PNRR, Formazione, Istruzione e Ricerca per lo Sviluppo
La scommessa per rinascere
Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un'epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca - Papa Francesco
Irene Gatti
Il 26 Novembre 2021 il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron, hanno firmato il “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata” al Quirinale. Il 29 Novembre si è discussa la riforma del CNR, nel contesto del disegno di legge di bilancio 2022. Il 30 Novembre il Ministro Bianchi ha presentato conferenza stampa il PNRR per la scuola. Il 3 Dicembre il Censis presenta il 55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, in cui si parla del PNRR come un’impresa più ardua e ampia del piano Marshall.
Quattro eventi, all’apparenza eterogenei, che si susseguono in poco più di una settimana, che scandiscono il processo in atto per la ricostruzione dell’Europa post-pandemia, attraverso il PNRR (che ne è lo strumento finanziario) e il trattato tra Francia e Italia, strumento politico per una nuova alleanza europea, che si spinge a unificare sotto molti punti vista i percorsi delle due nazioni.
Il rapporto annuale del Censis definisce il PNRR un' impresa più ardua e ampia del piano Marshall. Un percorso lungo, in discontinuità col passato, l’ultima occasione per un paese in crisi profonda. Manca il coraggio di guardare avanti, ma c’è anche un’aspettativa delle persone verso un nuovo inizio, individuale e collettivo. Questa aspettativa è condizione necessaria, ma non sufficiente per vincere questa sfida terminale, compensando in qualche modo l’afasia del dibattito politico e la comunicazione frastornante dei media. E deve essere valorizzata, scommettendo sul ruolo dei corpi intermedi per un coinvolgimento di massa. Tante le preoccupazioni: negli ultimi 30 anni l’Italia è l’unica economia avanzata in cui le retribuzioni sono calate del -2,9 %, a fronte della crescita, in qualche caso eclatante, di altri stati europei (+276,3% della Lituania, il primo Paese in graduatoria, +33,7% in Germania, +31,1% in Francia.). Possiamo vantare un premio Nobel prestigioso, quello per la Fisica a un italiano, Giorgio Parisi, ma al possesso di titoli di studio non corrispondono risultati soddisfacenti nella dimensione sociale e lavorativa. Una percentuale maggioritaria di giovani non è ricompensata dallo studio in termini occupazionali. Troppi impieghi sono sottodimensionati e mal pagati, troppo bassi gli stipendi di primo ingresso, insufficienti a rendere i giovani autonomi.
Pesano poi il rischio di erosione del patrimonio delle famiglie e le incognite sul risveglio dei consumi dopo la depressione della domanda interna, ancora inadeguata a ricollocare il Paese sui livelli di spesa delle famiglie del 2019, il complotto contro il lavoro attraverso il gioco al ribasso della domanda e dell’offerta. Terribili a questo proposito i numeri del rapporto che incrociano occupazione e scolarità: “Quasi un terzo degli occupati possiede al massimo la licenza media. Sono 6,5 milioni nella classe di età 15-64 anni, di cui 500.000 non hanno titoli di studio o al massimo hanno conseguito la licenza elementare. Anche tra i poco meno di 5 milioni di occupati di 15-34 anni quasi un milione ha conseguito al massimo la licenza media (il 19,2% del totale), 2.659.000 hanno un diploma (54,2%) e 1.304.000 sono laureati (26,6%) 1”. L’istruzione non è più riconosciuta come “l’ascensore sociale” che nel primo trentennio del dopoguerra ha rimodellato la società italiana e garantito una trasformazione sociale profonda. Tra le tante emergenze il primo fattore critico è l’inverno demografico. “Tra il 2015 e il 2020 si è verificata una contrazione del 16,8% delle nascite. Nel 2020 il numero di nati ogni 1.000 abitanti è sceso per la prima volta sotto la soglia dei 7 (6,8), il valore più basso di tutti i Paesi dell'Unione europea (media Ue: 9,1). La grande maggioranza delle famiglie che stavano pensando di avere un figlio ha deciso di rinviare (55,3%) o di rinunciare definitivamente al progetto genitoriale (11,1%).” L’Italia affronta la grande sfida della ripresa post-pandemia con scarsità di risorse umane su cui fare leva.
I Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, nel 2020 erano 2,7 milioni, pari al 29,3% del totale della classe di età 20-34 anni: +5,1% rispetto all’anno precedente. Nel Mezzogiorno sono il 42,5%, quasi il doppio dei coetanei che vivono nelle regioni del Centro (24,9%) o nel Nord (19,9%). È il dato più elevato d’Europa, che negli anni continua ad aumentare. La scuola non riesce a contrastare divari e disuguaglianze. L’ultima rilevazione Invalsi ha evidenziato un peggioramento delle performance degli studenti italiani rispetto al 2019. La didattica a distanza ha accentuato le difficoltà nel contrastare gli effetti negativi di bassi status socio-economici e culturali dello studente.
Dopo il COVID 19 il PNRR
Il Covid ha aggravato la situazione lavorativa facendo esplodere i problemi di occupazione e di PIL che ci accompagnano almeno da un decennio.
Abbiamo un Paese da ricucire e ricostruire, in un clima che è quello di un dopo guerra senza vittime belliche, in un’incertezza che tocca il cuore del sogno democratico. L’Europa ha ridisegnato un futuro sostenibile, equo ed economicamente rafforzato. È impegnata nel recupero di gap tecnologici, nello sviluppo di produzioni e fonti di energia ecocompatibili, rafforzando l’autonomia del sistema produttivo nel rispetto dell’ambiente. Il PNRR è lo strumento ideato per un cambiamento sistemico di infrastrutture materiali e immateriali, anche a nostra disposizione grazie sia a fondi UE, sia all’indebitamento ulteriore del Paese. Richiede un’assunzione di responsabilità generale.
Si configura come sorta di gigantesco bando di gara che propone l’offerta di risorse importanti ad una platea di possibili beneficiari. Presuppone quindi che le risorse rese disponibili dal Governo incrocino i bisogni reali della domanda, con progetti approvati, quantitativamente e qualitativamente adeguati alle trasformazioni che il PNRR persegue. Le amministrazioni centrali e gli Enti pubblici dovranno elaborare piani di spesa e bandi di gara, comuni, provincie, città metropolitane, EPR (Enti Pubblici di Ricerca) e Università, strutture sanitarie, imprese, scuole, privato sociale, anche aggregati in forme consortili dovranno richiedere fondi, rispondendo ai bandi, e a loro volta anche affidando ad altri l’esecuzione di opere e servizi. Il PNRR richiede il rispetto dei tempi previsti e delle regole di spesa, ha bisogno di risorse umane e strumentali adeguate alla messa in opera delle diverse misure e impone il rigoroso governo di procedure, tempi e rendicontazioni.
L’incrocio domanda/offerta sarà possibile con strumenti di pilotaggio efficienti ed efficaci.
Il ridisegno sistemico dell’Italia, derivante dalle varie iniziative che verranno approvate, richiede adattamenti in tempo reale delle azioni progettate. Sono necessari rigore e flessibilità.
I cambiamenti richiesti hanno bisogno di risorse umane qualificate, poiché l’assenza di competenze è una delle cause più gravi del mancato utilizzo dei fondi comunitari, anche per procedure di spesa complesse, che spesso dissuadono dall’assumere impegni.
I sindaci hanno già sottolineato l’urgenza di aiuti concreti per affrontare i compiti loro assegnati, per un’inversione di tendenza nelle modalità di utilizzo dei fondi comunitari, in particolare al SUD, se si vuole vincere la scommessa del PNRR. Per dare una risposta a questo problema, è stato attivato il Portale Nazionale del reclutamento a supporto dell’Ufficio per i concorsi e il reclutamento del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Si tratta di un nuovo sistema di reclutamento pubblico per velocizzare, semplificare e digitalizzare i processi organizzativi per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni, riducendo costi economici e sociali.
