Pensando alla matematica*
Matej Brešar
parte prima
Concezioni sulla matematica
La maggior parte delle persone associa la matematica a numeri, calcoli, regole rigide e formule aride. È conosciuta come una materia scolastica difficile e spesso impopolare. Molti pensano che noi matematici ammazziamo il tempo facendo calcoli con numeri molto grandi. Persino tra le persone più istruite e con una spiccata inclinazione matematica, c’è un grande malinteso sia sul significato della matematica sia sul lavoro dei matematici. Si pensa che i matematici abbiano a che fare con espressioni lunghe e complicate, piene di frazioni, coefficienti binomiali, integrali e altri simboli matematici. Armati della conoscenza di una miriade di formule e tecniche di calcolo, trasformiamo e riorganizziamo queste espressioni con la pazienza e la meticolosità che ci sono proprie, fino a ottenere il risultato desiderato. Non c’è quasi nessuno che non si aspetti che un matematico sia in grado di risolvere un problema di calcolo di routine, come l’addizione o la moltiplicazione di alcuni numeri, più velocemente e più abilmente di altri. Questi sono tutti stereotipi che hanno poco fondamento nella realtà. La maggior parte dei matematici non incontra numeri concreti più spesso di altre persone e il lavoro sulle espressioni matematiche evoca più che altro ricordi di banchi di scuola. Alcune idee comuni sulla matematica sono tuttavia più accurate. Precisione, coerenza e disciplina mentale sono giustamente associate alla matematica. Anche la consapevolezza dell’utilità della matematica, che piaccia o no, è generalmente diffusa. Tutti usiamo la matematica di base. Alcune delle teorie matematiche più comuni sono utilizzate in ambito scientifico come strumento e linguaggio di base che consente una descrizione esatta. La fisica, che è sempre stata intimamente legata alla matematica, ha bisogno di una matematica molto profonda e i problemi fisici spesso danno origine a nuova matematica. Anche alcune parti di altre scienze sono strettamente legate alla matematica, ad esempio parti dell’informatica (matematica informatica), dell’economia (matematica finanziaria) e, forse sorprendentemente, della biologia (biologia matematica o biomatematica). Per la sua indiscussa utilità e la sua presunta difficoltà, la matematica suscita un senso di rispetto. Di solito non è quindi imbarazzante rivelare che si è matematici di professione a nuovi conoscenti. Questi potrebbero pensare che si tratti di una professione riservata a persone noiose, ma ovviamente non lo diranno. L’unica cosa di cui noi matematici abbiamo un po’ paura è l’inevitabile risposta “cavolo, non mi piace...”, oppure “i numeri non sono il mio forte...”. Come spiegare che nemmeno a voi interessano i numeri concreti, ma che trovate il concetto di numero immensamente bello?
Matematica scienza del calcolo?
