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Santo sudicio!

 

 

 

 

San Daniele Stilita, miniatura dal Martirologio di san Basilio

Santo sudicio!


di Luciano Luciani 

 

L’approvazione da parte del Parlamento di Strasburgo del rapporto, presentato dall’eurodeputata irlandese Lynn Boyle, che impegna la commissione Junker ad adoperarsi per riconoscere l’acqua e i servizi igienici come un diritto umano, rappresenta l’ennesimo episodio nella millenaria lotta tra lo sporco e il pulito. Un conflitto antico quanto l’uomo che si combatte lungo la mobile linea di confine che va sotto la dizione di “igiene personale”: un complicato prodotto culturale mai portato definitivamente a compimento, sempre in continua rielaborazione. Una guerra combattuta con armi specifiche: vasche da bagno, latrine, terme private e pubbliche, saponi e saponette, vasi da notte, cessi portatili, wc di porcellana... Una lunga storia di pratiche personali e collettive per pulire il corpo, il cui rifiuto o la cui accettazione accompagnano ben più famose battaglie per la libertà e i diritti umani.

La storia dell’igiene in occidente con tutte le sue contraddittorie vicende ha conosciuto momenti più o meno felici... Tramontata la cultura romana delle terme subentrarono i secoli bui di un medioevo intriso di cristianesimo, a cui si accompagnò spesso una concezione punitiva del corpo, del suo benessere, della sua pulizia. Un corpo sporco è più gradito a Dio? Debbono averlo pensato non pochi cristiani delle origini e dei secoli successivi, martiri, santi, padri della Chiesa... Per esempio, la giovanissima martire Agnese (293-305), poi santificata, che, per tutti i 13 anni della sua breve esistenza, non deterse mai nessuna parte del proprio corpo. Un comportamento condiviso anche da san Gerolamo che personalmente rifiutava di frequentare le terme e non esitava a consigliare alle vergini di guastare le loro belle fattezze naturali “attraverso una deliberata trasandatezza”. D’accordo con lui santa Paola romana (347-406), nobile matrona sua discepola che, a capo di una comunità di suore a Betlemme, non si stancava di ripetere alle consorelle che “un corpo pulito e un bell’abito testimoniano di un’anima sporca”. Più moderato san Benedetto che nella sua Regola scritta intorno al 528 prevedeva il bagno solo per i malati e gli anziani, mentre le abluzioni, potenzialmente peccaminose, non erano permesse “a quelli in buona salute e specialmente ai giovani”. Sant’Olimpia da Costantinopoli (361-408) bella, ricca, nobile, dopo essere rimasta vedova a soli vent’anni e vergine - può capitare! - scelse una vita di assoluta castità e povertà. Regalati tutti i suoi cospicui beni agli ultimi, istituì un monastero femminile e condusse, sino alla fine dei suoi giorni, un’esistenza miserrima. Secondo un suo anonimo biografo del V secolo, il suo abbigliamento era “spregevole” e “non si faceva quasi mai il bagno”. Santa Radegonda, regina dei Franchi (518-587), lavava pochissimo se stessa ma piuttosto spesso gli altri, meglio se lebbrosi. Due volte la settimana, il giovedì e il sabato, “dopo essersi cinta con un panno, lavava le teste dei bisognosi, sfregava via energicamente qualsiasi cosa vi trovasse. Non indietreggiava mai di fronte allo squame di sporco, alla scabbia, ai pidocchi o al pus, tirava via i vermi e sfregava la carne putrida”. Il monaco Godric (1065-1170), mai canonizzato ma considerato santo dai cristiani inglesi, andò in pellegrinaggio dalle isole britanniche a Gerusalemme senza mai lavarsi o cambiarsi d’abito; san Francesco d’Assisi non trova ripugnante lo sporco e raccontano che sia apparso ai suoi fraticelli per elogiarli della negligente trascuratezza con cui tenevano le loro celle; san Nilo (910-1004), santo calabrese e asceta, si cambiava d’abito, che consisteva in una rozza pelle di capra, solo una volta l’anno e si lavava anche meno spesso “sopportando con pazienza e senza infastidirsi il prurito di miriadi di fastidiosi insetti”.

Robetta, comunque, a confronto con quanto fece san Daniele, lo stilita (409-493), che, per mortificare il corpo ed esaltare lo spirito, trascorse trentatre anni della sua esistenza in cima a una colonna con vista sul Bosforo. Quando morì aveva i capelli lunghi due metri, la sua barba misurava un metro e mezzo e “le ginocchia erano attaccate al torace, i talloni e le gambe alle cosce: quando il suo corpo venne raddrizzato, le ossa scricchiolarono con tale violenza che si temette un incidente” (Farmer).

La casistica intorno alle poco pulite vite dei santi potrebbe continuare a lungo... Noi ci fermiamo qui, convinti di aver fornito un curioso, ma stimolante, spunto di riflessione intorno a un momento distintivo della evoluzione del concetto di pulito che è anche storia del corpo. Un punto di vista particolare: che ci rivela, però, molto intorno a quello che conoscono e a quello che ignorano gli uomini di una certa epoca, ai loro desideri, alle loro paure... Insomma, chi sono nella concretezza della vita quotidiana.