Alla scoperta della flora canaria:
2. Viaggiatori del Settecento
Silvia Fogliato
Sebbene anche nel Settecento sia mancata una ricognizione approfondita della flora delle Canarie, nel corso del secolo sono stati numerosi i naturalisti viaggiatori che, in genere diretti ad altre mete, hanno trascorso almeno qualche giorno nelle isole. Le occasioni si sono moltiplicate soprattutto nella seconda metà del secolo, con le grandi monarchie europee impegnata quasi a gara in viaggi scientifici d’esplorazione, che spesso – in particolare all’andata – prevedevano uno scalo nelle isole, per lo più a Tenerife, per completare il carico di acqua, vino e viveri freschi, prima di affrontare la traversata dell’Atlantico verso il Sud America o il Capo di Buona Speranza.
A caccia di piante misurando il meridiano
Mentre gli inglesi privilegiavano Madera (nel 1697 vi fece sosta Hans Sloane diretto in Giamaica, e novant’anni dopo nel 1768 il primo viaggio del capitano Cook), inizialmente furono soprattutto i francesi a preferire una scalo alle Canarie, sia per i legami politici tra la Francia e la Spagna (dal 1700 su entrambi i troni sedeva un Borbone), sia per la centralità assunta dall’arcipelago nella cartografia d’oltralpe, da quando sotto Luigi XIII (1634) era stato deciso di adottare come meridiano zero il “Meridiano del Ferro”, ovvero del Hierro, la più occidentale delle Canarie, definito come linea tangente l’isola presso il suo punto più occidentale, il Capo de Orchilla, situato a 20° ad ovest del meridiano di Parigi. Con l’eccezione dei britannici, la decisione fu accettata da molti geografi europei come sistema di riferimento per le carte terrestri e nautiche.
Era però essenziale verificare le coordinate reali del Capo de Orchilla, fino a quel momento determinate in modo approssimativo, e calcolare l’esatta differenza di longitudine con l’osservatorio di Parigi; l’Accademia delle Scienze decise di affidare la delicata missione a un matematico, cartografo ed astronomo molto esperto, il frate minimo Louis Feuillée (1660-1732). All’epoca ultra sessantenne, in gioventù aveva partecipato alla rettifica delle longitudini del Mediterraneo orientale, quindi era stato il protagonista di due avventurose spedizioni nelle Antille (1703-1706) e in Sud America (1707-1711), durante le quali, oltre a disegnare varie carte e determinare la posizione dei porti principali, aveva fatto importanti raccolte botaniche. Nel corso del secondo viaggio fece scalo a Tenerife (22 maggio-2 giugno 1708 e apprezzò la ricchezza botanica dell’isola, dove si proponeva di tornare, se non ne fosse stato impedito dalla guerra prima e da un’epidemia di peste che isolò Marsiglia poi. Dunque accettò di buon grado ma, vista la sua età, chiese di essere accompagnato da un aiutante; la scelta cadde su Charles Verguin, figlio di un capitano della Marina reale e allievo dell’astronomo e matematico Antoine Laval.
I due partirono da Marsiglia il 24 aprile 1724 e arrivarono a Santa Cruz de Tenerife il 23 giugno. Fecero le prime osservazioni nella casa del console francese a La Laguna, quindi si spostarono a La Orotava, da dove intrapresero l’ascensione del Teide; anche se, caduto sul Pan de Azucar, Feuillée non raggiunse personalmente la cima, ne determinò l’altezza con osservazioni geodetiche (il risultato molto esagerato fu di 2213 tese, ovvero 4413 metri). Quindi al Porto de la Paz (l’attuale Puerto de la Cruz) si imbarcò con il suo assistente per El Hierro, dove giunse il 12 agosto, dopo uno scalo di una settimana a La Palma. Vi si trattenne otto giorni per calcolare la posizione dell’isola: dai risultati fu chiaro che il Capo de Orchilla si trova a 20° 23′ 9″ ad ovest di Parigi; dunque il meridiano non corre sull’isola, ma in mare. Quindi, via Gomera, rientrò a Tenerife, fermandosi due settimane a La Orotava; tornato poi a La Laguna, vi soggiornò circa un mese, finché il 10 ottobre si imbarcò con Verguin su una nave inglese diretta a Cadice.
