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Björn Kurtén

Björn Kurtén

di Brunella Danesi

 

La vita

Il finlandese Björn Kurtén (1924-1989), docente di paleontologia presso l’università di Helsinki dal 1972 al 1988, è stato, insieme a George G. Simpson, il padre fondatore del movimento scientifico che rintracciò in numerosi dati paleontologici consistenti conferme alla teoria evolutiva di Darwin. Nei suoi studi Kurtén ha sempre mostrato una grande attenzione agli aspetti paleo-ecologi; questa prospettiva gli ha permesso di ricostruire con grande precisione la flora e la fauna del passato e le loro reciproche interazioni.

 Le sue opere scientifiche più significative sono: Variazione e dinamica delle popolazioni di mammiferi fossili e recenti (1953), I mammiferi del pleistocene in Europa (1968), Non dalle scimmie (1972) I mammiferi del pleistocene in Nord America (1980), Evoluzione e fossili di mammiferi (1988).

Nel 1988 gli venne attribuito l'Unesco Kalinga Prize, premio conferito agli scienziati che si sono distinti per opere di divulgazione ; in questo campo, la sua produzione è stata numerosa: L'età dei dinosauri (1966), L'età dei Mammiferi (1972), Storia dell'Orso delle caverne (1976), Gli assassini innocenti (1991), I nostri più antichi antenati (1993)

Kurtén si è misurato anche con due bei romanzi ambientati nelle terre del Nord di 30.000 anni fa, La danza della tigre , Franco Muzzio 2009 e Zannasola, Editori Riuniti 1990 (fuori commercio).

 

La danza della tigre

La danza della tigre e Zanna sola narrano la vita quotidiana nella Scandinavia del sud avvolta dai ghiacci, di un clan di Neri, che si autodefiniscono Uomini, i Cro - Magnon, e di un gruppo di bianchi Neanderthaliani. Questi ultimi raccolgono un giovane Nero ferito, Tigre, e lo curano con affetto e dedizione, vedendo in lui e nei suoi compagni personaggi simili a dei, per il loro aspetto elegante, mentre Tigre, a sua volta, lentamente rimane affascinato dalla loro dolcezza, dai modi gentili mascherati da un aspetto in apparenza feroce. Dall'incontro delle due popolazioni nascono i Bruni, intelligenti, agili e forti, ma segnati da un destino infelice; alcuni di loro tenteranno una disperata quanto vana rivolta che porterà solo lutti. 

I due libri sono innanzi tutto romanzi dalla trama avvincente, ma gran parte del loro fascino è legato alla capacità dell’autore di descrivere con efficacia un mondo completamente scomparso e nel restituire nuova vita almammuth, alla tigre dai denti a sciabolaall'alce gigante e ai tanti abitanti animali e vegetali delle foreste e delle steppe del Paleolitico. I Neri ed i Troll sono dolci o violenti, amanti fedeli o volubili, cercano scorciatoie per la felicità o si piegano al sacrificio per gli altri, hanno cura dei piccoli e dei vecchi o uccidono brutalmente per stupidità o ingordigia, temono gli dei o se ne fanno beffe, cercano il potere o le piccole felicità legate al quotidiano. Quegli uomini, insomma, sebbene molto più dipendenti dagli eventi naturali, siamo noi, nel bene e nel male, i loro bisogni e i loro desideri sono i nostri.

Kurtén ricrea una storia in cui sono presenti contenuti e argomenti di indubbio rilievo:

