La medusa immortale
Piero Sagnibene
Appena cinque anni dopo la prima pubblicazione della prima edizione del “Systema naturae” di Linneo (1735), un esperimento sconvolse e cambiò la visione delle scienze naturali. Abraham Trembley (1710-1784) dimostrò che tagliando in cinquanta pezzi il piccolo corpo di uno strano animaletto idrozoo, che vive nelle acque dolci, poi chiamato Hydra, dai suoi frammenti si formavano altri cinquanta individui completi e simili all’organismo originario.
I processi di rigenerazione erano già alquanto noti, dalla cicatrizzazione della pelle, alla ricrescita del fegato umano, alla capacità delle salamandre di rigenerare interi organi, alla duplicazione della coda mutilata delle lucertole, ecc.. ma l’esperimento diI processi di rigenerazione erano già alquanto noti, dalla cicatrizzazione della pelle, alla ricrescita del fegato umano, alla capacità delle salamandre di rigenerare interi organi, alla duplicazione della coda mutilata delle lucertole, ecc.. ma l’esperimento di Trembley andava molto oltre: si trattava della clonazione di un organismo nella sua interezza, a partire da un piccolo frammento.
Questo campo di ricerca è tuttora aperto e di vitale interesse medico ed oggi è supportato dalla genetica, il cui fondatore, William Bateson, (1861-1926), fu anche una eminenza negli studi sulla rigenerazione con i suoi studi sul Balanoglossus, condotti presso l’Istituto A. Dohrn di Napoli.
Processi rigenerativi, scoperti in diversi animali, presentano casi tali da far ipotizzare una potenziale durata indefinita della loro vita; la vongola atlantica Mercenaria mercenaria (CLAMS), ad esempio, morì all’età di 500 anni e solo perché i ricercatori la trascinarono fuori dall’oceano per scoprire quanti anni aveva; le tartarughe marine, che sono molto più antiche dei dinosauri, hanno organi interni che smettono di invecchiare una volta raggiunta la maturità; le aragoste possiedono la capacità di riparare all’infinito il loro DNA, grazie ad un enzima che lavora per la rigenerazione dei telomeri (cappucci protettivi sui cromosomi), permettendo loro di mantenere giovani indefinitamente il loro DNA e le loro funzioni, ma si pensava che nessun animale avesse la possibilità di iniziare una nuova vita in continuità con quella precedente.
Il desiderio di immortalità, che ha generato tante superstizioni, illusioni, religioni ed altri inganni tra gli uomini, sembra invece realizzato da una piccola medusa di 4-5 mm di diametro, Turritopsis dohrnii WEISMANN, 1883, nota come medusa immortale. Insieme alla congenere Turrotopsis nutricula MCCRADY, 1857 sono le uniche specie animali che, dopo aver raggiunto la maturità sessuale come individuo solitario, sono poi in grado di tornare completamente alla fase iniziale e coloniale, sessualmente immatura, e ricominciare daccapo la loro esistenza. Si tratta di Idrozoidi della famiglia Oceaniidae, diffusi in tutti i mari grazie a migrazioni trans-artiche.
Gli Idrozoidi appartengono al phylum degli Cnidari (circa 10.000 specie), che comprende meduse e coralli; sono animali diblastici, il loro sviluppo avviene da due foglietti embrionali, anziché da tre, come avviene nella maggior parte degli animali superiori. Insieme agli Ctenofori, sono i soli animali superiori dotati di vera simmetria radiale. Sappiamo molto poco della storia naturale di questi organismi, che non lasciano fossili, essendo composti per il 95% di acqua; risalgono sicuramente al primo Paleozoico, probabilmente al Precambriano.
Le meduse, nel corso del loro sviluppo, si presentano prima sotto forma di polipo (sessili,a contatto con il substrato) ed in seguito divengono medusa (pelagiche e natanti).
Le Idromeduse adulte hanno la tipica forma a campana, a ombrella o a disco. Lungo il margine della sub-ombrella (la parete interna dell’ ombrella) vi è un ispessimento (craspedo) le cui contrazioni ritmiche funzionano come organo di movimento. Negli Idrozoi non esistono vere cellule muscolari. La parete del corpo è formata da due strati di cellule epiteliali, epiderma e gastroderma, tra i quali vi è una sottile mesoglea priva di cellule; la maggior parte delle cellule epiteliali di entrambi gli strati sono cellule mio-epiteliali con una base piana prolungata in varie direzioni, poggiante sulla mesoglea e che contiene poche fibrille muscolari (mionemi); orbene, le fibrille sono orientate in senso longitudinale nelle cellule epidermiche e, contraendosi, determinano l’accorciamento e la dilatazione del corpo; nelle cellule gastrodermiche, invece, sono orientate trasversalmente ed agendo da antagoniste con quelle epidermiche, fanno allungare e restringere il corpo.