Tra gli strumenti di supporto c’è il sito italiadomani su cui si raccolgono varie informazioni, secondo un format europeo. E i singoli Ministeri stanno implementando i loro siti con aree dedicate al PNRR. Al momento tutti i media sono variamente impegnati su questo fronte e segnalano quotidianamente avanzamenti e criticità del PNRR.
Il Piano che - è bene ricordarlo - nasce per dare una spinta competitiva all’economia europea, scommette sull’aggancio dell’economia allo sviluppo e all’innovazione scientifica e tecnologica, alle politiche ambientali, in particolare a quelle energetiche. Incrocia e sposa altre tematiche europee individuando tre priorità: il gender gap, lo sviluppo territoriale, la spinta all’occupazione e alla formazione dei giovani.
Nel nostro Paese l’occupazione femminile è ancora insufficiente e le opportunità per le donne sono limitate dalla conciliazione dei compiti di cura che gravano interamente su su loro. È la plateale differenza tra il Nord e il Sud del Paese. Il Sud è segnato dalla dispersione scolastica e dai risultati ancora critici del sistema d’istruzione e formazione. La scuola si presenta come un ascensore sociale al contrario.
Le misure del PNRR vogliono andare al cuore dei problemi. E con esse saranno varate numerose riforme classificate come orizzontali, trasversali, di settore, abilitanti. Toccheranno i temi della giustizia, del fisco, della PA, della Scuola, della formazione, dell’università e della ricerca, della sanità.
È un piano sistemico, di alta complessità perché chiama in causa tutti i livelli di governo territoriale e centrale, tocca le infrastrutture materiali e immateriali del paese, coinvolge tutta la popolazione.
È un programma di ricostruzione economica prima di tutto: negli ultimi 25 anni l’Italia è crescita dello 0,8% annuo.
Ma è anche un piano di ricostruzione sociale dove le persone - giovani, donne, lavoratori, ricercatori, insegnanti, imprese, amministratori, politici - sono chiamati in causa fino al 2026.
L’attenzione pubblica per fortuna è altissima e ogni giorno i mezzi di comunicazione illustrano aspetti specifici e criticità attuative del PNRR. Tutti si attendono molto da questo piano che dovrebbe ridare forma e contenuto ai servizi principali, agli assetti economici, agli stili di vita, ai diversi livelli di governo del Paese. Ma è evidente anche la difficoltà dell’impresa. Si tratta di aggredire i punti deboli intorno a cui ci si dibatte invano da anni.
La resilienza e l’infrastruttura della conoscenza. La missione 4: Istruzione e ricerca
Uno degli obiettivi del PNRR è accrescere la cultura scientifica per sostenere lo sviluppo del Paese. C’è bisogno di una inversione di tendenza, secondo il Censis. Infatti “Se in media il 33% degli europei afferma di nutrire molto interesse per la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico, la percentuale degli italiani si ferma al 13%. La quota della popolazione italiana che non manifesta alcuna attenzione per la scienza e la tecnologia è pari al 31%, a fronte di una media europea del 18%. Il 46% degli europei concorda con l’affermazione " la scienza è così complicata che non ne capisco molto”, ma il dato in Italia sale al 58%. La scelta delle lauree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics)2 conferma lo scenario descritto, evidenziando il divario di genere e territoriale. Nell’anno accademico 2020-2021, a fronte di poco meno di 1,8 milioni di studenti universitari iscritti, solo il 27,1% frequenta un corso di studi Stem. Le donne, pur rappresentando la maggioranza degli studenti, con una quota pari al 56,3%, sono ancora minoritarie nei corsi Stem, essendo solo il 37,1% degli oltre 480.000 iscritti”.
