Serendipità
Valentina Vitali
Moltissime scoperte scientifiche, per quanto sia incredibile, sono avvenute per caso. Alexander Fleming si è accorto, riordinando le colture batteriche preparate prima delle vacanze, che una delle piastre era stata contaminata dalla muffa, apparentemente in grado di bloccare la proliferazione dei batteri; quella muffa era Penicillium notatum da cui ha poi estratto la celebre penicillina, che gli è valsa un Nobel per la fisiologia e la medicina. Il chimico Schlatter stava leggendo un libro quando, per girare la pagina, si è leccato il dito avvertendo un sapore dolciastro; quel giorno aveva prodotto un farmaco anti-ulcera a base di aspartame. Ancora, Spencer si è casualmente accorto che le microonde prodotte da uno strumento da laboratorio avevano fatto sciogliere la barretta di cioccolato che teneva in tasca. Bastano questi esempi per comprendere che in un settore come quello scientifico fondato su razionalità, controllo ed azioni programmate, in realtà la fortuna o il caso giocano un ruolo fondamentale nel processo di studio e scoperta e che accade spesso che una ricerca pensata per indagare un determinato fenomeno arrivi a fornire delle risposte che non si stavano affatto cercando; risposte che bisogna essere in grado di cogliere ed interpretare. Questa è la serendipità. È esattamente ciò che è accaduto ai ricercatori della National Science Foundation quando hanno calato un robot subacqueo dotato di telecamere dentro un foro scavato nel ghiaccio antartico vicino al Mare di Ross; il loro obiettivo era testare il nuovo dispositivo, studiare in modo approfondito le correnti oceaniche che si muovono sotto la banchisa e ottenere dati su una tubazione usata per fluidi di perforazione e recupero di carotaggi. Non potevano assolutamente immaginare di trovare incastrati nel
ghiaccio numerosi anemoni di mare bianchi, appartenenti probabilmente ad una specie nuova. Questi organismi lunghi circa 3 centimetri se contratti e 10-12 quando si rilassano sono stati chiamati Edwardsiella andrillae proprio in onore del programma di ricerca Andrill e sono gli unici a vivere a testa in giù con il corpo cilindrico incastonato all’interno del ghiaccio e i 20-24 tentacoli (8 più lunghi nella corona centrale e 12-16 nell’esterna) liberi nell’acqua antartica. Rimane tuttora ignoto l’adattamento che permette a questi bizzarri anemoni di non congelarsi e di sopravvivere in un ambiente così estremo, dato che non sono emerse peculiarità anatomiche o fisiologiche; non si è nemmeno compreso con quale modalità riescano a scavare la piccola cavità in cui inserire il proprio corpo (un’ipotesi plausibile è che riescano a secernere sostanze chimiche in grado di sciogliere il duro ghiaccio della banchisa). Questa scoperta importantissima mette in luce quanto l’ambiente, le specie e le reti trofiche presenti sotto il pack antartico siano ancora perlopiù ignoti e quante sorprendenti curiosità siano celate in questo mondo misterioso. Durante una recente spedizione il fotografo naturalista Laurent Ballesta è riuscito a documentare, attraverso i propri scatti, la ricchezza della vita sotto il ghiaccio, nient’affatto noiosa come erroneamente ci si aspetterebbe. Oltre a Edwardsiella andrillae, Ballesta ha ad esempio incontrato individui di polpi appartenenti alle specie che riescono a sopravvivere nelle insidiose acque antartiche grazie ad un peculiare adattamento: il sangue blu. In effetti questi organismi non utilizzano come proteina respiratoria l’emoglobina, la cui molecola è costituita da un anello porfirinico con al centro atomi di ferro, ma l’emocianina, che presenta gruppi prostetici legati ad atomi di rame; proprio per la presenza di questo metallo c’è una differenza di colore tra la forma deossigenata, incolore, e quella che ha caricato l’ossigeno, che diventa appunto blu. In condizioni di pressione dell’ossigeno ridotta e di temperature basse l’emocianina si dimostra molto più adatta poichè l’emoglobina in tali situazioni riduce nettamente la propria efficienza. Inoltre, l’emoglobina deve essere contenuta all’interno di cellule specifiche (gli eritrociti) mentre l’emocianina, più grande, può circolare libera quindi il sangue può contenerne una maggiore quantità aumentando di conseguenza il trasporto di ossigeno. Le temperature sotto lo zero influenzano negativamente anche il lavoro degli enzimi, che vengono rallentati; studi recenti hanno osservato che le pompe ioniche sodio-potassio dei polpi antartici presentano 12 mutazioni nella struttura degli aminoacidi, che permettono agli enzimi di funzionare bene nonostante il freddo. Ci sono poi i pesci ghiaccio che si sono evoluti per evitare che nelle proprie cellule si formino cristalli di ghiaccio, come avviene generalmente in un organismo sottoposto a temperature sotto lo zero. Il loro segreto? Producono in abbondanza, sotto la guida di particolari geni, delle proteine antigelo (AFP) che vengono diffuse nel sangue e si legano a nuclei di ghiaccio di piccole dimensioni per impedire che continuino il loro sviluppo. Tra i bizzarri animali immortalati da Ballesta ci sono pure i ragni di mare, che in realtà ragni non sono. Si tratta di
Picnogonidi o Pantopodi (tutto piedi), artropodi somiglianti agli aracnidi e con collocazione tassonomica ancora incerta; come si intuisce dal nome sono caratterizzati da un corpo piccolissimo rispetto alle zampe molto sviluppate, tanto che in numerose specie gli organi interni (sistema digerente e gonadi ad esempio) sono parzialmente collocati all’interno degli arti. Tronco e addome sono quasi inesistenti quindi si può dire che il corpo coincide con la struttura cefalica, il cefalon, che presenta una proboscide mobile rivestita internamente di piccoli aculei usata per aspirare i tessuti di cnidari e altri organismi a corpo molle e per spezzettarli. Oltre a queste stranezze, le specie che vivono in Antartide hanno un’altra peculiarità, presentano gigantismo polare: l’apertura delle loro zampe può arrivare a misurare 75 centimetri (come un piatto da contorno) mentre gli individui che vivono ad altre latitudini in genere non superano i 10 centimetri. La reale causa del gigantismo polare non è ancora certa ma le ipotesi più attendibili lo assocerebbero alle particolari condizioni ecologiche, che prevedono periodi di abbondanza di risorse e altri invece di forte mancanza durante i quali organismi più grandi hanno maggiori probabilità di sopravvivere, oppure all’assenza di elementi limitanti come competizione e predazione. Ancora sono molte le domande a cui dare una risposta e altrettante sono le curiose e interessanti specie che ancora aspettano di venire scoperte sotto lo spesso strato di ghiaccio antartico. La speranza è di riuscire a osservarle prima che si estinguano e di limitare il più possibile i danni all’ambiente polare già pesantemente in sofferenza, che ha permesso a questi organismi di evolvere adattamenti particolari e perfetti ma che rischiano di diventare inutili e dannosi in un mondo senza ghiaccio.