L'ossessione del nome
Valentina Vitali
Che cosa si fa prima di tutto quando si adotta un cane o un gatto? Quando si incontrano persone sconosciute che cosa si chiede stringendosi la mano? Cosa è richiesto in alto su ogni verifica dalla seconda elementare alla maturità? Qual è la prima parola che i bambini imparano a scrivere sotto lo sguardo orgoglioso dei genitori? Quella per i nomi sembra essere una vera ossessione per l’uomo, che non riesce a resistere ad affibbiarne a chiunque e a qualsiasi cosa, macchinetta del caffè e poltrona preferita incluse; d’altronde l’esigenza di nominare è fondamentale per escludere fraintendimenti. Ma anche questa abitudine, che appare prettamente umana, è in realtà condivisa con altri mammiferi, i delfini, che includono non solo il genere Delphinus ma pure tursiopi, stenelle e altri cetacei. Questi odontoceti hanno sviluppato modalità di comunicazione molto diversificate e sorprendenti: cercano spesso un contatto attraverso la loro pelle molto sensibile, di solito per trasmettere emozioni positive, assumono posizioni codificate come quella ad S per esprimere soprattutto rabbia oppure colpiscono la superficie dell’acqua con la pinna caudale per indicare aggressività o disagio ma anche per attirare l’attenzione. In acqua però, dove il suono viaggia ad una velocità di 1500 m/s, è la comunicazione sonora ad essere giustamente prediletta. I delfini infatti si sono adattati alla scarsa visibilità nel loro ambiente usando la stessa tecnica dei chirotteri, l’ecolocalizzazione; per orientarsi o trovare prede emettono dei click prodotti grazie all’aria contenuta nelle sacche sotto allo sfiatatoio e li modellano e amplificano con il tessuto adiposo nella zona anteriore del cranio, che loro sono in grado di modificare come avviene per il cristallino nell’uomo. Questi suoni rimbalzano sulle superfici e al ritorno vengono raccolti dalla mascella inferiore e trasmessi all’orecchio interno. È sorprendente pensare che i click possono durare anche meno di un millesimo di secondo (infatti i delfini possono emetterne anche 2000 in un secondo) e che possono raggiungere i 150 000 Hz, superando di 8 volte il limite percettivo dell’orecchio umano fermo a soli 20 000 Hz. Questi speciali suoni garantiscono ai delfini capacità davvero peculiari: penetrano la pelle di un altro individuo oppure di un essere umano, permettendo di percepire i battiti del cuore o i movimenti di un feto (i delfini hanno trattato alcune donne incinte come femmine gravide conspecifiche perché ne avevano compreso lo stato di gravidanza) o ancora consentono di discriminare oggetti di rame e di alluminio. Ci sono poi altri suoni, principalmente fischi, utilizzati per comunicare stati emozionali o per sincronizzare la pesca; tra questi ne sono stati identificati alcuni davvero speciali. Già nel ’68 dei ricercatori si sono accorti che i tursiopi usavano alcuni particolari fischi, chiamati poi signature whistle o fischi firma, come se fossero dei nomi allo scopo di autoidentificarsi o di riconoscersi. In effetti un individuo isolato dal suo gruppo (ad esempio per controlli veterinari) ripete il proprio fischio per l’80% del tempo, nel tentativo di segnalare ai compagni la propria posizione; al momento del rilascio la ripetizione si abbassa nettamente, perché la necessità di tenersi in contatto vocale si riduce. Ogni delfino non emette solo il proprio nome ma può anche riprodurre quello di altri individui, probabilmente allo scopo di chiamarli. Una ricerca condotta su un gruppo di tursiopi della Scozia orientale (pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences) mostra che quando un esemplare sente la registrazione del proprio fischio firma risponde, mentre non interagisce quando ad essere chiamato è un altro compagno. Ulteriore interesse si evidenzia nella creazione del signature whistle, che avviene con un processo culturale di vocal learning: già nei primi mesi di vita i giovani ascoltano i nomi degli adulti e attraverso imitazione e apprendimento iniziano a strutturare il proprio fischio firma, che presenterà alcune parti stereotipate e altre del tutto personali. Mentre le femmine si differenziano molto dalla madre, i maschi tendono a crearsi un nome simile a quello materno perché in futuro abbandoneranno il pod di origine e non si creeranno quindi fraintendimenti. Addirittura quando più gruppi di delfini si riuniscono per cacciare prima di tutto si presentano reciprocamente attraverso i capo-pod, che emettono il proprio fischio firma. Rimane quindi una sola domanda: chi è più fissato sui nomi, uomini o delfini?