Nei tre mesi e mezzo trascorsi nell’arcipelago, oltre ai rilievi geodetici e cartografici e alle misurazioni barometriche e astronomiche, Feuillée raccolse informazioni sulla storia e le attività economiche e fece alcune raccolte di piante, anche se la stagione estiva non era particolarmente propizia. Al suo ritorno a Marsiglia, stese un’accurata relazione, rimasta però manoscritta; l’Accademia delle Scienze preferì infatti pubblicare solo un estratto con i risultati delle operazioni principali.
L’accuratissimo manoscritto segue un andamento cronologico, alternando i calcoli matematici e le osservazioni scientifiche a brevi informazioni sugli aneddoti del viaggio e la vita quotidiane nelle isole; sono una trentina le piante presentate e accompagnate da illustrazioni, non sappiamo se di mano dello stesso Feuilée o di Verguin. Stranamente, ad eccezione del solito drago Dracaena drago, sono soprattutto piante erbacee; quelle endemiche delle Canarie o della Macaronesia, tutte raccolte a Tenerife, a parte Asplenium hemionitis, vista al Hierro, sono la felce Dryopteris oligodonta, l’arbusto Hypericum grandifolium, le succulente Aichryson laxum, Aeonium canariense, Aeonium lindleyi, Aeonium urbicum, la violetta del Teide Viola cheiranthifolia, le Asteraceae Andryala pinnatifida, Gonospermum fruticosum, Sonchus radicatus. Ci sono anche due animali endemici, la tarantola delle Canarie Tarentola delalandii e la lucertola di Tenerife Gallotia galloti.
Viaggiatori di passo (e un cacciatore di piante)
Venticinque anni dopo Feuillée, un altro botanico francese sbarcò alle Canarie. Era il giovane Michel Adanson (1727-1806), diretto in Senegal. La nave su cui viaggiava, il Chevalier Marin, rallentata dal maltempo, fu costretta a uno scalo fuori programma a Santa Cruz di Tenerife per rinnovare le scorte di acqua e viveri; Adanson approfittò della sosta di una settimana (8-15 aprile 1749) per guardarsi intorno e fare qualche escursione. Le poche piante che cita ci dicono che non deve essersi allontanato molto dalla fascia litoranea, anche se nella sua relazione parla di montagne e della vista che se ne gode: in riva al mare notò due specie di succulente, Aizoon canariense e Mesembryanthemum nodiflorum; più nell’interno cespugli di Lycium afrum con i rami colmi di frutti pendenti da burroni e precipizi e prati pieni di gladioli di Provenza in fiore (presumibilmente Gladiolus italicus); sulle montagne (ma si tratta di piante tipiche del cardonal-tabaibal, sotto i 400 metri) Kleinia neriifolia, Euphorbia dendroides e Euphorbia canariensis, le ultime due in piena fioritura, circondate da nugoli di insetti.
È l’avanguardia dei tanti viaggiatori-naturalisti che passeranno dalle Canarie nella seconda metà del secolo, nell’epoca d’oro dei viaggi di scoperta inaugurata nel 1766 dalla circumnavigazione di Bougainville (che durante il viaggio di andata passò al largo di La Palma e del Hierro, ma non fece scalo nelle isole).
Invece vi fece scalo per due volte, tanto all’andata quando al ritorno, Clairet de Fleurieu, che tra il 1768 e il 1769 percorse in lungo e in largo l’Atlantico a bordo dell’Isis allo scopo di testare l’efficacia dei nuovi cronometri marini progettati da Ferdinand Berthout. Ne approfittò per fare rilievi astronomici e correggere le carte. Gli orologi si dimostrarono tanto affidabili che l’Accademia delle scienze organizzò immediatamente una seconda spedizione, affidata a Verdun de la Crenne al comando della Flore, con lo scopo di testare vari tipi di cronometri e strumenti di navigazione; scopo della missione era anche determinare con maggiore previsione le coordinate di vari luoghi, tra cui ovviamente l’isola del Hierro. Le misurazioni furono affidate all’ingegnere militare, matematico e geodeta Jean-Charles de Borda e all’astronomo Alexandre Guy Pingré. Nel 1776 i due tornarono a Tenerife per determinare l’altezza esatta del Pico del Teide, anch’essa molto utile per garantire precisione alle carte; utilizzando le triangolazioni trigonometriche (i tre punti erano una casa di Puerto de la Cruz, il giardino di una famiglia francese a La Orotava e la cima della montagna) ottennero un risultato di ammirevole precisione: 1905 tese, avvero 3713 metri (oggi è calcolata a 3715 m.).