  • È avanzata una straordinaria ricostruzione degli uomini del Paleolitico, che può essere utilmente messa a raffronto con saggi di divulgazione scientifica sull'argomento e può incuriosire il lettore tanto da spingerlo ad approfondire le conoscenze sulle nostre origini. Nei due romanzi i Bianchi neandertaliani sono descritti come ben adattati al clima freddo dei paesi del nord, dato che vivono da lungo tempo in Europa e sono stati soggetti alla selezione naturale che ha premiato gli individui di carnagione chiara, con ossa grosse e ben vascolarizzate; hanno il fisico potente, forti arcate sopraciliari, volto largo, movimenti lenti e misurati; malgrado il loro linguaggio sia sgraziato, a causa della particolare conformazione delle strutture deputate alla fonazione, sono gentili e ospitali; portano nomi di piante - Alloro, Betulla Bianca, Centaurea, Angelica- a indicare il loro modo di mantenersi in contatto con gli spiriti dei vegetali; vivono in piccoli gruppi prevalentemente sedentari e presentano un'organizzazione sociale matriarcale dovuta anche ad un dimorfismo sessuale trascurabile. A loro volta, i Cro-Magnon, approdati recentemente al Nord, ma provenienti dalle assolate regioni del Sud, sono neri, alti, agili, dai tratti del volto aggraziati; "...hanno un linguaggio tanto variato e flessibile quanto il canto degli uccelli"; vivono in piccole associazioni ad organizzazione patriarcale (in loro il dimorfismo sessuale è più marcato); gli uomini procurano la selvaggina, fabbricano strumenti per la caccia e la pesca, commerciano in selci, pellicce ed avorio con i gruppi vicini, con cui si incontrano durante grandi raduni annuali; intagliano le pietre e il legno, producendo oggetti di squisita fattura per scopi rituali o per puro piacere estetico; le loro donne raschiano le pelli, cuciono indumenti, cucinano e conservano gli animali portati all’accampamento; hanno nomi di animali- Tigre, Oriolo, Martora-, cercano di comprendere il volere dei Guardiani attraverso i segni che questi inviano attraverso il vento, la nebbia, il volo degli uccelli; conoscono l’esistenza dei Troll e li temono.
  • È chiarito il significato evolutivo della neotenia ed è sottolineata la sua importanza per l'affermarsi delle cure parentali nei mammiferi e (nel romanzo) per le scelte sessuali operate dai bianchi.
  • È messo in luce il significato genetico di vigore degli ibridi: i Bruni, nati dal matrimonio dei bianchi con i Neri sono forti, agili, intelligenti e sopravvivono alle malattie infantili che decimano gli altri bambini sia della tribù dei Bianchi che di quella dei Neri.
  •  È chiarito come il dimorfismo sessuale, spiccato nei Neri, poco marcato nei Bianchi, possa essere uno dei motivi della diversa organizzazione di animali (o uomini) che vivono in società.
  • È utilizzato l'incrocio fra le due popolazioni per parlare della sterilità degli ibridi. In questo contesto è avanzata un'ipotesi intrigante, anche se non suffragata dai fatti, circa l'estinzione dei Neandertaliani:
    • Negli accampamenti dei Neandertaliani le donne preferiscono concepire figli con i Neri, che risvegliano i loro sentimenti di tenerezza, ma dal matrimonio nascono i Bruni, intelligenti, vigorosi, eppure sterili e quindi "morti viventi".
    • Negli accampamenti dei Neri l'unione fra donne nere e Neandertaliani non è tollerato e comunque le altere Nere non si sentono attratte dai Bianchi.
  • Sono esemplificati moduli comportamentali, presenti in tutti gli animali sociali, atti a rassicurare il con – specifico, da cui possono discendere approfondimenti in etologia: "Così terribili erano gli occhi dei Bianchi, che era divenuto per loro un segno di deferenza passarsi le mani sul viso, nascondendo per un momento il luccichio delle pupille e la truce minaccia delle sopracciglia".
  • Sono ricreate battaglie indimenticabili, come quella fra i mammut e la tigre dai denti a sciabola.
  • È presentata una ricostruzione della geologia delle terre del Nord, strette nella morsa del ghiaccio.
  • Sono introdotti eventi, come un primo tentativo fallito di domesticazione di animali simili ai caribù, o l'uso di bacche per produrre bevande alcoliche, che sono credibili e certamente avvennero, con meccanismi simili, anche se in epoca molto successiva.
  •  È infine rappresentata in modo magistrale la tensione dell’artista che cerca di fissare nel legno o su una roccia le immagini di animali.

 

Kurtén propone un’interpretazione nuova della nostra storia evolutiva

Gli sgraziati uomini di Neandertal, che a lungo nell'immaginario collettivo sono stati associati a forme bestiali e stupide, erano in realtà perfettamente umani: avevano una capacità di controllo invidiabile sul territorio, curavano i loro piccoli e i vecchi (cosa del resto testimoniata da resti fossili di anziani gravemente menomati); erano quindi simili ai nostri diretti antenati, i Cro - Magnon. Questi ultimi, che nei due romanzi hanno i volti con i primi caratteristici tratti dell'uomo moderno, furono indubbiamente in grado di costruire strumenti più sofisticati e si aprirono all'arte, lasciandoci gli enigmatici affreschi che in tante parti del vecchio continente ci danno testimonianza della loro civiltà, ma non appaiono i migliori, i più intelligenti, i più abili o i più feroci, come molti hanno ipotizzato; sono semplicemente i sopravvissuti nell’eterno gioco dei possibili che non necessariamente premia il più adatto in assoluto, che non esiste.

