi senza percepirli, quei frammenti, quella disposizione, cogliendone in contemporanea, inconsciamente, altre regole: i pezzi in cui la forza del moto ondoso aveva ridotto le fronde strappate al substrato erano quasi della stessa lunghezza, dei nastri di una ventina di centimetri, dalle estremità trinciate, appena sfrangiate e praticamente ortogonali alla lunghezza.

Inconsciamente o no, dopo un tempo che non ricordo, mi trovo a “scegliere” dal mucchio un nastro marrone della lunghezza degli altri, con le stesse bande trasversali grigio-bincastre, ma con qualche piccola differenza, quanto basta a togliermi dal completo torpore: i lati lunghi non sono completamente paralleli, uno presenta circa a metà come uno scalino, divenendo appena più largo, e una delle estremità non è strappata a 90 gradi, ma si prolunga in un segmento appena più ristretto. “Lievemente variabile, questo frammento di posidonia; se mi metto a fissarle tutte, è chiaro che non ne trovo due uguali, ci mancherebbe!”

 

pesce trombetta

Ma per mia fortuna, diciamo pure per mio piacere esercitato all’osservazione della natura, l’occhio è allenato anche al gioco del “cerca 20 piccole differenze”, e qualche neurone sa (sapeva, ahimè, sapeva) elaborarle automaticamente. Solo un’ombra di dubbio, ma sufficiente a farmi alzare e raccogliere quel nastro, che in mano manifesta uno spessore maggiore, un senso di morbidezza; possiede un occhio, una piccola pinna, il rigonfiamento è un addome, l’apice “diverso” è un tubo orale: ho raccolto un “pesce trombetta”! (2) Un povero pesce strappato assieme alle sue posidonie, sbattuto anche lui dai marosi e lasciato infine sfinito al moto ondoso, obbediente alle sue regole e quindi orientato come quelle, vicino alla riva.

 

Se stavo cercando una lezione sul mimetismo (3), mi veniva servita su un piatto… di posidonie!

Un paio di passi verso il mare un po’ più ossigenato, dove la risacca non si fa più sentire, rimetto delicatamente in acqua quella finta “alga” e vengo ricompensata da un leggero guizzo con il quale il pesce trombetta si allontana.

Ho ripreso il libro (4) in cui avevo annotato il ritrovamento - l’incontro - e leggo dopo tanti anni: “15 luglio 1993, alla Tamerice, (LI); marrone come una posidonia vecchia, con le stesse righe”.


Sygnathus typhle
 
nel suo ambiente

 


Note

 (1) Ricordiamo che Posidonia oceanica è una Angiosperma marina, con radici, fusti, foglie, fiori e frutti.

 (2) la specie è Sygnathus typhle, un rappresentate della famiglia Sygnathidae che riunisce i cavallucci marini e i pesci ago (anche se alcune specie da noi si chiamano pesci trombetta, per la forma del tubo orale)

 (3) Sygnathus è protetto da un mimetismo di tipo criptico: l'animale imita l'ambiente per colori e, come nel caso, anche per forma, forma inoltre favorevole alla vita infrascata tra le foglie di posidonia.

 

 (4) Il libro è: Rupert Riedl Fauna e flora del Mediteraneo Franco Muzzio Editore

 

Dal testo:

Sygnthus tiphle L, pesce ago cavallino, comune nel litorale roccioso e sabbioso ricco di vegetazione, spesso in posizione verticale tra le foglie di Posidaonia (nel Mediterraneo, l’importanza delle praterie a Posidonia! ndr)

 

Da Internet:

la specie è ora suddivisa in sottospecie; nel Mediterraneo (non Adriatico) è presente Sygnathus tiphle rondeleti

 

Corpo

Allungato, taglia massima 35 cm, di solito più alto di quello delle altre specie congeneri, occhio piccolo. Pinna dorsale piccola, pettorali e codale normalmente sviluppate; anale piccolissima. Colore variabile tra ocra chiaro, olivastro, verde, bruno, con macchiette e fasce più chiare o più scure; ventre biancastro o argenteo; muso con macchiette e linee nero-brune, irregolari, prevalentemente verticali. Bocca con l’apertura rivolta verso l’alto. Il capo è della stessa altezza del corpo. Anelli ossei: 16-20 preanali, 31-38 postanali.

 

Abitudini

Abbastanza comune (non nell’Adriatico dove dove sembra essere sostituito dalla sottospecie S. typhle rotundatusMichahellers, 1829, ama starsene immobile, a testa in giù, fra le posidonie, del tutto mimetizzato; è una specie eurialina.

 

Habitat

Abita acque costiere fino a -20 metri di profondità, nelle praterie di Posidonia oceanica o di Zostera. Comune nei mari d’Italia e nel Mediterraneo.

 

Alimentazione

Piccoli crostacei e pesciolini (gobidi e blennidi).

 

Riproduzione

Da marzo a luglio; per altri AA fino ad ottobre. Come le altre specie della famiglia è ovovivipara: la femmina depone le uova in una tasca incubatrice che il maschio ha nella parte ventrale della coda (in questa specie la tasca viene chiusa ermeticamente perché l'acqua di mare è dannosa per i piccoli) fino alla schiusa, quando il maschio li "partorirà".

 

Fonti tassonomiche Antonio Gori