Negli stessi giorni dell’agosto 1776 a Santa Cruz de Tenerife era ancorata anche la Resolution, la nave del terzo viaggio di Cook. Il capitano inglese e l’ingegnere francese ne approfittarono per scambiarsi informazioni. Ma non c’erano botanici in queste spedizioni. Ce n’era al contrario almeno uno, Joseph Hugues Boissieu La Martinière (1758-1788), nella nutrita équipe scientifica della grandiosa spedizione comandata da Jean-François de Galaup, conte di La Pérouse, partita da Brest il 1° agosto 1785 per emulare i successi di Cook facendo il giro del mondo ed esplorando il Pacifico settentrionale. Avendo trovato troppo caro il vino di Madera, l’unico scalo inizialmente previsto, il 20 agosto La Boussole e L’Astrolabe gettarono l’ancora a Santa Cruz; il 28 agosto un folto gruppo di studiosi, guidato dallo scienziato più prestigioso, Jean Honoré Robert de Paul de Lamanon, fisico, geologo, mineralogista, paleontologo, membro dell'Accademia delle scienze di Torino e di Parigi, scalò il Teide, facendo osservazioni ed esperimenti e raccogliendo campioni di piante e minerali lungo la strada. Il 30 le due navi ripartirono, senza sapere che il destino le attendeva di fronte all’isola di Vanakoro, nell’arcipelago delle Salomone, dove meno di tre anni dopo si sarebbero inabissate senza che si sapesse più nulla di loro. Rimane traccia del passaggio degli sfortunati scienziati alle Canarie in una breve memoria sul Teide scritta da Lamanon e da una lettera di La Martinière a André Thouin, il giardiniere capo del Jardin des plantes, spedita da Tenerife con un pacco di semi. Il botanico elenca le piante viste nei dintorni della città, quindi racconta l’escursione al Teide, soffermandosi sulla vegetazione. Anche se le identificazioni sono imprecise, dal suo racconto emergono chiaramente i livelli vegetazionali al di sopra dei vigneti e dei frutteti: prima lembi degradati di monteverde, dominati da Erica arborea e da “una specie di lauro”; quindi la pineta con il sottobosco di “una specie di ginestra che sembra arricciata”; poi una fascia di due leghe dominata dalla retama del Teide Spartium supranubium; infine le ultime quattro leghe dove “non si trova alcuna specie di vegetazione".
Rimaste per altro inedite, queste poche informazioni impallidiscono di fronte alle raccolte del primo, vero cacciatore di piante attivo nell’arcipelago, il raccoglitore dei Kew Gardens Francis Masson (1741-1805). Reduce di una lunga e fruttuosa missione in Sudafrica, tra il 1776 e il 1778 fu inviato da Banks in Macaronesia; esplorò a fondo soprattutto Madera, ma visitò anche le Azzorre e le Canarie; sulle sue attività in queste ultime ci informano cinque lettere inviate a Banks da Tenerife tra il 9 febbraio e il 12 agosto 1778; Masson non precisa il suo itinerario, ma dovette stabilire la sua base a Puerto de la Orotava (oggi Puerto de la Cruz); come località di raccolta cita Chasna, Santa Cruz, Puerto de La Orotava, il barranco Hondo presso Acentejo, Garachico, La Matanza, La Laguna, la Estancia de Los Ingleses sul Teide e il Llano de los Viejos. Tra i materiali inviati a Londra ci sono anche piante provenienti da La Palma, Gran Canaria, Fuerteventura e l’isola di Lobos, ma non sappiamo se egli visitò anche queste isole o se, come è più probabile, erano specie ornamentali coltivate nei giardini della valle di La Orotava. Masson inviò sia materiali di erbario per Banks, oggi custoditi al Natural History Museum di Londra, sia semi per i Kew Gardens. Nel catalogo del giardino Hortus Kewensis (prima edizione 1789) sono elencate 54 piante provenienti dalla Macaronesia; negli anni successivi, il botanico francese L’Héritier de Brutelle, che tra il 1786 e il 1787 visse a Londra e studiò sia l’erbario di Banks sia le piante vive coltivate nei giardini londinesi, pubblicò altre 19 specie. Inoltre Masson inviò materiali a Linneo, al figlio di questi Carl junior (che nel 1782 pubblicò 37 nuove specie), al direttore dell’orto botanico di Vienna von Jacquin e probabilmente all’amico e compagno di viaggio in Sudafrica Thunberg. In totale, sono 118 le nuove specie della Macaronesia descritte da diversi botanici europei sulla base degli invii di Masson. Il suo viaggio dunque segnò una tappa decisamente importante per la conoscenza della flora macaronesica, tanto più significativo se consideriamo che tutti gli autori citati si avvolgano delle denominazioni e del sistema linneani.