I due racconti ci insegnano anche come l’uomo da sempre abbia temuto il diverso, per pelle, abitudini o credo religioso e come soltanto la sua conoscenza possa placare la diffidenza e mettere in luce le somiglianze . Sotto questo aspetto, il finlandese Björn Kurtén, fine poeta che faceva di professione il paleontologo, mentre tracciava una ricostruzione indimenticabile delle nostre radici, ci regalava una storia su cui continuare a riflettere.


Di seguito, proponiamo alcuni brani, tratti dai due racconti usciti per la prima volta tradotti in Italiano nell’edizione degli Editori Riuniti

La cacciaLa regioneI Cro-magnonI NeanderthalUnione fra le due popolazioniLe conseguenze: il vigore degli ibridi; Le conseguenze: la sterilità dei bruniLa tigre dai denti a sciabola

 

La caccia

... Una caccia al mammut d'estate era un fatto insolito. Mammut e caribù lasciavano quelle regioni in primavera per le ignote terre del nord, dove la gente diceva che non c'erano alberi né uomini. Solo Troll e peggio. Il primo mammut compariva all'inizio d'autunno, ma la sua vera stagione era più tardi, quando i branchi arrivavano fitti, appena prima che gelassero le paludi, dove era più facile intrappolarli. Ma allora spesso il terreno era troppo bagnato per accendere i falò. Senza fuoco per spingere la preda dove si voleva, una caccia al mammut poteva essere molto pericolosa. Ora, nella tarda estate, dopo un lungo periodo di tempo asciutto, le probabilità erano buone. Il Capo si abbandonò ai ricordi.

- È vero che abbiamo avuto qualche caccia al mammut in estate, di solito quando non era piovuto per un pezzo.

L'ultima fu molti inverni fa. Forse non trovano abbastanza da mangiare al nord. Però, non abbiamo lance da mammut.

I gruppo portava soltanto leggeri giavellotti da lanciare con l'atlatl. Per il mammut occorrevano armi molto più pesanti. D'altronde quegli uomini non erano in spedizione di caccia, ma di commercio, tornavano dal Raduno Estivo. Là, sotto la prima luna piena della

tarda estate, i cacciatori del nord barattavano pellicce, avorio e castoreo (Liquido secreto dalle ghiandole del prepuzio del castoro. Si è pensato a lungo che l’estratto avesse proprietà medicinali) con la preziosa selce e l'ambra del sud. Le tribù vicine s'incontravano, scambiandosi notizie e pettegolezzi. Si eseguivano nozze e cerimonie, mentre i capifamiglia stipulavano contratti di matrimonio. La buona riuscita di ogni affare veniva celebrata con un sorso o due di vino nero, bevuto da grandi corna di bisonte. Le donne e i bambini dei clan, ai quali non era permesso partecipare alla festa...

Oh grande Guardiano del mammut! Se è tuo desiderio consegnare le tue bestie nelle nostre mani, dacci un segno, non mancare all’ appuntamento. Per quello che dobbiamo fare, ti chiediamo perdono di tutto cuore.

.... La luna era sotto l’orizzonte e una fitta oscurità avvolgeva la foresta. La sentinella prese il piccolo bastone lunare, che il gruppo non mancava mai di porta con sé, e vi tracciò un segno per quella notte. Il bastone avrebbe detto loro le fasi della luna, secondo le quali vivevano, non meno che secondo le stagioni.

Tra quelli che dormivano profondamente c'era Tigre, il quale all'alba avrebbe raggiunto il gruppo che seguiva il mammut, portando loro il piano d'attacco. Non aveva più paura dei Troll. No, l'unico pericolo era perdere la preda, e a questo avrebbe pensato il Capo. Infatti, tutto stava andando secondo il piano. I mammut erano proprio dove l'astuzia e l'esperienza del Capo avevano detto che sarebbero stati. I suoi uomini avevano raggiunto in tempo le loro posizioni, il gruppo degli inseguitori essendo stato chiamato da Tigre all'ultimo minuto. I fuochi erano divampati simultaneamente lungo tutta la fila e ora i mammut si ritiravano in disordine verso la palude. Le lance avevano trovato i loro bersagli e, sebbene nessuno dei grossi animali fosse stato ferito a morte, tutti cercavano uno scampo in preda al panico. Già uno o due erano nel pantano fino alle ginocchia e sprofondavano senza difesa. Stretti a loro c'erano un paio di piccoli, ancora in grado di muoversi ma paurosi di lasciare le madri, e strillavano di continuo. Altri si ritiravano più lentamente, calpestando il fango sul bordo della palude...