La matematica ci ricorda immediatamente i calcoli. Nelle materie matematiche a tutti i livelli di istruzione, dalla scuola elementare all’università, abbiamo costantemente a che fare con calcoli e altri tipi di operazioni. Quando noi matematici abbiamo a che fare con problemi molto più astratti, che non ricorderebbero in alcun modo ai profani la matematica imparata a scuola, in gergo matematico parliamo spesso di soluzioni di calcolo. Perché allora il punto interrogativo nel titolo di questo paragrafo? Prima di rispondere, vediamo due semplici esempi che illustrano il modo di ragionare matematico. Innanzitutto, c’è il famoso aneddoto su uno dei più celebri matematici di tutti i tempi, Carl Friedrich Gauss (1777-1855). Ai matematici piace ripetere questo aneddoto, quindi sarà probabilmente familiare a molti lettori. Non importa: fornisce un ottimo spunto per spiegare l’essenza della matematica ed è interessante di per sé. Alcuni dubitano della veridicità della storia. Ma ha importanza se un aneddoto è vero? L’aneddoto risale al periodo in cui Gauss era un ragazzino. Durante una lezione scolastica, l’insegnante diede a tutti gli alunni il compito di contare la somma dei primi cento numeri naturali, ovvero di trovare la somma di 1 + 2 + - - - - + 100. Presumibilmente, l’insegnante voleva solo guadagnarsi un po’ di tranquillità e occupare i suoi alunni con un compito che richiede un’enorme quantità di tempo ed è quindi praticamente impossibile, anche se richiede solo le più elementari conoscenze di calcolo. Con grande sorpresa di tutti, Gauss diede quasi subito la risposta giusta. Egli ragionò come segue. La somma del primo e dell’ultimo numero, 1 + 100, è pari a 101. La somma del secondo e del penultimo numero, 2 + 99, è anch’essa uguale a 101. E così via. Anche 50 + 51 = 101. Dobbiamo solo sommare 101 a se stesso 50 volte. La risposta è quindi 50 × 101 = 5050. A titolo di curiosità, lasciatemi ricordare che la matematica iraniana Maryam Mirzakhani, la prima donna a ricevere la Medaglia Fields1, nelle interviste faceva riferimento a questo aneddoto come il primo ricordo del suo innamoramento per la matematica. Ricordo che anche a me fece una forte impressione quando mio padre me lo raccontò da bambino. Uno dei motivi di interesse è che un bambino brillante sorprende e forse anche un po’ ridicolizza un insegnante che ha dato un compito insensato. Ma qual è il messaggio matematico? Il problema in sé sembra risolvibile, anche se seguiamo ciecamente la sua formulazione e aggiungiamo un numero dopo l’altro. Ma poiché non siamo macchine, bensì esseri umani, quasi certamente commetteremmo un errore in qualche passaggio. Se l’insegnante chiedesse agli alunni di calcolare la somma del primo milione di numeri naturali, il compito sarebbe in un certo senso più semplice. In particolare, sarebbe chiaro che è quasi impossibile risolverlo per via diretta, quindi si sarebbe costretti a pensare alla individuazione di un principio generale. Il problema sarebbe ancora più chiaro se si chiedesse di calcolare la somma dei primi n numeri naturali, dove n è un numero naturale qualsiasi2. In questo modo sapremmo immediatamente che non è necessario cercare alcuna proprietà speciale del numero 100 e che il problema richiede la scoperta di un metodo intelligente. Porre il problema in un contesto più generale e astratto lo rende in realtà più “facile”. In generale, quando si cerca di risolvere un problema concreto, conviene pensare in modo astratto, uscire dagli schemi e porsi delle domande. Questo vale per tutte le attività umane, ma in matematica si manifesta nel modo più immediato. Vediamo un altro esempio. Anch’esso è ben noto, anche se molto meno dell’aneddoto su Gauss. Immaginiamo un torneo di tennis, che si gioca con un sistema a eliminazione diretta. Quante partite si dovranno giocare? Supponiamo che ci siano 16 giocatori. Ci sono 8 partite al primo turno, 4 al secondo, 2 al terzo e l’ultima partita si gioca all’ultimo turno. Il numero totale di partite è quindi 8+4+2+1 = 15. Se il numero di giocatori è 32, 64, 128, ecc. il risultato può essere calcolato con lo stesso schema. Ma cosa succede se il numero di giocatori è più sfavorevole, per esempio 13? Concordiamo che se c’è un numero dispari di giocatori, uno di essi passerà al turno successivo per sorteggio, mentre gli altri si sfideranno. Quindi ci sono 6 partite al primo turno e rimangono 7 giocatori. Nel secondo turno ci sono 3 partite e