Viaggiatori fin de siècle
La scomparsa della spedizione La Pérouse destò grande commozione in Francia; per cercare di ritrovarla, in piena rivoluzione, di comune accordo il re e l’Assemblea nazionale decretarono una nuova spedizione, comandata da Antoine de Bruni d'Entrecasteaux con le navi La Recherche e L’Espérance. Di poco meno tragica della precedente, oltre a non ritrovare la spedizione perduta, vedrà la morte per scorbuto e dissenteria di metà dell’equipaggio, compresi il comandante e il suo secondo, la consegna delle navi agli olandesi da parte degli ufficiali monarchici, l’arresto e la detenzione dei marinai e degli scienziati “giacobini”. I sopravvissuti, tra cui il botanico Jacques Julien Houtou de La Billardière (1755-1834) riusciranno a tornare in Francia in modo più o meno avventuroso solo tra il 1794 e il 1796. Ma quando sbarcano a Tenerife il 13 ottobre 1791, gli scienziati della spedizione Entrecasteaux sono ancora giovani, pieni di ardore scientifico, tanto che la tradizionale salita al Teide si trasforma in una gara tra i naturalisti della Recherche e quelli della Espérance; a vincere la partita sono i primi, guidata da La Billardière. Il quale, nella sua relazione pubblicata nel 1799, racconta l’ascensione al Teide, elenca le piante viste e aggiunge qualche informazione sugli abitanti e le produzioni agricole di Santa Cruz. Molto emozionante il momento in cui, uscito dal mare di nubi che aleggiava sul monteverde, si trovò sotto il cielo purissimo del livello montano, mentre sul suo stesso corpo si rifrangeva l’arcobaleno.
Anche quella di questo grande botanico, che farà le sue prove con la flora australiana, è una sosta breve che non può aggiungere molto alla conoscenza di quella canaria; diverso è il caso del prossimo viaggiatore. Il 6 novembre 1796 gettò l’ancora a Santa Cruz l’ennesimo vascello francese, La Belle Angélique, comandata da Nicholas Baudin. Il capitano era un veterano dei viaggi botanici, essendo stato per alcuni anni al servizio dell’Austria per la quale trasportò diversi carichi di piante raccolti in America, Sudafrica e Mascarene dai raccoglitori di Schönbrunn. Ma allo scoppio delle ostilità tra la Francia rivoluzionaria e le monarchie europee, si era impadronito dell’ultimo e lo aveva depositato a Trinidad. La missione della Belle Angélique, sponsorizzata dal Museum national e approvata dal Direttorio, era proprio recuperare quella collezione, facendo anche nuove raccolte nelle Antille. A bordo, c’era un’équipe scientifica piccola ma affiatata: il botanico André Pierre Ledru (1761-1825), il giardiniere Anselme Riedlé, gli zoologhi René Maugé e Stanislas Levillain. Non erano previsti scali sulla rotta per le Antille, ma la nave teneva così male il mare e fu talmente sconquassata da un uragano che Baudin si rassegnò a riparare a Tenerife dove sostò per ben quattro mesi, prima nella speranza di rimetterla in senso, poi alla ricerca di un nuovo vascello con cui rimpiazzarla. Baudin, che si riteneva egli stesso un naturalista più che dilettante, e i suoi naturalisti misero a frutto il soggiorno forzato per esplorazione a tutto tondo della natura dell’isola; Ledru, un ex prete dal carattere socievole, fece presto a fare amicizia con diversi notabili di Santa Cruz; ospite a La Laguna dell’illuminato marchese Villanueva del Prado, percorse i barrancos e le montagne dei dintorni alla ricerca di piante. Quindi, dopo aver visitato altre località, il 12 febbraio 1797 partì con il marchese e altri amici per La Orotava, una località che lo deliziò per la