Su

***

 

La regione

La terra era emersa soltanto nelle ultime poche migliaia di anni. Obbedendo ai comandi del sole, del vento e dell'acqua, il grande ghiaccio che un tempo la copriva si era ritirato fino ai colli rocciosi del lontano nord. Là stava raccogliendo le sue forze per riconquistare il suo impero. Al momento, ogni estate era abbastanza calda per privarlo del suo potere. Teneva le sue posizioni, ma non poteva avanzare; e la sua forza si riversava in grandi fiumi che scorrevano verso sud, maestosi e ricchi d'acque, precipitando in cascate da stretti passaggi, allargandosi in laghi ed estuari. Liberata dal peso del ghiaccio, la terra si sollevò dal mare, e piante, animali e uomini la invasero. Adesso era un luogo di foreste, paludi e laghi, ricchissimo di selvaggina. A nord era delimitata prima da una cintura di betulle nane e paludi, poi dalla tundra e infine dal ghiaccio. A sud-est c'era il mare, che una volta era stato un gigantesco lago d'acqua dolce e adesso era una distesa d'acqua salmastra, collegato all'oceano da esigui stretti. Coi suoi contorni plasmati dai ghiacciai, la terra affondava gradualmente nel mare, formando una flotta di migliaia d'isole grandi e piccole, fino a singole rocce levigate dal ghiaccio tra i flutti al largo. E lontano, a occidente, c'era il vero mare salato.

Ai radi gruppi di uomini che vi si avventuravano, quella terra appariva ricca e bella oltre misura. La pineta, così gaia coi morbidi toni bruni dei tronchi rugosi e il durevole verde delle chiome, si stendeva senza fine. Era una foresta d'infinita varietà, dagli abeti nani e contorti dal vento delle isole esterne e degli ispidi, secchi boschi...

C'erano poi gli acquitrini, dove il pino diventava di nuovo esile e nano, lottando per la vita tra il salice, l'ontano e la betulla, e le paludi, dove il pino moriva. Ma il tetro abete rosso non aveva ancora invaso la terra e forse non l'avrebbe mai fatto, in quell'epoca; il suo regno era mezzo mondo a oriente.

All'inizio dell'estate, i pini fiorivano nel verde chiaro dei loro nuovi germogli, come vestendosi per una festa. Il mammut e il caribù avevano lasciato il paese già da un pezzo e la grande migrazione degli uccelli raggiungeva il culmine. Ma era cominciata molto prima, forse quando i boschi silenziosi si svegliavano col cinguettio d'innumerevoli fringuelli, che roteavano a miriadi appena sopra le cime degli alberi, ancora coperti da un manto di neve che si stava sciogliendo; o con il maestoso spettacolo di centinaia di gru che arrivavano da sud in precise formazioni e ad altezza vertiginosa. Con calma volavano in cerca degli acquitrini e dei laghi dove li attendeva l'eccitazione del corteggiamento e della costruzione del nido. Poi aveva luogo l'esplosivo risveglio della primavera: allora l'erba trinità spuntava timidamente tra le chiazze di neve molle; e ben presto un bianco tappeto di anemoni si stendeva sotto gli alberi della foresta. Quando il mammut se n'era andato, si potevano cacciare il bisonte, l'alce e il terribile alce gigante, con le sue corna ramificate che potevano raggiungere la lunghezza di un braccio; e il piccolo, robusto cavallo, e il cervo, anche lui con le sue corna ramose. Ma la dolcezza e la varietà delle bacche che maturavano in boschi e radure, spiagge e paludi, rendevano il cibo più desiderato. E a quelli che li conoscevano bene, i funghi della tarda estate offrivano una vivanda eccellente.

