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Bambini e animali

 

Ludovica si comporta come se fosse un polpo

Bambini e animali

Anna Aiolfi

 

Nell'articolo sono presentate esperienze e indagini sul mondo animale condotte nella scuola dell'infanzia. Risulta evidente che quando si lavora con e sugli animali con i bambini piccoli l'insegnante rappresenta un modello potente di come porsi, di cosa cercare e guardare, di come averne cura.

 

Quando Maria Arcà mi ha chiesto di parlare al seminario di Ocre di bambini e animali ho dovuto fare delle scelte, perché le porte d’ingresso a questo argomento sono tantissime e ognuno di noi ha accessi che ama particolarmente. Quindi vi racconterò le mie scelte, quello che normalmente amavo fare con i bambini di scuola dell’infanzia quando capitava di parlare di animali, anche di quelli poco conosciuti o evitati perché considerati fastidiosi.

 

Se io fossi
Un gioco molto coinvolgente era quello del “se io fossi”, per esempio… una medusa, un’anatra, un elefante. Quando si faceva questo gioco, difficilmente i bambini si immedesimavano in animali tipo gatto o cane, ma sceglievano animali particolari conosciuti da libri o filmati. Facendo finta di essere un altro, modellavano il loro corpo umano pensando a ciò che a loro mancava ma che l’animale doveva avere, per sopravvivere nel suo ambiente di vita.

Ludovica – Se io fossi un polpo avrei tre tentacoli che come le braccia prendono le cose, così prendo tante cose che con le braccia ne prendo solo due. Sarei sempre dentro all’acqua perché se esco muoio e non avrei i vestiti perché sennò si bagnano, allora la pelle è liscia e il polpo è nudo, i vestiti li mettiamo solo noi uomini. Se io fossi un’anatra avrei due ali con le piume e il pelo più morbido che la scalda dal freddo, avrei le zampe piccole così come la mia mano aperta. Ha il becco per prendere i pesci e per prendere le cose da mangiare. Per fare il polpo ci siamo messi in due così abbiamo fatto i tentacoli che sono tanti.

Succedeva anche di capovolgere il gioco e chiedere: che cosa ha l’animale, per esempio un’anatra, che anche noi abbiamo?
…la pelle, la pancia, gli occhi, il naso, le orecchie, ha la lingua, ma i denti no perché lei mangia con il becco”.
In questo modo si condivideva l’idea che ci sono aspetti e funzioni che appartengono a tutti i viventi, come
spiega Pietro:
“Io dico che alcune cose le abbiamo tutti tipo la bocca per mangiare o le orecchie per sentire solo che sono
diverse per la forma forse perché facciamo cose diverse.”


Riconoscere e immaginare relazioni
Il passo successivo era “guardare per…”. Discutevamo di animali guardando le loro cacche, le zampe, le bocche, le code, la pelle. In questo gioco non bastava riconoscere quale parte, o quale arto appartenesse all’uno o all’altro; bisognava anche cercare di capire come gli animali utilizzassero proprio quel tipo dizampa o quel tipo di becco, cercando di trovare le relazioni con il modo di vivere e l’ambiente di vita.
Dalla discussione…
Una zampa grande serve a lui perché è grosso e pesante altrimenti si spezza. Chi ha le unghie molto lunghe forse si arrampica o graffia o si difende contro gli altri animali. Ha la zampa che assomiglia ad una pinna, forse è una pinna, quella di un pesce. Ah no, della papera perché lei le zampe le usa per nuotare, e allora le prende dal pesce che lui sa nuotare.”
Arrivano anche a trovare delle similitudini con le “zampe umane”.
“Questa sembra la nostra mano, ha anche le unghie come noi solo che sono di un animale rugoso, si vedono i polpastrelli rotondetti, forse servono quando ti appoggi e poi ha il pelo lungo bianco, è una zampa morbida cicciosa, forse è l’orsetto.”

In questo modo si costruiva con i bambini quelli che noi chiamavamo i “campionari”: raccolte di immagini di svariate zampe, bocche, peli, occhi, bocche e così via.

Parlando di bocche:

bocche, denti e altre parti  

Ci sono animali che hanno la bocca terribile come i coccodrilli, tutta piena di denti per catturare i bufali. La tigre ha due denti più lunghi per fare paura… Non è vero che i denti grandi servono per catturare, l’ippopotamo ne ha due ma lui mangia cose piccole nell’acqua.