I problemi da risolvere sono tanti e annosi, riguardano infrastrutture materiali e immateriali che ci rendano “resilienti” nei confronti di un futuro che si stenta a individuare. Tra queste l’infrastruttura più necessaria è quella della conoscenza-cultura e formazione, istruzione e ricerca sono gli strumenti della conoscenza e della cultura. A quanto si realizzerà col PNRR si affianca un forte partenariato con la Francia nel perimetro della Missione 4. Nel Trattato di Alleanza l’articolo 8 è dedicato a “Istruzione e formazione, ricerca e innovazione” per avvicinare i sistemi dell’istruzione, sviluppare ulteriormente gli scambi tra i propri studenti e personale universitario e accademico, approfondire e strutturare la cooperazione in materia di ricerca e innovazione. Prevede un ampio spettro di azioni comuni che vanno dai partenariati tra gli Istituti tecnici superiori (ITS) in Italia e i Campus dei mestieri e delle qualifiche (CMQ) francesi, ai partenariati strategici tra le istituzioni accademiche incaricate della formazione degli insegnanti in Italia e gli instituts nationaux supérieurs du professorat de l’éducation (INSPE) francesi per la mobilità dei futuri docenti. Punta sullo sviluppo di una strategia di mobilità degli studenti tra i due Paesi e d’inserimento delle rispettive università nelle Università europee e sulle collaborazioni d’eccellenza in materia di sanità, scienze della vita, ricerca oceanografica, fisica e chimica, ricerca polare, ambiente, patrimonio, innovazione dirompente e tecnologie digitali.
La componente 2 della Missione 4 “Dalla ricerca all’impresa”, si muove nella linea della spinta allo sviluppo economico che caratterizza del resto tutto il PNRR.
Gli investimenti sono pari a circa € 9 miliardi di euro disponibili dal 2021 al 2026, 1,2 miliardi a fondo perduto, 7, 890 miliardi di prestiti, che il nostro pese dovrà restituire. Inoltre 480 milioni provenienti da altre fonti europee sono destinate a un investimento – denominato “Dottorati di ricerca e ricercatori verdi e innovazione” – sempre nell’ambito della componente 2 della Missione 4, in corrispondenza del quale, tuttavia, non sono previste risorse del PNRR.
Sono previsti interventi normativi, che in sinergia con gli investimenti ridisegneranno l’architettura del mondo della Ricerca e dell’Università, costruendo reti di collaborazione stabili in cui la mobilità tra settori caratterizzerà una nuova opportunità professionale per i ricercatori. Il Parlamento durante la discussione della legge di bilancio ha già affrontato la riforma del CNR, il più grande Ente di ricerca italiano, cui verrebbe impresso un forte ripensamento. Assieme agli altri EPR il CNR è interessato alla valorizzazione del personale oltre che dal Piano di riorganizzazione e rilancio.
Sono previsti quattro grandi investimenti
Il primo - Investimento 1.3 Partenariati allargati estesi a università, centri di ricerca, imprese e finanziamento di progetti di ricerca di base punta alla costituzione di reti organizzate per promuovere e rafforzare la ricerca, di base o applicata, I Partenariati Estesi (PE) mirano a finanziare almeno 10 grandi programmi di ricerca fondamentale e/o applicata trasversale, caratterizzati da un approccio interdisciplinare, olistico e problem solving, realizzati da reti diffuse di università, EPR, ed altri soggetti pubblici e privati. Le tematiche da sviluppare intersecano tutte le aree presenti nelle altre Missioni del PNRR.
Il secondo - Investimento 1.4 Potenziamento strutture di ricerca e creazione di “Campioni Nazionali (CN) di R&S” su alcune Key Enabling Technologies riguarda la creazione di infrastrutture per la R&S. Le strutture di ricerca sono gli impianti, le risorse e i relativi servizi utilizzati dalla comunità scientifica per compiere ricerche nei rispettivi settori. Le infrastrutture possono essere ubicate in un unico sito o distribuite. Hanno caratteristiche tecniche, di dimensione e di versatilità non realizzabili o sostenibili o utilizzabili proficuamente a livello di una singola istituzione. Tali infrastrutture sono quindi create per essere fruite da un’utenza ampia, nazionale, europea o globale attraverso accesso aperto su base competitiva.