In autunno, il canto degli uccelli moriva e il cielo era oscurato dagli stormi che migravano a sud. Con la prima neve, riapparivano i branchi di mammut e caribù. Dopo l'oscurità, la pioggia e il nevischio autunnali, venivano l'argentea luminescenza delle notti e il pungen­te, chiaro gelo dei giorni d'inverno. Così, seguendo il ritmo delle stagioni, gli uomini che vivevano di quella terra misuravano il loro passato in inverni e il loro futuro in estati...

Su

 

***

I Cro-magnon

... In quella regione arrivò un popolo dai capelli corvini e dalla pelle scura retaggio di una lunga successione di antenati vissuti in remote steppe bruciate dal sole. Chiamavano se stessi Uomini; gli altri li chiamavano Neri. I loro segni di predominio erano la statura orgogliosa, il mento prominente, la fronte alta, una folta capigliatura gettata all'indietro, un lungo collo delicato, spalle ampie e fianchi sottili. La barba fluente del maschio adulto era un segno cospicuo del suo rango. Le donne erano più piccole e graziose da giovani; nella maturità, anch'esse sviluppavano i segni della loro posizione negli splendidi volumi di seni e fianchi, ventre e natiche. Il ruolo dell'uomo era cacciare, combattere, generare figli maschi e indagare il mistero della comunione con le forze dell'ignoto; quello della donna, partorire e allevare la prole, raccogliere i frutti dei boschi e dei prati, nonché obbedire al maschio che la sceglieva come madre dei suoi figli.

Quegli uomini portarono con loro un nuovo linguaggio, senza confronto più ricco di suoni, elastico ed espressivo. Portarono inoltre la loro inventiva tecnologia, simboleggiata dall'atlatl, o bastone da lancio, che poteva catapultare un giavellotto con superiore velocità e penetrazione. Portarono i loro sogni e le loro speranze e la loro appassionata affinità con gli animali che cacciavano e che tentavano di riprodurre figurativamente con tutta la loro abilità e il loro amore. Essi si sforzavano di cogliere e rendere in immagini imperiture quelle fuggevoli forme animali che fiammeggiano nella retina e si rivedono con mirabile precisione e ricchezza di particolari quando gli occhi sono chiusi: animali in riposo, animali in azione; ciò che vede il cacciatore nel fugace momento in cui sta per uccidere, quando la perseveranza, l'abilità e l'astuzia stanno per essere ricompensate. In quell'attimo, col giavellotto in posizione, i muscoli e i tendini che già scattano nel lancio, la forza e la bellezza dell'animale s'imprimono per sempre in lui. Riproducendo quell'immagine, egli paga il suo debito e riceve l'assoluzione, poiché togliere la vita è un delitto che deve essere espiato...

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I Neanderthal

Un migliaio di anni prima, gli uomini del passato si erano insediati su quella terra. Ventimila generazioni nel paese dei lunghi inverni e delle estati brevi avevano schiarito la loro pelle e i loro capelli, rendendo questi ultimi di un biondo luminoso. l'eguaglianza degli uomini e donne si rifletteva nell'altezza e nella struttura del corpo, che erano molto simili. Il segno di dominanza nel maschio o nella femmina adulti erano gli occhi, magnifici, e ombreggiati dal perpetuo cipiglio delle sopracciglia sporgenti. Negli innumerevoli racconti e leggende che si tramandavano di generazione in generazione, l'audacia e la forza dei loro occhi erano paragonate a quelle dell'aquila. Gli uccelli erano divinità nella loro mitologia. Essi ne veneravano il canto, coi suoi glissando di toni e vocali, che trascendevano disperatamente le possibilità delle loro lingue. Essi stessi, umili creature terrestri, prendevano i nomi dei fiori e degli alberi. Ma ogni fiore e ogni albero aveva il suo uccello nella Terra dei Morti, e la credenza che dopo il trapasso li attendesse una trasformazione era centrale nelle loro vite.