Il campionario poteva diventare ancora più specifico, passando dalle bocche ai becchi. La cosa
straordinaria erano le domande che scaturivano spontanee e che trovavano quasi sempre risposte in spiegazioni di senso dei bambini stessi. Per esempio, tenendo in mano un’immagine di airone, Leo chiede:
A cosa gli serve un becco così lungo?"
E i compagni rispondono:
Forse deve prendere delle cose dentro dei buchi, sta nell’acqua, allora per non bagnare tutte le piume della faccia usa il becco e fa come una pescata. È vero anche le sue gambe sono molto lunghe così non si bagna.
Una volta è capitato che discutendo di un campionario di occhi i bambini hanno iniziato a interpretare lo sguardo dell’animale. Così gli occhi potevano essere attenti come quelli di una rana, spalancati come quelli di una cernia, spioni come quelli del leone, allegri come quelli del pappagallo, buoni come quelli dell’elefante, minacciosi come quelli dell’aquila, dolci come quelli di un pulcino.


Esplorazioni fuori dall’aula
Passiamo a un altro accesso che è forse quello che io prediligo: quello delle esplorazioni fuori dall’aula. Se ne possono fare tantissime ed è utile, quando si fanno, delimitare percettivamente il focus dell’osservazione. Questa proposta periodicamente riguardava l’esplorazione della terra e si avviava con la domanda: cosa immaginate succeda sotto terra?

palline bianche, forse delle uova di formica

Per me ci sono tanti buchi e gallerie perché gli animali devono avere delle strade per andare su e giù, tipo delle volte vedi delle formiche che entrano e non escono, anche le lucertole spariscono, ci sono tantissimi animali piccoli, anche le forbici che non si vedono. Io una volta ho trovato delle palline bianche, forse delle uova di formica, lo so perché a casa ho tante formiche, quando scavo trovo sempre le uova o forse gli altri animaletti. Io ho trovato una cosa piccola tutta girata che sembrava una cacca”

Ins: hai provato a pensare chi può aver fatto questa cacca?
E’ un animale perché chi mangia poi fa la cacca, è una cacca di terra perché l’ho schiacciata e sembrava fatta di terra, forse di qualcuno che sta sotto la terra e viene fuori per fare la cacca così la sua casa sta pulita.
Quando progettavo queste attività non sapevo con certezza quali argomenti si sarebbero potuti sviluppare ma avevo una lista di possibili domande del tipo: di cosa si accorge il piccolo vivente, e noi di che cosa ci accorgiamo quando lo teniamo sulla mano? Che cosa sentono le sue antenne? Di cosa immagino abbia bisogno il lombrico per vivere, in che modo si muove, di cosa si nutre? Come immagino trascorrano la loro giornata? In che modo questi esseri viventi condividono un pezzettino piccolo della terra?

Queste attività, che avevano bisogno di tempo e di ascolto, un poco alla volta aiutavano i bambini a costruire un’idea di vivente, con un suo modo di nutrirsi, un suo modo di proteggersi, di muoversi, di cercare un posto adatto, di cambiare, di predare, di socializzare. Ho raccolto negli anni molte frasi interessanti dei bambini che mostrano curiosità e bisogno di trovare spiegazioni a modi di vivere diversi dal loro.

Porto un esempio. Pietro mentre stiamo manipolando una zolla di terra dice:
"Ma come fa un lombrico a scavare se non ha le zampe?"

Ludovica risponde:

"...per me si spinge con il corpo e buca la terra, forse la prende con la bocca e poi la sputa."
Tento di aiutarli con un suggerimento: provate ad immaginare di essere lombrichi sotto terra, se siete
lombrichi e la prendete con la bocca dove la mettete la terra?

E immediatamente arrivano le ipotesi di Sara:
“io ho capito come fa, la mangia perché lui vive sotto terra e lì trova solo la terra da mangiare e forse qualche radice, così mangia la terra e fa il buco senza scavare con le zampe perché non le ha, mangia e scava mangia e scava e fa la galleria e va avanti”,
e di Angela:

per me ha ragione Giacomo perché la cosa che ho trovato io era la cacca di terra del lombrico
perché se mangia la terra per andare avanti poi la sua cacca è fatta con la terra come quella che ho trovato
io il giardino è pieno di cacche di lombrico e anche l’orto”.
Mi accorgo che tornano i discorsi sulla cacca fatti nei giorni precedenti.


