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Chi l’avrebbe mai detto? L’Italia è un po’ più verde

 

festa degli alberi

Chi l’avrebbe mai detto? L’Italia è un po’ più verde

 

Luciano Luciani

 

Ogni tanto una buona notizia. Buona, e magari qualcosa di più, perché contribuisce a contraddire inveterati luoghi comuni. Come quello secondo cui le aree boschive del nostro Paese diminuirebbero a vista d’occhio, inesorabilmente incalzate dal cemento con tutti i suoi annessi e connessi negativi.

Non è così, e meno male!

La Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza degli agricoltori italiani, ci ha appena assicurato che l’amato Stivale è di un bel colore verde: oggi molto di più rispetto al Bel Paese che si offrì allo sguardo dei Padri Fondatori appena all’indomani della sua faticosa unità nazionale, quando gli alberi erano la metà di oggi perché le foreste venivano saccheggiate in maniera indiscriminata per fornire legno e aumentare le aree destinate all’agricoltura e ai pascoli.

Grazie a innumerevoli iniziative di tutela ambientale e messa a dimora, in poco più di un secolo e mezzo e contro tutte le previsioni, gli alberi sono raddoppiati di numero e oggi si contano ben 12 miliardi di fusti distribuiti su quasi 11 milioni di ettari. Un ecosistema di tutto rispetto capace di fornire un contributo importante nel regolare l’anidride carbonica, il principale gas a effetto serra, e nel contrastare i cambiamenti climatici in corso.  Un patrimonio significativo, le cui dimensioni sono state rese note in occasione della recente Festa degli Alberi (4 ottobre): manifestazione di antichissima memoria, finalizzata a favorire il rispetto dell’albero come elemento di progresso sociale, civile ecologico ed economico e restituita recentemente a nuova visibilità per volontà del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e di quello dell’Istruzione, Università e Ricerca. Certo, alla quantità non corrisponde sempre un’altrettanto felice stato di salute: infatti, non poche aree boschive risultano abbandonate a se stesse e ormai quasi impenetrabili perché non governate da tagli mirati e non tutelate da piani di manutenzione indirizzati a prevenire il degrado ambientale e il rischio incendi.

Non si trascurino poi le possibilità occupazionali che la cura del bosco offre: si calcola che almeno 35 mila posti di lavoro potrebbero essere attivati dall’aumento del prelievo, sistematico e ragionato, di legname. E questo in un Paese che importa ben l’80% del legname utlizzato, mentre un’auspicabile politica capace di mettere d’accordo conservazione e fruizione rappresenterebbe un necessario strumento di crescita per l’economia dell’intero Paese. Suoi punti essenziali: l’approvazione di un nuovo regolamento nella gestione dei boschi; la valorizzazione dell’imprenditoria agricola attraverso i Piani di sviluppo rurale; il sostegno, mediante incentivi, del legno prodotto in Italia e utilizzato negli appalti pubblici.


“Che se vi si veggano delle colline, e delle montagne spelate, si attribuisca più a dappocaggine dei popoli, ed a negligenza delle leggi, che a mancanza di forza della natura”: così scriveva Alessandro Aleandri, lungimirante scrittore di questioni economiche e agricole, nella seconda metà del Settecento, polemizzando contro coloro “che mirando unicamente al proprio privato comodo, o interesse eseguiscono tagli di alberi, senz’ordine, distinzione, e limitazione alcuna, ed ardiscono di violare un oggetto così delicato, ed importante per la salute de’ popoli, mantenimento de’ bestiami, e per la sussistenza ed economia degli stati”.