Nicola Messina, "Le intoccabili. Viaggio tra i pericoli vegetali per l’escursionista", di (Firenze, Phasar edizioni, 2023)
In uscita una guida utilissima sulle piante da non toccare. Ossia tutte quelle specie vegetali che offrono insidie al solo contatto, senza necessità di essere ingerite.
A redigere il manuale è il naturalista ed esploratore toscano Nicola Messina.
Intervistiamo l’autore. Preparatevi a scoprire un mondo nuovo
Nicola, parlaci un po’ di te. Innanzitutto dove ti trovi adesso?
Al momento sono in Toscana, a Montecatini Terme, dove vivo da una decina di anni e insegno in una scuola superiore. Attendo la fine dell’anno scolastico e degli esami di maturità per poi ripartire con una serie di viaggi che mi terranno impegnato per alcuni mesi, sempre che la vita non faccia brutti scherzi.
Raccontaci da quali esperienze provieni, come sei nato esploratore naturalista, quali paesi hai visitato, che cosa hai visto e scoperto, quali libri hai scritto.
Sono nato a Viareggio nel 1971, in una casa mezza fatiscente, con alcune stanze senza soffitto e con i letti quasi sempre zuppi di acqua quando pioveva, circondato da secchi che mia madre metteva dappertutto per evitare che la casa si allagasse. Sì, vengo da una famiglia abbastanza povera dal punto di vista economico ma credo che questo mi abbia insegnato molto, soprattutto ad apprezzare le piccole cose, a mangiare ciò che si ha a disposizione, a non perdersi mai d’animo quando tutto ti rema contro. Ad essere gentili verso chi ti tratta con rispetto e cortesia; a ricordarsi delle persone che ti hanno aiutato e di quelle che ti hanno voltato le spalle.
Sono un naturalista di professione e la passione per le Scienze Naturali nasce all’età di 6 anni, quando ricevo il primo microscopio da mia zia. Da quel momento in poi l’amore per ogni forma di vita si manifesta e si afferma totalmente, spaziando dalle piante ai piccoli animali, dalla geografia all’antropologia per arrivare alla cultura del viaggio. Ho trascorso la mia infanzia sull’isola di Favignana e l’adolescenza a Lampedusa, dove mi trasferivo sempre al termine dell’anno scolastico. Lampedusa è l’isola in cui mi sono formato come naturalista. Alla sua bellezza e al suo carattere solitario devo ciò che sono oggi.
La mia passione in origine era rovistare tra la sabbia e collezionare minuscole conchiglie. Ho frequentato il Liceo Scientifico “Barsanti & Matteucci” di Viareggio per quattro anni, trasferendomi successivamente a Sarzana per altri otto e diplomandomi al Liceo Scientifico “T. Parentucelli” della stessa città.
Dopo la maturità mi sono iscritto alla Facoltà di Scienze Naturali all’Università di Pisa, e, grazie a una borsa di studio vinta e lavorando come cameriere, ho vissuto a Pisa molti anni. Dopo la laurea ho continuato la mia attività di ricerca per quasi tre anni come borsista all’Istituto di Biofisica del C.N.R. di Pisa.
E qual è esattamente la tua attività da naturalista?
Da oltre venticinque anni mi dedico all’esplorazione naturalistica e ai viaggi in genere. Ho vissuto in Malesia, a Kota Kinabalu, lavorando per un tour operator locale; ho compiuto molti viaggi dalle Americhe all’Africa fino a gran parte dell’Asia, con particolare riguardo alla regione malese, che frequento ormai da molti anni. Collaboro con alcuni importanti tour operator come accompagnatore-guida.
E da un punto di vista più propriamente scientifico?
Dal punto di vista delle scoperte scientifiche ne ho fatte diverse in campo botanico ma non collaborando presso istituti o centri di ricerca, non ho mai avvertito l’esigenza di scrivere articoli scientifici atti a documentarle. Le mie scoperte quindi restano nei miei diari e non ho particolari ambizioni in merito.