I tentacoli pendono al margine dell’ombrella, connessi con un anello nervoso marginale. Gli Idrozoi Sono quasi sempre unisessuali, le gonadi sono ectodermiche, site nella parete del manubrio o lungo i canali radiali.
Le uova si sviluppano nelle gonadi delle femmine, che si trovano nelle pareti del manubrio e sono rilasciate e fecondate in mare dallo sperma prodotto dal maschio; si sviluppano quindi in planule (larve) che si adagiano sul fondo del mare. Allo stadio di polipo Turritopsis dohrnii forma stoloni, che si sviluppano lungo il substrato, e rami verticali, con polipi che si riproducono per gemmazione. Nell'arco di alcuni giorni le gemme si sviluppano in minuscole meduse di 1 mm di diametro, che vengono trasportate dalle correnti e crescono nutrendosi di plancton. Le giovani meduse hanno soltanto 8 tentacoli, mentre gli adulti raggiungono gli 80-90 tentacoli.
Diventano sessualmente mature dopo poche settimane (25-30 giorni a 20°C o anche 18- 22 giorni 22°C, a seconda della temperatura dell’acqua). La forma medusoide è in realtà un polipo capovolto che presenta una forma a campana. Polipo e medusa sono due aspetti diversi di un medesimo tipo di organizzazione; la medusa può considerarsi una sorta di polipo capovolto col corpo appiattito ed espanso per poter meglio galleggiare.
Sia la medusa adulta che quella appena nata di Turritopsis dohrnii, sono in grado di trasformarsi nuovamente in polipi. Una volta raggiunta la maturità sessuale e dopo essersi riprodotta, non muore; scende sul fondo del mare e torna allo stadio giovanile da cui si era sviluppata. La medusa di Turritopsis dohrnii e quella nutricula sono le uniche forme note per aver sviluppato la capacità di ritornare allo stadio di polipo attraverso un processo di trans-differenziazione, grazie alla presenza di alcuni tipi di cellule del tessuto della superficie della campana e del sistema dei canali circolatori. Si tratta di cellule staminali presenti in tutti gli organismi viventi. Una cellula staminale non possiede alcuna specializzazione fisiologica ma è capace di autorinnovamento ossia la capacità di generare una cellula indifferenziata esattamente uguale alla cellula-madre, attraverso numerosi cicli cellulari, e possiede potenza, cioè la capacità di differenziarsi in tipi cellulari specializzati.
La pluripotenza di una categoria di cellule staminali è la capacità di dare origine ad una o più linee cellulari tramite il differenziamento; nella Turritopsis dohrnii comprende processi di trans-differenziamento cioè la capacità, in fase di differenziamento, di cambiare la propria linea cellulare modificando il suo programma di sviluppo. La trasformazione della medusa inizia con un deterioramento della campana e dei tentacoli, con la successiva crescita del perisarco (rivestimento tubulare chitinoso secreto, che può avvolgere ciascun polipo della colonia e le varie parti che tengono unita la colonia) e degli stoloni, ed infine dei polipi. Questi si moltiplicano ulteriormente formando una colonia. Questa capacità di invertire il ciclo vitale è probabilmente unica nel regno animale e consente alla medusa di aggirare la morte rendendo T. dohrnii potenzialmente immortale. In teoria il ciclo potrebbe ripetersi all'infinito, anche se in natura la maggior parte degli individui, come le altre meduse, sono esposti ai normali pericoli della vita planctonica, rischiando di diventare preda di altri animali o morire di malattia senza avere la possibilità di ritornare allo stadio polipoide.
Nel trans-differenziamento cellule, come quelle mio-epiteliali, perdono la loro specializzazione fisio-morfologica e tornano ad uno stadio staminale pluripotente, dal quale possono essere prodotte nuove cellule con differenti caratteristiche. Quello che rende speciale queste meduse, però, non sono le cellule in sé e per sé, ma il processo che riporta indietro il decorso biologico.
