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L’esplorazione floristica del Sudafrica
Joseph Burtt Davy, l’agrostologo inglese che creò il primo nucleo del futuro erbario nazionale  

L’esplorazione floristica del Sudafrica

 

 

10. L’erbario nazionale di Pretoria

 

 Silvia Fogliato

 

Con circa 1.200.000 esemplari, il National Herbarium di Pretoria è il maggiore erbario del Sudafrica, nonché il quarto per numero di esemplari dell’emisfero sud. Ufficialmente il nome incominciò ad essere usato nel 1918, ma la sua origine si fa risalire al 1903 quando la neonata Divisione di botanica del Dipartimento di agricoltura del Transvaal assunse come botanico e agrostologo, ovvero esperto di graminacee, l’inglese Joseph Burtt Davy (1870-1940), che, quando giunse in Sudafrica, vantava un notevole curriculum. Nato in una famiglia quacchera del Derbyshire, si era formato ai Kew Gardens, quindi per ragioni di salute si trasferì in California dove si laureò a Berkley e fu assunto come botanico della Stazione sperimentale di agricoltura, divenendo un esperto di graminacee e ciperacee; infine lavorò come assistente curatore all’erbario del Dipartimento di Agricoltura di Washington.

Ad assicurargli l’assunzione fu un importante lavoro sulle foraggere californiane che attirò l’attenzione del governo del Transvaal, impegnato nella ricerca di specie che potessero migliorare la zootecnia del paese. All’inizio del suo mandato, Burtt Davy viaggiò estesamente per incontrare gli agricoltori e individuare le loro esigenze.

Il teff, cereale molto adattabile a diverse condizioni ambientali, introdotto da Burtt Davy dall’Etiopia  

 Si concentrò soprattutto nell’introduzione di piante utili, come il teff (Eragrostis tef), un cereale originario dell’Etiopia, o l’erba Kikuyu (Pennisetum clandestinum) introdotta dal Kenya. Non trascurò però le piante locali e con l’assistenza della botanica Sydney Margaret Stent (1875-1942) fece numerose campagne di erborizzazione. Nell’arco di dieci anni raccolse circa 14.000 esemplari, che formarono il primo nucleo dell’erbario nazionale, ospitato nell’edifico del governo, il Volkstem Building di Pretoria. Concepito essenzialmente come erbario economico, comprendeva foraggere, piante con potenziale agricolo, infestanti e piante tossiche.

Dopo il 1910, quando la Colonia del Transvaal si trasformò in una delle province dell’Unione sudafricana e Pretoria nella capitale amministrativa del nuovo stato, il Dipartimento di agricoltura fu ristruttuPole-Evansrato, con la fusione delle divisioni di botanica e di patologia vegetale. Nel 1914 Burtt Davy diede le dimissioni e si trasferì nella sua fattoria di Vereeniging, località dove collaborò alla creazione di un centro sperimentale di ibridazione del mais. Nel 1919 tornò in Inghilterra, dove lavorò di nuovo a Kew e pubblicò A Manual of the Flowering Plants and Ferns of the Transvaal with Swaziland (1926-1932), illustrato dalla moglie, l’eccellente pittrice botanica californiana Alice Bolton (1863–1953). Burtt-Davy è ricordato dal genere Burttdavya (sinonimo di Nauclea) e dall’epiteto di specie come Aloe davyana e Ficus burtt-davyi.

 

Pole-Evans, per molti anni direttore del Dipartimento di botanica e del Botanical Survey  

Pole-Evans e il Botanical Suvey

 

Dopo le dimissioni di Burtt-Davy, la nuova divisione passò sotto la direzione del micologo e botanico gallese Illtyd Buller Pole-Evans foto 3(1879-1969), che fin dal 1905 era il primo micologo e fitopatologo del dipartimento e dal 1912 dirigeva la divisione di micologia e patologia. Contemporaneamente il Dipartimento di agricoltura fu trasferito nel Vredehuis, dove l’erbario disponeva di una stanza di 5 metri x 12. Pole-Evans, che fino ad allora si era interessato principalmente di funghi, trasferì il suo interesse alla flora, specialmente al genere Aloe, di cui creò forse la più importante collezione del paese. Il National herbarium nacque ufficialmente nel 1918 ed ebbe il suo primo curatore in Edwind Percy Phillips, in precedenza curatore dell’Erbario del Museo sudafricano di Cape Town. Oltre ad essere fortemente sostenuto da Pole Evans, convinto che il paese dovesse avere un erbario nazionale dipendente dalla sua divisione e collocato a Pretoria, era un passo ormai necessario, vista l’enorme crescita del numero degli esemplari, in seguito alle raccolte sue e di Burtt Davy, ma soprattutto all’arrivo di una serie di cospicue collezioni private.

