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La mosca chirurgo

 

Lucilia sericata

La mosca chirurgo

 

Piero Sagnibene

 

Lucilia sericata MEIGEN 1826 Diptera Brachicera Calyptrata Calliphoridae

 

Avverto il lettore che il contenuto di questo scritto potrebbe risultare sgradevole, trattandosi di insetti necrofagi, ma sono organismi che hanno grande importanza nell’economia degli ecosistemi, per la trasformazione della sostanza organica, e la cui crescente utilità per l’uomo, in campo medico ed in campo forense, è l’oggetto di cui tratteremo.


Fino al 1929, anno in cui Alexander Fleming scoprì la penicillina, la storia militare fu anche una storia di mutilazioni e di cancrene. Queste ultime insorgevano nelle ferite profonde infettate e falcidiavano gli eserciti più di quanto facessero i combattimenti. Se le ferite riguardavano un arto, si procedeva alla amputazione, ma, se il vulnus riguardava parti non amputabili, portavano alla morte. Dalle culture mesopotamiche, i soldati romani impararono a trattare le ferite profonde ricorrendo alle larve dei Ditteri Calliforidi per il loro potere cicatrizzante. Le larve mangiano solo carne guasta o putrefatta e non toccano la carne viva, dove le cellule sono sane. In tal modo ripuliscono la ferita, ingeriscono (e digeriscono) i batteri infettanti ed immettono nelle ferite le loro secrezioni che contengono enzimi proteolitici, sostanze antibatteriche, allotonina, ecc. Questa pratica, una vera e propria larviterapia, nel Medioevo europeo fu proibita perché per la Chiesa Cattolica le mosche erano creature demoniache, ma viene oggi ripresa e riutilizzata dalla scienza chirurgica moderna.

Prof. Stefano Turillazzi  

“La larviterapia – spiega il Prof. Stefano Turillazzi (Università di Firenze) - viene oggi usata nella cura del piede diabetico e di altre ulcere di diversa natura e per ferite particolarmente importanti che non guariscono e non rispondono più alle cure antibiotiche. L’entomoterapia trova già applicazioni in molti ambiti clinici. Vi sono già molti trial clinici che utilizzano sostanze estratte da Insetti ed altri Artropodi; si tratta di pratiche riconosciute a livello scientifico e già in uso negli USA ed in Gran Bretagna.”


La scoperta degli antibiotici diede all’uomo mezzi di lotta formidabili contro i batteri, ma non per sempre. Accade con gli antibiotici ciò che si verifica in agronomia con l’uso persistente degli insetticidi; alla pressione selettiva, esercitata dagli antibiotici, sopravvivono alcuni batteri e microrganismi dotati di geni di resistenza e che dànno luogo a nuove popolazioni in grado di resistere a quegli stessi antibiotici ed a tutti gli altri appartenenti allo stesso gruppo chimico (resistenza estrinseca o acquisita).

Resistenza agli antibiotici  

La ricerca di nuovi antibiotici, in grado di agire contro queste nuove popolazioni microbiche, è incessante e trova oggi un nuovo campo di ricerca in un settore della etno-medicina: l’entomoterapia.
L’uso medico di Insetti e di altri Artropodi è antichissimo ed è presente nelle tradizioni di molti popoli; oggi i moderni metodi di ricerca consentono di attingere alla “sapienza” raggiunta dalle specie animali e di indagare sui poteri di difesa dei rimedi da essi utilizzati, aprendo nuove interessanti prospettive farmacologiche.
Ad esempio, le secrezioni antimicrobiche prodotte vengono rilasciate dalle larve di molti insetti nella saliva e nel veleno: si tratta di larve di api, vespe, formiche e molti altri insetti, e poi ancora, ragni e scorpioni. Queste secrezioni possono essere utilizzate come antibiotici, antitumorali, antidolorifici e sostanze che abbassano il colesterolo o hanno attività a livello del sistema nervoso. Il Prof. Stefano Turillazzi ha scoperto due antibiotici nel veleno delle vespe: queste, per proteggersi, si ricoprono di veleno e lo attaccano anche sugli ibernacoli, dove passano la fase invernale. Molti di questi antimicrobici sono ricercati e studiati perché potrebbero aggirare alcune resistenze agli antibiotici; ad esempio, di recente un gruppo di ricerca del MIT di Boston ha modificato sostanze antimicrobiche del veleno di vespa che vengono utilizzate per trattare infezioni da Pseudomonas aeruginosa in animali; si tratta di un ceppo batterico molto temuto perché multiresistente.