Piccoli ambienti
Un'altra esperienza fondamentale era costruire in classe dei “piccoli ambienti” dove ospitavamo alcuni viventi che incontravamo nelle nostre esplorazioni, come uova di girino e chiocciole d’acqua raccolte nel fosso, chiocciole e lumache nel prato, lombrichi e formiche trovati con uno scavo, bruchi sulle rose e altro che occasionalmente capitava di trovare e volevamo “studiare”. La classe si trasformava in un osservatorio: i bambini durante la giornata curiosavano nelle vasche, piccoli sguardi individuali e momenti lunghi di osservazione mirata fatta insieme. Tutto quello che si poteva capire era oggetto di lunghe discussioni, prima di lasciar andare gli animaletti nel loro habitat.
Anche la preparazione di questi piccoli ambienti era per noi un momento irrinunciabile, che permetteva di interrogarci su cosa e come fare a creare il luogo adatto per accoglierli, per farli stare bene, per nutrirli, per farli muovere…
Il lombricaio è un terrario molto interessante da osservare e di facile manutenzione. Offriva spunti particolari e, per esempio, dopo pochissimo non solo i bambini notavano la comparsa delle gallerie, ma era visibile a tutti che le foglie messe come ultimo strato del terrario erano state spezzettate e trasportate negli strati sottostanti: non si vedeva più una separazione netta e su questo si intavolavano lunghi ragionamenti: chi è stato, perché lo ha fatto…

Ecco il pensiero di Mattia sulla costruzione di lombricaio:

un terrario per i lombrichi   terrario per le chiocciole  

Abbiamo pensato che serviva la terra ma anche dei sassolini perché li abbiamo visti nella terra del giardino poi anche delle foglie secche sopra dei rametti poi abbiamo messo i lombrichi che sono andati subito dentro e poi tanta acqua spruzzata per fare bello bagnatino”.
E quello di Martina sul terrario che avrebbe ospitato le chiocciole:
"Per preparare il terrario della chiocciola abbiamo messo la terra le foglie e poi anche delle cose che servono, tipo pezzi di vaso, pezzi di cortecce, rami perché quando andiamo in giardino le troviamo sempre sotto a queste cose forse servono per nascondersi. E poi l’acqua perché così la terra sta bagnata".

Durante le esplorazioni, l’acqua del fosso o dello stagno era per noi un vero tesoro. Se eravamo fortunati trovavamo masse di uova gelatinose di rana o lunghe catene deposte dai rospi, altrimenti girini. È bellissimo, secondo me, avere in classe questo tipo di acquario perché permette quotidianamente di vedere i cambiamenti, per esempio le trasformazioni del girino che noi fotografavamo per averne memoria. Le discussioni erano giornaliere, ed ecco uno stralcio con la domanda di Alessandro:
Ma la coda dove va?
E i bambini rispondono: “Per me cade perché quando ha le zampe non nuota più con la coda”… 

“No non è vero perché non la troviamo nell’acqua e poi sembra che sparisce un poco ogni giorno”  

“Nelle foto fatte, dice Pietro, si vede, diventa sempre più piccola, sembra che va dentro e poi un giorno arrivi a scuola e non c’è più. Quando hai quattro zampe a che gli serve nuotare? Lei la rana sta nell’acqua ma anche fuori nuota da rana e salta da rana”.

i bambini mimano col corpo quello che hanno visto e vogliono rappresentare  

In questa fotografia si vede il momento in cui i bambini mimano col corpo quello che hanno visto e vogliono rappresentare. Questa messa in scena spesso avveniva dopo l’osservazione e la discussione e prima di fare il disegno. I bambini/girini sono ancora nelle uova dentro la “cosa molliccia”, come la chiamavano loro, “poi quando escono non se ne vanno da lì, rimangono lì e mangiano, e quando sono abbastanza forti cominciano a nuotare”.

E nella realtà questo passaggio è visibilissimo.

 

Guardare e interpretare
L’anno dopo, una domanda posta da Angela mi ha permesso di indurre una riflessione sul numero delle uova prodotte a partire da quelle della rana.

