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Rovelli e la cultura scientifica

 

Carlo Rovelli nel 2017

Verba Woland: Rovelli e la cultura scientifica


Da Massimo Bruschi per La città invisibile maggio 2023

 

Carlo Rovelli ha avuto in questi giorni l'onore delle cronache. Come sempre accade in Italia non certo perché è un grande fisico o per il suo ultimo saggio Buchi bianchi. Dentro l’orizzonte, ma per l'intervento al Concertone del 1° maggio.

Mi punge pertanto vaghezza di ripubblicare un mio post in cui il fisico dice la sua sulla situazione della cultura scientifica in Italia.

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Carlo Rovelli è un fisico teorico italiano cinquantottenne. Ha lavorato in Italia, Negli Stati Uniti ed in Francia. Attualmente è professore presso l'Université de la Méditerranée e direttore di ricerca al CNRS nel Centre de physique théorique di Luminy a Marsiglia. (France). Professore affiliato del Dipartimento di Storia e di Filosofia delle Scienze presso l'Università di Pittsburgh (Pennsylvania) è anche un apprezzato saggista.

Come storico ha scritto un bellissimo libro: Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro (Mondadori, 2011, pp.176, euro 15,30) di cui consiglio vivamente la lettura. Scoprirete una figura eccezionale: Anassimandro è autore di una straordinaria «rivoluzione scientifica» che Karl Popper ha definito «one of the boldest, most revolutionary, and most portentous ideas in the whole history of human thinking". Anassimandro fu il primo a concepire un modello meccanico del mondo, sostituendo le teorie mitiche e religiose con spiegazioni naturalistiche. Sosteneva - incredibile! - che la terra galleggia immobile nello spazio senza essere appoggiata a nulla.

Secondo Rovelli il metodo scientifico è la forma più alta ed affidabile del pensiero umano perché - al contrario della religione - è fondata sul dubbio. Le credenze religiose per sopravvivere fanno espressamente ricorso al divieto di revocarle in dubbio. La scienza invece non promette certezze assolute né risposte a tutte le domande. Il sapere è sempre provvisorio: la consapevolezza di ciò consente di correggere errori e non accontentarsi dei risultati raggiunti.

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Ora Rovelli ha scritto un interessante articolo su La Repubblica di cui vorrei parlare. È un'amara riflessione sulla scuola italiana:

Penso che la scuola italiana sia fra le migliori del mondo. Paradossalmente, penso lo sia soprattutto per chi vuole dedicarsi alla scienza, come ho fatto io. Non per caso giovani italiani brillano in tutti i migliori centri di ricerca del mondo. Hanno qualcosa che altri paesi fanno fatica a offrire: non solo fantasia e creatività, ma soprattutto un'ampia, solida e profonda cultura. Sono convinto che studiare Alceo, Kant e Michelangelo offra a uno scienziato strumenti di pensiero più acuminati che non passare ore a calcolare integrali, come fanno i ragazzi delle scuole d'élite di Parigi. Sapere, conoscenza, intelligenza, formano un vasto complesso dove ogni parte si nutre di ogni altra. La nostra intelligenza del mondo si basa su tutto ciò insieme. Questo insieme è la cultura. Non voglio dire che per fare buona scienza sia strettamente necessario avere tradotto versi di Omero dal greco, o leggere Shakespeare, però penso che aiuti molto.

Infatti, racconta il nostro scienziato, molti suoi colleghi - che magari non conoscevano Virgilio - hanno capacità eccezionali che lui stesso non ha. 

Ma la capacità di guardare lontano e individuare i problemi chiave è venuta alla nostra collaborazione dalla scuola italiana, dall'ampiezza della sua prospettiva storica e culturale? Ma allora qual è il problema? Ecco la risposta:

E' la scienza che manca nella scuola, anzi, manca drammaticamente nella società italiana. L'Italia resta pericolosamente un paese di profonda incultura scientifica, sia confrontato con gli altri paesi europei, dove la scienza è rispettata profondamente, come non lo è da noi, sia forse ancor più confrontato con i paesi emergenti, che vedono nella cultura scientifica la chiave del loro sviluppo. L'Italia è un paese di profonda incultura scientifica nella mancanza di scienza seria a scuola; nell'incapacità di avere discussioni dove si ascoltano con attenzione argomenti e contro- argomenti; nella diffusa ignoranza di scienza delle nostre élite, fin nel nostro parlamento, e peggio ancora nella stucchevole prosopopea di chi si fa vanto di non capire nulla di scienza.

E pensare - dice Rovelli - che la scienza moderna è nata in Italia. L'Italia è innamorata del suo Rinascimento ma dimentica spesso il suo frutto più straordinario: Galilelo Galilei, il padre della scienza moderna:

Primo a capire come interrogare la Natura, primo a trovare una legge matematica che descrive il moto dei corpi sulla Terra, primo a guardare nel cielo cose che nessun umano aveva mai prima potuto immaginare. Il sapere scientifico moderno, che ha cambiato il mondo, ci ha permesso di vivere come viviamo, ci ha dato la ricchezza fiammeggiante della conoscenza di oggi, ha visto nascere una parte importante di sé in Italia, raccontato in una limpida lingua italiana da uno fra i migliori scrittori che abbia avuto il nostro paese, sempre lui: Galileo. Mi piacerebbe che l'Italia fosse orgogliosa di Galileo, non solo di Raffaello.
Mi piacerebbe che l'Italia si allontanasse dall'idea che la cultura sia solo arte antica, o culto sterile del proprio passato; che l'Italia desse alla cultura e alla cultura scientifica in particolare la dignità che deve avere nella formazione di una persona.

Anch'io - classicista e filologo dilettante per passione - ho per tutta la vita combattuto questa battaglia nell'Università e nella società.

Cambierà mai il vento? Sempre ottimista cerco di esserlo anche su questo argomento ma confesso che mi ci vuole un grande impegno.

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1.Karl Popper, Conjectures and Refutations: The Growth of Scientific Knowledge (New York: Routledge, 1998), pg 186.