larve di Lucilia sericata larve di Lucilia sericata

Nelle attuali applicazioni e sperimentazioni la terapia utilizza larve vive di Lucilia sericata (mosca verde). Le larve, con i loro succhi digestivi distruggono selettivamente solo il materiale necrotico, di cui poi si nutrono. Il tessuto sano, il tessuto di granulazione e il fondo della ferita rimangono intatti. Le larve stimolano anche la schiuma della ferita, con conseguente migliore circolazione sanguigna e stimolazione della formazione del tessuto di granulazione. La secrezione prodotta dalle larve è di natura alcalina e contiene sostanze ad effetto battericida. Queste sostanze sono efficaci anche per ceppi altrimenti resistenti al trattamento antibiotico, ad esempio l’MRSA (Staphylococcus aureus).
Le larve della Lucilia sericata sono considerate le più efficaci per i trattamenti; la larva, inizialmente piccola, rimuove il tessuto morto della ferita, che rappresenta un terreno fertile per i batteri, produce secrezioni salivari che hanno un effetto antibiotico, supporta la circolazione sanguigna locale nella ferita e, allo stesso tempo, guarisce e cicatrizza la ferita stessa. Le larve non hanno effetti collaterali o indesiderati. I risultati dell’azione delle larve è visibile molto rapidamente; inoltre il trattamento laviterapico abbrevia di molto la degenza ospedaliera e consente, la riduzione notevole del consumo di antibiotici.
La terapia larvale viene utilizzata per trattare ferite della pelle, disturbi dei tessuti molli, ulcere alle gambe, piedi diabetici, ferite dopo incidenti, piaghe da decubito. Ha successo anche in ferite profonde, microbicamente inquinate, e con un'elevata produzione di secrezioni purulente. È applicabile anche quando il trattamento chirurgico e antibiotico standard è divenuto inefficace.
Il trattamento delle ferite croniche viene destinato principalmente a pazienti affetti da ulcere, conseguenze diabetiche, ferite che non guariscono dopo l'intervento chirurgico o pazienti immobili con piaghe da decubito.
Curare una ferita con larve della mosca Lucilia sericata è spesso l'ultima speranza per i pazienti, con la possibilità di salvare un proprio arto dall'amputazione. L’équipe chirurgica dell’ Ospedale di Levoca (Slovacchia) eseguì nel 2015 la prima applicazione della larviterapia mediante 200 piccole larve di Lucilia serica, le cui larve "microchirurghe” rimuovono il tessuto morto dalla ferita cronica che non guarisce a lungo termine. Nei paesi del resto d'Europa, negli Stati Uniti, in Israele, in Australia o in Nuova Zelanda, è una pratica standard comune. Non si tratta di una metodica alternativa, ma di una metodica integrata nella complessa cura delle ferite croniche.