I CN sono dedicati alla ricerca di frontiera su
- Simulazioni, calcolo e analisi dei dati ad alte prestazioni
- Tecnologie dell’Agricoltura (Agritech)
- Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA
- Mobilità sostenibile
- Bio-diversità
Il terzo - Investimento 1.5 Creazione e rafforzamento di “ecosistemi dell’innovazione”, costruzione di leader territoriali di R&S prevede la creazione di reti di università, Enti Pubblici Territoriali (EPR), altri soggetti pubblici e privati altamente qualificati e internazionalmente riconosciuti, auspicabilmente organizzati in forma consortile, per favorirne l’interazione e per stimolare la creazione e la promozione dell’innovazione e della sostenibilità per un’area/un territorio di riferimento. Le loro attività sono legate all'istruzione superiore, alla ricerca applicata, all'innovazione su specifiche aree, definite in base alla specializzazione del territorio. Si prevede che saranno creati fino a 12 ecosistemi di innovazione sul territorio nazionale con riferimento ad aree territoriali che possono corrispondere a dimensioni territoriali diverse in funzione del progetto presentato.
È un approccio orientato alle grandi sfide, alla creazione di innovazione di impatto e l’imprenditorialità.
Il quarto - Investimento 3.1 Fondo per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e di innovazione tratta di infrastrutture di ricerca, cioè degli impianti, delle risorse e dei relativi servizi utilizzati dalla comunità scientifica per compiere ricerche nei rispettivi settori. Hanno caratteristiche tecniche, di dimensione e di versatilità non realizzabili o sostenibili o utilizzabili proficuamente a livello di una singola istituzione. Create per essere fruite da un’utenza ampia, nazionale, europea o globale attraverso accesso aperto su base competitiva, comprendono laboratori o grandi strumenti o complessi di strumenti per la ricerca; risorse basate sulla conoscenza quali per es. collezioni, banche dati, archivi o informazioni scientifiche strutturate; infrastrutture basate sulle tecnologie abilitanti dell'informazione e della comunicazione, quali le reti di comunicazione, il materiale informatico hardware, il software, e ogni altro mezzo necessario e fruibile dagli utenti per condurre la ricerca. Tali infrastrutture possono essere ubicate in un unico sito o distribuite.
- Le Infrastrutture di Ricerca (IR) sono realizzate secondo diversi modelli quali: a) laboratori con caratteristiche di unicità in siti dedicati, fisicamente accessibili all’utenza per realizzare esperimenti e sessioni di misura; b) infrastrutture distribuite che gestiscono in modo coordinato più laboratori collocati in diversi siti geografici, centralizzandone le procedure di accesso e il coordinamento; c) risorse accessibili in modalità remota tramite un singolo portale, per es. nel caso di banche dati, i codici numerici per la simulazione e le relative risorse di calcolo, gli archivi di campioni fisici, i materiali digitali per indagini e studi in tutti i campi della ricerca.
- Le Infrastrutture per l’Innovazione (II) Sono strutture, strumenti, impianti, risorse e servizi finalizzati ad aumentare la competitività nelle attività di ricerca e sviluppo dell'industria e per i servizi di pubblica utilità. Il loro obiettivo è sostenere le esigenze dell'innovazione basata sulla conoscenza.
- Le Infrastrutture tecnologiche di Innovazione (ITI) Le infrastrutture, o gli interventi di potenziamento, potranno essere finanziati sfruttando soluzioni di partenariato pubblico-privato, per attrarre finanziamenti e competenze da parte di investitori istituzionali e soggetti privati. I privati saranno cofinanziatori e, sulla base delle competenze distintive, contribuiranno allo sviluppo e alla diffusione di nuovi servizi infrastrutturali per l'industria o i servizi, con il diretto vantaggio di partecipare alla realizzazione di linee pilota, di servizi avanzati per i dati aperti, di prototipi, campagne di test di soluzioni di proprio interesse strategico. Le infrastrutture prevederanno attività di formazione e di ricerca in-house, quali dottorati in collaborazione con soggetti privati o con la Pubblica Amministrazione, executive education, e apprendistato avanzato.