dolcezza del suo clima, la bellezza dei suoi giardini, l’ubertosità delle campagne. In compagnia del direttore Le Gros visitò il giardino di acclimatazione, fondato intorno nel 1788 proprio grazie all’impegno del marchese e destinato ad accogliere e sperimentare le piante americane in vista della loro introduzione in Spagna. Senza mancare le feste di carnevale, visitò assiduamente i dintorni e finalmente una mattina fu pronto per l’ascensione al Teide, che intraprese insieme a Le Gros; ma se la presero troppo comoda e furono costretti a tornare indietro a due terzi del cammino. Successivamente, egli visitò altre località, sia lungo costa nord come Los Realejos, Garachico e Taganana, sia dell’interno come Vilaflor, sia della costa ovest come Adeje. Anche se era soprattutto un botanico, raccolse anche minerali e nella sua relazione, poi divenuta un classico, dedicò anche un capitolo alla fauna, in cui elenca una sessantina di uccelli, certamente segnalati dallo zoologo della spedizione Maugé. Le piante canarie da lui raccolte e conservate negli erbari di vari musei francesi sono invece una cinquantina. Una, raccolta lungo la strada per La Orotava, apparteneva a un nuovo genere e gli fu dedicata da de Candolle: è Drusa glandulifera, una piccola rampicante pelosa e appiccicosa, con una curiosa distribuzione (oltre che alle Canarie, si trova in Marocco e in Somalia).
Tre anni dopo, nel novembre 1800, il capitano Baudin era di ritorno a Tenerife, alla testa di una spedizione ben più ambiziosa, voluta da Napoleone primo console: con le due navi Géographe e Naturaliste doveva fare il giro del mondo per dimostrare la preminenza scientifica della nuova Francia. A bordo delle due navi c’era un’équipe monstre di 22 tra giardinieri, scienziati e artisti. Tra di loro, c’era, quasi al completo, la squadra della Belle Angélique; mancava solo Ledru che quasi all’ultimo momento aveva rinunciato, per sua somma fortuna: tanto il comandante che i suoi antichi compagni erano destinati a morire durante il viaggio, celebre anche per gli attriti tra Baudin e i naturalisti, molti dei quali abbandonarono la spedizione a Mauritius. I primi segni di tensione si manifestarono proprio a Tenerife, dove le due navi fecero scalo tra il 5 e il 12 novembre 1800. I naturalisti misero a frutto la sosta per verificare i loro strumenti, ma Baudin, che desiderava ripartire al più presto, vietò loro di allontanarsi dai dintorni di Santa Cruz e soprattutto di intraprendere la sospirata ascensione al Teide. Il più irritato era il giovane naturalista Jean-Baptiste Bory de Saint-Vincent, uno dei futuri transfughi di Mauritius, che non di meno raccolse abbastanza informazioni da scrivere su saggio sulle isole e la loro storia, Essais sur les îles Fortunées et l’antique Atlantide (1803).
Tra i due scali di Baudin, si colloca l’arrivo a Tenerife dell’ultimo dei nostri viaggiatori di passo: Alexander von Humboldt, diretto in Sudamerica, passeggero insieme all’amico Aimé Bonpland della corvetta spagnola Pizarro che vi fece scalo dal 19 al 25 giugno 1799. A terra egli trascorse solo sei giorni, ma li impiegò con grande profitto: non solo scalò il Teide (con qualche delusione: in fondo era un’ascensione come tante altre che si potevano fare in Europa, e si vedevano cose già mille volte viste e descritte), ma fece osservazioni decisive sia sul vulcanismo, sia sulla correlazione tra vegetazione, altezza ed esposizione, primo nucleo del suo celebre Saggio sulla geografia delle piante.
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