Ditteri Calliphoridae

Ditteri Calliphoridae  

I Calliphoridae (dal greco: bello e portatore) comprendono oltre mille e cinquecento specie, delle quali 250 note per la regione paleartica.
Sono caratteristici per i loro colori bluastri, verdi, rameici, rossastri o nerastri. Gli adulti sono floricoli, soprattutto di fiori come la Stapelia, che emette odori cadaverici al fine di attirarli e servirsene come impollinatori, ma sono attratti anche da melate, essudati, escrementi, materiali organici in disfacimento, sui quali vengono depostele uova o le larve. Hanno un ruolo utilissimo come decompositori (scavengers), appartengono alla fauna cadaverica, anche se possono comportarsi da zoofagi primari attaccando Molluschi, Uccelli, Anfibi, Lombrichi, Insetti ed anche l’Uomo ed i Mammiferi, provocando gravi miasi. Una di loro, la Stomorhina lunata F. è nota per essere attivo predatore larvale delle ooteche di cavallette.
La determinazione delle specie, soprattutto delle larve, richiede però competenze specialistiche.

Ditteri Calliphoridae  
Ditteri Calliphoridae  

La “mosca verde” (Lucilia sericata MEIGEN, 1826) è ampiamente distribuita in tutto il mondo, soprattutto nelle aree temperate boreali. L'adulto ha dimensioni di 6-9 mm di lunghezza, colorazione metallizzata tipicamente verde bottiglia. E’ eliofila, amante del caldo, degli ambienti aperti e soleggiati. Normalmente non é attiva durante le ore notturne E’ presente sia in aree urbane che in aree rurali, si nutre principalmente di polline enettare, entra molto raramente nelle abitazioni umane e nei luoghi chiusi. E’ specie tipica della stagione estiva; la temperatura minima del suo sviluppo é di circa 10-12,5 °.

 

 

 

 

