Insetti e calore
Piero Sagnibene
Il riscaldamento globale mostra i suoi effetti deleteri anche nei gangli più delicati della organizzazione della vita sul pianeta. Questo aspetto sembra meno avvertito e non figura quasi mai nelle informazioni somministrate dai mass-media al grande pubblico. Stiamo perdendo il fitoplancton, e con esso ogni forma di vita marina, a causa dell’assorbimento di anidride carbonica che acidifica gli oceani. Col fitoplancton perdiamo una immensa ed indispensabile risorsa alimentare e perdiamo il 50% dell’ossigeno che respiriamo e che il fitoplancton immette nell’atmosfera. La deforestazione ed la distruzione degli ecosistemi naturali sommano i loro effetti a questa perdita e tutto ciò prospetta un pianeta anossico. Stiamo perdendo gli insetti impollinatori, senza i quali perdiamo più del 80% della possibilità di nutrirci con i vegetali. La prospettiva che si avvicina è il collasso planetario e la fine delle possibilità di sopravvivenza della nostra specie. Non si tratta di pessimismo catastrofista, ma di quanto emerge dai dati e dagli studi di tutte le istituzioni scientifiche del mondo. Molti danni hanno già superato la soglia del non ritorno e quanto resta va deteriorandosi ad una velocità della quale i tanti convegni sul clima non tengono in alcun conto. Ma non basta. Vi sono danni collaterali che il riscaldamento globale produce nei macro e micro meccanismi bioecologici degli ecosistemì e delle specie: il calore anomalo funziona magnificatore e moltiplicatore del potenziale aggressivo di molte specie dannose, come le esplosioni demografiche di cavallette che affamano interi paesi, virus ed altri microrganismi che si diffondono in regioni nelle quali erano sconosciuti , portati da specie che invadono le zone con climi una volta più temperati e che li diffondono nella popolazione umana.
Un esempio di questo effetto ci viene dalla diffusione, oramai planetaria, di zanzare del genere Aedes, spinte ad occupare zone temperate per l’aumento delle temperature tropicali. Si tratta di organismi in grado di trasmettere il Dengue, un virus a RNA. La malattia si manifesta con febbri emorragiche, l’encefalite di S. Luis, encefalite giapponese ed il virus del Nilo. Il Dengue oramai minaccia circa metà della popolazione umana, con un notevolissimo aumento dei casi di persone infettate.
Un altro danno collaterale, davvero enorme, è la perdita, in atto, delle foreste di conifere del Canada e dell’Alaska. Queste foreste, sono state un prezioso alleato nell’assorbimento della CO2. Oggi, Coleotteri Bostrichidi, della specie Dendroctonus ponderosae, ed i suoi associati microbici, che prima non colonizzavano quelle foreste, si spingono più a Nord, attratti dall’aumento della temperatura e dal ripetersi delle estati secche e più calde.
L’adulto del Dendroctonus è grande pochi millimetri; scava un tunnel nel tronco, sotto la corteccia dei pini e delle altre conifere, e vi depone le sue uova. Le larve, appena sgusciate, cominciano a scavare gallerie che “cercinano” il tronco (cioè asportano un anello di corteccia fino al cambio); scavano gallerie nel legno della pianta, distruggendo i vasi linfatici e provocando la morte dell’albero. Il Dendroctonus colpiva principalmente alberi anziani e malati, meno resinosi e quindi più facili da scavare; attaccando alberi vecchi o indeboliti accelerava lo sviluppo di una foresta più giovane; gli inverni rigidi, fino a - 40° C, dell’Alaska e del Nord del Canada, decimavano larve e coleotteri. Agli inverni più miti, prodotti dal riscaldamento globale, sopravvive un numero di gran lunga maggiore di larve, che d’estate attaccano in massa gli alberi sani. Il Dendroctonus ha ormai raggiunto zone dove il clima è diventato più temperato, ed ora nemmeno un inverno particolarmente rigido è più in grado di fermarne la diffusione. Il danno poi si amplifica perché, dopo morti, gli alberi sono più facilmente infiammabili e diventano ottimi inneschi per gli incendi che stanno interessando tutto il nord America. Inoltre, nello stesso areale, si verifica lo scioglimento del permafrost, lo strato di terreno permanentemente gelato profondo più di un metro, che si trova nelle zone nordiche e fredde. La fusione del permafrost libera metano; metano ed incendi, immettono nell’atmosfera impressionanti quantità di gas serra, in grado di vanificare tutti gli sforzi che le nazioni del Mondo potrebbero fare per mitigare il clima.