rimangono 4 giocatori. Ci sono due semifinali e infine la finale, quindi in totale ci sono 6 + 3 + 2 + 1 = 12 partite. Ora, supponiamo che ci siano n giocatori nel torneo, dove n è un numero qualsiasi. La prima impressione è che il problema sia un po’ fastidioso. In ogni turno dovremo considerare se è rimasto un numero dispari o pari di concorrenti. Ma vediamo il problema dal seguente punto di vista. In ogni partita c’è un perdente (e un vincitore), quindi il numero di partite è uguale al numero di tutte le sconfitte. Il numero di sconfitte è pari al numero di concorrenti che sono stati sconfitti. Infatti, ogni concorrente può essere sconfitto una sola volta, dopodiché non potrà più gareggiare. E allora quanti sono i concorrenti sconfitti? Tutti, tranne il vincitore del torneo. Il numero di partite è pertanto pari a n - 1. In matematica, siamo sempre alla ricerca di una prospettiva da cui vedere l’essenza del problema. Cioè, una prospettiva che ci permetta di allontanarci dal concreto. Come ci piace dire, vogliamo vedere la foresta e non solo i singoli alberi. Il lavoro di ricerca del matematico ricorda un escursionista su una montagna, ossessionato dall’idea di trovare un punto di vista da cui vedere finalmente tutti i pendii e le valli. Non sa se tale punto di osservazione esista, e anche se esistesse non ha idea di quale sia il sentiero che conduce là. Cerca. Può sempre decidere di tornare indietro e abbandonare il pensiero del punto panoramico. Senza perseveranza, a volte senza sfida, non troverà di certo il punto panoramico. La matematica è dunque la scienza del calcolo? Certo, si occupa di calcolo, ma una descrizione del genere sarebbe troppo superficiale e fuorviante. Quanto c’era di calcolo negli esempi precedenti? Entrambi i problemi erano, a prima vista, difficili da risolvere. Il primo è stato trasformato, grazie a un’idea intelligente, in un unico semplice calcolo, mentre il secondo è stato risolto senza alcun tipo di calcolo. Una descrizione più appropriata sarebbe che la matematica è la scienza che evita il calcolo.
Matematica pura
Come ogni disciplina scientifica, la matematica si divide in numerose sottodiscipline. La divisione più elementare, ma meno nota al grande pubblico, è quella in matematica applicata e matematica pura (chiamata anche matematica teorica, ma trovo questo termine meno appropriato). A volte è difficile tracciare una linea di demarcazione tra queste due parti della matematica, perché confluiscono continuamente l’una nell’altra. Tuttavia, la maggior parte dei matematici può definirsi “applicati” o “puri”. La matematica applicata si occupa delle applicazioni dei metodi matematici a varie aree della scienza e della tecnologia. Queste applicazioni sono estremamente varie e interessanti, ma non ne parlerò. Non ne so abbastanza di matematica applicata. Che cos’è la matematica pura? La risposta più diretta è che si tratta di matematica per amore della matematica. La sua forza motrice è la matematica stessa, nasce da sé. I suoi obiettivi sono sfide intellettuali alle quali non possiamo resistere. Esiste da migliaia di anni. Il desiderio di esplorare la matematica pura è innato in noi. La sua caratteristica fondamentale è l’astrattezza. La matematica pura si occupa di concetti che esistono solo nella nostra mente. Anche concetti semplici come i numeri uno, due, tre, ecc. non esistono al di fuori della nostra coscienza. Le scienze naturali non possono dare risposte certe. Al contrario, le risposte fornite dalla matematica pura non possono che essere definitive. La matematica pura si basa sul concetto di dimostrazione, che non lascia spazio a dubbi sulla veridicità. Mi spiego meglio. Le “regole del gioco” della matematica pura sono chiare e predeterminate. Il punto di partenza è un insieme di verità fondamentali generalmente accettate, chiamate assiomi. Tramite un ragionamento logico si ricavano asserzioni matematiche dagli assiomi. Una sequenza di conclusioni logiche che porta a un’asserzione è chiamata dimostrazione, mentre un’asserzione è chiamata teorema. Se tutte le conclusioni logiche della dimostrazione del teorema sono corrette, nessuno può contestare il teorema. Si possono formulare opinioni sul suo interesse, sulla sua importanza, sulla sua originalità, ma non sulla sua correttezza né sulla sua veridicità. In matematica la parola dimostrazione ha un significato diverso da quello a cui siamo abituati. Quando nella vita di tutti i