Lucilia sericata  

Lucilia sericata MEIGEN 1826
Tra le numerose specie di insetti che compongono la classica entomofauna cadaverica, Lucilia sericata è una delle prime a comparire sul cadavere, grazie ad un apparato olfattivo particolarmente efficiente, in grado di percepire immediatamente composti di ammoniaca e di solfuri tipici delle prime fasi della decomposizione anche a grandi distanze.
Già dopo 2-3 ore dalla morte, in condizioni adatte di temperatura ed assenza di ostacoli fisici o chimici (naturali o artificiali), compaiono i primi ammassi di uova disposti a formare dei grossi grappoli in corrispondenza degli orifizi naturali (orecchie, occhi, ferite, mucose delle narici e cavità orale) e della zona ascellare, sotto il seno, tra i capelli o tra le pieghe dei vestiti.
Dalle uova emergono larve apode e vermiformi, biancastre, di forma conica, affusolate anteriormente ed acefale, poiché le vestigia della testa sono invaginate nel torace. Le appendici boccali della larva sono atrofizzate e sostituite da strutture modificate che vanno a formare lo scheletro cefalo-faringeo, che in Lucilia sericata appare trasparente. Solo i doppi uncini boccali sono liberamente mobili ed operano su un piano verticale. Ai lati dell'estremità cefalica si possono notare due piccole evaginazioni di colore leggermente più scuro, dotate di lobi: gli spiracoli anteriori, con funzione respiratoria, che hanno una grande importanza per il riconoscimento sistematico. All'estremità posteriore sono invece presenti gli spiracoli posteriori, anch'essi con funzione respiratoria, che presentano al proprio interno un numero diverso di fessure spiracolari a seconda dell'età larvale.
Dopo essere uscite dall'uovo ed entrate all'interno del cadavere, dove trovano un ambiente umido e protetto da parassiti e predatori, le larve cominciano ad attaccare il pabulum (cioè il substrato nutritivo) con gli uncini boccali e lo ammorbidiscono secernendo enzimi (proteasi, collagenasi, lipasi, ecc.) che ne iniziano la digestione. In assenza di un'apertura o di una lacerazione preesistente sulla carcassa, l'ingresso viene reso possibile dallo sforzo collettivo di un gruppo di larve che localizzano in un punto la produzione di enzimi digestivi, tanto da riuscire a perforare lo strato di rivestimento esterno del corpo.
Le larve sono necrofaghe e vengono perciò spesso rinvenute su corpi e carcasse in stato di decomposizione e sono le più importanti negli studi di entomologia forense.
L’entomologia forense utilizza l’attività necrofaga dei Calliforidi nella datazione della morte, specialmente quando le indagini necroscopiche non possono più determinare il periodo post-mortem dalla temperatura degli organi (entro le 12 ore dal decesso) o da altri riscontri ematici e di rigidità.
Al momento del rinvenimento del cadavere, il medico legale stima le modalità di decesso (omicidio, suicidio, incidente, ecc.) e l’ora della morte utilizzando la temperatura del corpo; quest’ultima cala nel tempo di circa mezzo grado/ora per le prime ore e di un grado/ora nelle successive, ma risente anche della temperatura ambientale; verifica poi il raccoglimento del sangue nella parte bassa del corpo per via della gravità (lividi ipostatici) e il rigor mortis che dopo un certo tempo (24/48 ore) porta al rilassamento muscolare diffuso.
In caso di ritrovamento del corpo dopo due giorni, si utilizzano i Calliforidi. Le femmine sono attratte dall’odore ad oltre duecento metri di distanza all’aperto e col vento a favore. L’ovideposizione è concentrata sulle ferite, nelle zone a cute sottile (palpebre, cavi ascellari e pieghe cutanee), oltre alle mucose. In due giorni si sviluppano le larve che, nutrendosi, aumentano di dimensioni. Le larve hanno uno sviluppo multistadio e sono dotate di piccole spine per spingersi in profondità nella carne; crescono rapidamente sino a quadruplicare il loro volume, si impupano al suolo nel giro di due settimane. La conoscenza precisa del ciclo dei ditteri permette di risalire all’inizio dell’ovideposizione, in genere con un errore di circa un giorno.
I cadaveri sotterrati sono difficilmente raggiungibili dalla maggior parte dei ditteri, mentre alcune specie ovideponendo sul terreno, possono colonizzare corpi a circa 10-15 cm di profondità. La presenza di altri insetti a ciclo noto, che di solito si avvicendano sul cadavere come parassiti dei demolitori primari, permette poi di confrontare le tempistiche e di dare un valore più certo sul momento del decesso. Si stimano mediamente in oltre 200 le specie animali che si andranno ad avvicendare (ditteri, coleotteri, formiche, vespe, blatte, acari, ragni e così via). La mancanza di una specie, presente localmente ma assente sul cadavere, lascia supporre lo spostamento del corpo.
Tutti i rilievi devono considerare il contesto (se ci si trova in campagna, in montagna, dentro abitazioni, ecc), ed il tipo di fauna e microfauna entomologica, la stagione, ecc. La temperatura è uno dei fattori limitanti lo sviluppo degli insetti, pertanto si deve rapportare le temperature reali, per i calcoli sull’ovideposizione, alle temperature medie ideali di sviluppo.
L’esame accurato degli insetti ed un’analisi gascromatografica degli stessi permette di verificare la presenza di arsenico, mercurio, veleni, farmaci e droghe, da comparare, se possibile, con gli esami sulla vittima.