La mappatura del genoma della Turritopsis dohrnii, ha definito diverse chiavi genomiche che contribuiscono ad estenderne la longevità al punto da evitarne la morte. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che la medusa immortale ha il doppio delle copie di geni associati alla riparazione e protezione del DNA. Questi duplicati possono produrre proteine più protettive e riparatrici. La Turritopsis dohrnii, ha anche mutazioni uniche che rallentano la divisione cellulare e impediscono la distruzione dei telomeri, strutture che si trovano alle estremità dei cromosomi e agiscono come una sorta di copertura protettiva che stabilizza il DNA. La ricerca tenta ora di identificare i geni amplificati o con varianti differenziali caratteristiche della medusa immortale. Questi geni sono associati alla replicazione e riparazione del DNA, al mantenimento dei telomeri, al rinnovamento della popolazione di cellule staminali, alla comunicazione intercellulare e alla riduzione dell’ambiente cellulare ossidativo, che, negli esseri umani, influenza i processi associati alla longevità e all’invecchiamento sano. Inoltre, lo studio dei cambiamenti nell’espressione genica durante il processo di ringiovanimento in Turritopsis dohrnii ha rivelato segnali di silenziamento genico mediati dalle cosiddette vie Polycomb (PcG) e Trithorax (TrxG), che codificano proteine cromosomali altamente conservative responsabili del controllo dell'identità cellulare ed una maggiore espressione di geni correlati alla via della pluripotenza cellulare. Entrambi i processi sono necessari affinché le cellule specializzate si de-differenzino e siano in grado di diventare qualsiasi tipo di cellula, formando così il nuovo organismo. In questi due percorsi la Turritopsis dohrnii, ha anche mutazioni uniche che rallentano la divisione cellulare e impediscono la distruzione dei telomeri, strutture che si trovano alle estremità dei cromosomi e agiscono come una sorta di copertura protettiva che stabilizza il DNA. La ricerca tenta ora di identificare i geni amplificati o con varianti differenziali caratteristiche della medusa immortale. Questi geni sono associati alla replicazione e riparazione del DNA, al mantenimento dei telomeri, al rinnovamento della popolazione di cellule staminali, alla comunicazione intercellulare e alla riduzione dell’ambiente cellulare ossidativo, che, negli esser umani, influenza i processi associati alla longevità e all’invecchiamento sano. Inoltre, lo studio dei cambiamenti nell’espressione genica durante il processo di ringiovanimento in Turritopsis dohrnii ha rivelato segnali di silenziamento genico mediati dalle cosiddette vie Polycomb (PcG) e Trithorax (TrxG), che codificano proteine cromosomali altamente conservative responsabili del controllo dell'identità cellulare ed una maggiore espressione di geni correlati alla via della pluripotenza cellulare. Entrambi i processi sono necessari affinché le cellule specializzate si de-differenzino e siano in grado di diventare qualsiasi tipo di cellula, formando così il nuovo organismo. Questi due percorsi sembrano essere mediatori fondamentali del ringiovanimento ciclico di questa medusa. Vi è quindi un complesso di vari meccanismi che agiscono sinergicamente nel loro insieme, armonizzando così il processo del ringiovanimento della medusa immortale.
La Turritopsis dohrnii ha anche mutazioni uniche che rallentano la divisione cellulare e impediscono la distruzione dei telomeri, Occorre ancora capire le chiavi e i limiti della plasticità cellulare che permette ad alcuni organismi di poter viaggiare indietro nel tempo, e che potrebbe dare risposte migliori alle molte malattie associate all’invecchiamento umano. La stragrande maggioranza degli esseri viventi, dopo la fase riproduttiva, procede lungo un caratteristico processo di invecchiamento cellulare e tissutale che culmina con la morte dell’organismo. Tuttavia,T. dohrnii è capace di invertire il proprio ciclo biologico e di sfuggire così alla morte e ringiovanire.
NOTA
Come organismi così delicati abbiano potuto sopravvivere per intere ere geologiche, rimane in gran parte inesplicato. Un corpo gelatinoso non offre resistenza alla predazione e l’organismo delle meduse, inoltre, risulta molto permeabile ai tossici che possono essere contenuti nel mare e molto sensibile ai fenomeni anossici.
Le meduse possiedono una formidabile arma di offesa-difesa. Negli Cnidari compaiono gli cnidociti, cellule autonome senza rapporti con le reti nervose, ma capaci di reagire selettivamente agli stimoli. Gli cnidociti sono continuamente ricostruiti da cellule staminali interstiziali che migrano come nematoblasti nelle sedi opportune. Al loro apice, sono forniti di un cnidociglio che serve a far scattare il filamento urticante. Nella cellula si trovano un fascio di fibrille contrattili ed un vescicola colma di liquido urticante, la nematocisti, che si prolunga come un sottile filamento cavo dotato di spinette ed uncini e che si estromette di colpo e si infigge nella preda iniettando liquido urticante. Le biotossine degli Cnidari sono una miscela di ipnossina, talassina e congestina, con effetti anestetici e paralizzanti dovuti all'ipnossina, reazioni infiammatorie dovute all'effetto allergenico della talassina, mentre la congestina paralizza l'apparato circolatorio e respiratorio. L’indipendenza degli cnidociti è mostrata da alcuni Molluschi Nudibranchi che si cibano dei polipi di Cnidari; essi accumulano le cnidocisti sulla loro superficie corporea, e queste svolgono la loro reazione difensiva post mortem e dopo essere state ingerite dal mollusco.
Lo cnidocita rappresenta un tipo evolutissimo ed ultra specializzato di cellula autonoma. Tuttavia non è ancora spiegato come gli Cnidari abbiano potuto resistere e sopravvivere agli sconvolgenti eventi che produssero sul pianeta ben 5 estinzioni in massa e altre circa 23 estinzioni minori. Abbiamo soltanto ipotesi e forse il lavoro paziente dei genetisti potrebbe indicare altre vie ed altri meccanismi di sopravvivenza e di resilienza agli sconvolgimenti ambientali.