giorni, e anche nelle altre scienze, diciamo che qualcosa è stato dimostrato, intendiamo dire che la dimostrazione è così forte che il dubbio non è più ragionevole. Tali dimostrazioni possono essere migliori, più convincenti, o peggiori, meno convincenti. Per esempio, come semplice dimostrazione che la Terra è rotonda, ci piace citare come le navi scompaiono all’orizzonte. Le fotografie della Terra dallo spazio, ovviamente, forniscono una dimostrazione incomparabilmente migliore. Tutte le dimostrazioni in matematica sono uguali, questo è assolutamente certo. Naturalmente alcune sono più e meno esplicative, alcune più facili e altre più difficili da capire. Per uno stesso teorema, spesso si trovano diverse dimostrazioni. Ognuna di esse può avere qualche vantaggio rispetto alle altre, ma tutte confermano in modo ugualmente inequivocabile la verità del teorema. Naturalmente, sto parlando di dimostrazioni corrette, cioè prive anche di un solo errore. In una dimostrazione lunga e complessa non è facile verificare se non si sia insinuato qualche errore. Ma cosa sia e cosa non sia un errore è assolutamente indiscutibile. Se viene trovato nella vostra presunta dimostrazione, non avete altra scelta che accettarlo e cercare di modificare la parte in cui è stato commesso l’errore. Potreste riuscirci. In caso contrario, l’intero lavoro è stato inutile e si deve ricominciare da zero. Il fatto che ci fossero centinaia di conclusioni logiche corrette, ma solo una fosse errata, non vi aiuta. Lo scopo della matematica pura non è solo quello di scoprire i fatti matematici, ma anche, se non soprattutto, di comprenderli.
La dimostrazione di un teorema non ci dà solo la soluzione del problema, ma ci fa capire il problema stesso. Chiedersi “perché” è spesso più stimolante che chiedersi “cosa”. Ad esempio, conoscere la formula della somma dei primi n numeri naturali è utile, ma la formula stessa ci lascia indifferenti. Siamo affascinati dalla sua derivazione. Vogliamo capire, non solo sapere. La matematica pura ha qualcosa di atemporale. Certo, non può sfuggire ai cambiamenti, ma questi avvengono molto lentamente. Quando prendo in mano un articolo di ricerca matematica vecchio di cento anni, ho la sensazione che potrebbe essere stato scritto da un collega nell’ufficio accanto, se non avessi notato la notazione macchinosa e la stampa antiquata. Le consuetudini di citazione scientifica sono quindi diverse in matematica rispetto alla maggior parte delle altre scienze. Spesso facciamo riferimento a fonti relativamente vecchie. Gli articoli di matematica più citati spesso passano inosservati nei primi anni dopo la pubblicazione. La matematica pura è anche relativamente indipendente dagli sviluppi tecnologici. Il coinvolgimento dei computer ha rivoluzionato i metodi scientifici delle scienze naturali e della tecnologia, ma ha un effetto piuttosto limitato sulla maggior parte della matematica pura. In effetti, a volte possiamo usare il computer per verificare che, ad esempio, una congettura matematica sia valida per numeri molto grandi. Ma non possiamo usarlo per dimostrare che vale per tutti i numeri. Comunque sia, l’infinito è distante da qualsiasi numero, per quanto si voglia- grande, quanto lo è dal numero uno. L’applicabilità ad altre aree non è l’obiettivo primario della matematica pura. In effetti, l’ispirazione per i problemi nasce spesso dalla fisica e da altri campi. Con il tempo, però, questi problemi vengono tradotti in un linguaggio matematico più astratto, diventano indipendenti dalle loro fonti e i matematici li considerano interessanti di per sé. Allora perché la società dovrebbe sostenere gli individui a impegnarsi in una materia che non si preoccupa più di tanto della propria utilità? Almeno una risposta è chiara. La matematica pura è il pilastro della matematica applicata, il suo sfondo teorico. Tuttavia il significato di matematica pura è più complesso. Questo aspetto sarà discusso nelle prossime sezioni e solo brevemente riassunto nelle righe seguenti. La matematica pura è una base della cultura matematica, che modella in modo sottile ma significativo la società. La matematica pura è anche una forma d’arte. Infine, alcuni risultati della matematica pura si rivelano, in modo del tutto inaspettato e di solito decenni o secoli dopo la loro scoperta, utili per la scienza e la tecnologia. D’ora in poi, quando parlerò di matematica, mi riferirò in linea di principio alla matematica pura.