La varianza dei fattori climatici, dovuta alle ondate di calore, comporta cambiamenti improvvisi della temperatura locale e queste ondate di calore, anche per un periodo di tempo molto limitato, colpiscono pesantemente piante ed insetti. Le temperature annuali, o persino quelle mensili, a cui solitamente ci si riferisce, possono essere poco pertinenti per comprendere gli effetti di queste anomalie climatiche sulle forme viventi. La crisi climatica si manifesta non soltanto come un incremento della temperatura media annuale, ma anche come un incremento nella frequenza di eventi estremi.
Piante ed insetti hanno poche, o nessuna, possibilità di difendersi dal disastro climatico e, meno che meno, dagli eventi estremi, anche se relativamente di breve durata; questi eventi hanno la maggiore gravità per essi. Sottoposte a ripetuti shock climatici, le piante, oltre al danno diretto per lo sconvolgimento dei loro cicli vitali e al depauperamento della fioritura, producono anche meno composti biochimici per proteggersi dagli insetti fitofagi, e vi sono implicazioni preoccupanti per quanto riguarda quelli infestanti in agricoltura.
Le varianze di temperatura, inoltre, comporta un disallineamento fenologico temporale tra fioritura della pianta ed i suoi impollinatori, con effetti negativi su entrambi e per l’estensione della distribuzione delle varie specie, oltre che per la riduzione significativa dei raccolti. Le più minacciate sono le specie di piante e di insetti di zone di distribuzione temperate, quelle con una scarsa capacità di diffusione e quelle che vivono in zone fredde: esse non hanno dove migrare, mentre invece le specie delle zone calde invadono luoghi in precedenza troppo freddi per loro.
La resistenza degli insetti alle alte temperature non supera, generalmente, nei casi estremi, i 40° C (a parte specifici adattamenti) ed è molto difficile per gli insetti resistere alle ondate di calore. Le alte temperature, che portano rapidamente a disturbi metabolici, coagulazione proteica e morte. Per qualche tempo, gli insetti cercano di resistere e di mantenere la temperatura corporea al di sotto di quella ambientale, cedendo umidità, ma il calore eccessivo provoca il disfacimento della protezione impermeabile cerosa dell’esoscheletro. Molti insetti muoiono rapidamente a 38°C, e in secca, fornendo evaporazione, sopravvivono per pochissimo tempo fino a 48°. Questi insetti tentano di sopravvivere diffondendo goccioline di liquido dalla bocca o dall'ano e attraverso il corpo per abbassare la loro temperatura, ma l’esposizione al calore anomalo rende inefficaci questi tentativi. La tolleranza termica degli insetti peggiora con l’età avanzata, cioè nella fase riproduttiva. Gli stress climatici, a cui sono stati esposti i genitori sopravvissuti, ricadono poi sulla progenie; le larve presentano dimensioni più piccole, minore capacità vitale e minore resistenza agli stress termici. Anche le dimensioni corporee degli adulti diminuiscono per l’esposizione a temperature sfavorevoli durante la fase della crescita.
Si deve considerare che gli insetti sono ectotermi (pecilotermi) e la loro temperatura corporea varia in accordo con quella esterna, e le varianze climatiche li colpiscono in misura maggiore rispetto agli organismi endotermi (omeotermi), fino ad essere letali. Gli omeotermi, come l’uomo, regolano la propria temperatura corporea, ma negli insetti la omeotermia è limitata; molti sono in grado di mantenere condizioni omeoterme in alcune parti del corpo ed essere pecilotermi in altre. Insetti volatori, ad esempio, riscaldano in alcuni minuti il torace ed i muscoli del volo e li mantengono a temperature sufficienti all’attività muscolare, pur mantenendo la pecilotermìa all’addome ed al capo, al fine di evitare shock termici dannosi per il sistema nervoso ed altri organi. Spesso gli insetti hanno metabolismi più complessi degli omeotermi; i loro processi metabolici risultano accelerati o ritardati all’elevarsi o all’abbassarsi della temperatura in misura “diretta”, non avendo questi animali capacità di autoregolazione termica. Inoltre gli insetti hanno sistemi di enzimi (da 4 a 10) che operano a differenti livelli di temperatura.
