Lo studente pontederese che rifiutò la divisa nera
10 anni fa se n'è andato Aldo Vespi
Ma il mio "chiodo" culturale è sempre stato il laboratorio.
Senza il laboratorio si fa la "fisica del gesso", ossia non si insegna
un metodo, ossia non si fa nulla.
PONTEDERA — Correva l'anno '37 e l'Italia fascista aveva conquistato l'impero e il massimo grado di popolarità e consenso, tanto che le "inique sanzioni" che le erano state date non avevano scalfito l'Italia mussoliniana. L'Italia si era fatta anche un impero, se non grande, a spese dell'Etiopia che aveva conquistato. C'erano, è vero, anche diversi 'nemici' interni. Ad esempio Sandro Pertini che poi diventerà presidente della Repubblica mentre nel '37 era confinato a Ponza da dove rimbrottava la madre che aveva chiesto la grazia al Duce.
In questo '37, il pontederese Aldo Vespi era al secondo anno della Normale pisana dove studiava fisica sperimentale. Fu convocato dal rettore, Giovanni Gentile - grande filosofo e primo uomo della cultura fascista, poi ucciso il 15 Aprile del '44 davanti casa dagli antifascisti fiorentini - che gli chiese subito perché non avesse preso la tessera della milizia fascista. "Perché non mi piacciono le esercitazioni militari", così rispose.
Seguì un colloquio abbastanza tranquillo fra i due il cui 'pezzo centrale' fu, appunto, sul perché Vespi rifiutasse la tessera. Ma di fronte al diniego del giovane davanti al grande filosofo, Gentile concluse con un 'vedremo'. Ebbene: quel 'vedremo' valeva un verdetto positivo.
Aldo Vespi era nato a Pontedera nel 1917 e poté finire gli studi e laurearsi (nel '39), sesto laureato pontederese preceduto da nomi come Giovanni Gronchi, poi Presidente della Repubblica, e Lando Ferretti che dopo la guerra continuò a operare nella politica di destra.
In piena guerra Aldo Vespi è nel nord a lavorare alla Magneti Marelli e poi alla Salmoiraghi, Mentre nasce il fascismo repubblicano, si avvicina al movimento partigiano e Vespi viene eletto capo della commissione interna della Salmoiraghi. I fascisti dell'alta Italia si accorgono di 'cosa fa' Vespi e lo cercano. E lui si ripara nel collegio arcivescovile di Cantù, dove anche insegna.
Nel nord incontra anche Lando Ferrettii - altro pontederesi - che sta nel governo nella Repubblica Sociale. I due erano amici e quando le situazione precipita, Ferretti offre ad Aldo di nascondersi nel collegio mentre Ferretti volle stare con Mussolini fino in fondo. Si salvò dalla fucilazione per intervento di un partigiano amico e di una maestrina. E poi si rifugiò nel collegio dell'arcivescovado.
Nonostante tutto, dirà poi Aldo: "Troppe vendette, troppe cose brutte..." . Dopo la guerra Aldo lascerà poi l'università "quando nel '68 irruppero i Sofri e compagni che volevano imporre il 18 politico". Aldo entrò anche nel consiglio comunale di Pontedera nel gruppo della sinistra. "Esperienza non positiva", disse Vespi che poi approdò alla presidenza più prestigiosa del Liceo Ginnasio.
La domenica Aldo andava a messa in San Giuseppe con la moglie. Il suo bar preferito era il Ferretti dove leggeva giornali, incontrava amici e ricordava il passato con pacatezza e un pizzico di ironia.