Memorie di fantascienza
Tarantola
Roma, metà anni Cinquanta o appena poco dopo.
È il pomeriggio inoltrato di un giorno feriale. Siamo in un locale vasto, buio, umido intriso di densi afrori di umanità: è il cinema parrocchiale annesso all’oratorio della chiesa di Sant’Emerenziana, dal nome della giovanissima schiava della martire Agnese che, incurante dei divieti delle autorità pagane, aveva osato recarsi a pregare sulla tomba della ex padrona, ammazzata malamente per la sua fede cristiana e futura santa. Ignari di quella lontana tragedia, nelle prime file, un gruppo di ragazzini tutti maschi, molti ancora in calzoni corti, ciucciano e ciancicano compulsivamente bruscolini (semi di zucca secchi e salati) mentre con gli occhi fissi, sbarrati sullo schermo seguono le immagini, rigorosamente in bianco e nero, che raccontano una storia ancora più raccapricciante. Un purissimo esempio di proto-fanta-horror: il massimo della strizza, almeno per i gusti di allora.
Il solito scienziato, metà genio metà folle, pieno di buone intenzioni ma piuttosto pasticcione anzi che no, sottopone un povero ragnetto a tremendi esperimenti che lo ingigantiscono per trasformarlo in un mostruoso insettone, tanto grande quanto famelico. La bestiaccia naturalmente riesce a fuggire dal laboratorio situato nel deserto a due passi da Desert Rock, una tranquilla cittadina dell’Arizona: esasperata per le torture subite è anche affamata e comincia a nutrirsi di tutti quelli che incontra sul suo cammino. Solo un provvidenziale, liberatorio e unanimemente atteso in sala, “arrivano i nostri” missilistico impedirà al gigantesco ragnone di avere la meglio su un’Umanità impreparata e spaventata.
Un classico della science fiction cinematografica made in USA negli anni Cinquanta, sottogenere BEM (mostri con gli occhi d’insetto), realizzato con due lire, ma ricco di idee, trovate, un ritmo incalzante… Infatti la regia è di quel Jack Arnold che firmerà altri capolavori del genere B-Mouvies (Destinazione Terra, 1953; Il mostro della laguna nera, 1954; Radiazione BX distruzione uomo, 1957): da non perdere, poi, nelle sequenze finali un giovanissimo Clint Eastwood che interpreta il pilota che guida il jet di punta della squadriglia aerea che, a forza di missili e bombe incendiarie, tra gli applausi del giovanissimo pubblico presente, farà giustizia della tarantolona troppo cresciuta e invadente.
Finisce a pezzi e bruciata l’orrenda creatura che aveva osato mettere in discussione gli equilibri naturali e il predominio dell’uomo nel Creato… E non è neppure il peggiore dei maltrattamenti a cui è sottoposto l’insettone: già nella locandina del film, infatti, rappresentato mentre alla maniera di King- Kong stringe tra le fauci una donna urlante e discinta, ci appare provvisto di due soli occhi invece degli otto, previsti dall’entomologia.
Nonostante i suoi sessant’anni, film assolutamente da rivedere.
Della serie “Le puttanate che abbiamo allegramente attraversato e che, comunque, non ci hanno impedito di crescere”