Nella relazione tra biologia degli insetti e temperatura, è importantissimo il microclima, riferito ai micro-ambienti occupati dagli insetti, soprattutto negli stati giovanili, in cui le condizioni climatiche sono quasi sempre diverse da quelle dell’ambiente circostante. I microclimi sono riferiti a piccole superfici di terreno, a singole piante o parti di piante o, anche , a singole foglie o fiori, sino ad una dimensione nella quale il microclima è detto puntiforme. I microclimi possono determinare diversità di durata e di sopravvivenza nel ciclo di una stessa specie sulla stessa pianta. Il normale calore solare determina il formarsi di microclimi sulle e nelle foglie, sulle varie parti delle piante, sulle chiome e sui tronchi degli alberi, su tronchi abbattuti, sul terreno e nel terreno. In pieno sole, ad esempio, la temperatura del mesofillo di una foglia di patata è di 3-8° C superiore a quella dell’ambiente, in altri casi può di superare i 10° C di differenza e raggiungere i 50° C in piena estate. Il mesofillo è il parenchima della foglia: può essere omogeneo oppure ricco di interfacce tra
aria ed acqua (mesofillo lacunoso) che permettono alla CO2 di diffondersi a tutte le parti entro la foglia. Per resistere a tale temperatura, gli insetti fillo-minatori, che scavano gallerie nello spessore della foglia, si pongono in uno stato di diapausa, una sorta di letargo nel quale riducono al minimo le funzioni metaboliche, ma per un tempo limitato, nell’ordine di qualche ora, finché lo spostamento del sole cambia l’angolo di irradiazione della foglia e questa presenta una temperatura più bassa. L’eccesso di temperatura travolge sia la foglia che i fillominatori. L’eccesso di calore falcidia gli insetti che ovidepongono sulle piante come farfalle, coleotteri, neurotteri, ecc. Le uova o vengono disseccate oppure si schiudono anzitempo, trovando la pianta ospite non in condizione di nutrire le larve, che sono peraltro sottoposte a nuove oscillazioni della temperatura.
Ogni vivente, come si sa, è adattato a vivere in un preciso range di temperatura. I suoi adattamenti al clima si sono evoluti principalmente in relazione alle caratteristiche climatiche del suo areale di distribuzione; una specie può sopravvivere entro un determinato range di temperatura. Nel corso della storia naturale, gli insetti hanno potuto via via adattarsi e colonizzare tutti gli ambienti planetari, dai poli ai deserti, all’equatore (adattamento macroevolutivo); questi adattamenti, però, risultano irreversibili e multifattoriali, nonché coinvolti in processi di sviluppo che avvengono in tempi geologici.
Gli insetti dei climi freddi e polari sono colpiti senza scampo, non avendo dove migrare. Vi sono insetti, come la Belgica antartica, ad esempio, un moscerino endemico in grado di vivere nel gelo dell’Antartide (si tratta del più grande animale e dell’unico vero insetto di quel continente) o come l’Eretmoptera murphyi, un altro moscerino insediato nell’isola polare di Signy Island, e come i Ditteri Chironomidi del genere Diamesa, che vivono nel ghiacciaio di Yala (Langtang - Nepal settentrionale) e che sono attivi a -16° C; queste specie non sono in grado di sopravvivere a temperature più mitigate. La resistenza alle basse temperature di queste specie è grandissima, ma essi non sopportano il congelamento dei tessuti; la loro resistenza è dovuta ad uno stato di superfusione in cui vengono a trovarsi i liquidi organici. Tale prerogativa, però, si perde se l’insetto è esposto a raffreddamenti e riscaldamenti alternati; in questo caso i liquidi organici cristallizzano provocando la morte.
Infatti, anche nei climi temperati, gli inverni tiepidi con periodi saltuari di forti abbassamenti di temperatura uccidono più insetti degli inverni con una temperatura di più fredda ma continua. Nelle zone temperate, una improvvisa ondata di calore in inverno provoca sconvolgimenti metabolici spesso letali per gli insetti, perché prima dell'inizio della stagione fredda si verificano cambiamenti fisiologici che li predispongono ad affrontare le più basse temperature; uno sbalzo di temperatura dal caldo della ondata termica al freddo dell’inverno, per gli insetti spesso è letale.
Bisogna infine considerare i microambienti nei quali vivono moltissimi insetti, soprattutto i loro stadi giovanili, cioè i microclimi, in cui i parametri climatici sono quasi sempre diversi da quelli dell’ambiente circostante.
Un esempio di come operi una ondata di calore e del massimo scarto tra temperatura e microclima ci è dato da una specie di cavalletta che vive in grotte a temperatura costante di 11° C. Si tratta di animali ben più resistenti delle uova e delle larve di altri insetti. Se l’ondata di calore, come accade, porta la temperatura a 35° C, ad esempio in primavera, annienta completamente quella popolazione. In primavera, un aumento della temperatura di 20° C, è disastrosa per gli insetti esposti al freddo dell’inverno.