Cultura matematica e importanza educativa della matematica
Nel suo impegno intransigente verso la verità, il mondo della matematica è diverso dal mondo in cui viviamo. È il mondo come vorremmo che fosse. La matematica non può cambiare il mondo reale, ma può renderlo migliore o almeno più sopportabile. In altre parole, la cultura matematica tocca ognuno di noi e modella la nostra personalità. La matematica ci insegna a rispettare le argomentazioni. Accettiamo solo ciò che non può essere confutato. Un errore, una piccola disattenzione in una lunga considerazione matematica annulla completamente l’intero sforzo. Quale altra scelta abbiamo allora se non quella di soppesare attentamente ogni pensiero? Prendiamo anche l’abitudine di essere prudenti nell’esprimere le nostre opinioni. I nostri errori, dopo tutto, sono dimostrabili. Con la matematica impariamo che pensare è una scorciatoia per raggiungere un obiettivo, non una perdita di tempo. Pensare conviene! Pensare non è solo utile, è anche divertente. La gioia di una soluzione raggiunta grazie allo sforzo mentale è a volte incommensurabile. Da un lato, avere a che fare con la matematica rafforza la fiducia in se stessi. Dall’altro, ci fa capire i nostri limiti. Sia nostri che dell’umanità. Capita spesso di non riuscire a risolvere un problema che poi si rivela facile. E ci sono così tanti problemi apparentemente semplici che rimangono irrisolti dopo che alcune delle persone più intelligenti hanno lottato per trovare una soluzione. In matematica, non si dice di qualcosa che è “quasi dimostrato”. Può essere dimostrato o non dimostrato, non c’è una via di mezzo. Quando si risolve un problema, bisogna coprire tutte le possibilità, altrimenti non si è fatto nulla. Lo studio della matematica è quindi un’eccellente formazione mentale e i nostri laureati ottengono buoni risultati in un’ampia gamma di professioni. Insegniamo loro teoremi e prove, ma è più importante quello che imparano in realtà: precisione, sistematicità, ragionamento astratto e concentrazione sull’essenziale. L’insegnamento di una matematica “non pratica” ha conseguenze pratiche elevatissime. I risultati delle ricerche di noi matematici professionisti non hanno un impatto immediato e diretto sul mondo che ci circonda. Credo che una delle nostre missioni principali sia quella di “contagiare” la società con la cultura matematica. Anche se indiretta, la nostra influenza sullo sviluppo della società è comunque significativa.
