Riccio & famiglia
di Luciana Bussotti
Ancora un racconto di Poggiogrosso, la casa in Maremma, ma ai tempi in cui era vissuta, abitata dai nonni e dal contorno.
Nonna Tina si occupava di tutte le faccende domestiche e del pollaio. Per le sue galline aveva grano, granturchino e, credo, orzo. Le granaglie di uso corrente erano tenute dentro grossi sacchi di tela grezza e venivano raccolte con una di quelle “palette” che ancora oggi si trovano nei negozi che vendono il genere; le sue erano grosse e di metallo. Tutti i giorni pescava nei sacchi e preparava la dose per nutrire i polli. Quando usciva di casa, le galline erano già lì davanti ad aspettarla, riconoscendo sia l’ora che il suono della maniglia, molto tipico.
Un certo giorno cominciò a preoccuparsi perché le sembrava che il livello dell’orzo scendesse troppo rapidamente (in campagna la diffidenza, il sospetto di ruberie de “la roba”, anche quando valeva qualche centesimo, erano usuali). Si tenne il sospetto, ripromettendosi di controllare con attenzione nei giorni successivi. Ma uno di quei successivi giorni, affondando la paletta nei mobili grani dell’orzo, incontrò qualcosa di diverso, più consistente. Aveva trovato il ladro: un riccio che aveva preso dimora nella balla e viveva comodamente all’interno della massa granosa, mangiando e dormendo. Evidentemente i ricci bevono poco!
Il riccio fu messo in libertà; non so quanto sia stato contento di quello sfratto, sicuramente non ha mai saputo di quanto era stato fortunato, per il fatto che i miei nonni non mangiavano i ricci! Perché, dispiace dirlo, soprattutto le persone che non avevano un loro pollaio e non potevano certo comprare la carne dal macellaio, sopperivano anche con questa fonte alimentare al bisogno di proteine.
...a proposito di ricci: Attenzione ai piccoli ricci