Così terribili erano gli occhi dei Bianchi, che era divenuto per loro un segno di deferenza passarsi le mani sul viso, nascondendo per un momento il luccichio delle pupille e la truce minaccia delle sopracciglia. In parte per compensare questa caratteristica, la società dei Bianchi era diventata sempre più ritualizzata, con il riguardo e la gentilezza come codice base del comportamento. Fra loro si chiamavano "Signora" e "Signore"; usavano educate circonlocuzioni quando impartivano ordini e si profondevano in scuse alla più lieve traccia di sgarberia. Così la loro forza fisica era bilanciata da costumi basati sulla deferenza e la gentilezza. Tra i Bianchi, le donne sceglievano i loro compagni e la discendenza era stabilita per via materna. Essi si gloriavano dei loro antenati, le cui gesta e avventure non si stancavano mai di raccontare. La storia e il mito erano le loro arti. Le donne e gli uomini si sentiva­no affini non solo ai membri viventi del loro clan, ma anche a quel­li delle generazioni precedenti che camminavano invisibili al loro fianco, per tutta la vita. Agli uomini e alle donne del passato potevano rivolgersi per consiglio, incoraggiamento ed esempio. I Bianchi erano i più antichi abitanti di quella terra. Millenni prima l'intero continente a sud era stato nelle loro mani. Ora soltanto un piccolo resto della loro razza viveva lassù, agli estremi confini settentrionali. I Neri avevano occupato la grande regione interna, dove la foresta abbondava di cacciagione, i laghi e i fiumi di pesce. Inoltre si erano sparsi sulla costa del Mare Salato, a occidente, dove attingevano alle inesauribili ricchezze dell'oceano. I Bianchi vivevano ancora nei nordici territori di frontiera e lungo i bordi della grande distesa d'acqua salmastra.

Su

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Unione tra due popolazioni

 Dalla narrazione di Betulla Bianca, un neandertal che ha vissuto fra i neri:

... Dunque, la signora Scoiattolo sposò un uomo, il quale era fra quelli che mi avevano in antipatia. Nemmeno a lei piaceva lo sposo...

- Allora perché lo prese? - lo interruppe Guado.

- Perché dovette farlo. Qui da noi, una ragazza si sceglie il suo uomo, ma tra i Neri... almeno tra quei Neri... sono i genitori a decidere chi deve sposare. L'uomo fa un presente ai due vecchi e la ragazza va a vivere con lui, diventando sua proprietà.

- È vero, - disse Tigre, il quale, però, non aveva mai visto la cosa in questi termini.

- Così fu per Scoiattolo. Dopo io la vidi di rado, ma seppi che il suo uomo era cattivo con lei. Voleva un figlio e Scoiattolo non glielo dava. Dopo qualche tempo cominciò a picchiarla, chiamandola femmina Troll e facendola piangere. Poi si prese un'altra moglie. Intanto io avevo raggiunto l'età virile e lo stesso gli altri ragazzi, che cominciarono a trastullarsi con le fanciulle. Anche a me sarebbe piaciuto, ma i vecchi non lo permettevano. Vedevo che alcune ragazze mi avevano in simpatia, ma non osavano sfidare gli anziani.

- La signora Scoiattolo invece m'incontrava ancora in segreto. Io le dicevo quanto fossi dispiaciuto per il suo cattivo matrimonio e che forse era tutta colpa mia. Allora lei mi abbracciava cercando di confortarmi. Così avvenne che l'amai e ben presto il ventre della mia salvatrice cominciò a gonfiarsi.

- Il suo uomo ne fu molto orgoglioso, perché credeva che fosse opera sua. Mandò via la seconda moglie e smise di picchiare la signora Scoiattolo. Per un po' tutto andò bene. Poi avvenne il disastro. La signora Scoiattolo non ebbe un bambino, ma due: due maschi gemelli. Erano scuri come la madre, ma portavano sul volto i segni distintivi della nostra gente. Il suo uomo montò in furore. Venne a cercarmi per uccidermi, ma io ero un uomo giovane e forte, adesso. Mi trovò nel bosco e, credendo che fossi disarmato, venne verso di me con una lancia. Ma io avevo la fionda e fui più veloce di lui. La mia pietra lo colpì in fronte ed egli cadde per non rialzarsi mai più.

- Ora dovevo fuggire, pena la vita, perché anche i miei amici erano contro di me. Mi nascosi su un albero e li guardai darmi la caccia, ascoltando Cervo vantarsi di quello che avrebbe fatto quando mi avrebbe trovato. Ma non mi trovarono.

- Durante la notte sgattaiolai nell'accampamento per vedere la signora Scoiattolo e i due bambini. Mi disse che dovevo andarmene: alla svelta e molto lontano. ... E adesso capite come non fosse una buona cosa, nella tribù della signora Scoiattolo, mischiare il Nero con il Bianco.

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Le conseguenze: il vigore degli ibridi

Io vedo un grande futuro per la prole degli Dei, l'unione di Uomo e Troll. C'è uno scopo divino dietro tutto questo e noi ne siamo gli strumenti. Lo so, perché ho visto il segno.