Il primo e più grande apporto si ebbe nel 1916 grazie a Galpin (lo abbiamo già incontrato parlando di Bolus), che quell’anno andò in pensione, si trasferì in una fattoria a nord di Pretoria e donò allo stato il suo ricchissimo erbario (oltre 16.000 esemplari), frutto di trent’anni di raccolte in diverse aree del paese. Nel 1919 giunsero le collezioni di H.G. Flanagan e di Anne Diertelen. Conosciamo già anche Flanagan, compagno di Bolus in alcune spedizioni. Alla sua morte, lasciò in eredità allo stato tanto l’erbario quando le piante vive (era un grande collezionista e coltivatore di agrumi) che vennero piantate attorno al Union Buildings, andando a formare il Flanagan Arboretum.

Aloe penglerae, una delle specie che ricordano Alice Marguerite Pegler  

L’alsaziana Anna Diertelen nata Busch (1859-1945), moglie di un missionario francese della Société des Mission Evangeliques di Pargi e insegnante nelle scuole missionarie, dal 1877 al 1919 visse in Lesotho, sviluppando un forte interesse per la flora locale. A partire del 1895 creò un erbario di circa 2000 esemplari, raccolti principalmente sull’altopiano di Leribe a un’altitudine tra 1500 e 1800 metri. Nel 1919, lasciando il Sudafrica per tornare il Alsazia, ora tornata alla Francia, ne fece dono all’erbario nazionale. È ricordata dall’eponimo di Euryops annae. Di dimensioni analoghe l’erbario donato da un’altra appassionata raccoglitrice, Alice Marguerite Pegler (1861-1929), divenuta ben più di una dilettante; a causa di gravi problemi di vista, dovette rinunciare all’insegnamento e stabilirsi a Kentani, un villaggio del Transkei, per occuparsi dell’educazione delle figlie di una sorella. Da questo momento iniziò a raccogliere sistematicamente le piante in un raggio di cinque miglia dal villaggio; il suo lavoro era così meticoloso che secondo Pole Evans le sue collezioni erano le più esaustive di uno specifico distretto mai tentate nel paese. Estese i suoi interessi anche agli insetti, agli artropodi, alle galle, e più tardi ai funghi e alle alghe. Nel 1912 fu la prima donna a diventare socio corrispondente della Linnean Society. Nel 1918 pubblicò negli «Annals of the Bolus Herbarium» il catalogo On the flora of Kentani che elenca circa 1000 specie, di cui 28 scoperte da lei. Purtroppo non è più valido il genere Penglera (sin. di Nectaropetalum), ma la ricordano l’eponimo di numerose specie, come Aloe peglerae, Delosperma peglerae e Noronhia penglerae.

Successivamente altri importanti apporti vennero dalla collezione di alghe di William Tyson, dalle briofite di Thomas Robertson Sim e dell’erbario personale di Rudolf Marloth, che nel 1927 donò al National Herbarium circa 15.000 esemplari. Ma a fare crescere l’erbario furono soprattutto le raccolte che fecero

Ora con il titolo «Flowering plants of Africa», la bella rivista fondata da Pole-Evans ha recentemente festeggiato il centenario  

seguito alla più importante iniziativa di Pole-Evans. Da tempo, molto preoccupato per la progressiva perdita di biodiversità causata dall’espansione delle coltivazioni e dei pascoli, egli premeva perché fosse creato un comitato che coordinasse le ricerche botaniche nel paese. Il comitato consultivo (Advisory Committee for Botanical Survey) fu infine approvato dal Ministero dell’agricoltura nel luglio 1918; includeva diversi dei maggiori botanici del paese, tra cui Louisa Bolus e Rudolph Marloth ed era posto sotto la direzione della Divisione di botanica e fitopatologia e del suo direttore Pole-Evans. I risultati delle ricerche furono pubblicati in «Memoirs of the Botanical Survey of South Africa», rimpiazzato dal 1994 da «Strelitzia».

