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Il ritorno dell’erba del diavolo

 

ortiche

Buone notizie per l’ortica

 

Il ritorno dell’erba del diavolo

 

Luciano Luciani

 

Non troppo positiva la fama dell’ortica nella percezione della gente. Un giudizio negativo confermato da non pochi proverbi e modi di dire entrati da tempo nell’uso corrente della lingua italiana. E se l’espressione Gettare alle ortiche sta a indicare spreco e dispersione, i proverbi Nel campo lavorato non crescono ortiche e Il campo dell’accidia è pieno di ortiche rimandano a un nesso indissolubile tra l’indolenza e una pianta - ingiustamente - considerata inutile e invasiva. Invece, Non conoscere neanche l’ortica a tasto collega la pianta malfamata con chi non capisce niente, neppure le cose più evidenti ed elementari. Comunque, anche il più sciocco tra gli uomini non può non rendersi conto delle proprietà urticanti della mala erba: infatti, Chi ha il cul nell’ortica/spesse volte gli formica... E pensare che le più comuni specie di questa pianta (Urtica dioica, Urtica urens, Urtica pilulifera, Urtica membranacea...) sono state largamente coltivate dall’uomo fin dall’età della pietra a scopo alimentare, come pianta tessile, come medicamento per contrastare una lunghissima lista di malanni. Per Ildegarda di Bingen (1098-1179), mistica e religiosa tedesca appartenente all’ordine delle Benedettine non aliena da interessi medici, i semi dell’ortica combattono il mal di petto; per il medico e naturalista senese Pierandrea Mattioli (1500-1577) le fronde “Giovano applicate con cera ai difettosi di milza; messe trite insieme col succo nel naso vi ristagnano il flusso del sangue, peste insieme con mirra e applicate di sotto provocano i mestrui; toccandosi con esse fresche la matrice rilassata la ritornano al suo luogo. Il seme bevuto col vino passo muove a lussuria: apre la bocca della matrice. Lambendosi con mele giova ai difetti di petto, ai dolori laterali e alle infiammazioni del polmone e purga il petto”. Tutte informazioni confermate da Castore Durante da Gualdo (1529-1590), archiatra di papa Sisto V e importante botanico del XVI secolo, che ne aggiunge anche altre: “Il seme vale contro il veleno della cicuta, dei funghi, dell’argento vivo, del guisquiamo, dei serpenti e degli scorpioni, e bevuto con acqua di sassifragia al peso di una dramma, ovvero con latte di pecora con mezz’oncia di zuccaro candido violato, rompe la pietra della vescica.... L’ortica se tenuta ventiquattr’ore nell’orina dell’infermo si mantiene verde, significa la salute dell’infermo, ma se non si conserva verde significa morte o gran pericolo”. Numerosi, poi, i riscontri nella medicina popolare: l’ortica è stata usata per secoli per guarire dagli effetti dei geloni; per combattere il mal di denti, le metrorragie e le emottisi; come espettorante per la tosse, per le sue proprietà diuretiche e perché contribuirebbe ad arrestare la maledetta e antiestetica caduta dei capelli. Negletta da almeno un paio di secoli, l’ortica, l’erba maledetta, la pianta del diavolo, da almeno una ventina d’anni a questa parte sta ottenendo, però, significativi riconoscimenti in settori diversi e importanti. Ricca di minerali, vitamine, aminoacidi essenziali e principi disintossicanti, la utilizza la farmacia e la cosmesi “verde” e non solo: alzi la mano chi non ha mai utilizzato uno shampoo antiforfora all’ortica... Numerose, poi, le aziende tessili che ne acquistano i raccolti per realizzare rustici ma apprezzati tessuti ecologici. Cotta in acqua bollente (è sufficiente un minuto), l’ortica risulta un’ottima verdura dal sapore simile agli spinaci con cui condire la pasta, i risotti, arricchire le zuppe, valorizzare il sapore delle frittate, ottenere impasti per polpette e torte rustiche, salate e dolci. Di recente, su qualche tavola ha cominciato ad apparire e a essere apprezzata una squisita birra all’ortica.

 

Solo apparentemente arcigna nei confronti degli uomini, l’ortica si rivela, invece, pianta accogliente e delicata: nutrice di varie specie di belle ed eleganti farfalle, le Vanesse, Lepidotteri dalle ali ampie a margine ondulato e vivaci colorazioni, che nell’ortica comune, quella che cresce nelle aree erbose marginali, nei cortili di vecchie case di campagna, a ridosso di muri e muretti, trovano la loro pianta alimentare preferita: “Malgrado siano piante neglette, pungenti, irritanti, amare come sostanze contenute, di odore repellente, mostrano di possedere tra le farfalle più estimatori rispetto ad altre pianticelle da noi considerate buone, belle e profumate. Ma occorrerebbe ragionare un po’ di più anche con la testa ‘degli altri’, rinunciando a questo nostro esasperato antropocentrismo che ci fa vedere tutto e soltanto a senso unico” (Contarini, 2008).