Spiegati meglio, - disse Tigre.

Astore abbassò la voce. - C'è qualcosa di speciale nei figli degli Dei. L'ho scoperto meditando. Come ti ho detto, io sono un pensatore! - Si diede un paio di colpetti sulla fronte. - Vivo in questo villaggio da sette od otto inverni. Ho visto molti bambini nascere e molti bambini morire. E sai una cosa? Le vite dei figli degli Dei sono incantate! Incantate, - ripeté. - In tutti questi inverni, non uno di essi è morto. Puoi constatarlo da te. Guardati intorno. Ci sono meno marmocchi Bianchi che figli degli Dei. Questo perché i folletti Troll muoiono come mosche, mentre nulla nuoce ai figli degli Dei. Certo sarai d'accordo con me che questo è un segno. Essi sono divini... sono fatti di una materia molto più resistente tanto dell’ Uomo quanto dei Troll.

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Le conseguenze: la sterilità dei bruni

Alce Gigante (un bruno) aveva una profonda conoscenza delle erbe medicinali ed era un grande guaritore. A volte lo sguardo fisso, autoritario dei suoi occhi, sotto gli archi sopraccigliari sporgenti, bastava a scacciare gli spiriti maligni. Infine, vederlo parlare con gli spiriti delle rocce e degli alberi e ricevere le loro risposte era una esperienza nuova e indimenticabile per gli abitanti del Villaggio della Luna. La donna che gli diedero per compagna era la vedova del precedente Sciamano, di qualche anno più vecchia di lui, ma sana e capace. Però c'era una cosa che non andava in lei: non gli dava un figlio e questo cominciò a rodergli l'animo.

Col passare del tempo, ebbe l'impressione che la gente lo guardasse con compassione ed evitasse in sua presenza l'argomento "figli". Si diceva che era lui a immaginarselo, ma anche la donna soffriva della sua sterilità. Infine decise di lasciare il Villaggio... in cuor suo pensava che qualunque femmina del villaggio non avrebbe dato una prova migliore...

Mano Sinistra vide una donna alta e bruna come lui. I suoi capelli erano intrecciati e avvolti abilmente intorno alla testa, con una piuma di corvo. Era più giovane di quanto si fosse aspettato. Sotto i pesanti archi sopraccigliari così simili ai suoi, gli occhi erano allegri e marroni. Il naso largo testimoniava della sua ascendenza, come la faccia piena, ma la bocca aveva le linee sensibili delle donne Nere e il corpo, scarsamente nascosto dalla corta veste in pelle di caribù, era più alto e con la vita più sottile di quella delle Bianche. I piedi erano nudi; le gambe lunghe, da Nera, erano diritte. La pelle però era nocciola. Mano Sinistra alzò un braccio e vide lo stesso colore. Conquistato, la fissò. Nuvola Nera vide un uomo diverso da tutti i Bianchi: più alto, più scuro, con le spalle più ampie, i fianchi più stretti e occhi più autoritari di qualsiasi Bianco. Anche lui portava indumenti di caribù. Ritto davanti alla donna, le tendeva le braccia. Armi e fagotto erano caduti a terra. Ogni tratto del suo volto le era familiare, incredibilmente e incomprensibilmente...

Adesso ho te, Nuvola Nere e tu mi darai un figlio

E tu a me una figlia- aggiunse Nuvola Nera

...Molti anni dopo, Mano Sinistra tornò alla Confluenza delle Acque con i suoi sogni e le sue speranze molto dietro di lui. Nuvola Nera non gli aveva dato figli né lui aveva dato figlie ad Nuvola Nera

 

Ma anche

Tigre (un nero) e Guado (una neanderthal) procrearono molti bambini, che crebbero alti e belli, con occhi luminosi, indistruttibili e straordinariamente dotati. Tutti vissero fino a tarda età, ma nessuno ebbe nemmeno un figlio.

Su

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La tigre dai denti a sciabola

...Una piccola macchia bianca a forma di V sulla gola aumenta la sua apparenza clownesca. L’unico particolare che sciupava la sua espressione amabile era il bagliore bianco di una zanna ricurva, la sinistra, chiaramente visibile contro il mento nero. La tigre allungò il collo, come per misurare la propria altezza rispetto ai mammut. Poi s'impennò per un momento, con le zampe davanti alzate e penzolanti nella parte inferiore, più che mai simile a un allegro cucciolo. I mammut, ai quali quelle buffonate non facevano nessuna impressione, continuavano a fissarla.