Nota


Batteri e virus si pensa siano comparsi sul pianeta circa 3500 milioni di anni fa; i primi organismi eucarioti comparvero sul pianeta terra circa 2000 milioni di anni fa. Le secrezioni emesse dalle larve di insetti sono un adattamento vòlto alla difesa dai microrganismi. L’adattamento dei microrganismi ai loro ospiti sembra avvenga in tempi molto rapidi, dato il rapido succedersi delle loro generazioni e data la loro plasticità genetica. Per gli organismi animali apprendimento ed istintualizzazione sono processi molto più lunghi nel tempo; eppure gli animali sono sopravvissuti ed hanno continuato ad evolversi per due miliardi di anni, rispondendo alle incessanti evoluzioni degli stessi microrganismi aggressori. Gli animali attingono dalla natura medicamenti per trattare malattie diverse, seguendo un comportamento che è, al tempo stesso, istintuale ed appreso. E’ noto che cani, gatti, babbuini e persino i bruchi, conoscono per istinto erbe medicinali e se ne avvalgono. Falene, formiche, drosofile e molti altri insetti praticano l’automedicazione, e questo fatto ha implicazioni importanti nei termini della loro evoluzione. Alcuni animali si spingono fino alla prevenzione, anche in favore della loro prole; ad esempio drosofile e farfalle scelgono per le loro larve alimenti che minimizzano l’impatto delle malattie nelle nuove generazioni, vale a dire che le scelte dietetiche fatte dai genitori possono influire sulla salute a lungo termine dei figli. Attualmente la lista degli animali-farmacisti si va allungando, così come l’elenco dei rimedi che essi utilizzano.
I microrganismi (virus, batteri, rickettsie, ecc.) attaccano incessantemente gli organismi superiori (protozoi, piante, alghe, funghi, animali, uomo) ed anche altri microrganismi. Viviamo immersi in un folla di microrganismi utili, innocui, ma anche parassiti e patogeni. Gli eucarioti sono costantemente sotto l’incessante attacco da parte di parassiti microbici e patogeni; cionondimeno hanno attraversato ere di centinaia di milioni di anni senza soccombere ad essi. Come si sono difesi? Sembra evidente che l’evoluzione delle forme viventi è stata accompagnata e sorretta dalla selezione operata dagli stessi microrganismi che, con la loro pressione selettiva, accrescono la resilienza dei sopravvissuti, i quali, a loro volta, sviluppano e perfezionano, evolutivamente parlando, le loro difese biologiche, acquisiscono capacità di riconoscere le malattie, apprendono ed istintualizzano la conoscenza di principi e sostanze atti a fronteggiare l’attacco ed assumono comportamenti protettivi e preventivi. Si tratta di un capitolo ancora pochissimo conosciuto dell’evoluzione. Da una parte i microrganismi rispondono e si adattano rapidamente alle difese delle loro vittime per superarle e, dall’altra, la resilienza degli organismi superiori si rafforza nei sopravvissuti, e l’apprendimento trova nuovi rimedi contro i parassiti. Questa lotta non può avere una conclusione, neppure grazie alle capacità dell’uomo a trovare e/o inventarsi nuovi mezzi di difesa, i quali sono destinati ad essere superati dalla ulteriore risposta dei microrganismi.
Un caso davvero singolare ci è offerto da passerotti e fringuelli; questi ricercano e raccolgono i mozziconi di sigarette e di sigari e li utilizzano, incorporandoli nei materiali da costruzione del loro nidi. Lo scopo è preventivo: proteggere le loro nidiate dagli attacchi microbici e di acari, mallofagi, pidocchi, nematodi, ecc. Come abbiano fatto questi uccelletti a scoprire il potere battericida ed insetticida dei nicotinoidi concentrati nelle cicche, e come abbiano imparato a modificare la costruzione dei loro nidi, che è un fatto istintuale, è un rebus difficile da risolvere. Il tabacco non è pianta che colonizza i loro ecosistemi; è stato introdotto nei loro ambienti dall’uomo, in tempi recentissimi.

prevenzione nei passeri e fringuelli  


I comportamenti di questi piccoli uccelli sono qualcosa di molto diverso, ad esempio, dalle formiche carpentiere che, nella costruzione del loro formicaio, immettono una resina antimicrobica che raccolgono scavando nel legno delle conifere, o anche quello delle farfalle monarca, che depongono le uova su alcune piante composite dotate di poteri antiparassitari. Il caso della utilizzazione di sostanze antimicrobiche ed insetticide aliene, fatta da passerotti e fringuelli, apre un campo ancora sconosciuto dell’evoluzione e pone problemi di grande complessità sulla relazione apprendimento-istinto.