Angela chiede:
Ma perché la rana fa tante uova? L’uccellino mio ne fa poche! Il mio uccellino fa sempre tre uova, nel nido mica ne fa tante, anche perché non ci stanno tante uova nel suo nido, la rana ne fa tantissime e poi
nascono tantissimi girini.
Anna, ricordando alcune informazioni discusse, risponde:
Sì, ma la rana va via, non gli porta il mangiare come fa l’uccellino. L’uccellino sta sempre lì sopra, come fa la rondine del tetto della scuola e butta con il becco i vermi; la rana lascia le uova e va via e i girini mangiano da soli nella vasca, non gli sta vicino, non li cura da mamma, se stanno nello stagno ti ricordi? Ci stavano i pesci che mangiano le uova, ma se sono tantissime, qualche uova si salva e fa in tempo a venire fuori il girino, l’uccellino invece cura i suoi bambini e non li lascia, così nessuno li mangia".
L’idea di come le mamme dei viventi curano o no la propria prole è un altro modo di “guardare per” fenomeni, costruisce uno sguardo strategico che torna utile e diventa strumento per interpretare i fatti del mondo.
Spiando dal vetro dell’acquario l’acqua raccolta dallo stagno i bambini avevano notato oltre alla presenza di piccole chiocciole che deponevano tantissime uova, la presenza di animaletti che si muovevano a scatti: le dafnie. Allora abbiamo provato ad osservarne una con lo stereomicroscopio.

si svela un nuovo mondo il fascino delle scoperte
   

Quando ho messo l’occhio al microscopio dentro ho visto una cosa stupenda: quella cosa piccola che si muoveva dentro all’acqua era grandissima, si vedeva il dentro del suo corpo, si vedeva la pancia con dentro le uova e poi le zampe che erano quattro e poi si vedeva bene anche le budella e forse c’è una cosa lunga sulla schiena.”
Per i bambini era un fatto eccezionale accorgersi che anche un vivente così piccolo avesse dentro al suo corpo budella, uova, tuberie e qualcosa che poteva essere ricondotto a una spina dorsale simile alla nostra.
Per mettere insieme i viventi e gli elementi dello stagno era utile ritornare alla drammatizzazione, dove ogni bambino aveva il suo ruolo: chi era girino, chi era sasso, chi era filo d’erba, chi era formica… Prima si prendevano accordi su chi faceva cosa e poi c’era “il ciak si gira” che dava vita al teatro. Quindi c’erano bambini/rane che saltavano sui bambini/sasso, bambini/lombrico che strisciavano tra i bambini/fili d’erba e così via, tutti si muovevano contemporaneamente seguendo un differente copione di vita ma condividendo lo stesso ambiente.

Oltre alle giornate organizzate che si susseguivano in un continuo approfondimento c’era anche l’imprevisto:
Aiuto maestra c’è un cimice” che facciamo? Nessun problema, si teneva in mano, si guardava con la lente contafili, poi con il gioco del far finta i bambini si trasformavano in cimici e una volta trovato un posto adatto nella classe stavamo immobili, proprio come cimici, prima di spostarsi con un piccolo volo. Capitavano anche delle occasioni rare, come la pelle di serpente che Giorgia aveva trovato nel suo
giardino, e alla sua domanda:
ma perché i serpenti perdono la pelle?” i compagni recuperando informazioni rispondono:
Non gli piace più e allora se ne fa un’altra?
No, la pelle sta stretta, non cresce, allora lui cambia. Forse come il vestito ne fai un altro che ti sta meglio, un po’ più grandino. Per me lui si stacca la pelle, è perché non gli sta e se ne fa una un po’ più comoda, se la fa da solo; anche noi facciamo la pelle nuova quando ci facciamo male.
Capitava spesso, infatti, che per spiegare le cose difficili i bambini usassero quello che più conoscevano: il funzionamento del loro corpo. Questo continuo rimbalzo tra corpo col modo di vivere dell’animale e corpo con il modo di vivere del bambino contribuiva a costruire nel tempo un modello base di vivente che aveva tutto ciò che serviva per sopravvivere, a cui si aggiungevano parti e funzioni a seconda dei casi dei particolari.

...vedere cosa c'era dentro  

Anna è una bambina di tre anni. Dopo aver tenuto in mano una piccola raganella e osservato il suo movimento nella vasca in cui la ospitavamo, alla mia richiesta di rappresentare l’animale pensando a cosa deve esserci dentro al suo corpo ha rappresentato con accuratezza e competenza il cuore i muscoli, le ossa, gli animaletti che ha mangiato, le uova e la cacca. Capitava, infatti, anche la necessità di sapere e vedere cosa c’era dentro i viventi e quindi serviva una esplorazione più accurata. Mi ricordo che una volta per rispondere alla domanda "il pesce ha le ossa?" siamo andati in pescheria a comprare le sardine. Ogni bambino aveva una sardina tra le mani da toccare e aprire. In questa esplorazione, non solo i bambini avevano trovato qualcosa che poteva essere riconducibile alle ossa ma quando hanno aperto la bocca della sardina hanno trovato anche la
lingua, e poi le fessure ai lati del corpo e, nell’occhio, il cristallino duro alla pressione delle dita.