La Missione “Dalla Ricerca all’Impresa” ha l’obiettivo dichiarato di sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo, promuovere l’innovazione e la diffusione delle tecnologie e rafforzare le competenze, per favorire la transizione verso un’economia basata sulla conoscenza.
Tre delle quattro linee d’intervento previste (1.3, 1.4 e 1.5), - Partenariati allargati estesi a università, centri di ricerca, imprese e finanziamento di progetti di ricerca di base; - Potenziamento strutture di ricerca e creazione di “Campioni Nazionali di R&S” su alcune Key Enabling Technologies. -Creazione e rafforzamento di “ecosistemi dell’innovazione”, costruzione di “leader territoriali di R&S” coprono complessivamente l’intera filiera del processo di ricerca e innovazione, dalla ricerca fondamentale al trasferimento tecnologico, con misure che si differenziano sia per il grado di eterogeneità dei network tra università, centri/enti di ricerca e altri soggetti sia per il grado di maturità tecnologica e, in alcuni casi, per il carattere territoriale, cercando la sostenibilità nel tempo degli investimenti. Le componenti delle diverse missioni fanno leva sulla capacità degli interventi di auto-sostenersi nel tempo, anche con capitali privati, così da ridurre l’onere di medio-lungo periodo dei progetti. Insieme al Fondo per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e di innovazione ridisegnano l’intero impianto della ricerca italiana incardinandolo nel territorio, nel partenariato esteso tutti gli stakeholder della ricerca e dell’innovazione, puntando a costituire un’infrastruttura distribuita territorialmente e centrata su obiettivi specifici legati prevalentemente alle tematiche dello sviluppo industriale, ottimizzata nell’uso delle risorse umane e materiali, con l’ambizione dell’autosostenibilità delle misure messe in campo.
E la ricerca di base, dov’è finita?
Certamente è presente, ma sempre in associazione con il tema della ricerca applicata e in associazione al mondo imprenditoriale a partire dall’Investimento “Partenariati allargati estesi a università, centri di ricerca, imprese e finanziamento di progetti di ricerca di base”.
È presente nella linea di intervento “Rafforzamento della ricerca e diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata” che, in sinergia tra università e imprese, potenzia le attività di ricerca di base e industriale.Investe sui giovani ricercatori e favorisce la creazione di partnership pubblico/private di rilievo nazionale o con una vocazione territoriale.
L’investimento Fondo per il Programma Nazionale Ricerca (PNR) e progetti di Ricerca di Significativo Interesse Nazionale (PRIN) sostiene la ricerca scientifica nelle aree: a) salute, cultura umanistica, creatività, trasformazioni sociali, una società dell'inclusione; b) sicurezza per i sistemi sociali; digitale, industria, aerospaziale; c) clima, energia, mobilità sostenibile; d) prodotti alimentari, bioeconomia, risorse naturali, agricoltura, ambiente.
Saranno anche finanziati Progetti di Ricerca di rilevante Interesse Nazionale (PRIN), che richiedono la collaborazione di unità di ricerca appartenenti ad università ed enti di ricerca per attività di ricerca curiosity driven. È uno stimolo per la ricerca di frontiera e per una più forte interazione tra università e istituti di ricerca. L’investimento finanzierà 5.350 progetti entro il 2026.
Infine l’investimento per il Finanziamento di progetti presentati da giovani ricercatori offre nuove opportunità ai giovani ricercatori, per trattenerli all'interno del sistema economico italiano. Prevede un massimo di 2100 giovani ricercatori, inseriti in una prima esperienza di responsabilità di ricerca. Parte del contributo sarà vincolata all'assunzione di almeno un ricercatore e parte del contributo a mobilità per attività di ricerca o didattica in altre località in Italia o all'estero.