La tigre, ancora il ritratto di una perfetta benevolenza, ricadde sulle quattro zampe e avanzò a un'andatura tranquilla. Da quella parte della radura la neve era coperta da una solida crosta. Dal mammut maschio giunse un brontolio di avvertimento. La femmina e il piccolo gli si strinsero al fianco, il piccolo protetto tra i genitori. La tigre, alla quale le alte zampe anteriori e la testa orgogliosamente eretta davano un'aria di superiorità, benché fosse molto più piccola, continuò ad avanzare trotterellando. Questo fu troppo per il mammut maschio. La sua proboscide si alzò e, con un barrito di rabbia, si lanciò verso la tigre.

Con un'unica occhiata dispiaciuta, che pareva deplorare un simile equivoco riguardo alle sue intenzioni, la tigre girò su se stessa e sfuggì con grazia all'assalto. Il mammut, dopo averla scacciata, fece dietrofront e si riunì alla famiglia.

La tigre si sedette e sbadigliò, scoprendo le lunghe scimitarre ricurve, e chiuse le mascelle con un udibile schiocco... Poi con un unico, fluido movimento, la tigre si lanciò verso i mammut.

Non li raggiunse. Il maschio ruotò su se stesso per contrattaccare e la tigre schizzò via. Si muoveva senza sforzo sulla crosta di neve gelata, che il mammut invece spezzava a ogni passo. Quest'ultimo tornò dalla sua compagna.

A orecchie ritte, la tigre si sedette e guardò i mammut con aria cogitabonda. Non aveva perduto la sua aria d'innocenza. Poi venne un'altra carica, un altro contrattacco e la tigre balzò indietro, ma solo per lanciarsi verso la femmina mentre il maschio si stava ritirando. Tra uno svolio di neve, la danza continuò. La tigre effettuava i suoi attacchi ogni volta da un'angolatura diversa, costringendo il mammut a solcare altra neve intatta. Mentre la tigre girava loro intorno, la femmina diventava sempre più irrequieta e ogni tanto non riusciva a trattenersi dal tentare un attacco. Ancora uno scatto della tigre; ancora una controcarica di entrambi i mammut e improvvisamente ci fu un lampo nero tra i fitti ontani dall'altra parte della radura. Il piccolo mammut, rimasto momentaneamente senza protezione, non aveva occhi che per i suoi genitori e la loro lotta. La tigre femmina, intanto, era rimasta acquattata nel bosco dietro di lui. Adesso era uscita allo scoperto, inosservata da tutti salvo che dall'uomo sull'albero, il quale vide il suo ventre rigonfio e capì che era gravida. Nel suo furioso attacco, balzò molto in alto su un fianco della sua preda. Ci fu un momentaneo abbraccio; le scimitarre brillarono prima di affondare nel collo del piccolo mammut. Poi, con uno scatto, la tigre si staccò e corse di nuovo al coperto. Il mammut strillò di dolore mentre il sangue sprizzava dal collo dove le zanne ricurve della tigre avevano prodotto due grandi ferite. Il maschio, barrendo di rabbia, si precipitò nel bosco dietro alla tigre femmina, ma gli alberi erano troppo fitti per la sua mole. La femmina cercò di tenersi tra il piccolo e la tigre maschio, che manovrava ancora a semicerchio, facendo un assalto ogni tanto. Il maschio frustrato emerse dal bosco e immediatamente caricò, ma la tigre gli sfuggì con la solita facilità. Ora il mammut era implacabile. Continuò a inseguire la tigre, che lo guidò in una lunga danza sulla radura. Il mammut affondava nella neve e cominciava a perdere il fiato. Tracce di sangue mostravano che perfino la sua pelle durissima era escoriata dal ghiaccio.

Infine non ne poté più. Si fermò, proprio sotto Tigre, e guardò il suo tormentatore con occhi accesi. Il felino si sedette e cominciò gravemente a leccarsi una zampa.

 

Dopo il terrore iniziale il piccolo entrò in uno stato di shock totale. l'unico attacco della tigre femmina gli aveva reciso la vena del collo, nello stesso tempo privandolo, grazie al cielo, di ogni sensibilità. Il sangue che sgorgava dalle ferite formava grandi chiazze rosse sulla neve...

Su

 

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