La “terra che trema” e i suoi abitatori
Luciano Luciani
L’immensa e misteriosa palude di Okefenokee, Okefenokee Swamps, (oltre 1600 km2) è situata nel sud-est degli Stati Uniti nello Stato della Georgia al confine con la Florida. Un tempo largamente sfruttata dai coloni per la ricchezza di conifere, quest’area è oggi un’oasi naturale protetta dove si alternano isolotti, foreste, paludi e specchi d’acqua. Il suo nome, in linguaggio indiano, significa “luogo della terra che trema” o anche “acque mosse”: sul fondo della palude vi è infatti uno spesso strato di vegetazione in decomposizione che libera gas che provocano l’emersione di zolle di torba anche di notevoli dimensioni destinate a trasformarsi in isolotti.
È questo il regno dell’alligatore, il vorace rettile acquatico primitivo lungo fino a cinque metri, col muso di forma tozza, parente diretto del coccodrillo. Qui vivono attualmente circa 12.000 esemplari di alligatori, tutelati da leggi severe dopo la caccia forsennata a cui sono stati sottoposti nei secoli scorsi, e oggetto di attenta osservazione da parte degli studiosi.
Quali le caratteristiche e il comportamento di questo animale poco conosciuto, ancora simile nell’aspetto ai progenitori vissuti cento milioni di anni fa?
Di abitudini prevalentemente crepuscolari e notturne, questi animali si cibano di animali di piccole e medie dimensioni e soprattutto di pesce. Privi di piastre ossee ventrali e forniti di un’arcata dentaria superiore sporgente rispetto a a quella inferiore, gli alligatori possiedono una visione binoculare soltanto in una piccola frazione del loro campo visivo (l’anello di colore chiaro intorno all’occhio ha probabilmente la funzione di esaltare la quantità di luce che gli giunge); in inverno attuano una sorta di ibernazione, rallentando il proprio metabolismo al punto di non avere quasi più bisogno né di ossigeno né di cibo e manifestano un comportamento sociale molto più complesso di quello di altri rettili.
Mostro biblico conosciuto sotto il nome di Leviatano, l’alligatore è, secondo Giobbe, una delle orride creature del caos primordiale. Essere che vive nei fondali melmosi originati dalla degradazione della vegetazione una volta lussureggiante, capace di uscire repentinamente dall’acqua torbida per uccidere e distruggere, questo mostro palustre è stato interpretato dai popoli indigeni (i Creek, i Muskogee, i Coweta, i Cusseta, i Chehaw, gli Apalachee...) come un demone della malvagità, il simbolo di una natura ostile se non addirittura malvagia: simile ai grandi idrosauri preistorici e ai draghi delle leggende è considerato l’arcigno signore dei misteri della vita e della morte. Ma la palude di Okefenokee non è il luogo d’elezione dei soli alligatori. Qui la vita si manifesta anche attraverso altre forme: piante insettivore dalle forme più svariate, parassiti infidi come le sanguisughe, cavallette tuffatrici, serpenti predatori di uova, testuggini palustri e, sul bordo della foresta di conifere, picchi impegnati nel perforare cortecce ricche di resina...
Un mondo in perenne fermento, dove la lotta per la sopravvivenza ha dettato regole antiche e insegnato piccole furbizie, come quella testuggine che depone le sue uova, rischiando la vita, nel nido dell’alligatore, perché più protetto dall’attacco degli altri animali.
Un mondo inusuale e avvincente, un pezzo di passato lontano ancora vivo e presente.