America Latina: milioni di bambini violati, sfruttati e venduti
Luciano Luciani
In America latina, un’area del mondo dalle straordinarie potenzialità alimentari, il 60% dell’infanzia è povero e un minore su tre soffre la fame. Bambini e bambine, da soli o in gruppo, mendicano qualcosa da mangiare ai semafori o alle uscite dei ristoranti di Città del Messico di Bogotà, di Rio de Janeiro di Buenos Aires... Una condizione di denutrizione che se hai meno di cinque anni ti provoca gravi deficit nello sviluppo intellettuale, causa infezioni respiratorie acute, favorisce le malattie infettive: ogni anno circa 200mila bambini latinoamericani muoiono per mali legati alla povertà. Altri tragici corollari di questa situazione sono la diserzione scolastica e il lavoro infantile: attualmente in America latina circa 40 milioni di bambini vivono o lavorano per strada.
America Centrale
In America Centrale sono oltre due milioni e mezzo i minorenni che lavorano: una cifra che coincide con il numero degli adulti disoccupati, creando il paradosso per cui, mentre gli adulti cercano lavoro e non lo trovano, bambini e bambine, che dovrebbero invece frequentare la scuola e imparare a leggere, scrivere e far di conto, occupano i posti di lavoro dei loro padri e fratelli maggiori. In Nicaragua bambini di 12 anni (ma ne sono stati segnalati anche di sei!) vengono sistematicamente impiegati nelle piantagioni di tabacco dove rappresentano almeno il 30% della forza lavoro. Devono lavorare almeno otto ore al giorno e ci sono proprietari che li costringono a orari ben più onerosi. I malanni a cui sono costantemente sottoposti questi mini-lavoratori sono le insolazioni, le punture d’insetti, di scorpione, di serpenti, le intossicazioni dovute alle sostanze chimiche irrorate sulle piante, le malattie bronco-respiratorie e le artriti... E tutto questo per un dollaro al giorno di paga, la metà di quanto riceve un lavoratore adulto. Naturalmente questa condizione dell’infanzia non prevede l’istruzione: troppo stanchi e troppo poveri per frequentare la scuola questi bambini, spesso figli di donne sole, sono di frequente costretti ad assumersi il ruolo di capofamiglia. In un paese come il Nicaragua che supera di poco i cinque milioni di abitanti esistono più di 850 mila tra bambini e giovani che hanno abbandonato gli studi: dei due milioni di minori di 15 anni circa 600mila lavorano e più di 300mila lo fanno in condizioni di vero e proprio sfruttamento.
Perù
Sulla base dei dati ufficiali, in Perù assommano a circa un milione e mezzo i bambini che lavorano per garantirsi una qualche forma di sopravvivenza o per contribuire al reddito familiare. Secondo un’indagine effettuata dall’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) più di un milione di bambine sotto i 14 anni sono impiegate come domestiche e il 50% di loro non percepisce alcun compenso: in cambio di vitto e alloggio, le bambine conoscono giornate lavorative di oltre 12 ore, spesso sottoposte ad abusi e maltrattamenti, umiliazioni e forme di isolamento che colpiscono la loro salute fisica e mentale. La cosa più grave è che le giovanissime collaboratrici domestiche sono frequentemente vittime di molestie o violenze sessuali da parte dei datori di lavoro, che nella maggior parte dei casi impediscono loro di studiare o ne ritardano l’ingresso a scuola. Un’attività, la loro, quasi invisibile, perché si svolge nell’ambito più privato che esiste, dentro la famiglia, all’interno di un focolare domestico e per questo completamente al di fuori dei consueti sistemi di controllo del lavoro.
Messico
Assieme al Brasile è il Messico il paese dell’America Latina con il maggior numero di meninos de rua. Secondo i dati pubblicati dal Centro Messicano per i Diritti dell’Infanzia, già nel 1990 i bambini che vivevano in strada oscillavano tra i 12 e i 15 milioni: cifre già terribili che si sono ulteriormente dilatate dopo quasi trent'anni e oggi il problema ha assunto connotati ancora più preoccupanti. Nati e cresciuti in condizioni difficili, i bambini di strada vivono senza regole, in edifici abbandonati o agli angoli delle strade e sopravvivono chiedendo l’elemosine, pulendo i vetri delle macchine, cavandosela con piccoli lavori, spacciando droga oppure prostituendosi. Fin da giovani cominciano a fare uso di droghe e le dinamiche che s’instaurano tra loro e nei confronti della società degli adulti rendono assai difficile qualsiasi mutamento nei comportamenti e negli stili di vita. C’è poi un altro rischio: i bambini di strada iniziano a essere sessualmente attivi in età molto precoce, spesso in conseguenza di un abuso sessuale subito prima di lasciare la casa in cui sono nati. Costretti a lottare ogni giorno contro la fame, la violenza e spinti dalla necessità di sopravvivere a qualsiasi costo, non pensano come evitare di essere contagiati dall’HIV, né manifestano particolari preoccupazioni nel trasmetterlo.
Brasile
Anche in Brasile i bambini sono ancora oggi le prime vittime di un sistema sociale selvaggio e feroce. Nel suo libro Malditos frutos do nosso ventre, Carlos A. Luppi afferma che nelle città brasiliane vivono oggi 36 milioni di “menores carentes”, 8 milioni di “meninos de rua”, ovvero bambini di strada abbandonati a se stessi, 7 milioni di bambini che hanno perso qualsiasi legame familiare, 10 milioni di bambini “sfruttati e schiavizzati sul lavoro”, mentre più di 8 milioni hanno “diritto alla scuola senza averne però accesso”: oltre 20 milioni di fanciulli la cui aspettativa di vita arriva a malapena ai vent’anni! In un paese in cui per legge è vietato far lavorare i ragazzi sotto i 14 anni, 7 milioni di loro compresi tra i 10 e i 17 anni sono impiegati nelle fabbriche e nei campi: più di un milione di questi “lavoratori” ha meno di 9 anni, più di due milioni lavorano senza guadagnare un “tostao”, ovvero senza vedere una lira. Altra grave piaga sociale quelle della prostituzione infantile. Oggi in Brasile le prostitute-bambine sono oltre mezzo milione: una ogni 300 abitanti per soddisfare sia la “domanda interna”, sia i “turisti sessuali” che arrivano ogni anno nel grande Paese latinoamericano valutati in almeno 700 mila, 80 mila dei quali italiani. Per paura dell’AIDS, lo sfruttamento sessuale si rivolge verso bambini sempre più piccoli, ritenuti ancora immuni da questo contagio. Parlando con Gilberto Dimenstein, un giornalista brasiliano da anni impegnato nella difesa dei diritti dell’infanzia, un trafficante di carne umana ha ammesso: “È sufficiente che le bambine pesino dai trenta chili in su”. “I bambini vengono al mondo per essere felici”, affermò una volta José Martì, patriota e poeta cubano caduto alla fine dell’Ottocento, combattendo contro gli spagnoli per costruire per il suo popolo, per i figli del suo popolo, un’esistenza più degna di essere vissuta. A distanza di oltre un secolo da questa semplice, limpida, umanissima intuizione ci sembra invece che Erode abbia imparato a fare in grande e assai bene quel lavoro infame che lo consegnò, maledetto, alla storia.