Uno degli scopi principali delle ricerche era tracciare una mappa dei diversi tipi di veld, ovvero le pianure steppiche erbose o più raramente ricoperte di boscaglia che caratterizzano l’interno del paese. Già nel 1917, in uno studio preliminare intitolato The Plant Geography of South Africa e pubblicato nell’annuario ufficiale dell’Unione sudafricana, Pole-Evans aveva individuate 19 regioni botaniche ciascuna con caratteristiche ecologiche distintive; altre quattro edizioni seguirono fino al 1922. La carta della vegetazione che lo accompagnava prelude alla grande carta 1: 3.000.000 pubblicata nel 1936 nei «Botanical Survey Memoirs». Nel 1920, approfondì l’argomento in The Veld: Its Resources and Dangers.

Energico ed attivo, Pole-Evans è considerato una figura centrale della botanica sudafricana, con all’attivo molteplici iniziative in molti campi diversi. Già nel 1916 riuscì a combattere efficacemente il cancro degli agrumi che rischiava di distruggere gli agrumeti del Transvaal con un severo programma di eradicazione, impopolare ma alla fine risolutivo. Nel 1926 creò il Veld Reserve di Fauresmith, un centro di ricerca sulle graminacee indigene e sugli arbusti del Karoo. L’anno dopo la Divisione di orticoltura e entomologia venne incorporata nella Divisione di botanica che assunse il nome di Divisione dell’industria delle piante, con la creazione di stazioni di ricerca dedicate agli agrumi e al tabacco, seguite negli anni ’30 da una serie di stazioni sperimentali rappresentative delle diverse regioni vegetali.

Autore di centinaia di contributi scientifici, Pole-Evans fu anche il curatore di «Flowering Plants of South Africa», una rivista illustrata ispirata al «Curtis’s Botanical Magazine» dei Kew Gardens, che iniziò le pubblicazioni nel 1920, e di «Bothalia», la rivista ufficiale della Divisione dedicata agli studi tassonomici, che incominciò ad uscire nel 1921. Fu anche impegnato in prima persona in serie di viaggi in tutto il paese, durante il quale raccolse migliaia di dati e fotografie, e fece spedizioni in altri paesi africani. Nel 1930, insieme a John Hutchinson e Jan Smuts, viaggiò dalla Rhodesia fino al lago Tanganica; nel 1931 e nel 1937 visitò il Botswana; nel 1938, su invito del governo del Kenya, in compagnia dell’agrostologo C. J. J. van Rensburg e del raccoglitore di semi J. Erens, percorse circa 20.000 km dalla Rhodesia meridionale e al Tanganica fino al confine tra il Kenya, il Sudan e l’Abissinia, visitando l’Uganda, il Ruwenzori e il Congo belga sulla strada del ritorno. È ricordato dall’epiteto di numerose specie e dal genere Polevansia (Poaceae).

 

Una storia che continua

 

A partire dagli anni ’30, le ricerche di Pole-Evans sul veld furono proseguite e approfondite dall’ecologo John Phillip Harison Acocks (1911 –1979); assunto nel 1936 come ecologo della Sezione di ricerca sui pascoli, gli fu affidato il compito di individuare luoghi adatti per nuove stazioni. Nel 1945 fu trasferito al Botanical Survey, dove cominciò a compilare una nuova carta delle zone di vegetazione. Dal 1948 al pensionamento nel 1976 lavorò al Grootfontein College of Agriculture di Middelburg. La sua revisione della flora del veld portò all’individuazione di 75 classi di vegetazione e, con le sue liste di specie, rimane ancora la più completa descrizione della vegetazione del Sudafrica. Le sue raccolte ammontano a circa 28.000 esemplari, raccolti in gran parte del paese. Inoltre, nel 1938, insieme al botanico svedese Adolf Hafström, condusse una spedizione di quattro mesi da Città del Capo alle Cascate Vittoria, con la raccolta di 2340 esemplari. Anche Acocks è ricordato dal nome di molte specie, come Caroxylon acocksii e Diospyros acocksii.