In sostanza, non ho pubblicato molto. Ho scritto un libro introduttivo sulla flora e fauna del Borneo diversi anni fa, uno su un gruppo di nomadi che vivono sull’isola di Halmahera, in Indonesia, ho collaborato alla stesura dell’ultima edizione di "Nelle foreste di Borneo, dell’esploratore ottocentesco Odoardo Beccari". E poi, per divertirmi, ho scritto un paio di libretti di narrativa in formato digitale. Non sono il tipo di autore che sforna libri ogni sei mesi.
Da buon toscano, ti senti un po’ l’Odoardo Beccari dei nostri tempi?
Beccari è stato sicuramente una grande “musa ispiratrice” al maschile della mia filosofia di viaggio però al tempo stesso mi sento profondamente diverso da lui. Il Beccari è stato sì un grande esploratore (soprattutto se si considera la giovanissima età all’epoca delle sue scoperte) ma, come tutti i naturalisti del passato, era un grande bracconiere, come d’altronde lo era Darwin che impallinava i fringuelli e considerava i nativi della Terra del Fuoco esseri umani da civilizzare. Oggi il naturalista è cambiato radicalmente nel suo approccio alla Natura. Per fortuna, direi. Nessun naturalista di oggi prenderebbe un fucile e sparerebbe su un orango inerme appollaiato su un albero.
Come è nata l’idea di scrivere un libro sulle piante pericolose per gli escursionisti?
L’idea mi è venuta in mente in seguito a un incidente che ho avuto con una di queste. Di libri sulle piante pericolose ce ne sono svariati, ma si tratta di piante pericolose per ingestione. Tutti conosciamo gli effetti della cicuta e della digitale rossa. Questo libro tratta le piante pericolose a toccarsi. Cosa che accade frequentemente durante un viaggio. Il mondo delle piante è tutt’altro che inerte e innocuo e quando seguiamo la moda di abbracciare un albero, bisognerebbe capire con chi abbiamo a che fare. Non tutte le piante amano farsi abbracciare, esattamente come accade con gli animali selvatici.
Sono stati i tuoi innumerevoli viaggi intorno al mondo la fonte di ispirazione principale per la ricerca di informazioni sulle piante pericolose?
Esattamente, viaggiando ho capito che alle piante bisogna prestare attenzione, rispettarle e amarle. Sono gli organismi più saggi del nostro pianeta. La fonte di ispirazione è stata proprio un’ortica gigante che mi ha fatto soffrire per un anno. Mi sono detto: “pensiamo sempre e solo agli animali come fonti di pericolo ma le piante ne sanno sempre una più del diavolo”. D’altronde l’evoluzione le ha dotate di notevoli apparati per cercare di respingere ogni tipo di assalto erbivoro.
Quali sono i principali pericoli che i camminatori possono incontrare in natura a causa delle piante?
In estrema sintesi: sostanze allergeniche, peli contenenti cocktail tossici, spine che veicolano batteri, succhi caustici e temibili formiche in simbiosi con le piante sono soltanto alcuni dei mezzi di cui siamo a conoscenza che diverse piante hanno per colpire anche noi uomini. Molte palme, inoltre, possono albergare animali poco desiderabili e alcune producono frutti che quando cadono al suolo diventano poltiglia facendo diventare estremamente scivolosi i sentieri. Nei deserti americani ci sono dei cactus che, colpiti dal vento, si suddividono in tanti manicotti che se arrivano in faccia, possono creare parecchi problemi.
Come riconoscere le piante pericolose e proteggerci se non siamo dei botanici? Quali segnali a cui prestare attenzione?
La risposta più breve potrebbe essere: “leggete questo libro!”. A parte questo, la cosa più sensata da fare è documentarsi sul luogo in cui stiamo andando. In linea molto generale, direi di evitare il contatto dei tronchi degli alberi quando si nota della linfa nerastra, evitare di toccare piante dotate di spine e foglie ricoperte di fitti peli. Anche se non sempre ciò sia davvero pericoloso.
Camminare lentamente ed evitare di toccare sono le uniche armi che noi abbiamo a disposizione per ridurre il rischio di spiacevoli incontri. Sono requisiti importanti anche il vestiario adeguato all’ambiente che visitiamo e alla stagione e procedere senza fretta.
Alle nostre latitudini quali sono le piante più comuni che rappresentano un rischio concreto per i camminatori?
