I misteri del sonno
Valentina Vitali
Ancora non si sa esattamente quando e perché si sia evoluto, quale sia la sua funzione, quante tipologie ne esistano e che cosa accada realmente nelle ore che gli si dedicano. Nonostante il sonno sia da lungo tempo studiato nell’uomo e le ricerche abbiano fornito molte informazioni, si tratta di un tema tuttora misterioso per la grande quantità di dettagli che rimangono comunque fumosi, non definiti. Eppure la non veglia nella specie umana appare la versione base rispetto al sonno negli altri animali, che mostra strane peculiarità e che risulta decisamente più difficile da indagare.
Nei pesci ad esempio il primo problema è riuscire a stabilire quando un individuo sta effettivamente dormendo poiché non ci sono palpebre a chiudere gli occhi durante il riposo; è stato comunque provato grazie alle ricerche scientifiche che almeno alcuni pesci cadono in sonni profondi. È il caso di Bodianus rufus, un pesce spagnolo, che può essere toccato e portato a pelo d’acqua prima che si svegli, oppure dei pesci pappagallo che si creano una sorta di camera da letto avvolgendosi in un bozzolo di muco che funge da protezione in questo momento di vulnerabilità.
Ad essere davvero particolare è però il sonno negli uccelli e nei cetacei.
Nel 1964 un ricercatore si è accorto che i delfini riposano pur tenendo un occhio aperto e per primo ha iniziato ad ipotizzare che dormissero con un solo emisfero cerebrale. Gli studi successivi hanno dimostrato che effettivamente i tursiopi mettono a riposo solamente un lato del proprio cervello, interessato dal sonno a onde lente (SWS) cioè il più profondo, mentre l’altro rimane vigile. L’occhio che non viene chiuso è ovviamente quello controlaterale ovvero se rimane aperto l’occhio sinistro è l’emisfero destro ad essere addormentato (quello a cui proietta l’occhio aperto). Questa lateralizzazione del sonno permette ai cetacei di riemergere per respirare, monitorare l’eventuale avvicinamento di predatori e mantenere contatto visivo e sincronia con i compagni; poter controllare i movimenti pure nel sonno consente poi di scaldarsi quindi influisce sul sistema di termoregolazione. Uno studio del 2012 dell’Università di Sydney afferma che c’è una comunicazione tra i nuclei preottici ventrolaterali (sottostrutture dell’ipotalamo) in cui sono coinvolte anche le commissure posteriori del tronco encefalico per definire quale emisfero può riposare in base alle condizioni ambientali; se ad esempio un individuo si sposta all’interno del proprio gruppo può cambiare occhio ed emisfero vigili per mantenere il contatto con i compagni. Un’ipotesi in fase di verifica è che le ridotte connessioni nel corpo calloso possano consentire una maggiore indipendenza tra gli emisferi. Il sonno uniemisferico è proprio anche di molte specie di uccelli, come forma adattativa alla migrazione o alle condizioni ambientali.
Nei germani ad esempio le sentinelle dello stormo dormono solo con un lato del cervello e alternandosi in tale ruolo riescono ad essere tutte sufficientemente riposate e a non soffrire per la privazione di sonno. A questa ormai nota abilità di rondoni e altri migratori si aggiunge una sorprendente scoperta pubblicata recentemente su Nature Communications: è possibile volare persino durante un sonno biemisferico. Applicando un piccolo dispositivo in grado di eseguire elettroencefalogrammi ad esemplari di fregata maggiore (Fregata minor) è stato provato che il riposo uniemisferico è usato nei passaggi critici del volo, che richiedono manovre più impegnative, mentre in altri momenti entrambi gli emisferi sono addormentati e per qualche secondo è stato addirittura registrato un sonno REM (in cui l’uomo perde il controllo muscolare) che fa crollare in avanti la testa degli uccelli ma non fa perdere loro né quota ne direzione.
È dimostrato ampiamente quindi che l’evoluzione ha portato ad adattamenti estremi del sonno all’ambiente o alle abitudini comportamentali nei vari taxa; ma quando è evolutivamente comparso per la prima volta?
Recentemente uno studio si è concentrato su Cassiopea mediterranea, una medusa dotata di una rete di neuroni perciò priva di un cervello unitario; tale ricerca ha provato che questi animali entrano in uno stato di riposo reversibile (si riattivano se stuzzicate con del cibo), con una soglia di attivazione più alta (se spostate dal fondo impiegano un po' di tempo per rendersene conto e ritornare alla posizione iniziale) e regolato omeostaticamente (se private del sonno le meduse sono rallentate e la notte successiva si riposano di più); in definitiva le meduse dormono.
Questo sposta la comparsa evolutiva del sonno ad almeno 600 milioni di anni fa e spugne, placozoi e ctenofori sembrano per ora gli unici a non aver ricevuto il dono di Ipno e Morfeo.