Il sempre più vasto erbario trovò una sede adeguata solo nel 1973, quando venne trasferito in un edificio apposito all’interno dell’orto botanico di Pretoria; strettamente legato al Dipartimento di Agricoltura, quest’ultimo fu fondato nel 1946, quando l’Università di Pretoria cedette al dipartimento un terreno che precedentemente faceva parte della fattoria sperimentale dell’Università. Non era infatti più adatto a quest’uso, sia perché lontano dalla città, sia perché infestato da Dichapetalum cymosum, una pianta tossica per il bestiame. Accresciuto con l’acquisito di una serie di terreni, il giardino fu ufficialmente aperto nel 1958 ma inaugurato solo nel 1973; per molti anni fu concepito come una stazione di ricerca del Botanical Research Institute (BRI), il nome nel frattempo assunto dalla Divisione di botanica e fitopatologia. Solo nel 1984 venne aperto al pubblico.

L’erbario è collocato in un grande edificio con quattro ali, ciascuna delle quali porta il nome di uno dei suoi precedenti direttori: E. P. Phillips (1939-1944), R. A. Dyer (1944-1963), L.E. Codd (1963-1973) e B. de Winter (1973-1989). Recentemente è stata aperta una quinta ala, riservata a felci e gimnosperme. L’erbario ospita anche importanti collezioni di licheni e crittogame; quest’ultima, con 75.000 esemplari, è la più ampia del continente ed ebbe il primo nucleo nella collezione personale di T. R. Sim. Possiede inoltre uno Xylarium, ovvero una collezione di campioni di legname. Parte integrante dell’erbario è la biblioteca, con una collezione di 18.000 libri, 3500 opuscoli e circa 1000 testate, su argomenti che includono la tassonomia, la geobotanica, la biodiversità, l’etnobotanica, la paleobotanica, la storia della botanica. Porta il nome di Mary Gunn (1899 –1989), che fu la responsabile della biblioteca della Divisione di botanica fino dal 1919. Oltre ad essere un’esperta della letteratura botanica prelinneana, fu una grande studiosa di storia della botanica, specializzata nella biografia di botanici e illustratori del passato. Si dice che una volta uno studente le abbia chiesto informazioni su un botanico contemporaneo, al che Mary Gunn rispose: “Mi occupo solo di botanici morti, perciò o lo uccidi o chiedi informazioni al mio collega della porta accanto”. Ovvero a L. E. Codd, insieme al quale scrisse la sua opera più nota, Botanical exploration of southern Africa, una delle fonti principali di questa serie di articoli che si chiude nel suo nome.

 

Ricercatori al lavoro nella sezione delle piante vascolari dell’erbario nazionale  

 

Bibliografia e sitografia

 

Biografie dei botanici citati in S2A3 Biographical Database of Southern African Science, https://www.s2a3.org.za/bio/Main.php.

J. Carruthers, Trouble in the garden: South African botanical politics ca.1870–1950, «South African Journal of Botany», Vol. 77-2, 2011, pp. 258-267.

D. Fourie, The history of the Botanical Research Institute 1903–1989, «Bothalia» 28, 1998, pp. 271–297.

H. F. Glen, G. Germishuizen, Botanical exploration of southern Africa, 2. ed., «Strelitzia» n. 26, Pretoria 2010.

M. D. Gunn, Illtyd Buller Pole Evans (1879- 1968), «Bothalia», 10, pp. 131-135.

M. Gunn, L. E. Codd, Botanical exploration of southern Africa, A. A. Balkema, Cape Town 1981.

History of the National Herbarium, https://www.sanbi.org/biodiversity/foundations/biosystematics-collections/the-national-herbarium/history-of-the-national-herbarium/.

J. E. Victor, G. F. Smith, A. E. Van Wyk, History and drivers of plant taxonomy in South Africa, «Phytotaxa», 269 (3), pp. 193–208.