Estetica della matematica
La matematica è bella. È di questo che intendo scrivere. Sono consapevole che con questo pensiero potrei risultare invadente o paternalistico. La maggior parte delle persone associa la matematica principalmente all’esercitazione scolastica, che è davvero tutto fuorché bello. Ma non c’è nulla di bello nemmeno nell’imparare la notazione musicale. Ciò che è bello è la musica. Si può dire in generale che la scienza è bella. C’è qualcosa di bello in ogni scoperta scientifica, cioè quando si incontra una verità finora sconosciuta. Ma la bellezza in matematica ha altre dimensioni. L’estetica è uno dei criteri di valutazione dei lavori matematici. Una dimostrazione matematica o un teorema possono essere definiti eleganti. Questa è la parola a cui ci siamo abituati, ma in realtà è solo un sinonimo limitato della parola bello. Il referee del nostro elaborato matematico potrebbe scrivere “La dimostrazione del teorema principale è elegante”. Quanto ci piace leggerlo! Non c’è complimento più bello. Che cosa c’è di bello nella matematica? È difficile rispondere a questa domanda, perché la bellezza è più una questione di cuore che di mente. Mi limito a dire che le opere matematiche, a volte in quanto sorprendenti, a volte per la loro semplicità e a volte per il loro intreccio con altre idee, suscitano un senso di eccitazione che è tipico dell’esperienza dell’arte. Certo, l’arte della matematica è in qualche modo ermetica. Ma ci sono altre forme d’arte che possono essere comprese in tutti i loro aspetti solo da pochi. In diversi elementi la matematica è più vicina all’arte che alla scienza. Prendiamo l’astrattezza, la caratteristica più evidente della matematica. Anche alcune parti dell’arte sono astratte. Soprattutto la musica, che, come è noto, è particolarmente vicina ai matematici. Molti matematici di successo sono anche musicisti. Un'altra caratteristica importante della matematica è la ricerca dell’essenza. Anche nell’arte si cerca l’essenza. Un pittore o uno scrittore sottolinea un dettaglio che dice molto di più di ciò che emerge in superficie e si nota da solo. Un elemento importante della matematica è anche il suo stile specifico. Il vocabolario scarno, l’apparente uniformità, l’ascetismo, i rituali (definizione, teorema, dimostrazione; e ancora definizione, teorema, dimostrazione...). Così come l’impressione di reticenza e di non essere invadenti. E ancora la raffinatezza. Tutte queste sono anche caratteristiche di alcuni stili artistici, come per esempio il minimalismo. In matematica, prestiamo molta attenzione alla notazione e alla presentazione dei nostri risultati. L’estetica è quindi anche una caratteristica del simbolismo e delle figure matematiche. Riporto una delle identità più famose eiπ + 1 = 0 che collega le cinque costanti più importanti della matematica: i numeri interi 0 e 1, la costante naturale e, la costante π legata al cerchio e l’unità immaginaria i (il numero complesso che soddisfa i2 = -1). Ciascuna di queste costanti ha le proprie radici. Questa uguaglianza, comunque, le unisce in una sola. Noi matematici abbiamo libertà nel nostro lavoro, come gli artisti. Non siamo impegnati a rivelare semplicemente il mondo in cui viviamo. Siamo liberi di porci qualsiasi domanda, purché la troviamo interessante e intellettualmente stimolante. Siamo limitati da una sola cosa: la verità. La matematica è il mondo che sogniamo. Un mondo di perfetta giustizia e armonia. Anche l’arte rivela il mondo dei nostri sogni. Se l’artista è un cercatore di bellezza e lo scienziato è un cercatore di verità, il matematico è un cercatore di belle verità.
Note
*Questo testo è apparso originariamente in Nastopna predavanja 2015 in 2017, Slovenska akademija znanosti in umetnosti, Ljubljana, 2019. La traduzione è stata curata da Fabio Fantini insieme allo stesso Autore, con con la supervisione di Antonio Ioppolo.
** La Medaglia Fields viene assegnata ogni quattro anni, in occasione del Congresso dell'Unione Internazionale, ai matematici più meritevoli, che devono avere meno di 40 anni. In termini di prestigio, la Medaglia Fields è paragonabile al Premio Nobel (che non esiste per la matematica). Insieme ad altri tre matematici, Maryam Mirzakhani ha ricevuto la Medaglia Fields a Seul nel 2014.