La misura del trascorrere del tempo negli uomini e negli animali
Valentina Vitali (*)
Il lavoro, la scuola, gli sport, la musica, la cucina, lo svago, l’intera organizzazione della vita umana si fondano su un concetto assoluto quanto relativo: il tempo. L’esigenza di misurare il trascorrere di questa entità invisibile ma dagli effetti concreti è stata avvertita già dai cacciatori-raccoglitori vissuti durante l’ultima glaciazione e tuttora è tema di confronto considerando la proposta di eliminare l’ora solare a favore dell’estensione di quella legale. Sembra perciò una necessità innata e per lo più si crede una prerogativa propria dell’uomo, dando per scontato che le altre specie non siano consapevoli dello scorrere del tempo o che almeno non sappiano come misurarlo. Al contrario molti studi scientifici sono riusciti a dimostrare che numerosi vertebrati e anche alcuni invertebrati hanno un senso del tempo ed è probabile che pure molti altri animali ne siano dotati ma l’apparato sperimentale ancora troppo antropocentrico impedisca di darne prova. Rilevante è innanzitutto considerare che esistono due differenti tipologie del senso del tempo, uno periodico o della fase temporale ed uno dell’intervallo temporale (Gallistel, 1990). Il primo si fonda sulle periodiche oscillazioni ambientali (alternanza notte-dì, maree, fasi lunari, stagioni) che inducono parallele variazioni endogene che fungono da orologi biologici; questo meccanismo permette ad esempio agli uccelli che si nutrono dei molluschi di sapere quando si verificano le basse maree così da setacciare le spiagge alla ricerca di cibo nei momenti più favorevoli. Ovviamente il Sole rappresenta in questo caso il riferimento più importante come è possibile dimostrare per le specie ornitiche migratorie: se si ingannano gli individui con una phase shifting cioè mettendoli in un ambiente ad illuminazione artificiale e sfasando il ciclo giorno-notte, la rotta della migrazione verrà modificata, in particolare un’ora di spostamento corrisponde a 15° di variazione. Il senso dell’intervallo temporale però è ancora più sorprendente poiché riguarda la capacità di contare il tempo che passa all’interno di intervalli casuali, senza nessuna ciclicità, quindi richiede di avere una sorta di cronometro interno da accendere e spegnere consapevolmente. Tale abilità è stata chiaramente provata grazie ad un esperimento (Church e Gibbon, 1982) dove alcuni ratti dovevano premere delle leve dopo specifici intervalli di 4 o 6 secondi per ottenere cibo; i roditori erano in grado di contare i secondi con un margine di errore molto ridotto. Osservandoli si è notato che gli animali durante l’intervallo si leccavano la coda, si toelettavano o in generale eseguivano un’azione rituale più volte usando forse quest’ultima come una sorta di unità di
misura per stimare lo scorrere del tempo. Ma i ratti riescono a fare ancora meglio: in un altro esperimento molto più recente (Kononowicz, Wassenhove e Doyere, 2022, Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America) hanno dato prova di auto-valutare i propri errori nella stima di intervalli di tempo. Premendo una leva dopo 3,2 secondi gli animali sbloccavano una ricompensa proveniente da destra se erano stati precisi o da sinistra se avevano premuto leggermente fuori tempo; poi è stata inserita una piccola variante cioè dopo aver abbassato la leva dovevano scegliere se dirigersi a destra o a sinistra in base a quanto secondo loro erano stati precisi nella performance. I ratti sono riusciti a usare l’esperienza ottenuta con la prima fase dell’esperimento per autovalutarsi perfettamente nel secondo test, dimostrando di essere consapevoli delle proprie modalità di calcolo del tempo.
Quale utilizzo possono avere però queste capacità in un ambiente naturale? Possono servire nella ricerca di cibo, così da ottimizzare il tempo e le risorse investite nella caccia: i pigliamosche ad esempio cambiano postazione se non riescono a prendere insetti per una quantità di tempo uguale a 1,5 volte il normale intervallo di cattura. Oppure le femmine di molte specie scelgono nei lek il partner in base alla durata delle parate, che quindi misurano con qualche modalità. L’uomo si è nuovamente sopravvalutato, attribuendo unicità ad una caratteristica invece condivisa con molte altre specie il cui orologio interno non ha nulla da invidiare al miglior orologio da polso.
(*) Nata a Mantova nel 1997 e appassionata di natura da sempre. Laureata presso UNIMORE in Scienze Naturali (triennale) e in Didattica e Comunicazione delle Scienze (magistrale). Guida Ambientale Escursionistica e si sta specializzando nella divulgazione scientifica e nella fotografia naturalistica.