La scoperta è che il corpo dentro è tutto pieno di cose. Negli anni i bambini hanno tenuto in mano e poi hanno aperto animali diversi osservandone le strutture interne: polpi, seppie, scampi … sempre con l’intenzione di capire come è fatto dentro l’animale. Si può anche ragionare all’inverso, e magari dare ai bambini dei disegni di scheletri provando a chiedere: ma per fare effettivamente funzionare questo corpo che gli metteresti e dove? In classe avevo un “armadio delle collezioni” che si era formato nel tempo con tutte le cose che in qualche modo erano riconducibili agli animali. Corazze, pelli, piume, uova, cacche, ali, nidi… Avevamo una collezione incredibile di 21 nidi.
Si partiva dalla domanda:
Cosa ci racconta un nido?
E perché i nidi sono diversi?
C’erano nidi fatti di muschio, nidi fatti di foglie, nidi con fili di plastica raccolti dalle immondizie… allora da questi piccoli indizi si cercava di capire chi l’aveva fatto e poi dove stava, e quelli con la plastica forse erano vicini ai bidoni della spazzatura…. e così si procedeva tra immaginazione, ipotesi e ricerca di certezze.


L’atteggiamento dell’insegnante
Chiudo cercando di riprendere le linee guida di queste giornate seminariali. Posso dire per esperienza che con i bambini piccoli si può fare scienza partendo dalla complessità del mondo e si può farlo in modo sensato senza produrre formalismi precoci e inutili. Bisogna però essere capaci e disponibili a meravigliarci insieme a loro, diventando complici di scoperte, senza per questo dimenticare il nostro ruolo educativo.
Credo anche che quando si lavora sul tema degli animali ci voglia qualcosa in più, una sensibilità particolare e un vero interesse per tutte le forme di vita, anche quelle più scomode, perché sono convinta che il nostro modo di stare con gli animali diventa per i bambini piccoli un modello potente di come e cosa andare a guardare, come e cosa andare a cercare, come e cosa curare e cosa fare.
Mi sono sempre trovata bene in questi contesti e credo che questo sia dovuto alla mia passione per il mare. Durante un’immersione subacquea, ma anche solo indossando maschera e boccaglio, si torna un po' bambini, si entra nell’ambiente marino come esploratori, come ricercatori e si acutizzano delle percezioni che normalmente usiamo poco. Si cercano le tane, i buchi, i passaggi e si ha sempre la consapevolezza di essere assolutamente insignificanti di fronte alla grandezza del mare e delle sue forme di vita. Quando si esce dall’immersione succede una cosa straordinaria: c’è l’urgenza di raccontare ai compagni che hanno condiviso l’esperienza con noi cosa abbiamo visto, che cosa abbiamo scoperto passando informazioni, proprio come fanno i bambini. Spesso c’è il bisogno di cercare in internet le cose che non capiamo, i nomi che non conosciamo. C’è sempre un’altra consapevolezza, che accompagna la mia esperienza subacquea: il fatto di non sapere ancora tutto, che c’è altro da vedere, da conoscere. Questa mia esperienza, questa mia passione l’ho sempre raccontata ai bambini. Quando tornavo dai miei viaggi, loro aspettavano le fotografie, i video che io condividevo volentieri. Uno di questi mi ha scoperta ai loro occhi come una loro pari; è stato un video brevissimo, dove il mio atteggiamento di stupore e gioia per aver trovato tra la posidonia un piccolo pesce ago è stato letto dai bambini come simile al loro stesso stupore durante le esplorazioni. Anche la maestra cerca qualcosa, è contenta quando la trova e la trattiene tra le mani per poterla guardare bene prima di lasciarla andare. Forse dobbiamo imparare a vedere il mondo con gli occhi dei bambini, indagatori e sapienti, mai irrispettosi e saccenti: questo potrebbe aiutare per capire il loro modo di porsi e aiutarli nella loro crescita.