Considerazioni e proposte
Il tempo stringe, l’imperativo “fare presto” ha contagiato il mondo, che ha imboccato una svolta vertiginosa. Rifare tutto, farlo meglio, con il faro economico come luce guida. Può bastare?
Certamente un cambiamento radicale si impone in un Paese, che avendo abbandonato il rigore nei suoi comportamenti e nei suoi pensieri, non ha la forza di sterzare, anche se intravede il burrone. Ma il cambiamento invocato per salvare l’economia, deve essere invocato anche per costruire una nuova convivenza, una nuova cittadinanza, nuove scelte etiche se è vero, come sotterraneamente tutti percepiamo, che un nuovo mondo è alle porte. E non è fatto solo di PIL.
Il PNRR è sulla carta e sarà nella realizzazione che potrà assumere la fisionomia e l’immagine del Paese in cui vorremmo vivere. Sarà la somma di un immenso sforzo collettivo. Il rigore e l’onestà, la passione e la fiducia che ci metteremo dentro in qualche modo lo modellerà. Spendere in maniera efficiente e onesta, come Draghi ha ricordato. Sapendo che gran parte dei finanziamenti dovranno essere restituiti. Presumibilmente dai nostri figli e nipoti.
Nei prossimi anni il PNRR fornirà in media una frazione del bilancio dello Stato pari a circa 4,3% dell’intera spesa, a fronte di circa 890 miliardi annui, al netto degli interessi sul debito. Una cifra importante perché dovrebbe cambiare positivamente la rotta del Paese. Tuttavia l’Italia dovrà anche saper creare una sinergia tra una migliore spesa dei fondi del bilancio ordinario e dei fondi del PNRR.
È necessario muovere da una chiara diagnosi delle ragioni della cattiva spesa fondi strutturali dei decenni precedenti, analizzando i risultati degli investimenti realizzati e le cause della mancata spesa. È necessario individuare i fattori di contesto che gravano sulla realizzazione dei progetti e migliorare i meccanismi di spesa e accettare la sfida di un contrasto forte contro la cultura dello spreco. Il gigantesco deficit italiano è anche generato da cattiva spesa. Non dobbiamo correre il rischio di aumentarlo.
Un’ultima osservazione: si profila già un problema di risorse umane adeguate, che scarseggiano in vari ambiti professionali. Perché non attingere risorse per il PNRR anche tra i pensionati, da compensare con sgravi fiscali, o da reclutare con forme di volontariato, promuovendo uno scambio intergenerazionale, per trasferire kw, visto che il turnover professionale è stato totalmente sgovernato nella maggior parte delle strutture pubbliche?
_____________________________
1) Considerando gli occupati con una età di 15-64 anni, la quota dei diplomati scende al 46,7% e quella dei laureati al 24,0%. Un’occupazione povera di capitale umano, una disoccupazione che coinvolge anche un numero rilevante di laureati e offerte di lavoro non orientate a inserire persone con livelli di istruzione elevati indeboliscono la motivazione a fare investimenti nel capitale umano. L’83,8% degli italiani ritiene che l’impegno e i risultati conseguiti negli studi non mettono più al riparo i giovani dal rischio di dover restare disoccupati a lungo. L’80,8% degli italiani (soprattutto i giovani: l’87,4%) non riconoscono una correlazione diretta tra l’impegno nella formazione e la garanzia di avere un lavoro stabile e adeguatamente remunerato.
2) STEM: Science, Technology, Engineering and Mathematics, fa riferimento ai quattro rispettivi ambienti, accademici e lavorativi: ambito vasto che ospita tutte quelle materie e aree di ricerca che si occupano di studiare le scienze (della vita, naturali, e le altre), In questo ambito si affrontano nuovi problemi per trovare nuove soluzioni nell’area tecnologica. STEM racchiude in sé tutte quelle realtà che siamo stati abituati ad associare al progresso scientifico – tecnologico e all’innovazione, sotto molteplici punti di vista.