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Il make-up dei fenicotteri

 

Phoenicopterus roseus

Il make-up  dei fenicotteri

 

Valentina Vitali

Che siano video on line, programmi televisivi o foto postate sui vari profili social è d’obbligo, perpersone di spettacolo e non, mostrarsi solo dopo un’accurata sessione di make-up, che con il giusto gioco di luci può aiutare a cancellare le rughe e a togliere qualche anno d’età; ma chi ha avuto per primo l’idea di abbellirsi e migliorarsi attraverso l’uso dei trucchi? Di certo non si tratta di un’innovazione recente come si potrebbe pensare, anzi: già 4000 anni fa gli Egizi usavanol’antenato di ombretti e eyeliner e truccavano pure le labbra (con ocra estratta dai molluschi) e gli zigomi. Eppure qualcuno ben prima di loro ha pensato di applicare sul proprio corpo una sostanza per apparire più affascinante e fare colpo sull’altro sesso: i fenicotteri, i cui resti fossili risalgono a circa 30 milioni di anni fa. La bellezza indiscussa di questi affascinanti uccelli, appartenenti allafamiglia Phoenicopteridae, è dovuta ad un elemento specifico che li caratterizza cioè il loro colore, che assume varie sfumature di rosa; è strano pensare che proprio ciò che rende unici questi animali in realtà non dipende da loro ma da altri organismi. La Dunaliella salina, una microscopica alga verde unicellulare grande circa 0,01 cm, contiene, tra i tilacoidi all’interno dell’unico cloroplasto di
cui è dotata, granuli di carotenoidi, pigmenti che riescono ad assorbire le lunghezze d’onda di luce che sfuggono alla clorofilla (pigmento principale) riflettendo nei colori tra il giallo, l’arancione e ilrosso. La loro presenza quindi serve all’alga, come agli altri organismi autotrofi che la contengono, per supportare la fotosintesi e per proteggersi da possibili danni causati dall’intensa radiazione solare.

L’alto contenuto in glicerolo, che rimane boccato all’interno dell’alga aumentandone la pressione osmotica, consente alla dunaliella di vivere in acque con concentrazioni estreme di salinità, nelle quali si trova pure un piccolo crostaceo, la scimmia di mare (Artemia salina). Questo organismo, di circa 2 cm, si nutre proprio di alghe unicellulari come Dunaliella salina, che riesce a catturare nuotando a pancia in su mentre filtra l’acqua; i carotenoidi contenuti nelle alghe di cui si ciba gli fanno assumere un colore rosa aranciato. A questo punto entrano in gioco i fenicotteri!
Questi uccelli per nutrirsi abbassano il collo e inseriscono in acqua il grande becco ricurvo in posizione capovolta, muovendolo poi da una parte all’altra per far entrare l’acqua; la lingua, dotata di due file di punte ossee, funge da pompa che spinge l’acqua verso i lati del becco che sono in grado di filtrarla grazie a delle setole capaci di trattenere il cibo e di lasciare uscire fango e silice. In sostanza i fenicotteri sono filtratori proprio come le balene. Poiché a rimanere bloccati in questo setaccio sono soprattutto esemplari di Artemia salina i fenicotteri accumulano di conseguenza nella pelle e nelle proprie penne grandi quantità di carotenoidi (nello specifico astaxantina trasformata poi durante la digestione in cantaxantina), che determinano la particolare e tipica sfumatura rosata di questi uccelli; per questo le penne lasciate durante la muta perdono in breve il loro colore e i piccoli appena nati sono biancastri e con zampe e becco neri e diventano rosa gradualmente, attraverso l’alimentazione, fino ad assumere la colorazione definitiva attorno ai 3 anni d’età.
L’aspetto interessante è che l’accumulo di carotenoidi non si limita però solo a piumaggio ed epidermide. I pulli ad esempio vengono nutriti dagli adulti non con rigurgiti di cibo ma con il latte del gozzo, una secrezione delle cellule epiteliali del gozzo (tratto digestivo) prodotta da entrambi i genitori ricca di grassi e proteine, e anche questa sostanza ha un colore tra il rosa e il rosso. E una
recente ricerca (Greater flamingos Phoenicopterus roseus use uropygial secretions as make-up, Behavioral Ecology and Sociobiology), eseguita sui fenicotteri maggiori, è riuscita a dimostrare ciò che in precedenza era stato solo ipotizzato cioè che gli stessi pigmenti si trovano pure dentro all’olio di preen, secreto della ghiandola uropigea utilizzato dagli uccelli per impermeabilizzare le penne e tenere lontani i parassiti. Questa indagine è stata svolta dopo aver osservato che il piumaggio non rimane invariato durante l’anno: si mostra particolarmente colorato tra ottobre ed aprile e, subito dopo l’inizio del periodo riproduttivo, inizia a sbiadire. Eppure tale cambiamento non può essere giustificato con la muta che avviene dopo l’emancipazione dei pulli.

Si è così ipotizzato che gli individui stessi potessero influenzare la propria colorazione grazie alle secrezioni uropigee poiché i fenicotteri sono soliti sfregare le guance direttamente sulla ghiandola e poi strofinare la testa su collo, petto e parte anteriore del dorso; è stato anche osservato che a ripetere più spesso tale comportamento sono in effetti gli individui più colorati e che in generale lo sfregamento è proposto con una maggiore frequenza da tutti gli esemplari proprio durante il periodo in cui avviene la scelta del partner, quando maschi e femmine si riuniscono in gruppi misti (i fenicotteri sono monogami ma tra una fase riproduttiva e l’altra la percentuale di cambiamento del partner è molto alta, circa il 98%). L’importanza del colore del piumaggio è dimostrata anche dal fatto che durante i display gli individui mostrano proprio le parti del corpo con un rosa più intenso. Come ulteriore conferma sono state analizzate le variazioni delle concentrazioni di carotenoidi nell’olio di preen evidenziando un aumento durante l’autunno-inverno e poi una diminuzione, coerentemente con le modifiche del colore del piumaggio. Non rimangono quindi più dubbi: il rosa dei fenicotteri non dipende solo dal deposito di pigmenti dovuto all’alimentazione ma anche dal make-up che gli esemplari, con grande cura, mantengono e ritoccano per farsi belli agli occhi dei partner. Dopo l’accoppiamento l’attenzione all’estetica cala e così anche la cura del piumaggio viene trascurata. Ma si tratta davvero, come per la specie umana, di un modo per apparire più belli, sani e forti di quanto non si è in realtà? Dai dati è emerso che gli individui più colorati (cioè che si “truccano” più spesso e con secrezioni più cariche in carotenoidi) iniziano a nidificare prima e hanno accesso ai siti riproduttivi migliori, ottenendo perciò un vantaggio in termini di fitness, quindi la colorazione cosmetica non nasconderebbe la reale qualità dell’esemplare ma, anzi, la amplificherebbe. In genere lo stato del piumaggio è un segnale onesto della bontà genetica di un individuo e viene molto considerato nella scelta del partner ma nei fenicotteri tra la muta e la formazione delle coppie passano vari mesi perciò le penne potrebbero dare informazioni datate e non più valide; la secrezione uropigea e le sue concentrazioni di carotenoidi sono invece aggiornate e possono offrire una valutazione più attendibile delle reali condizioni. Insomma, anche tra gli uccelli il make-up aiuta ma non riesce a fare miracoli!