Ultimamente è stata segnalata a Impruneta, per la prima volta, l’edera velenosa nordamericana (Toxicodendron radicans) e pare che si stia espandendo. Prospera assai bene in presenza di tanta anidride carbonica. Un’altra pianta, sempre aliena, è la Panace di Mantegazza (Heracleum mantegazzianum), una vera invasiva soprattutto nel centro e nord Europa, molto difficile da eradicare. In Italia comunque, non esistono particolari rischi per questa pianta, tranne in alcune aree del Nord Italia. Ad ogni modo potrebbero esserci molte altre piante di cui non conosciamo assolutamente nulla degli effetti sulla pelle. La nostra conoscenza in questo ambito è ancora ai primordi.
Quali regioni del mondo presentano le piante più pericolose per gli escursionisti?
Indubbiamente nelle regioni tropicali e nel continente australiano albergano le specie più pericolose. Ma, con molta probabilità, gli stravolgimenti climatici in futuro potrebbero cambiare altri equilibri negli ecosistemi.
Quali sono gli effetti più comuni delle tossine delle piante sul corpo umano?
Per ingestione sono infiniti gli effetti e ben documentati. Per le piante da contatto, invece, gli effetti possono variare dal semplice prurito fino all’amputazione degli arti, cecità e ai linfomi nelle situazioni più estreme, persino alla morte. Tutto dipende dalla risposta del nostro organismo, dalla specie di pianta che ci causa il problema, dalle zone colpite, dalla quantità di tossine e da molti altri fattori.
Credi che molte persone sottovalutino i pericoli delle piante durante le escursioni in natura?
Molti ritengono che le piante siano un mondo innocuo, inerte, un bel verde che ci infonde tranquillità. Sono d’accordo a grandi linee ma è sempre bene mantenere una certo livello di attenzione e vigilanza quando si visitano alcune aree del mondo. Spesso le probabilità di farsi male con le piante sono sottovalutate dalla maggioranza degli escursionisti.
Ma ci si può far del male anche nei giardini di casa nostra, vero?
Certamente! Magari mentre spezziamo inavvertitamente un’euforbia che ci hanno regalato. Bisogna ricordarsi che la linfa di un’euforbia schizzata negli occhi ci può far perdere la vista. Quindi raccomando sempre attenzione. Se volete coltivare le euforbie, leggetevi qualcosa su queste piante (ce ne sono varie specie). La conoscenza è requisito fondamentale per qualsiasi cosa si intraprenda nella vita.
Quali piante hai scoperto durante la ricerca per il libro, ti hanno sorpreso per i loro veleni, hai provato qualcosa sulla tua pelle?
Inoltre, occupandomi di piante mirmecofile, ho provato anche il dolore causato dalle punture e morsi di formiche che vivono in simbiosi con alcune di queste, anche se il loro effetto non è stato altrettanto serio. Ho solo subito un rialzo termico per un paio di giorni. Viaggiando, però, ho imparato comunque a prevenire queste problematiche e, in caso di incidente, cercare di risolverle con qualche farmaco o rimedio naturale.
Qual è il tuo consiglio più importante per gli escursionisti che vogliono proteggersi da piante potenzialmente pericolose?
Visto che mi servi la domanda su un piatto d’argento, suggerisco di leggere questo libro, almeno quale fonte di ispirazione. Beh, come detto prima, raccomando sempre di camminare lentamente, osservare, capire ciò che ci circonda, informarsi sul luogo che si sta attraversando. Suggerisco di evitare di toccare, possibilmente, a mani nude tronchi di alberi tropicali e foglie a meno di non conoscere bene le specie in questione. Indossare vestiario adeguato al luogo di esplorazione è altresì essenziale.
E infine, quali sono i tuoi piani futuri come autore e ricercatore nel campo della botanica e dell’esplorazione naturalistica?
Ho in cantiere un nuovo lavoro che non posso ancora svelare. Ho diverse conferenze e presentazioni in calendario e, a partire dai prossimi mesi, intraprenderò nuovi viaggi, nelle zone più remote del Borneo, nello Sri Lanka e in Amazzonia.