I microclimi sono generalmente riferiti a piccole superfici di terreno, a singole piante o parti di piante o, anche, a singole foglie o fiori, sino ad una dimensione nella quale il microclima è detto puntiforme. I microclimi possono determinare diversità di durata e di sopravvivenza nel ciclo di una stessa specie sulla stessa pianta. Il normale calore solare determina il formarsi di microclimi sulle e nelle foglie, sulle varie parti delle piante, sulle chiome e sui tronchi degli alberi, su tronchi abbattuti, sul terreno e nel terreno.
L’importanza del microclima è mostrata dalle prodigiose attività delle api e delle formiche per mantenere costante la temperatura dei loro nidi; le api la mantengono costante a circa 36° C, sia che la temperatura esterna sia molto sotto lo zero, mediante calore dato dalla attività muscolare, sia che la temperatura esterna sia superiore, anche di molto, ai 36° C, spruzzando acqua nel loro nido e rinfrescandolo col battito alare. Le formiche si difendono dalle alte temperature in vari modi: chiudendo ed aprendo le entrate dei loro nidi, generando in tal modo correnti d’aria, impiantando i nidi sotto pietre, ricoprendoli con acervi, orientandoli secondo i punti cardinali, spostando uova e pupe più e più volte in uno steso giorno, a seconda della variazione di temperatura nel nido ecc.
Molti insetti, soprattutto le preziose api selvatiche, costruiscono nidi ipogei che vengono colpiti dal riscaldamento/raffreddamento del suolo dovuto alle varianze climatiche. Anche le specie che si sviluppano nel terreno sono colpite dall’eccesso di calore. I terreni disseccati o meno umidi sono difficili da scavare. Inoltre le specie ipogee depongono le uova in modo che la progenie possa svilupparsi nel terreno. Si tratta di pochi centimetri di profondità ed i microclimi necessari alle varie fasi di sviluppo sono contrassegnati da due zone letali. La zona superiore è appena sotto il limite del terreno; ad essa segue una zona a sviluppo rallentato per gli effetti della zona letale superiore esposta alla insolazione e più umida e popolata dalla fauna predatrice ipogea. Quando l’insetto giunge in quella zona è molto prossimo alla metamorfosi. Segue poi la zona dove il microclima è quello richiesto per il normale sviluppo della larva e poi una zona più ridotta dove lo sviluppo viene accelerato di modo che la larva raggiunga dimensioni che le consentono di insediarsi al livello superiore.
Questa zona giunge fino ad una soglia (soglia zero) oltre la quale vi è un microclima sfavorevole che arresterebbe lo sviluppo. Infine vi è la zona letale inferiore. Un eccesso di temperatura porta al disseccamento eccessivo ed al compattamento del terreno della zona letale superiore che l’insetto deve scavare per uscire. Questa zona, col l’eccesso di calore, talvolta si spinge fino a penetrare nella zona dello sviluppo rallentato ed entra in contatto con quella dello sviluppo lineare, trasmettendo calore. Il meccanismo microclima–sviluppo allora si inceppa perché le larve che sono giunte alla zona di sviluppo rallentato, quindi prossime alla metamorfosi, si ritrovano nella zona letale e non possono né uscirne, né tornare indietro.
Inoltre gli insetti delle zone temperate devono fronteggiare nuovi competitori migrati dalle zone più calde e che non trovano nel nuovo areale i loro controllori biologici; indeboliti e falcidiati dallo stress climatico soccombono. La maggior parte di essi sono insetti spontanei che ci garantivano l’impollinazione delle piante coltivate. L’evoluzione biologica ha lavorato per centinaia di milioni di anni per elaborare gli equilibri dinamici che governano gli ecosistemi del pianeta. Nel corso di questo processo, che è la storia naturale della vita, gli organismi si sono adattati ai più diversi, ed a volte estremi, climi del pianeta. L’uomo, che non è adattato a nessuno degli ecosistemi terrestri, ha potuto sostituire all’adattamento biologico i risultati tecnici della sua evoluzione psichica; la sua possibilità di colonizzare tutto il pianeta è derivata anche dalla sua capacità di provvedersi di mezzi che gli consentissero di fronteggiare i climi sfavorevoli.
Lo sviluppo dei mezzi tecnici lo ha spinto a travolgere la natura sulla quale poggia la sua stessa esistenza ed a pensare di poterla sostituire con la tecnica, di potersi, ad esempio, inventare insetti artificiali che sostituiscano quelli che va distruggendo o di potere reinventare sé stesso con l’intelligenza artificiale. Ma allo stesso modo dell’Apprendista Stregone di Goethe, non controlla più le forze che ha messo in movimento e rischia di essere lui stesso travolto da ciò che ha inventato.